• Non ci sono risultati.

Altre caratteristiche del bandito sociale

2. Il banditismo sociale

2.1 Il ladro gentiluomo

2.1.1 Altre caratteristiche del bandito sociale

Oltre ai moduli ricorrenti nella rappresentazione del bandito individuati da Hobsbawm, ce ne sono altri che è possibile rilevare, come hanno fatto i due studiosi italiani Domenico Scafoglio90 e Antonio Piromalli91 nella loro analisi di tale figura, in Terre e

briganti. Il brigantaggio cantato dalle classi subalterne92. L'opera tratta la questione del

brigantaggio nell'Italia postunitaria ma, nonostante la peculiare localizzazione del tema, essendo il banditismo un fenomeno omogeneo e uniforme nei vari pari paesi, si può utilizzare per delineare la figura del bandito ideale. I moduli integrati dai due studiosi, in effetti, sono presenti in molti racconti con protagonista il fuorilegge:

«

1. La punizione dei traditori: l' “onore” è uno dei “valori” fondamentali della cultura subalterna; il “tradimento” perpetrato ai danni di persone della propria comunità comporta l'esclusione dal circuito dell'onore e, poiché il brigante non è considerato estraneo alla comunità, chi lo tradisce si rende meritevole di una dura punizione: l' “infame” è colpito nei suoi beni (strage dei suoi animali, devastazione delle sue proprietà), o viene ucciso, spesso in maniera efferata.

89 Ibid., p. 50

90 Scafoglio Domenico: ha fondato e dirige “ll Laboratorio Antropologico per la Comunicazione Interculturale” e “Il Turismo” del Dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Salerno.

91 Piromalli Antonio: (Calabria, 1920-ivi, 2003) ha fondato nel 1999 la rivista “Letteratura e società”. Ha approfondito i temi della cultura subalterna e popolare e delle letterature regionali.

92 Piromalli Antonio, Scafoglio Domenico, Terre e briganti. Il brigantaggio cantato dalle classi subalterne, G. D'Anna, Firenze 1977

2. I pericoli dell'amore: tutte le (poche) volte che compare nelle “storie”, l'amore è avvertito come un vincolo allettante e rovinoso […] . Non si tratta dell'antifemminismo latente in certa parte della cultura contadina: ché il brigantaggio, anzi, diede alle donne uno spazio che le società tradizionali, rurali e no, raramente hanno loro concesso; si tratta piuttosto della oggettiva difficoltà (e pericolosità) che un legame familiare stabile comportava nella vita effimera, precaria e avventuriera del brigante.

3. La malvagità dei guardiani: cani da guardia dei latifondisti, questi bravacci mediavano il dominio e lo sfruttamento ai livelli più bassi, facendone sentire in misura maggiore il peso e la violenza; erano, perciò, odiatissimi dalle classi popolari, da cui venivano e che vessavano.

4. La difesa dell' “onore” delle donne: i protagonisti delle “storie” non solo ignorano la violenza sessuale, ma, in quanto difensori dei deboli proteggono le donne (di cui è data per scontata la debolezza e vulnerabilità) dalle insidie dei feudatari, signorotti e sbirri […]. In questo il brigante rispondeva alle aspettative delle masse contadine; l' “onore”, nella cultura subalterna meridionale, significa insieme affermazione di potenza sessuale e capacità di difendere dal disonore le proprie donne.

5. L'addio alla campagna: è uno dei pochi momenti lirici delle “storie”. Proprio perché la leggenda del bandito sociale rispecchia in certa misura la realtà, è assente dalle “storie” il tema del legame con la terra, che è invece fondamentale nella cultura contadina. Il brigante non ha nostalgia dei campi, perché, fuggito giovanissimo, dal villaggio, non li ha mai coltivati. Il suo ultimo saluto perciò, quando è catturato o sta per morire, è rivolto ai boschi, da cui è stato accolto e protetto, ed è di solito, intenso e struggente.

6. Il travestimento: il brigante assume mentite spoglie per sfuggire alla cattura, o per arrivare al cospetto della persona (di solito, un potente non facilmente avvicinabile) da ricattare, oppure per beneficare la sua gente senza farsi riconoscere. È un motivo in qualche modo collegato col tema dell'imprendibilità dell'eroe.93 »

Questi moduli compaiono tutti nel modello ideale delle storie ma non nelle storie singolarmente prese ed è necessario riportare qualche esempio dalla letteratura per confrontarci con qualcosa di più concreto.

Per quanto riguarda il primo di questi moduli, è innegabile, come già aveva notato Hobsbawm, che molti banditi diventano tali per una questione d'onore, per vendicare un torto subito. Piromalli e Scafoglio aggiungono che, essendo il bandito un membro della comunità a tutti gli effetti, nel momento in cui è tradito, sarà la comunità stessa a vendicarlo. Un esempio incentrato su questo modulo è nella novella Mateo Falcone di Prosper Mérimée, pubblicata

nel 1829 sulla “Revue du Paris”. Il giovane Fortunato, figlio del pastore corso Mateo Falcone, consegna ai gendarmi, in cambio di un orologio, un bandito che si era rifugiato nella sua casa. Fortunato tradisce il bandito, a cui in un primo momento aveva promesso protezione, in cambio dell'orologio, inteso come simbolo dell'economia capitalistica borghese: con questo gesto il giovane rinnega le tradizioni corse e sceglie il codice morale, economico e sociale che regola il mondo borghese. Il padre, assente agli eventi, scopre l'accaduto e decide di uccidere il figlio per riparare il torto commesso. Fortunato potrebbe sembrare il vero eroe della storia, in quanto consegna un fuorilegge ai gendarmi, ma la simpatia di Mérimée è tutta diretta a Mateo, nonostante uccida suo figlio.

Nel testo sono presentati due crimini concatenati ma appartenenti a codici morali e penali diversi. Il primo crimine è quello di Fortunato che consegna il bandito ai gendarmi: questo è un crimine rispetto al codice d'onore corso ma è un'azione encomiabile rispetto alla legge francese. Conseguentemente, Mateo uccide suo figlio, trasgredendo alla legge dello stato e ai comandamenti religiosi, ma riabilitando il suo onore, un valore fondamentale nel codice corso. Il francesista Francesco Fiorentino mette in luce, in I gendarmi e la macchia. L'esotismo nella narrativa di Mérimèe, che: «Il racconto deve scegliere uno dei due sistemi di norme, concedendo valore di legge a uno dei due delitti; e lo fa sposando le motivazioni di una cultura che […] si può fin da ora definire superata»94. Fortunato, fin da subito, non si comporta secondo la morale dei

membri della comunità corsa tanto che accetta di nascondere il bandito a patto di essere pagato; infine, egli cede all'offerta di un orologio da parte delle guardie in cambio della rivelazione del nascondiglio. Fortunato segue una logica economica che non appartiene alla mentalità del mondo contadino e pastorale corso e a nessun'altra società precapitalistica, bensì al mondo borghese. In questo modo, il tradimento del bandito diviene anche infedeltà nei

94 Fiorentino Francesco, I gendarmi e la macchia. L'esotismo nella narrativa di Mérimée, Liviana, Padova 1978, p.29

confronti della comunità a cui appartiene e di se stesso, delle proprie origini. Il giovane, inoltre, sembra cadere in tentazione e commettere peccato, non mantenendo la promessa fatta, e ha una condotta immorale, scambiando una vita con un orologio: le azioni del giovane sono del tutto presentate in contrasto con la religione. Al contrario l'assassinio del figlio da parte del padre è presentato quasi come un sacrificio religioso, ricordando quello di Isacco. È evidente lo scontro tra due concezioni morali, tra due sistemi di leggi, quello della società precapitalistica e quello della moderna società borghese. La struttura portante della società corsa è il nucleo familiare, perciò è il padre che comanda, decidendo della vita e della morte dei membri della sua famiglia, ed è lui a dettare le regole morali a cui sottostare. È solo da questa prospettiva che l'uccisione da parte del padre del figlio può essere ritenuta un'azione positiva. Questa novella è un attacco al mondo borghese e alla sua nuova legalità, in difesa del mondo contadino. Il tradimento viene vendicato addirittura dal padre del giovane traditore poiché il bandito rappresenta una figura eroica che il popolo rispetta e ammira, essendo il simbolo della lotta contro le autorità. Fortunato, scegliendo di consegnare il bandito, sacrifica il santo della comunità a cui appartiene ed un eroe che combatte per i più poveri contro le intrusioni del potere borghese nel mondo contadino. Il giovane passa dalla parte delle autorità borghesi e diviene un nemico per la comunità di origine, così che la sua uccisione è ritenuta un atto giusto e doveroso.

Il secondo punto mette in luce come la vita dei banditi non sia adatta al mondo femminile, tanto che possono divenire banditi proprio quegli uomini che non hanno famiglia, non hanno radici in un determinato luogo e legami affettivi forti. La pericolosità di un amore tra il bandito e una donna è un tema che ricorre anche in opere molto più tarde rispetto a quelle trattate fin'ora, tutte databili nell'Ottocento. Un esempio della metà del Novecento ci è

offerto da Il brigante95 (1951) di Giuseppe Berto: la giovane contadina Miliella sceglie di

seguire l'amato bandito Michele Rende nei boschi e, conseguentemente, di fare una vita faticosa e dura adatta solo a un uomo. Nel momento in cui la ragazza aspetta un figlio da lui, Michele, consapevole dell'impossibilità di avere una famiglia proseguendo la vita da brigante, pensa di partire con lei in cerca di fortuna in un luogo in cui mettere le radici. Tale sogno si frantuma poiché Miliella viene uccisa, scambiata per il marito mentre indossava un suo cappotto. Questo fatto scatena la furia vendicatrice di Michele che uccide tutti coloro che, informando i carabinieri dei loro nascondigli, li hanno traditi, fino a che non viene ucciso anche lui. Si tratta di un atto estremo di amore e di vendetta contro coloro che hanno disonorato la donna amata, in concordanza con il quarto punto di Piromalli e Scafoglio. L'amore è impossibile per la vita pericolosa del bandito, a causa delle persecuzioni delle guardie e dei possibili tradimenti da parte dei compagni, che voltano le spalle in cambio di ricompense.

Un altro esempio che mette in luce come i banditi difendano l'onore delle donne è offerto da Il brigante galantuomo96(1810): questo caso offre l'esempio di un uomo, Michael

Kohlhaas che, oltre a divenire bandito per una questione di giustizia, cerca fino alla fine della sua vita di vendicare la violenza mortale fatta alla moglie Isabella da arroganti uomini di potere. Dopo la morte della moglie egli «ordinò un funerale che sembrava assai più adatto ad una principessa che a lei»97, e «appena la fossa fu colma e la croce piantata sul terrapieno e gli ospiti che avevano

preso parte alla cerimonia si furono congedati, si gettò ancora una volta sul letto ormai deserto e si accinse a compiere la sua vendetta»98. La morte della moglie Isabella costituisce per Kohlhaas la spinta

decisiva per mettere fine alla vita familiare, troncare definitivamente con le proprie radici e

95 Berto, Il brigante, cit.

96 Kleist Heinrich Von, Il brigante galantuomo, cit. 97 Ibid., p.35

diventare fuorilegge per vendicarsi del barone Von Tronka che ha causato la morte dell'amata. La stessa opera mostra, in accordo con il terzo punto dei due studiosi, come gli uomini di potere avessero bravi odiosi tanto che il barone Von Tronka ha sotto i suoi ordini il castaldo, il fattore e altri servi, che sono i veri esecutori delle crudeltà. Herse, il servo di Kohlhaas racconta al padrone le malvagità subite quando viene lasciato a custodire i morelli a Tronkeburg. Egli, dopo varie ingiustizie ai danni dei morelli, decide di portarli al fiume per lavarli. Il servo, infatti racconta:

«Ed egli [il castaldo] e il fattore, che mi aveva preso per una gamba, mi scaraventano giù di sella con un colpo mancino, così che, lungo quanto sono, mi ritrovo in mezzo al fango. […] Ma mentre il fattore porta via i cavalli, il castaldo e i villani mi son tutti addosso con i piedi, le fruste e i bastoni, finchè non cado mezzo morto dietro la porta del castello.[...] una muta di più di dodici cani mi salta addosso. Ma io strappo un legno non so da dove, forse era un asse dello steccato, e accoppo tre cani; quando poi dilaniato dai mastini debbo ceder terreno, sento un fischio: i cani rientrano in corte, i battenti si chiudono, tirano il catenaccio e io cado svenuto sulla strada.»99

Ogni autorità ha dunque uomini che eseguono il male facendo le loro veci e rappresentano i primi ostacoli che i banditi devono affrontare per sovvertire il potere. Un caso emblematico che illustra questa situazione ci è offerto da I promessi sposi, in cui i primi esecutori del male ai danni dei due poveri contadini Renzo e Lucia, sono proprio i bravi: emissari criminali del potere arbitrario di Don Rodrigo. Il male vero e proprio è delegato spesso dai signori a questi uomini malvagi e di basso livello, mentre i mandanti non si sporcano le mani direttamente.

Il punto cinque esemplifica l'amore dei banditi per le foreste e più in generale per tutti quei luoghi impervi che li ospitano. I banditi, essendo stati esclusi dalla società trovano un rifugio, una nuova patria in questi luoghi: essi diventano per il bandito, costretto a vivere senza gli affetti più cari, quasi come madri amorevoli che li crescono e proteggono. A tal

proposito, significative sono le parole che Ernani, il proscritto dell'omonima opera teatrale (1830) di Hugo, pronuncia per la sua Catalogna, dialogando con l'amata :

«ERNANI [...]Quando mi davano la caccia per tutta la Spagna, solo la vecchia Catalogna, con le sue foreste e i suoi monti inaccessibili, tra le sue rocce dove solo l'aquila può scorgerti, mi ha accolto come una madre. Sono cresciuto tra i suoi montanari liberi, poveri, severi e domani, se la mia voce fa risuonare questo corno, tremila dei suoi eroi giungeranno subito davanti a me... Rabbrividisci? Rifletti con calma. Seguire me tra i boschi, sui monti, sul greto dei fiumi, in mezzo a uomini simili ai demoni spaventosi dei tuoi incubi, sospettare di tutto, delle voci e degli occhi, dei passi e dei rumori, dormire sull'erba, bere al torrente e di notte, mentre darai il latte al tuo bambino che si è svegliato, sentire fischiarti all'orecchio le palle dei moschetti, vagare accanto a me, proscritta, e magari essere costretta a seguirmi anche sul patibolo dove finirò, come mio padre. » (I,2)100

Il bandito in questi ricordi si dichiara come figlio della natura e uomo che vive in armonia con essa, dormendo a cielo aperto e usufruendo di ciò che la terra dona spontaneamente. I montanari qualificati come «liberi, poveri e severi» assumono un alto statuto morale, come suggerisce il comparatista Georges Zaragoza in Héroïsme et Marginalité. Le crépuscule du héros101. La libertà indica l'assenza della prigionia della società e di limiti di ogni genere, per

cui i banditi hanno la possibilità di esprimere il proprio Io e le proprie virtù. La povertà deve essere legata all'ingiustizia sociale che li ha spogliati di ogni agio: questo attributo è messo in opposizione alla nobiltà per ricchezza, quasi ad indicare una maggiore dignità delle persone povere il cui unico patrimonio sono le virtù dell'animo. Con la severità Hugo indica invece una capacità di meditazione, di contemplazione dei misteri dell'universo102.

100Hugo Victor, Ernani (1830), in Ernani.Il re si diverte.Ruy Blas, (tit. or. Hernani. Le roi s'amuse. Ruy Blas), trad. a c. di Enrico Groppali, Garzanti, Milano 1988, p.16

101Zaragoza Georges, Héroïsme et Marginalité. Le crépuscule du héros, Editions du Temps, Nantes 2002 102Ibid., p. 130:«Leur chef les qualifie de “libres, graves et pauvres”, trois qualificatifs qui, dans la langue

hugolienne, sont fortement chargés de sens. Sur la premier rien à dire, en cela que ce qu'y met Hugo épouse au plus prés les valeurs habituelles du mot; pauvre, en revanche, est un mot cher à Hugo. Il ne marque pas seulement un état de dénuement estrême qui susciterait la compassion, il indigne le dépouillement dont le pauvre est victime, en cela il est une image de l'injustice sociale. La pauvreté devient une sorte de dignité, liée à la liberté en ce qu'être libre implique que la sociéte vous dépouille. Grave enfin est des adjectifs les plus marqués du dictionnaire hugolien. Il indique une profondeur de la réflexion, une disposition à la méditation, une capacité à considérer les événements avec hauteur, à les penser en dehors de leur ponctualité immédiate pour les replacer dans la chaîne des effets et des causes qui cherche à déchiffrer le mystère de l'univers.»

La Catalogna con la sua vita naturale si carica di una grande dignità, tanto che il bandito pone l'accento sull'altezza e l'impervietà dei luoghi, con riferimento all'aquila come l'unico animale che, grazie al suo volo a quote elevatissime, può porre i suoi occhi vigili sugli uomini: il suo librarsi ad altezze impossibili per l'uomo lo rende simbolo di un movimento ascensionale che va dalla terra al cielo, dal materiale allo spirituale. L'aquila è l'animale divino per eccellenza così che l'altezza fisica delle montagne si carica di significato simbolico, riflettendo quella morale che viene attribuita alla Catalogna e alle persone che vivono in queste zone proibitive. A questo uccello sono legate qualità reali poiché ha il dominio dell'aria, tanto che nella tradizione greca è associato a Zeus, rappresentato seduto sul trono con l'aquila a suo fianco. Non a caso, per la sua potenza, essa è richiamata in un'intensa similitudine che compare nella descrizione del castello dell'Innominato, ne I promessi sposi:

«Dall'alto del castellaccio, come l'aquila dal suo nido insanguinato, il selvaggio signore dominava all'intorno tutto lo spazio dove piede d'uomo potesse posarsi, e non vedeva mai nessuno al di sopra di sé, ne più in alto»103.

L'aquila è dunque paragonata al bandito proprietario di quel castello collocato in cima ai monti, raggiungibile da pochi privilegiati e attraverso sentieri tortuosi: l'Innominato, non a caso, è definito selvaggio come i luoghi in cui dimora ma tale selvatichezza, per quanto violenta, può innalzarsi ad alti valori morali, come avverrà dopo la conversione. L'amore per le foreste e per i luoghi selvaggi, come vedremo al capitolo quarto, è un tratto tipico dei banditi che da esse sono stati accolti, in quanto luoghi al margine e liberi dalle leggi che dominano le società da cui sono stati esclusi. In esse gli uomini possono sviluppare le loro virtù, il loro Io e diventare eroi proprio perché non limitati dalla società.

Il punto sesto asserisce che i banditi usano travestimenti per mescolarsi alla gente

103Manzoni Alessandro, I promessi sposi (1840), a c. di Vittorio Spinazzola, Garzanti, Milano 1966, pp. 273- 274

comune, per compiere le loro imprese e per avere rapporti con la comunità d'appartenenza che li sostiene con rifornimenti. In Pasqual Bruno o il bandito di Val Demona104 (1861),

Alexander Dumas racconta che il bandito Bruno riesce a partecipare ad una festa da ballo travestito da greco senza che nessuno lo riconosca. Durante l'evento il bandito entra in contatto anche con persone che lo conoscono, come la contessa Gemma di cui si vuole vendicare, destando meraviglia tra loro quando il brigadiere Tommasi, l'unico ad essere informato della sua identità, la svelerà anche agli altri:

«-“Sapete voi chi sia quel giovane signore travestito da Greco?” chiese con voce tremante la contessa al principe Butera.

– “No, sull'anima mia,”rispose questi; “qualcuno lo sa forse?” Tutti si guardarono, ma nessuno rispose.

– “Con vostra licenza,” disse Tommasi portando la mano al cappello, “lo so io”. – “E chi è, mio bravo brigadiere?”

– “Pasqual Bruno, monsignore!”

La contessa mise un grido e svenne. L'incidente pose termine alla festa.»105

Questo episodio è uno dei tanti che mette in luce la capacità dei banditi di dissimulazione e di entrare ed uscire dalla comunità di appartenenza. Questa abilità ha come conseguenza la creazione di un alone magico intorno a tali figure, come patti con streghe, maghi, se non con divinità. Nel nostro caso, a Pasqual Bruno viene attribuito, dalla gente che conosce le sue gesta, un patto con una strega che gli ha donato l'invulnerabilità e l'invisibilità in cambio dell'anima.

«Poi, racconti bizzarri cominciavano a circolare per tutte le bocche, poiché gli spiriti più semplici son portati a credere al meraviglioso. Si narrava che, in una tempestosa notte, che fece tremare l'isola intera, Pasqual Bruno, avendo patteggiato con una strega, ne aveva ottenuto, in iscambio dell'anima sua, la facoltà di essere invisibile, 104Dumas, Pasqual Bruno o il bandito di Val Demona, cit.