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La responsabilità penale del medico alla luce della riforma “Gelli Bianco”

CIRCOLAZIONE STRADALE

5. La responsabilità per colpa del medico e l’applicabilità del principio di affidamento

5.2. La responsabilità penale del medico alla luce della riforma “Gelli Bianco”

Resta da considerare un ultimo profilo che, insieme a quelli esaminati, partecipa all’individuazione della colpa penale del sanitario.

Al fine di limitare le ipotesi di responsabilità colposa del medico e, insieme, creare le condizioni normative necessarie per favorire una riduzione del fenomeno della medicina difensiva, nel 2012 vi fu un intervento di riforma operato mediante l’art. 3 del c.d. decreto Balduzzi (d.l. 13 settembre 2012, n. 158, intitolato

87 Quest’ultima sarebbe configurabile come ipotesi di affidamento necessario, caratterizzato

dalla circostanza che colui che fa affidamento sulla correttezza del comportamento dell’altro soggetto si trova nella necessità di dovere e potere attendere solo quel dato comportamento a causa di un proprio deficit di conoscenza, che gli impedisce di controllare l’operato altrui. Sulla distinzione tra affidamento fondato e necessario si è espresso M. MANTOVANI, Il principio, p. 156 ss.

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A. PALMA, Paradigmi ascrittivi, p. 102, sottolinea come la difficoltà delle mansioni attribuite influisca necessariamente sull’esercizio del dovere di controllo e, quindi, sulla rilevabilità dell’errore; infatti <<più impegnative saranno le attività demandate al singolo sanitario, minore sarà il controllo che lo stesso potrà esercitare sull’altrui operato>>. Allo stesso modo bisognerà tener conto dell’effettivo grado di inserimento del sanitario nel contesto terapeutico perché anche tale circostanza influisce sulla possibilità di questi di rilevare l’errore; se il professionista ha assunto un ruolo marginale, non potrà avere una piena conoscenza della storia clinica del paziente e dei trattamenti effettuati e <<tale difetto cognitivo potrebbe riflettersi sulle possibilità e sulle modalità di intervento in caso di errore altrui>>.

“Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto

livello di tutela della salute”), poi modificato dalla legge di conversione 8

novembre 2012, n. 18989. Tale disposizione, tuttavia, era stata oggetto di aspre critiche da parte della dottrina più garantista a causa di elementi che ponevano perplessità interpretative e dubbi di legittimità; in particolare, venivano messi in discussione90 l’incerta distinzione tra colpa lieve e colpa grave (in quanto non esiste un precisa definizione penale dei due tipi di colpa), la delimitazione degli spazi di rilevanza di una colpa grave a fronte del rispetto delle linee guida (strumento la cui portata cautelare e la cui determinatezza sono tutt’oggi controverse), il peso da attribuire alle c.d. buone pratiche, l’individuazione degli specifici profili di colpa esclusi dal rispetto delle linee guida (ci si chiedeva se bisognasse riferirsi alla sola imperizia o, anche, alla negligenza e all’imprudenza) e, inoltre, la potenziale violazione del principio di uguaglianza, dal momento che tale delimitazione di responsabilità veniva riconosciuta soltanto a favore degli esercenti la professione sanitaria e non per altri soggetti che svolgono attività rischiose. Sul piano applicativo, inoltre, il fatto che tale disciplina escludesse la responsabilità penale in casi di contestuale rispetto delle linee guida (o buone pratiche), accreditate dalla comunità scientifica, e sussistenza di una colpa lieve ha sollevato le critiche di alcuni interpreti che hanno evidenziato il possibile paradosso che la disciplina normativa alludesse ad un sanitario “in culpa sine

culpa”91.

Tale normativa, peraltro scarsamente applicata, è stata seguita dalla l. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco) che, delineando un nuovo assetto della colpa penale del sanitario, ha, da un lato, tentato di risolvere alcune delle incongruenze citate, e, dall’altro, ha, nondimeno, posto ulteriori e nuovi problemi interpretativi.

89 La norma in esame disponeva che <<L’esercente le professioni sanitarie che nello

svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo>>.

90 In particolare, A. PALMA, Paradigmi ascrittivi, p. 74 ss., contesta i vari elementi della legge

Balduzzi in relazione ai profili indicati.

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Così si esprime P. PIRAS, In culpa sine culpa. Commento all’art. 3 1 co. l. 8 novembre 2012

n. 189, in Dir. pen. cont., 26 novembre 2012, citato da M.L. MATTHEUDAKIS, Prospettive e limiti del principio di affidamento nella “stagione delle riforme” della responsabilità penale colposa del sanitario, in Riv. it. dir. proc. pen., fasc. 3, 2018, p.1220 ss., da DeJure.

La nuova disciplina è stata collocata nel codice penale, allineandola, da questo punto di vista, a quella degli altri due principali ambiti casistici di responsabilità (delittuosa) colposa, ovvero quello lavorativo e quello stradale. L’articolo in questione è il 590 sexies, rubricato “Responsabilità colposa per morte o lesioni

personali in ambito sanitario”, che, non incidendo sul quantum della pena

(differenziandosi in questo dalla regolamentazione della colpa stradale e di quella lavorativa) prevede, al comma 2, un’ipotesi di esclusione della responsabilità penale stabilendo che <<Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto>>.

La nuova normativa risulta apprezzabile in quanto introduce, innovativamente, la possibilità, da parte del sanitario, di far affidamento (oltre che, di regola, sul corretto operare dei professionisti con cui interagisce) sulla “bontà” delle linee guida concepite dalla comunità scientifica per casi simili a quello che è chiamato a trattare92; in base alla nuova disciplina si deve escludere la responsabilità colposa del sanitario il quale, operi rispettando le raccomandazioni presenti nelle linee guida (o buone pratiche93) tipizzate secondo la procedura di cui all’art. 5 della legge in esame94, purché tali strumenti fossero adeguati al caso concreto, abbia, tuttavia, cagionato un evento dannoso per la salute del paziente a causa di imperizia.

92 Secondo quanto sostenuto da M.L. MATTHEUDAKIS, Prospettive e limiti del principio di affidamento, cit.

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Il riferimento alle “buone pratiche clinico-assistenziali” è stato criticato da F. D’ALESSANDRO, La responsabilità penale del sanitario alla luce della riforma “Gelli-Bianco”, in Dir. pen. proc., 2017, p. 572 ss., da Leggi d’Italia legale, il quale ha evidenziato che si tratta di conoscenze scientifiche non certificate e, quindi, opinabili in sede di giudizio. A differenza di quanto avviene per il sindacato del giudice sulle linee guida, <<in questi casi non si può escludere che si arrivi ad una bocciatura giudiziale della prassi seguita in concreto dal sanitario, con evidenti contraccolpi sul versante della certezza giudiziaria tanto auspicata dal legislatore>>.

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Tale norma è finalizzata ad un’implementazione del sistema delle linee guida; essa sancisce espressamente che i sanitari devono attenersi alle indicazioni contenute in tali strumenti (“ salve le specificità del caso concreto”) e prevede un’articolata procedura di creazione, aggiornamento e certificazione delle linee guida, mediante l’interazione di contributi di enti pubblici, istituzioni private, centri di ricerca, società scientifiche e, infine, attori istituzionali (il Sistema Nazione Linee Guida e l’Istituto superiore di Sanità), chiamati a validare gli standard e a darne evidenza alla comunità degli operatori medici. In tal modo si è voluto porre rimedio alle incertezze della normativa precedente, specificando quali siano le linee guida cui il sanitario deve far riferimento per poter confidare sulla correttezza della propria condotta.

Tuttavia, nonostante l’apprezzabile volontà del legislatore, finalizzata a limitare le ipotesi di responsabilità colposa in ambito medico e a tutelare l’attività degli operatori sanitari, la legge Gelli-Bianco si espone ad una serie di critiche circa alcune delle novità introdotte che, alla luce di un’attenta analisi dottrinale, condurrebbero, piuttosto, ad estendere le ipotesi di responsabilità dei sanitari.

In particolare, un secondo elemento di novità (e di critica), introdotto dalla norma di nuovo conio, è rappresentato dal venir meno di qualsiasi riferimento alla colpa lieve (differentemente da quanto disposto dall’art. 3 della legge Balduzzi): il sanitario che si attiene alle linee guida (o, in mancanza di queste, alle buone pratiche clinico-assistenziali) quando risultino inadeguate, in tutto o in parte, alla specificità del caso concreto, risponderà di omicidio colposo o di lesioni colpose anche se ha agito con colpa lieve, ossia anche se la necessità di discostarsi dalle linee guida non era immediatamente riconoscibile o se l’errore commesso, nell’adattare al caso concreto le regole dettate dalle linee guida, non era macroscopico95. Dunque, in presenza di linee guida e/o di buone pratiche clinico- assistenziali, il codice penale fa ritorno alle regole generali in materia di grado della colpa: la colpa lieve non esclude più la responsabilità penale ma rileva solo ai fini determinazione della pena (secondo quanto disposto dall’art. 133, comma 1 n. 3, c.p.)96.

Inoltre, un terzo elemento di novità e, insieme, di perplessità, consiste nell’espresso riferimento all’imperizia contenuto nell’art. 590 sexies, comma 2, c.p. La dottrina97 e la giurisprudenza, successive alla legge Balduzzi, si erano domandate se le linee guida rilevanti ai fini della responsabilità colposa fossero solo quelle contenenti regole di perizia o anche quelle riferibili a regole di

95 In merito alla questione del grado della colpa cui far riferimento si è avuto un recente

intervento delle Sezioni Unite della Cassazione le quali, volendo porre rimedio ai dubbi emersi in due sentenze della IV Sezione, circa la circostanza di escludere o meno la possibilità di ammettere la non punibilità del sanitario in ipotesi di colpa grave, hanno tracciato una linea interpretativa intermedia sancendo di non potersi escludere la responsabilità del sanitario per colpa grave ma per colpa lieve sì, ossia quando si sia in presenza di un comportamento imperito nell’esecuzione di linee guida adeguate, in particolare <<quando lo scostamento da esse sia marginale e di minima entità>>. Così Cass., Sez. Un., 21 dicembre 2017, n. 8770, in Dir. pen. cont., 1° marzo 2018.

96 Sul punto, MARINUCCI G., DOLCINI E., GATTA G.L, Manuale di diritto penale. Parte generale, VIª ed., 2017, p. 366.

97 Su tale problema si è espressa A. PALMA, Paradigmi ascrittivi, p. 87 ss., ritenendo di non

poter limitare il contenuto delle linee guida alle sole regole di perizia dal momento che queste presentano riferimenti anche a regole di diligenza e prudenza.

diligenza o prudenza, propendendo, soprattutto la giurisprudenza, per la prima soluzione98. La legge Gelli-Bianco ha confermato tale assunto chiarendo che le linee guida (o, in caso di una loro mancanza, le buone pratiche clinico- assistenziali), la cui osservanza può escludere la responsabilità per colpa, sono solo quelle che dettano regole di perizia, cioè regole attinenti alle modalità secondo cui devono svolgersi specifiche forme di attività medico-chirurgica; ne consegue che, per escludere una responsabilità per negligenza o imprudenza, il sanitario non potrà invocare l’art. 590 sexies c.p.

Parte della dottrina99 ha criticato tale soluzione, evidenziando che una siffatta delimitazione rischia di frustrare significativamente le possibilità di successo della nuova previsione. Infatti, alcuni autori100 hanno rilevato che, in realtà, risulta ormai assodato che le linee guida possano contenere anche prescrizioni di prudenza o diligenza101, rispetto a cui la disposizione in esame non pone alcun argine; la restrizione operata dalla nuova norma, quindi, determinerebbe un assottigliamento degli spazi di impunità dando luce ad un’ipotesi di nuova incriminazione in relazione ai profili della negligenza e dell’imprudenza. Dunque, il rischio penale del sanitario potrebbe aumentare a seguito dell’intervento riformatore e non, come lo stesso legislatore auspicava, diminuire. A ciò si aggiunga il fatto che la distinzione tra i vari profili di colpa (per imprudenza, negligenza o imperizia), se confermata a livello teorico, viene poi ad offuscarsi nella pratica, a causa della polivalenza di alcune norme di condotta, determinando un’ulteriore riduzione delle esigenze di certezza cui l’intervento legislativo mirava. La qualificazione dei profili di colpa, rilevanti nel caso concreto, risulta essere il metro per determinare la rilevanza penale delle condotte del sanitario che si sia attenuto alle linee guida (da escludersi se si tratta di imperizia e da ammettersi laddove si tratti di negligenza e imprudenza); si tratta però di una

98 Nella giurisprudenza si ha conferma di tale posizione, ad esempio, in Cass. pen. Sez. IV, 24

gennaio 2013, n. 16237, Cantore, in Dir. pen. cont., in cui si afferma espressamente che l’art. 3 del decreto Balduzzi, trova il suo <<terreno di elezione nell’ambito dell’imperizia>>.

99 Si vedano le critiche mosse alla riforma Gelli-Bianco da F. D’ALESSANDRO, La responsabilità penale del sanitario, cit.

100 A. PALMA, Paradigmi ascrittivi, p. 89, e F. D’ALESSANDRO, La responsabilità penale del sanitario, op. cit.

101 Ciò anche in ragione dell’oggettiva difficoltà di distinguere i comportamenti “imperiti” da

quelli “imprudenti” o “negligenti”, come rileva, trattando dell’individuazione della regola cautelare in ambito sanitario, D. NOTARO, Regola cautelare, op. cit., p. 1347.

valutazione rimessa al discrezionale apprezzamento del magistrato. È evidente, dunque, che, stanti suddetti profili di incertezza circa la circostanza di rientrare o meno nell’ambito della perizia, diventano ancora più esigue le concrete possibilità del sanitario di far affidamento sul fatto che il rispetto delle linee guida o delle buone pratiche comporti la propria irresponsabilità penale.

Per porre rimedio alle possibili derive applicative della nuova disciplina, nella prospettiva di limitare gli spazi di discrezionalità giudiziaria ed aumentare le certezze per gli operatori sanitari, alcuni autori102 hanno proposto di recuperare il riferimento (più volte chiamato in causa da dottrina e giurisprudenza) all’articolo 2236 c.c.103 in modo da non punire per colpa lieve negli stessi casi considerati dall’articolo in questione, che limita alle sole ipotesi di dolo o colpa grave la responsabilità civile del prestatore d’opera che si sia trovato ad affrontare problemi tecnici di speciale difficoltà. Si tratterebbe, in sostanza, di un <<principio di razionalità>>104: situazioni tecnico scientifiche, nuove o complesse, e rese più difficoltose dall’urgenza, implicano un diverso e più favorevole metro di valutazione.

Aldilà dell’art. 590 sexies c.p., si potrebbe pensare ad un’ulteriore applicazione dell’art. 2236 c.c., estesa anche alle dinamiche relazionali della responsabilità colposa, in modo da permettere l’operatività del principio di affidamento ed escludere la responsabilità del sanitario nei casi in cui, per la complessità dei compiti svolti, questi non abbia riconosciuto (ed emendato) l’errore del collega; sembra ragionevole ammettere che, nei casi di speciale difficoltà, ognuno dovrebbe tendenzialmente potersi concentrare sulle specifiche mansioni che gli

102

In tal senso, M.L. MATTHEUDAKIS, Prospettive e limiti del principio di affidamento, op. cit., l’autore sottolinea come più che un’applicazione diretta di tale disciplina civilistica in sede penale se ne debba promuovere un ingresso indiretto quale <<regola di esperienza>> cui il giudice possa attenersi nel valutare l’addebito di imperizia.

103

In merito a tale articolo, D. NOTARO, Regola cautelare, op. cit., p. 1344 ss., analizza i differenti orientamenti di dottrina e giurisprudenza. In particolare viene messo in evidenza che, sebbene alcuni autori abbiano proposto di utilizzare l’art. 2236 c.c. per delimitare le ipotesi di responsabilità dell’operatore sanitario nei soli casi di imperizia, e la giurisprudenza abbia accolto tali osservazioni, altri non condividono tale impostazione ritenendo di dover negare l’applicazione di tale articolo alla colpa penale dovendo quest’ultima necessariamente corrispondere agli ordinari criteri profilati dall’art. 43 c.p.

spettano, così che, rispetto alle carenze di attenzione nei confronti dell’errore altrui, si potrebbe essere più tolleranti105.

6. I diversi modelli di cooperazione tra medici e le loro conseguenze

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