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brigantaggio italiano

4. Bandito ed esotismo

4.3 Ernani e “la madre Catalogna”

Nell'opera teatrale Ernani (1830), la foresta non è mai rappresentata direttamente sulla scena: Hugo non modifica, diversamente da Schiller, lo spazio scenico all'interno di un atto, perciò ai cinque atti corrispondono cinque unità spaziali, nessuna delle quali ha a che fare con la foresta. Le azioni dei primi tre atti si svolgono principalmente a Saragozza, all'interno del castello di Don Ruy Gomez da Silva, mentre il quarto è ambientato nella cappella di Carlo Magno e il quinto in una terrazza del castello di Ernani, ad Aragona.

L'assenza della foresta come spazio scenico potrebbe far credere che non abbia alcun significato all'interno dell'opera ma non è così: essa è sempre presente nell'immaginario, più volte menzionata nei discorsi di Ernani ed, inoltre, alcuni ambienti hanno elementi di parentela con tale spazio. L'atto V, ad esempio, si svolge nella terrazza del palazzo di Ernani, nella notte delle nozze con doña Sol, e la sua descrizione ha tratti in comune con lo spazio della foresta.

« LE NOZZE

Saragozza. Una terrazza nel palazzo d'Aragona. In fondo, la rampa di una scala che conduce ai giardini. A destra e a sinistra, due porte che danno sulla terrazza, chiusa da una balaustra sormontata da due ordini di arcate moresche, sopra e attraverso le quali si scorgono i giardini del palazzo, gli zampilli delle fontane nel buio, i boschetti con le fiaccole che gettano qua e là luci soffuse, e in fondo i pinnacoli gotici e arabi del palazzo illuminato. È notte. »184

Dalla terrazza, per mezzo di una rampa, si sprofonda in un giardino che può essere

considerato una foresta “addomesticata”, a cui è stato tolto l'elemento ribelle e contestatario poiché manca delle sfaccettature primitive e selvatiche dei boschi. Questo “addomesticamento”, in fin dei conti, rispecchia quello che ha subito Ernani, che da ribelle e brigante, si è “nobilizzato”, divenendo don Juan d'Aragona, dopo aver svelato le origini aristocratiche.

Allo stesso modo, nell'atto IV, i sepolcri di Carlo Magno, il luogo deputato all'assassinio di Don Carlos, hanno elementi di parentela con la foresta. Lo spazio si connota per un'atmosfera gotica, con caratteri che lo rendono un luogo oscuro, intrigato e misterioso, che si addicono perfettamente alla foresta.

« LA TOMBA

Aix-la-Chapelle. La cripta che racchiude la tomba di Carlo Magno. Ampie vòlte d'architettura longobarda. Grossi pilastri bassi, archi a tutto sesto, capitelli con decorazioni di fiori e di uccelli. A destra, la tomba di Carlo Magno con una porticina di bronzo, bassa e centinata. Una sola lampada sospesa a una chiave di vòlta illumina l'iscrizione: CAROLO MAGNO. È notte. Non si distingue il fondo del sotterraneo: l'occhio si perde tra le arcate, le scale e le colonne che s'intersecano nell'ombra.»185

Le parentele di questi ambienti con la foresta sono significative poiché vi si svolgono dei passaggi fondamentali legati alla natura ribelle di Ernani. Nella cripta il bandito sceglie, per l'ultima volta, la vendetta piuttosto che l'amore, rifiutando di cedere a don Ruy Gomez da Silva la possibilità di uccidere don Carlos. Il vecchio gli propone la restituzione del corno che Ernani gli aveva offerto come garanzia del proprio onore, quando il primo gli aveva salvato la vita: il proscritto, a sua volta, con la concessione dello strumento gli concede il potere di decidere sulla sua stessa vita. Il corno è un mezzo di morte, al cui suono, Ernani ha promesso di togliersi la vita a patto di poter adempiere alla sua vendetta: lo strumento gli ricorda dunque la vendetta del padre e la decisione di farsi brigante, legandosi decisamente al mondo

della foresta. Il suono del corno, non a caso, si farà sentire nell'atto V, provenendo da un punto indefinito e lontano del giardino, per ricordargli la sua natura ribelle e selvaggia e i giuramenti compiuti: la foresta, per mezzo di esso, viene a farsi giustizia quando ormai Ernani l'ha tradita, scegliendo l'amore piuttosto che la riabilitazione della dignità paterna.

Al di là di queste parentele, Ernani è strettamente legato alla foresta, anche per la sua vita da brigante. Egli, nonostante venga sempre messo in scena senza la sua banda e per lo più all'interno dei castelli, ricorda più volte l'ambiente da cui proviene e la sua famiglia, i briganti che lo accompagnano nelle sue avventure. La sua compagnia di briganti viene presentata nei suoi discorsi quasi come un tutt'uno con lui, formando un personaggio collettivo. Fin dall'inizio (I,2), Ernani è presentato vestito ed ornato di elementi che rimandano alla sua condizione di brigante, alla vita nel mondo delle foreste, prima fra tutti la corazza di cuoio di animale:

«[...]Entra Ernani, avvolto in un ampio mantello. Ha un gran cappello, indossa un abito grigio da montanaro d'Aragona: ha una corazza di cuoio, una spada, un pugnale e un corno alla cintola. »186

Ernani, in seguito (II,3), completa la descrizione della sua vita riferendosi alla propria banda quando risponde a don Carlos, sorpreso di non essere aiutato dalla sua scorta:

«ERNANI I vostri amici sono caduti nelle mani dei miei uomini. Non cercate di richiamare, qui, quelle lame impotenti: su tre che venissero in vostro aiuto, ci sarebbero sessanta dei miei e uno solo di quei sessanta vale tutti voi quattro messi insieme. Dobbiamo risolvere qui, tra di noi, la nostra disputa. Come! Avete osato allungare le mani su questa fanciulla! È stata una mossa imprudente, signor re di Castiglia, un atto di viltà! » 187

Egli durante tutta l'opera si appella più volte alla sua vita da brigante e ai suoi compagni, tanto da presentarsi come sovrano delle foreste in contrapposizione a don Carlos che

186Ibid., p.12 187Ibid., p.38

diventerà re di Spagna: l'opposizione è ancora più marcata se si pensa che Ernani è il re del mondo non civilizzato e posto al di fuori delle leggi sociali, mentre l'autorità di Carlo dominerà proprio la realtà spagnola socialmente strutturata. Carlos è il futuro re della civiltà mentre il bandito è quello delle foreste.

Nonostante questa opposizione il ricorso alle foreste del proscritto non ha nulla a che vedere con una volontà di combattere e ribellarsi alla società iniqua come accade per Karl Moor di Schiller, poiché la sua non è stata una scelta libera ma una costrizione a cui l'ha indotto la povertà e la morte del padre. Per queste ragioni, Ernani, rispondendo a doña Sol, pronta a seguirlo nei boschi, cerca di allontanare da lei questa idea ponendo l'accento sulla vita miserevole che conduce e sull'incapacità di offrirle la felicità (I,2):

«ERNANI In mezzo agli uomini rudi che mi fanno compagnia? Dei proscritti di cui il carnefice conosce bene l'identità, gentaglia che ha il cuore duro come il ferro, impossibile da scalfire, tutti quanti trascinati da un cieco istinto di vendetta? Verresti a comandare quella che chiamano la mia banda? Perché, se non lo sai ancora, io sono un bandito! Quando mi davano la caccia per tutta la Spagna, solo la vecchia Catalogna, con le sue foreste e i suoi monti inaccessibili, tra le sue rocce dove solo l'aquila può scorgerti, mi ha accolto come una madre. Sono cresciuto tra i suoi montanari liberi, poveri, severi e domani, se la mia voce fa risuonare questo corno, tremila dei suoi eroi giungeranno subito davanti a me... Rabbrividisci? Rifletti con calma. Seguire me tra i boschi, sui monti, sul greto dei fiumi, in mezzo a uomini simili ai demoni spaventosi dei tuoi incubi, sospettare di tutto, delle voci e degli occhi, dei passi e dei rumori, dormire sull'erba, bere al torrente e di notte, mentre darai il latte al tuo bambino che si è svegliato, sentire fischiarti all'orecchio le palle dei moschetti, vagare accanto a me, proscritta, e magari essere costretta a seguirmi anche sul patibolo dove finirò, come mio padre.»188

La povertà è ciò che lo distingue dai nobili, da Don Ruy Gomez da Silva e da Don Carlos, come a ribadire che il suo valore non si basa sulla ricchezza ma sulle doti e le virtù personali che si esprimono al massimo nella condizione naturale in cui vive. Sebbene le origini di Ernani siano nobili, come svelerà nel quarto atto, egli esalta la vita nella foresta, in mezzo

alla natura, tanto che definisce come madre la Catalogna con le sue foreste e i suoi monti. La forza drammatica di Ernani consiste in questa naturalità e povertà che sono indice di libertà e indipendenza [Cfr. cap.2.1]: se venisse legato al mondo nobiliare perderebbe di sincerità e di purezza. La foresta e le montagne si caricano di valori elevati tanto che i montanari sono definiti come «liberi, poveri e severi», riconfermando l'idea che la loro grandezza risieda nello spirito e non nell'eredità e nella nobiltà di sangue. L'aquila, a cui fa riferimento, può ritenersi un simbolo del divino che vigila sui monti: la foresta viene ritratta così come un luogo di altezza morale ineguagliabile poiché è più vicina al divino.

Zaragoza evidenzia il gusto di Hugo per le storie di uomini privati della loro nobiltà fin da fanciulli, derivante dal Medioevo:

«L’accento è messo sull’infanzia di Hernani; infanzia che è quella di un povero bambino. [...] Si potrebbe ritrovare qui tutta una tradizione ereditata dal Medioevo; tradizione del giovane principe che, essendo contestata la sua legittimità, viene allora cresciuto in un ambiente umile, perché, infine, al momento giusto possa ritrovare i suoi titoli e il suo trono. In questo, il personaggio di Hugo si inscrive in una tradizione tipicamente eroica, anche se le peripezie drammatiche e, tra l’altro, il finale disturberanno questo schema. Simmetricamente a questa tradizione medievale, l’infanzia di Hernani rimanda ugualmente a un gusto tipicamente hugoliano per le infanzie sprovviste di lustro, le infanzie che situano il bambino al contatto diretto con la natura. E’ per lui un pegno di indipendenza e di libertà, come ne testimonia l’allusione alla dote. Con questo termine, da prendere in senso lato, bisogna capire i privilegi che i nobili hanno alla loro nascita senza aver fatto nulla per meritarlo. Hernani, benché nobile, è totalmente liberato dai suoi codici sociali che corromperebbero la franchezza che fonda il suo statuto. »189

189 Zaragoza, Héroϊsme et Marginalité, cit., pp. 129-130: «L'accent est mis sur l'enfance d'Hernani; enfance qui est celle d'un enfant pauvre. [...]On pourrait retrouver ici toute una tradition héritée du Moyen Âge; celle du jeune prince qui, parce que sa légitimité se trouve contestée, est alors élevé dans un milieu humble, pour qu'enfin le jour venu il puisse retrouver ses titres et son trône. En cela, le personnage hugolien s'inscrit dans une tradition typiquement héroïque, si ce n'est que les péripéties dramatiques et entre autres le dénouement viendront brouiller ce schéma. Parallèlement à cette tradition médiévale, l'enfance d'Hernani renvoie également à un goût typiquement hugolien pour les enfances dépourvues de lustre, les enfances qui situent l'enfant au contact direct de la nature. C'est pour lui un gage d'indépendance et de liberté, comme en témoigne l'allusion à la dot. Par ce terme, à prendre au sens large, il faut comprendre les privilèges que les nobles ont à leur naissance sans rien avoir fait pour les mériter. Hernani, bien que noble, est totalement affranchi de ses codes sociaux qui corrompraient la franchise qui fonde son statut. » (traduzione non ufficiale)

L'importanza della natura e della foresta, in quanto mondo del brigantaggio ideale e positivo, è ancora più evidente quando la sua banda sarà sterminata e lui, perso il ruolo di capo, rimarrà solo e sarà preda di una crisi (III,4) che lo spingerà a consegnare il suo corno, simbolo del suo potere sui banditi e sul mondo della foresta, a Don Ruy Gomez da Silva.

«ERNANI Montagne d'Aragona! Galizia! Estremadura! Oh! Io porto sventura a tutto ciò che mi circonda! Mi sono preso i vostri figli migliori per rivendicare i miei diritti, senza provare il minimo rimorso li ho costretti a combattere ed eccoli là, tutti morti! Erano i più valorosi di tutta la Spagna più valorosa. Sono morti! Sono tutti caduti sui monti, tutti coricati sul dorso, da valorosi, davanti a Dio: se aprissero gli occhi vedrebbero l'azzurro del cielo!...»190

Il corno viene ceduto proprio perché, dopo la morte dei banditi, Ernani perde il suo statuto eroico, la sua parte divina visto che di tale oggetto si serviva per chiamare la sua banda. Tale gesto segna la sua fine perché egli viene meno al suo ideale di vendetta per consacrarsi a doña Sol, e non più alla giustizia e alla libera vita della foresta. La sua infedeltà alla madre Catalogna sarà ancora più evidente quando gli verranno riconosciute le origini nobili, deciderà di non portare a termine l'assassinio di don Carlos e accetterà la vita da ricco all'interno della società a scapito di quella naturale: il tradimento coincide con il cambiamento di identità da Ernani a don Juan d'Aragona. Il rimorso per questa scelta resta in lui fino alla fine, come dimostra la scena delle nozze: i due innamorati dalla terrazza sentono il suono del corno e doña Sol si rivolge con il nome di don Juan, ma egli la rimprovera affermando di chiamarlo Ernani poiché tale suono gli ricorda la vendetta non compiuta. Il suono del corno, inoltre, proviene dal fondo dei boschi e non può essere altro che la metafora della voce della foresta che gli ricorda il suo voltafaccia e la pena che lo attende per questo.

La foresta ha anche in questo caso un ruolo fondamentale all'interno del dramma ed è

per mezzo di essa che si incrociano i destini dei personaggi: la foresta da madre benevola di briganti onesti ritorna per chiedere il suo riscatto, la sua vendetta, caricandosi così di valori ambivalenti. Essa è allo stesso tempo la madre benigna di coloro che si oppongono alla civiltà corrotta e vivono secondo ideali di fratellanza e giustizia, ma anche madre “crudele” per coloro che la tradiscono. La foresta, con i valori che le vengono attribuiti, qui come nell'opera di Schiller, non è mai un mondo perfetto ma contraddittorio e ambivalente, quasi a voler mettere in luce che gli ideali di un brigantaggio buono e onesto, la lotta di questi uomini per una propria giustizia, contiene in sé un lato oscuro che non può essere eluso in alcun modo.