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I masnadieri: la foresta e l'utopia di un brigantaggio eroico

brigantaggio italiano

4. Bandito ed esotismo

4.2 I masnadieri: la foresta e l'utopia di un brigantaggio eroico

Nell'opera teatrale I masnadieri di Schiller (1782) la foresta gioca un ruolo di primo piano, caricandosi di valori ambivalenti, essendo da una parte il luogo dell'innocenza, della lealtà e dell'onestà rispetto alla civiltà corrotta, dall'altra un mondo altrettanto degradato. Nelle opere romantiche gli spazi scenici hanno un ruolo fondamentale poiché sono sempre legati ai personaggi che in quei luoghi esprimono se stessi, dunque l'ambiente rispecchia atteggiamenti, sentimenti ed in generale l'interiorità del personaggio. Ne I masnadieri gli ambienti che si fronteggiano, sono principalmente due, il castello e la foresta, e sono connessi con i due personaggi che si oppongono nell'opera, i fratelli nemici Franz e Karl. Lo spazio del castello è quello che Franz conquista precludendolo al fratello per mezzo dell'inganno ordito contro il padre che, in preda alle menzogne di Franz, giunge a diseredare il primogenito Karl; la foresta, a sua volta, diviene il rifugio di Karl e si presenta come luogo della protesta e della resistenza. A tal proposito Zaragoza, afferma nella già citata opera Héroïsme et Marginalité:

«Tutto il dramma può essere descritto in termini di opposizione tra questi due tipi di spazio. Lo spazio del castello, spazio che, in effetti, Franz conquista vietandolo al fratello e cacciandone via il padre presunto morto;

lo spazio della foresta è quello di Karl, lo spazio della resistenza. L’evoluzione drammatica tende a mostrare un affronto tra i due spazi di cui la scena 1 dell’atto V ne è il più bell’esempio: i briganti usciti dalla foresta si lanciano all’assalto del castello. Il finale dovrebbe mettere faccia a faccia i due fratelli sul terreno di Karl, l’ultima parola è della foresta; ma quest’ultima parola è equivoca poiché Franz si suicida e Karl si arrende.»165

Dunque, tra i due spazi si instaura un conflitto vero e proprio che rispecchia quello tra i personaggi che sono i sovrani di quei luoghi.

La foresta è, inoltre, legata al brigantaggio come si nota fin dalla sua prima comparsa (I,2), ambientata in una trattoria ai confini della Sassonia. Nell'osteria sono presenti Karl e Spiegelberg, a cui si aggiungono successivamente gli altri uomini che entreranno a far parte della banda dei masnadieri. Karl riceve la lettera del padre, falsificata in realtà dal fratello Franz, in cui viene ripudiato. Le soluzioni che i compagni propongono a Karl per porre rimedio a questa situazione drammatica fanno riferimento alla creazione di una banda di briganti e al ricorso alla foresta:

«SPIEGELBERG Dunque! (mettendosi in mezzo a loro con tono supplichevole). Se nelle nostre vene c'è ancora una goccia di eroico sangue tedesco, venite!... ci installeremo nelle foreste della Boemia, formeremo una banda di masnadieri e... ma perché mi guardate così? Quel po' di coraggio è già dunque andato in fumo?»166

E ancora:

«SCHWARZ Vieni con noi nelle foreste della Boemia. Ci riuniremo in una banda, e tu.... (Moor lo guarda fisso)» 167

La foresta, nell'affermazione di Spiegelberg, è rappresentata come il luogo in cui è possibile

165Zaragoza, Héroïsme et Marginalité, cit., p.121: « Tout le drame peut être décrit en terme d'opposition entre ces deux types d'espace. L'espace du château, c'est en effet celui que Franz conquiert en l'interdisant à son frère et en en chassant son pére prétendu mort; l'espace de la forêt est celui de Karl, l'espace de la résistance. L'évolution dramatique tend à montrer un affrontement entre les deux espace dont la scéne 1 de l'acte V est la plus del exemple: les brigands issus de la forêt se jettent à l'assaut du château.» (traduzione non ufficiale) 166 Schiller, I masnadieri, cit., p.35

per l'uomo esprimere il proprio coraggio e il proprio valore, senza i limiti dovuti alle leggi, ritenute catene che indeboliscono le virtù degli uomini impedendo di sviluppare l'eroismo negli animi superiori.

Se Karl, all'inizio titubante, alla fine abbraccia questa idea è per il sogno di creare un mondo puro e innocente, lontano dalla corruzione della società, tanto che Zaragoza può dire :

«E’ da sottolineare immediatamente che qui l’idea espressa è basata sulla costituzione di un gruppo esclusivamente maschile, di una specie di fratellanza che esclude qualsiasi figura femminile, e che questo progetto viene elaborato su di un entusiasmo, una specie di promessa di felicità che può ricordare l’Arcadia delle pastorali virgiliane, su di un’Utopia.»168

Questa acuta constatazione di Zaragoza trova conferma nel dramma poiché molte delle decisioni di Karl, dopo l'elezione a capo della banda, sono improntate proprio su un'ideale di fratellanza tra uomini forti e valorosi. Un esempio è rappresentato dall'azione di salvataggio del compagno Roller che, pur mettendo a rischio tutta la banda, è imposta da Karl in nome della solidarietà tra gli uomini. A ciò si aggiungono gli ideali di libertà e di azione che il capobanda rimpiange fin dalla sua prima comparsa: «Il mio spirito anela all'azione, l'anima alla libertà» 169. L' eroe ci è presentato come un uomo che aspira al ritorno al passato, all'epoca che

generava i grandi uomini che non sono più possibili nell'epoca a lui contemporanea, essendo corrotta e degradata.

Quello a cui Karl aderisce con cecità è un progetto illusorio tanto da venire demistificato dalla presenza di un personaggio come Spiegelberg, raffigurato fin dall'inizio

168 Zaragoza, Héroϊsme et marginalité, cit., p. 121: « On soulignera immédiatament que l'idée ici exprimée se fonde sur la constitution d'un groupe exclusivement masculin, d'une sorte de fraternité qui exclut toute figure féminine, et que ce projet s'élabore sur un enthousiasme, une sorte de promesse de bonheur qui peut rappeler l'Arcadie des pastorales virgiliennes, une Utopie.» (traduzione non ufficiale)

sotto il segno dell'ambiguità e del tradimento: Schiller si avvale del topos dell' “ebreo traditore” e pone l'accento sul fatto che l'uomo «è già circonciso»170, presentandolo come un

possibile Giuda. L'ideale di fratellanza è già smontato alle radici dallo stesso Spiegelberg che dimostra gelosia nei confronti di Karl quando viene nominato capitano tanto che egli accetta di essergli subordinato solo perché è convinto che riuscirà attraverso l'inganno a comandare lui la banda. Spiegelberg afferma infatti che Karl potrà imporsi come comandante fino a che lui lo aiuterà171, sottolineando che non ha le astuzie e il cinismo per fare da capo. È evidente

che l'ideale di un brigantaggio positivo si va ad instaurare su una base corrotta di cui Spiegelberg è il principale simbolo: è attraverso di lui che lo pseudoeroismo dei briganti si riduce a violenza fine a se stessa. L'ebreo è il reclutatore della banda, colui che con l'inganno arruola i miserabili da unire al gruppo e Schiller gli farà pronunciare il racconto di un «tiro che ha giocato di recente al convento di Santa Lucia»172 (II, 3): se il brigante lo presenta come un episodio

di cui ridere, in realtà si rivela di marcata crudeltà.

Per Karl invece il ricorso alle foreste è legato all'innocenza e all'eroismo, come mostra il ritratto che fa Razmann del capitano (II, 3) :

«RAZMANN Bando agli scherzi! E non si vergognano di servire sotto la sua bandiera. Egli non uccide per amore della rapina come noi; sembra che non tenga più al danaro, e ora che ne ha fin che ne vuole, anche quel terzo del bottino che gli spetta per diritto, subito lo distribuisce agli orfani o fa studiare dei ragazzi che promettono bene. Ma quando deve spremere un nobiluccio di campagna che tartassa i suoi contadini e li spolpa fino all'osso, o mettere in croce uno di quei furfanti gallonati che battono moneta falsa in fatto di leggi o corrompono la giustizia, o qualche signorotto della stessa risma... perbacco! Allora si trova nel proprio elemento e diventa un demonio, come se avesse una furia attaccata ad ogni capello.»173

Queste affermazioni sono quelle che più si avvicinano ad un tipo di brigantaggio eroico che

170 Ibid., p. 28 171 Ibid., p. 40 172 Ibid., p. 66 173 Ibid., p. 71

risente dell'influenza della figura del giustiziere, incarnata da Robin Hood. Razmann prosegue descrivendo l'attacco di Karl contro il conte di Regensburg, un uomo divenuto ricco per mezzo di imbrogli e soprusi: Karl lo uccide freddamente senza curarsi minimamente del bottino che lascia ai suoi compagni. Questo episodio è esattamente la controparte del «tiro al convento di Santa Cecilia» raccontato da Spiegelberg: i due rappresentano le due facce opposte del brigantaggio, quella positiva e quella negativa.

L'inestricabilità di questi due modi di ricorrere alle foreste è evidente se si prende in considerazione un episodio come il salvataggio di Roller, condannato all'impiccagione: se da una parte l'azione si carica del valore della fratellanza poiché i briganti mettono a rischio la vita per salvare quella di un compagno, dall'altra l'uccisione di poveri innocenti rompe l'utopia. L'elenco degli ottantatré morti causati dai saccheggi e dagli incendi dei briganti include infatti «bambini in fasce che sporcavano ancora le loro pezzuole, mammine strette nel busto che paravan loro le mosche, vecchi incartapecoriti e sedentari che non potevano più trovare la via dell'uscio, malati che chiamavano piangendo il loro dottore, mentre quello che seguiva con aria grave il corteo... I lesti di gambe se n'erano andati a godere la commedia, e in città era rimasta solo la zavorra a custodia delle case»174 . È come

se il ricorso alle foreste di Karl nel segno dell'innocenza, della purezza e dell'eroismo si frantumi e sveli un'enorme menzogna, poiché anche le azioni, fatte con il fine di rivendicare una fratellanza tra gli uomini, degenerano in violenza e crudeltà con il fine di arricchirsi a scapito dei più deboli. Questa corruzione non è dovuta solo alla presenza di un personaggio come Spiegelberg ma è intrinseca al fenomeno come dimostra il fatto che non sarà possibile il trionfo di un brigantaggio eroico neppure dopo la morte del traditore.

Un'altra scena di foresta interessante si svolge nella regione del Danubio (III, 2): la sua importanza è dimostrata anche dalla collocazione al centro del dramma. L'atmosfera è idilliaca e presenta «i masnadieri accampati sotto gli alberi di un'altura» con «i cavalli che pascolano sul 174 Ibid., p. 77

declivio di una collina»175. Karl completa la descrizione dell'ambiente facendo riferimento al

grano, agli alberi, alla vigna e al fiume, di cui chiede gli venga portata un po' d'acqua. Questa ambientazione poetica introduce una meditazione sulla vanità delle cose umane e sulla loro caducità, sulla disillusione stessa dell'eroismo: Karl, infatti, dubita dell'esistenza nel mondo di fatiche ricompensate e ritiene la vita una «strana corsa verso la felicità», «una pittorescalotteria» in cui non c'è alcuna possibilità di vincita per l'uomo176. Al senso di caducità delle cose umane si

aggiunge la disillusione dell'eroismo a cui aveva tanto creduto da bambino: la sua fede nell'eroismo si è dissolta di fronte alla meschinità della vita e degli uomini. Karl, ammirando il sole che tramonta, esclama:

«MOOR(sperduto nella visione) Così muore un eroe... spettacolo sublime!»177

[...]

«MOOR Quand'ero ragazzo, la mia idea preferita era di vivere e di morire come il sole...(con dolore represso) Un pensiero da ragazzo»178

A ciò si aggiunge l'idea di un'innocenza e di una purezza perdute a causa della vita violenta che ha seguito, dei delitti compiuti, del sangue che ha cosparso. Per queste ragioni, Karl si sente escluso dalla natura, dal mondo intero, considerato un tutt'uno con Dio che, per punirlo, ha deciso di privarlo di ogni forma di affetto.

«MOOR Oh, innocenza mia! Vedete, tutti sono usciti a crogiolarsi al pacifico raggio di questo sole primaverile... Perché io solo debbo sugger l'inferno dalle gioie del paradiso? Sono tutti così felici, si sentono affratellati in uno spirito di pace, il mondo intero è come una sola famiglia con un solo padre lassù... ma egli non è il Padre mio, io solo sono il reietto, io solo escluso dalla schiera dei puri, a me non vien dato il dolce nome di figlio, non mi aspetta lo sguardo languido della donna che mi ama, e mai più godrò dell'abbraccio affettuoso dell'amico... (Riscuotendosi con violenza) Circondato da assassini, fra il sibilo dei serpenti, incatenato al vizio con ceppi d'acciaio, ondeggiando in preda alla vertigine sull'abisso del Male, abbarbicato alla fragile canna del 175 Ibid., p. 92

176 Ibid., p.93 177 Ivi.

vizio... un gemebondo Abbadona tra le fiorite prode di un mondo felice.»179

Il suo sogno impossibile sarebbe di ritornare al grembo materno, in quanto unica condizione di armonia con la natura. Queste affermazioni di Karl mettono in luce come il suo “ricorso alle foreste”, inizialmente inscritto in un'ideale di purezza e di innocenza in opposizione alla degenerazione umana, sia, a sua volta, corrotto e illusorio: non a caso, in questa scena si fa riferimento alla morte di Roller, il cui salvataggio era stato compiuto sotto il segno del brigantaggio buono. Zaragoza afferma:

«Ciò nonostante possiamo pensare che Roller è l’uomo attaccato al brigantaggio ideale; è all’occasione del suo salvataggio che l’ultima prodezza è stata compiuta ed è lui che più volte ha affermato nuovamente il proprio saldo attaccamento a Karl. Con lui, qualcosa della prima utopia muore un po’ di più. »180

Tale segnale, però, non ferma Karl dal proseguire la sua vita da brigante tanto che in questo momento sottoscrive definitivamente il suo destino, giurando ai suoi compagni fedeltà eterna. Questa promessa gli verrà ricordata alla fine, quando si apre per lui uno spiraglio di felicità, la possibilità di coronare il suo sogno d'amore con Amalia. A questo proposito l'affermazione di un altro brigante suona come un avviso a cui Karl non da ascolto:

«MOOR […] Ciascuno di voi ha un diritto su questa testa. (Si scopre il capo.) Levo qui in alto il mio pugnale, e, com'é vero che ho un'anima, non vi abbandonerò mai.

SCHWEIZER Non giurare! Non sai se non potrai ancora diventar felice, e rimpiangerlo. MOOR Per le ossa del mio Roller! Non vi abbandonerò mai.»181

179 Ibid., pp.94-95

180 Zaragoza, Héroϊsme et Marginalité, cit., p. 125: «Or l'on peut penser que Roller est l'homme attaché au brigandage idéal; c'est à l'occasion de son sauvetage que le dernier exploit a été accompli et c'est lui qui à plusieurs reprises a réaffirmé son attachement sans partage à Karl. Avec lui, quelque chose de l'utopie premiére meurt un peu plus.» (traduzione non ufficiale)

Il destino di Karl è già deciso in questa scena, che si carica di valori rituali a cui concorrono il giuramento e l'acqua del Danubio, che ha significato battesimale. Egli giura fedeltà ai suoi nonostante senta di aver fallito e comprenda l'illusorietà di un brigantaggio ideale. Poco dopo, infatti, il capo demistificherà con parole dure il mito di Robin Hood, rivolgendosi al nuovo arrivato Kosinski: «nessun alloro fiorisce per gli incendiari e non si allestiscono trionfi per le vittorie dei masnadieri... ma solo maledizione, pericolo, onta e morte»182, fino al patibolo.

La promessa pronunciata ritornerà nell'atto finale, in cui si decide il suo destino, in bilico tra la possibilità della felicità a fianco della donna amata o un futuro di morte e di ulteriori violenze. Tale promessa gli verrà ricordata da un anziano brigante, alter ego del padre all'interno del dominio delle foreste. In questa scena, il ripresentarsi del giuramento decreta la crisi dell'eroismo e del brigantaggio, non più incorporabile all'interno di una dimensione di innocenza e di purezza, conformi ai valori morali e religiosi. Nelle parole del vecchio i giuramenti sono legati al ricordo delle foreste della Boemia183, così da riconfermare

come questo ambiente giochi un ruolo ambivalente. Da una parte, la foresta aspira ad essere il luogo della primitività in cui l'uomo libero dalle catene della società può esprimere tutto il suo valore, riscattarsi ed elevarsi rispetto alla corruzione di essa; dall'altra, questo sogno si rivela impossibile, fallimentare poiché l'uomo non può ergersi a giustiziere e prendere il posto di Dio.

La foresta è, dunque, più che un luogo, un vero personaggio muto, che ricorda a Karl le sue promesse e che agisce sul destino degli uomini. È uno spazio ambivalente, poiché è quello della vendetta, della povertà e della libertà, ma in cui gli uomini, proprio per questa assenza di incatenamenti sociali, devono essere in grado di modulare le proprie azioni, coerentemente alla propria coscienza, per non cadere nell'abisso del male. Il ricorso alle

182 Ibid., p.99 183 Ibid., p.155

foreste è ambiguo perché può elevare l'uomo ma allo stesso tempo corromperlo e condurlo ad azioni altrettanto empie.