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Carmen: l'amore impossibile per la natura asociale della banditessa

brigantaggio italiano

5. Il bandito e l'amore

5.3 Bandito come incarnazione dello stato di natura e impossibilità dell'amore

5.3.2 Carmen: l'amore impossibile per la natura asociale della banditessa

In Carmen (1845) di Mérimée l'amore di Don Josè Navarro per la zingara è legato a un ritorno del represso che si produce nell'uomo non appena la incontra. Carmen è una nomade, una fuorilegge, una donna selvatica animata da pulsioni primitive che Don Josè non riesce a domare: la differenza con Don Josè è abissale poiché egli è un uomo ben radicato nella società, di buona famiglia e un rappresentante della legge.

Don José non solo ama Carmen ma desidera di essere da lei ricambiato, pretendendo

302Ibid., p. 413

la reciprocità del sentimento. Questo fattore lo induce a farsi contrabbandiere, ladro e assassino, così che anche in lui riaffioreranno quelle istanze primitive che sono qualità intrinseche alla donna: risorgono in Don Josè le pulsioni represse dai vincoli sociali ma non si tratta di un ritorno che può avvenire in modo completo poiché egli è ben radicato nella società.

Carmen è, invece, rappresentata come creatura al di fuori dell'ordine sociale tanto da negare qualunque reciprocità sia sul piano sentimentale che su quello delle azioni e degli obblighi morali che dovrebbero avere l'uno verso l'altro. Il comportamento della zingara segue solo i desideri irrefrenabili del proprio Io e sembra mancarle l'azione limitatrice della coscienza o delle leggi della comunità di appartenenza.

Dal primo incontro tra i due si verifica un contrasto che investe i principali canali della comunicazione umana, la parola e la vista: questa discrepanza è solo uno degli effetti prodotti dell'assenza nella donna del principio di reciproca fedeltà e mette in luce come le due dimensioni a cui appartengono i personaggi siano inconciliabili. Carmen gioca con le parole di Don José, le piega secondo le sue esigenze, cambiandone il significato, come avviene con la épinglette, la spilletta di don Josè che la donna converte nel termine che nella sua lingua indica i ferri per l'uncinetto.

« “Compare,- mi disse alla maniera andalusa,- vuoi regalarmi la tua catenina per tenere le chiavi della mia cassaforte?”

“Serve per attaccarvi la mia spilletta”, le risposi.

“La tua spilletta!- esclamò ridendo, -Ah! Il signore fa del merletto, poiché ha bisogno di spilli!”»304

Don Josè, fin da subito, mette in luce che Carmen usufruisce del suo poliglottismo per adescare le persone e mente in continuazione: queste capacità le danno un senso di

intangibilità, di indeterminatezza, come se non esistesse da nessuna parte. Don Josè, a differenza di lei, ha la propria lingua definita e le proprie origini, che lo rendono afferrabile e comprensibile agli altri.

Il bandito dà importanza anche all'altro canale comunicativo fondamentale, quello della vista. Gli sguardi altrui per lui sono espressione di un giudizio positivo e negativo tanto che, messo di guardia a una festa di ufficiali, gli sembra di avere tutti gli sguardi su di sé e si sente a tal punto umiliato da preferire la fucilazione:

«Credo che avrei preferito essere fucilato. Per lo meno si cammina da soli davanti al plotone; ci si sente qualcuno; la gente vi guarda. [...]

Mi sembrava che tutta la città si fosse data appuntamento alla sua porta per guardarmi»305

Al ricevimento partecipa anche Carmen come ballerina e il suo sguardo è, per lui, lo smacco più grande tanto che vorrebbe sprofondare cento piedi sotto terra. Allo sguardo altrui, simbolo della riprovazione sociale, si aggiunge quello di disprezzo di Carmen, che è, al tempo stesso, la donna che ha causato il suo degrado sul piano militare.

L'uomo si sente sempre inferiore alla zingara e il suo amore dipende proprio da questo senso di subordinazione. Don Josè ucciderà Garcia, il marito di lei, per essere suo sposo ufficiale, cercando vanamente una posizione di parità che non riuscirà comunque ad ottenere. L'ossessione di questa inferiorità lo condurrà verso l'altra faccia dell'amore, ovvero un odio tanto profondo che lo spingerà ad assassinare la zingara. La donna, in ogni caso, dichiarerà più volte che un'intesa maggiore la lega a lui ma Don José non può capire perchè non riesce ad uscire dalla sua mentalità borghese ed entrare nel mondo emarginato della donna; Fiorentino commenta: «Se Don Josè non capisce, è perchè il suo bisogno di Carmen come causa e compenso insieme delle sue frustrazioni non coincide con una possibilità di fare propria la logica del mondo 305Ibid., p.105

illegale ed emarginato di lei.»306

La superiorità, che esercita fascino su Don Josè, risiede nella primitività della donna, nella sua ferinità, che la rende incapace di legarsi a lui, di mettere radici costruendo una famiglia. Carmen, in quanto “femme fatale” che fa innamorare Don José ha aspetti trasgressivi, che sono stati ritenuti spesso diabolici, ma in realtà sono legati anche ad una visione del mondo ancora infantile. La donna è uno strumento di perdizione ma è allo stesso tempo innocente: questa dualità è notata anche da Don José. Don Josè, raccontando l'assassinio all'archeologo lo giustifica come atto necessario dovuto al rifiuto di lei di farsi salvare, come se le forze demoniache che albergano in lei fossero invincibili, ma allo stesso tempo non può far a meno di affermare la sua innocenza dichiarando «Povera bambina!La colpa è dei Calé che l'hanno educata così»307. Cesare Garboli308 nota infatti che Don Josè è affascinato dai

tratti fanciulleschi della donna, dall'espressione della sua libido senza restringimenti di alcun tipo, ma in modo ingenuo, come un bambino non ancora educato dai genitori.

«...a sedurre Don Josè, non è mai un tratto di femminilità adulta; al contrario, a esercitare la seduzione è una forza diversa, una spavalderia fanciullesca e plebea, una gioia del male selvaggia e infantile, da piccola fuorilegge innamorata delle prodezze e delle bravate; una gioia dell'infrazione che ha qualcosa non solo di irreducibile, d'irresistibile, ma d'incorruttibile, come se l'innocenza non fosse una virtù dell'anima ma l'espressione di una libido purissima, limpida, dura, al di qua del bene e del male, e nello stesso tempo inscindibile dal bisogno puerile di trasgredire e disubbidire.»309

Il critico dimostra anche che le tappe dell'innamoramento di Don José sono tutte legate a questi elementi infantili della zingara: è una festa puerile il convegno in via del Candilejo con il pane, il vino, le arance, i dolci che Carmen mangia voracemente come una bambina di sei

306Fiorentino, I gendarmi e la macchia, cit., p. 121 307Mérimée, Carmen, cit., p.165

308Garboli Cesare (Viareggio,1928–Roma,2004) è stato uno scrittore, saggista e critico letterario italiano. Si è distinto per la pluralità di interessi, - storico, scientifico, letterario, musicale, teatrale, giornalistico- che è riuscito a intrecciare nelle sue opere.

anni, e sono infantili i capricci, le danze, i salti, i balli e le cantilene che compie più volte. Mérimèe sostituisce la componente erotica con il gioco, tanto che per Carmen tutto è gioco, dal rapporto amoroso con Don Josè ai suoi atti criminali, ai furti, al contrabbando. Il gioco infantile è strettamente connesso con questa libido non ancora sottomessa al controllo del Super Io o dell'autorità sociale: una libertà che è trasgressione e che proviene dalla cultura zingara.

L'assenza dei sensi di colpa e di una coscienza attiva in Carmen derivano proprio dal fatto che non è stata succube dell'incivilimento che ogni essere umano subisce fin da piccolo ad opera, prima, dei genitori, poi, della comunità di appartenenza, così che le sue pulsioni originarie non sono state erose e sono rimaste incontaminate. Freud, in Disagio della civiltà afferma:

«La libertà individuale non è un frutto della civiltà. Era massima prima di qualsiasi civiltà, benchè in realtà a quel tempo in gran parte priva di valore, poiché l'individuo difficilmente era in grado di difenderla. La libertà subisce delle limitazioni ad opera dell'incivilimento e la giustizia esige che queste restrizioni colpiscano tutti. Ciò che in una comunità umana indica un desiderio di libertà, può essere ribellione contro qualche ingiustizia che è in atto e così risultare utile per un'ulteriore evoluzione civile, rimanere compatibile con la civiltà. Può però anche scaturire dal residuo della personalità arcaica, non ancora domata dalla civiltà, e divenire il fondamento dell'inimicizia verso la civiltà.»310

Il secondo caso menzionato da Freud è quello incarnato da Carmen, il cui l'Io non ha subito restringimenti ed in lei non si è sviluppato un Super io che abbia un'azione censoria nei confronti dell'Io, proprio perché è assente il desiderio di relazionarsi con gli altri che porta all'incivilimento. La paura di perdere l'amore è, infatti, ciò che conduce l'uomo a rivolgere le sue pulsioni aggressive contro se stesso e a reprimerle per mezzo dello sviluppo di una coscienza. Il mancato svolgimento di questo processo rende la donna innocente e pura, al di

310Freud Sigmund, Disagio della civiltà e altri saggi (tit. or. Das Unbehagen in der Kultur 1930) Boringhieri, Torino 1971, pp.231-232

qua del bene e del male, del giusto e dello sbagliato, dunque più forte e superiore, essendo priva dei rimorsi e dei sensi di colpa che si sono sviluppati nell'uomo con il suo incivilimento.

In Carmen la tematica dell'amore è affrontata in modo molto particolare poiché tale sentimento è ostacolato dalla stessa natura della donna, dal suo essere asociale e al di fuori delle leggi che regolano le relazioni umane. Don Josè, affascinato da questa natura, si innamora della zingara e cerca di conformarsi alla cultura zingara per potersi avvicinare al suo animo: egli, però, ha ormai interiorizzato le istanze sociali del mondo borghese e la sua “metamorfosi” non può realmente riuscire, tanto che giungerà alla distruzione del suo amore e di sé stesso.