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Stendhal: il brigante italiano come esponente della lotta tra Io e società

brigantaggio italiano

4. Bandito ed esotismo

4.5. Altri ambienti primit

4.5.1 Stendhal: il brigante italiano come esponente della lotta tra Io e società

Un esempio di una realtà in cui le leggi imposte dalle autorità non limitano gli uomini ci è offerto dal nostro paese, l'Italia, vista dagli occhi di Stendhal. L'autore vi ambienta molte delle sue opere e ci ha lasciato molti scritti e molte impressioni sui suoi molteplici viaggi e soggiorni nel nostro paese di cui fu anche console tra 1831 e 1836.191

Un testo del 22 agosto 1827, scritto durante un soggiorno a Castel Gandolfo e raccolto in Passeggiate Romane192 ci offre uno splendido esempio di come egli vede l'Italia,

prendendo in considerazione anche la criminalità e il banditismo come fenomeni diffusissimi nel nostro paese.

« Certe persone cautelose hanno voluto farci paura con i briganti; ma il cardinal Benvenuti, un uomo coraggioso, li ha eliminati. Il loro quartier generale era a Frosinone, non molto lontano da qui; ci si può arrivare attraverso i boschi senza scendere in pianura. Divenire briganti si dice prendere la macchia; essere brigante, 191 Marie-Henri Beyle (Grenoble, 1783-Parigi, 1842): fu in Italia in diverse occasioni avendo un grande amore per la cultura, l'arte e la vita italiana. Tra i suoi soggiorni ricordiamo il primo tra 1800 e il 1802, quando per la prima volta lasciò la Francia, essendosi arruolato nell'esercito del primo console; poi, alcuni mesi nel 1811; un più lungo soggiorno tra il 1814 e il 1821; il consolato in Italia tra 1831 e 1836; l'ultimo tra 1839 e il 1841. 192Stendhal, Passeggiate Romane, a c. di Massimo Colesanti, trad. a c. di Massimo Colesanti, Cassa di

essere alla macchia. Il governo spesso scende a patti con questi tipi, e poi non mantiene la parola. Queste contrade potrebbero essere bonificate in diciotto mesi da un generale francese o inglese, e quindi divenire tanto rispettabili quanto poco interessanti: qualcosa del genere di New York.

Desiderio come uomo onesto, soprattutto quando sono vittima dei soprusi delle polizie italiane, che tutto la terra ottenga un governo liberale, come quello di New-York; ma in quel paese così ordinato, morrei di noia in pochi mesi.

Nel 1823 fui a Napoli con un uomo giudizioso, che passava il tempo ad aver paura che gli rubassero le diciotto camicie che aveva nella valigia. Noi ci siamo liberati di queste tristi preoccupazioni; abbiamo pochissimo denaro e orologi da 36 franchi; non chiudiamo nulla a chiave. Queste precauzioni sono sempre di moda nei paesi selvaggi. In Inghilterra ci valutavano in base alla bellezza dell'orologio o dei gioielli d'oro depositati sul somno [che noi davamo in deposito]. Le sovrane [monete] d'oro che apparivano nella nostra borsa facevano evidentemente aumentare la nostra considerazione. La ragione è che nei paesi aristocratici bisogna mostrare la propria ricchezza; qui invece bisogna nasconderla. Moltissimi Inglesi si fanno derubare in Italia appunto perché trascurano queste precauzioni; e qualche volta, come è capitato a quel giovane ucciso presso Napoli con la moglie, oppongono resistenza ai briganti e sparano con le loro pistole tascabili su quattro o cinque furfanti ben armati.

Gl'Inglesi sono portati a lottare contro gli ostacoli del loro carattere; noialtri Francesi, che non abbiamo questo merito, abbiamo stabilito d'infischiarci dei piccoli furti, invece di fare scenate negli alberghi. Non si viene in Italia che solo una volta: bisogna sacrificare venticinque luigi, prepararsi a venticinque furtarelli e non prendersela mai. Ride si sapis. Questa bella idea è di Frédéric.»193

Stendhal non sembra però ritenere il fenomeno del brigantaggio un segno del degrado italiano, bensì afferma che una maggior civilizzazione renderebbe il paese meno curioso e molto più noioso. La criminalità sembrerebbe, dunque, avere un valore positivo in un paese come l'Italia, in quanto segno del suo essere “selvaggio”: il brigantaggio è, per lo scrittore, uno di quegli elementi che caratterizzano l'Italia come paese primitivo ed esotico.

Michel Crouzet, studioso specializzato nel Romanticismo con particolare interesse per l'opera di Stendhal, nel suo saggio Stendhal e il mito dell'Italia194, mette in luce che lo

scrittore è affascinato proprio dall'inconsistenza, dall'annullamento e dall'inesistenza dello Stato italiano. L'Italia è ritenuta un paese senza civiltà, legato ad un'istanza naturale, essendo

193 Ibid., pp. 76-77

194 Crouzet Michel, Stendhal e il mito dell'Italia, (tit. or. Stendhal et l'italianité. Essai de mythologie romantique, 1981) trad. a c. di C. Saletti , il Mulino, Bologna 1991

ancora selvaggia, pre-sociale e lontana dalla modernità. Questo carattere naturale e primitivo non si lega però in alcun modo al mito del buon selvaggio, bensì mantiene una certa ambiguità: è positiva proprio perché rende la realtà italiana più vera e più spontanea ma, nello stesso tempo, negativa, perché manca un ordine e una disciplina, se non quella proveniente dalla legge della forza, tanto che Stendhal definisce gli italiani dei selvaggi che suscitano terrore poiché obbediscono esclusivamente alla legge della giungla. Crouzet a tal proposito commenta:

«...Stendhal li qualifica come “Selvaggi”, precisando che essi non hanno “quasi nessuna traccia di civiltà” e che obbediscono solo alla pseudolegalità della magia e della superstizione; non vige alcun'altra legge. Questi primitivi, egli se ne assicura, non hanno nulla di idillico: ispirano terrore e orrore, non hanno “virtù” se non quella dei selvaggi. Questi paesi sono al di fuori del mondo civilizzato: la speranza del viaggiatore evade sempre di più verso il Sud, sempre più lontano, al di là di questa “frontiera”. Inversamente, egli sceglie come territorio primitivista “questi paesi per metà selvaggi”, la Corsica e il Piemonte, “in cui pullulano le anime forti fino al furore abituale”, oppure ripartisce tanto nel Sud che in Piemonte i veri Italiani, “quelli che hanno ancora un po' di ferocia e di propensione al sangue”; dovunque, dalla Calabria, in cui nessuno esce senz'armi, nemmeno le donne, al Piemonte, domina la vera legge della giungla o lo stato naturale secondo Hobbes, cioè la guerra di tutti contro tutti elimina il “riposo civile”» 195

Questa naturalità, questa istanza primitiva e asociale fa sì che, nel nostro paese, lo Stato non è legittimato da una partecipazione involontaria degli individui: gli italiani non credono nelle istituzioni politiche, non sono dei soggetti della politica.

« Terra che va definita “anarchica” in senso stretto, l'Italia presenta come un ritorno al di qua dei dati del diritto e dello Stato - giustizia, proprietà, autorità – al di qua del momento storico in cui, secondo il pensiero del XVIII secolo, l'uomo ha stabilito con l'uomo un contratto per scambiare la sua libertà assoluta con la protezione della legge, la sovranità della sua forza con la sicurezza. Tutto capita come se Stendhal in Italia, aiutato dalla storia e dal cambiamento di paese, assistesse al caos prepolitico, al momento ancora informe in cui questo conferimento del potere assoluto dell'Io alla Società si sta verificando o è così poco realizzato che lo spazio sociale è ancora terra vergine. L'individuo gode ancora in Italia dei suoi diritti naturali, puri e bruti, non avendo alcun diritto 195 Ibid., pp.103-104

civile riconosciuto e non più alcuna sicurezza. La legge non lo limita e non lo difende: come riportato al di qua della costrizione sociale, il Viaggiatore sembra percorrere una società che, malgrado i suoi millenni di storia, non è costituita, in cui non è ancora entrato in gioco il grande contratto della “civiltà” che perde nel cemento sociale l'individuo, l'atomo ancora dotato dei suoi titoli originari.» 196

E' come se varcando le Alpi ed entrando in Italia Stendhal si ritrovasse in un paese senza leggi che regolano il comportamento individuale, un terra pre-politica, una terra senza la disciplina censoria del Super Io costituito dalle autorità sociali, in cui l'individuo è più genuino e più libero.

Stendhal sostiene che questa possibilità è data in Italia proprio da un sistema di leggi ingiusto e corrotto. In Italia le leggi più pesanti, il dispotismo più falso hanno come conseguenza la completa anarchia poiché l'individuo, rendendosi conto della falsità e della meschinità delle autorità, rimane allo “stato di natura”, immune dalle leggi politiche e sociali. Egli, infatti, afferma: « Il principe opprime la società, non le coscienze; è il nemico esteriore e non interiore dell'uomo. Né la ragione né il rispetto, “potenze ingannatrici” stabiliscono tra uomo e stato un legame alienante di valore e di fiducia»197.

Questa condizione permette all'uomo di sviluppare più liberamente le proprie passioni, il proprio Io, il proprio genio, proprio perché non più sottomesso alle leggi, alla morale e alla religione: «Il mutamento di paese determinato dal viaggio è davvero questo ritorno a una specie di sensibilità vergine, in cui i valori politici, soprattutto monarchici, questi legami “sacri” e morali, queste sfumate entità che si chiamano “lealtà”, “dovere”, “devozione” e che formano l'insopportabile legame dell'inferiore al superiore sono nulli. L'Italiano così immunizzato contro l'influenza del potere (il suo vero tiranno è la sensazione presente) non si stacca da sé né si dona agli altri in quella sorta di abbandono appassionato e quasi amoroso che è lo “zelo”».198

Il brigantaggio per Stendhal rappresenta proprio questa libertà italiana dai vincoli

196 Ibid., pp. 244-245 197 Ibid., p. 248 198 Ibid., p. 249

sociali, dalla censura del Super Io che regola e incatena il comportamento dell'individuo: è il sintomo di un'estraneità sociale, di un ritorno alle origini, ad uno stato naturale che è in contrapposizione alla società costituita, all'autorità, soprattutto quando questa si manifesta come un potere dispotico e corrotto. Tale stato di naturalità nega anche uno dei principi della società moderna, quello della proprietà. Crouzet, infatti, commenta:

« In Italia gli affari sono disinvolte “furfanterie”: è forse che qui si tratta della proprietà con una leggerezza che, togliendo ad essa ogni serietà, la sopprime come diritto. Strana ambiguità dell'arbitrario: il Viaggiatore si duole di questo ma si diverte a proposito dell'equivalenza tra le imposte e il brigantaggio, perché essa implica l'intercambiabilità tra il furto e il fisco. Il ladro è nel suo diritto e, come testimonia l'aneddoto del contadino che con il fucile in mano paga le sue imposte facendo contribuire i viaggiatori, il furto naϊf sulla strada maestra ristabilisce l'equilibrio tra governante e governato, smaschera il potere e anche l'innocenza dell'Italiano che non gioca il gioco della “società” o lo gioca molto bene demistificandolo.»199

La delinquenza serve per ristabilire gli equilibri sociali così che nel nostro paese sono diffusi briganti e assassini. Essi sono ritenuti come coloro che, non piegandosi alle ingiustizie, non accettando remissivi la propria condizione di miseria, agiscono scavalcando le leggi, col fine di sopravvivere degnamente. L'Italia così, oltre a configurarsi come un'alterità spaziale, è un mondo altro anche a livello temporale, poiché è come ritornare indietro nel tempo, quando non si era ancora affermata un'autorità, un re, ma era ancora energica la dialettica tra padrone e schiavo, tra tiranno e tirannicida. Questo è possibile proprio perché in Italia i governi sono talmente ingiusti che per l'uomo il ricorso alla giustizia sociale è un “brutto scherzo”, qualcosa di assurdo e ridicolo, così che si fa giustizia da solo.

« L'ingiustizia bruta restaura l'uomo naturale, lo conserva nello stato di società, al riparo da ogni mutilazione e da ogni indebolimento; essa, paradossalmente, reintroduce la natura nella società e nella storia (è il Rinascimento) e riapre, a vantaggio dell'io, il conflitto dell'Io e dell'Autorità, dell'Io e del “soggetto” sociale. La coppia del tiranno e del tirannicida, come incarnazione della coppia primordiale, come matrice di ogni politica, 199 Ibid., pp.251-252

forse, come nella filosofia della storia la dialettica padrone-schiavo, è al centro dell'universo italiano e ne costituisce la preziosa e feroce verità. L'altro, l'altrove del viaggio e l'altro tempo della storia presentano a Stendhal una rivincita incarnata sul Nemico, il Padrone detestato, il fautore della legge e dell'autorità»200

In questo contesto, in cui l'uomo non ha alcuna giustizia sociale a cui appellarsi, non ha leggi che reggano, ciò che conta è il diritto del pugnale o del coltello, che diviene garante degli individui. Per Stendhal l'uso della forza, l'uso del pugnale è anteriore a qualunque convenzione umana, tanto che lo ritiene il mezzo che ha l'uomo quando le leggi sono corrotte ed ingiuste: « Quando la giustizia non è che l'arma del più forte...l'uomo rientra nello stato di natura e l'assassinio diventa nuovamente un diritto»201. Il colpo di pugnale rappresenta ciò che ristabilisce la

libertà, l'uguaglianza e la sicurezza, poiché costituisce per l'individuo una nuova giustissima legge, dipendendo non da ricchezza e potere, ma esclusivamente dal valore del singolo.

Diventano fuorilegge e briganti coloro che combattono contro un potere ingiusto per una nuova e più vera giustizia. Questa idea è ben sottolineata da Crouzet che afferma:

«Furono degli “scontenti”, dei “repubblicani” che si diedero alla “macchia” ed esercitarono questo “mestiere”, se non questa giustizia, se non anche “questo diritto terribile che si sono arrogati”. La libertà delle foreste riunisce coloro che vogliono “conservare la loro indipendenza” e non “piegare il ginocchio”. L'elemento caratteristico dell'Italia è questa possibilità costante di defezione sociale, che riporta ciascuno, oltre il diritto convenuto, nel diritto dell'uomo allo stato puro.»202

Per Stendhal, crimine e vendetta sono il riflesso della grandezza primitiva dell'uomo, della sua vera natura. Egli li considera molto più veri della disciplina e dell'ordine ottenuti tramite la legislazione sociale poiché provengono dall'indipendenza e dal valore personale dell'uomo. Per Stendhal l'Italia è un paese esotico e primitivo ma questi attributi portano con sé anche l'idea di una maggiore libertà e spontaneità, che rendono possibile all'uomo eccellere

200 Ibid., pp. 253-254 201 Ibid., p. 255 202 Ibid., p.256

per le proprie virtù. Il brigantaggio è in questo senso una delle conseguenze di questa primitività, poiché ristabilisce la legge del più forte, la legge di natura in opposizione alle inique leggi dei governi.

Stendhal tratta, inoltre, e più approfonditamente, il fenomeno del brigantaggio in un saggio, I briganti in Italia, apparso anonimo, ma con il consenso dell'autore, in un'opera del cugino Romain Colomb, nel Giornale di un viaggio in Italia e Svizzera dell'anno 1828 (1833). Questo saggio testimonia il vivo interesse dell'autore per l'Italia, ritenuta una terra di luci e ombre, primitiva ed energica al tempo stesso. Egli mostra immediatamente la sua ammirazione verso i briganti, proprio perché più primitivi, più puri e più forti: essi sono presentati come uomini che combattono contro un governo e un potere oppressivo, perciò non colpiti dalla riprovazione della gente, come in tutti gli altri paesi, bensì ritenuti eroi e quasi venerati come semidei.

«In Francia e nella maggior parte degli Stati europei facilmente si concorda sulla qualifica da dare agli uomini la cui professione è quella di derubare i viandanti lungo le strade maestre: sono briganti. In Italia, sono chiamati pure assassini, ladroni, banditi, fuorusciti, ma sarebbe un grave errore credere che questo tipo di attività sia lì colpito da una riprovazione così viva e universale come lo è dappertutto altrove.

Tutti hanno paura dei briganti: ma, cosa strana!, ciascuno per parte sua li compiange quando essi ricevono la punizione per i loro crimini. Insomma, si ha per loro una sorta di rispetto anche di fronte all’esercizio di quel terribile diritto che essi si sono arrogati.

Il popolo, in Italia, è abitualmente dedito alla lettura dei poemetti in cui sono ricordate le circostanze notevoli della vita dei banditi più famosi: gli piace ciò che vi è in quella di eroico, ed esso finisce col nutrire per loro un’ammirazione assai vicina al sentimento che, nell’antichità, i Greci provavano per alcuni loro semidei.».

Egli vede nei briganti uomini animati da grande energia e mossi non dalla volontà di compiere il male contro i privati o contro le proprietà altrui, bensì oppositori ai governi che sono fautori di ingiustizie sociali. Sono uomini che si qualificano per uno spirito libero e non soggetto ad alcun vincolo sociale, uomini che non si vogliono inginocchiare alle autorità.

Questa asocialità, questa primitività li rende capaci delle grandi passioni, di innalzarsi e compiere grandi gesta soprattutto quando sono dirette contro le autorità corrotte, tanto che lo scrittore ci dice:

«Quella vita libera e avventurosa sedusse spiriti che, se ben guidati, sarebbero stati capaci di cose grandi. Darsi alla macchia era sovente, per un oppresso, il solo modo di vendicarsi della tirannia di un gran signore o di un abate importante.»

Stendhal ribadisce le idee di questo saggio anche nel romanzo breve La badessa di Castro (1839), sostenendo che i briganti costituivano «l'opposizione contro i governi atroci che in Italia succedettero alle repubbliche del medioevo»203. Lo scrittore pone l'accento sull'ipocrisia dei

governi successivi alle repubbliche tanto che afferma che i piccoli tiranni erano pronti ad ingannare il popolo con ogni mezzo pur di apparire giusti e liberali.

« Il nuovo tiranno fu di solito il più ricco cittadino della defunta repubblica, il quale, per accattivarsi il favore del basso popolo, ornava la città di splendide chiese e di bei quadri. Tali furono i Polentani di Ravenna, i Manfredi di Faenza, i Riaro d'Imola, gli Scaligeri di Verona, i Bentivoglio di Bologna, i Visconti di Milano, e finalmente i meno bellicosi e più ipocriti di tutti, i Medici di Firenze. Nessuno tra gli storici di questi piccoli stati ha avuto il coraggio di raccontare gli avvelenamenti e gli assassinii innumerevoli ordinati dalla paura che tormentava questi tirannelli: quei gravi storici erano al loro soldo. Notate che ogni tiranno conosceva uno per uno i repubblicani da cui si sapeva esecrato (Cosimo granduca di Toscana, per esempio, conosceva lo Strozzi) e che parecchi tiranni morirono assassinati, e allora comprenderete l'odio profondo e l'eterna diffidenza che diedero tanto ingegno e tanto coraggio agli italiani del Cinquecento e tanta genialità agli artisti del secolo.»204

Secondo Stendhal è proprio l'evidente ingiustizia di queste tirannie ad impedire la nascita di quel pregiudizio che in Francia si chiama “onore” e che consiste soprattutto nel sacrificare la vita per il proprio padrone. L'italiano rimane così più libero nell'espressione delle proprie passioni e del proprio ingegno, rispetto al francese.

203 Stendhal, La badessa di Castro, cit. , p.127 204 Ivi.

« In Italia un uomo si faceva conoscere con ogni genere di merito, coi gran colpi di spada come con le scoperte degli antichi manoscritti: vedete il Petrarca, l'idolo del proprio tempo; e una donna del Cinquecento amava un uomo dotto in greco più di quel che avrebbe amato un uomo celebre per il valore militare. Si videro allora delle passioni, e non già l'abitudine della galanteria. Ecco la grande differenza tra l'Italia e la Francia, ecco perché l'Italia ha visto nascere un Raffaello, un Giorgione, un Tiziano, un Correggio, mentre la Francia produceva tutti quei valorosi capitani del secolo decimosesto, oggi così dimenticati, ognuno dei quali uccise così gran numero di nemici.»205

L'autore ribadisce l'esistenza di un legame tra popolo e brigantaggio tanto che sostiene che la vendetta dei tiranni sui briganti ebbe come conseguenza non l'odio verso loro da parte del popolo bensì l'appoggio:

« Chiedo perdono per le dure verità che dico. Comunque sia, le vendette atroci e necessarie dei tirannelli italiani del medioevo cattivarono ai briganti il cuore del popolo. I briganti erano odiati allorché rubavano i cavalli, grano, danaro, quanto insomma bisognava loro per vivere; ma, insomma, il cuore del popolo era per loro; e le ragazze del contado preferivano il giovanotto che, una volta nella vita, era stato costretto a darsi alla macchia, cioè a fuggire nei boschi e a rifugiarsi presso i briganti a cagione di qualche grossa imprudenza.»206

Inoltre, i briganti, dal canto loro, aiutano il popolo contro il sopruso delle autorità ed esprimono il desiderio di ribellione della povera gente:

« Quindici anni fa, per esempio, prima che la saggezza dei governi avesse soppresso il brigantaggio, non era infrequente il caso che i banditi punissero con le loro imprese le angherie dei governatori di piccole città. […] Se non sempre i briganti riuscivano a punire quei piccoli governatori tirannici, almeno s'infischiavano di loro e li