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2.3 Come si apprende

2.3.3 Altri paradigmi dell’apprendimento

Esistono altri paradigmi dell’apprendimento, meno funzionali al nostro per- corso, ma comunque importanti. Vale la pena di citare l’interazionismo 36

2.3. Come si apprende

e l’approccio sociale. Nell’interazionismo la costruzione mentale delle co- noscenze gioca, in ogni tappa, un ruolo centrale nell’apprendimento del- l’ambiente e in eventuali effetti seguenti su queste stesse conoscenze. Tale costruzione risponde a informazioni e stimoli dell’ambiente ma non ne è specchio o copia. L’istruzione quindi non deve essere concepita come un travaso di conoscenze nella testa degli allievi ma consiste nel mettere gli allievi in una situazione che permetta loro di costruire conoscenze struttu- rate. Un approccio teorico cognitivo molto conosciuto è quello di Piaget, in cui il bambino contribuisce attivamente alla costruzione della sua persona e del suo universo, secondo una linea di sviluppo con tappe relativamente stabili.15 Ma anche se il quadro piagetiano fornisce un buon paradigma

interpretativo, «la sua mancanza di sensibilità per le differenze di situazio- ni e di contenuti lo rende uno strumento inadeguato, almeno se preso alla lettera, per pensare una didattica delle scienze» [40, p. 98]. Sempre in [40] sono riassunte le motivazioni per cui si può ritenere il modello piagetiano inadeguato (o per lo meno, aggiungiamo noi, incompleto) per una didatti- ca delle scienze: Piaget si è disinteressato dell’acquisizione delle conoscenze scolastiche, ha cercato piuttosto di caratterizzare lo sviluppo degli strumen- ti generali del pensiero, che gli sembravano relativamente indipendenti dalle conoscenze scolastiche; si è interessato più alle strutture che possono carat-

15La prima tappa è lo stadio sensomotorio, quello della coordinazione delle attività

motrici (manipolazione, spostamento) che caratterizzano il pensiero di un bambino fino a 18 mesi o due anni; lo stadio preoperatorio (da 2 a 6 anni) in cui si sviluppa la funzione semiologica (in particolare il linguaggio) e la coordinazione delle rappresentazioni e delle operazioni. Ma a questo stadio il soggetto non è capace di decentrare il suo punto di vista: si rappresenta le cose da un punto di vista attuale e locale e si stacca difficil- mente da configurazioni specifiche per ragionare sulle connessioni interne di famiglie di trasformazioni. Riuscirà a fare questo a partire dallo stadio delle operazioni concrete (fino a 12-13 anni), in cui le azioni non possono che essere simboliche, interiorizzate in sistemi reversibili e di cui le proprietà relative ai sistemi stessi più che alle azioni defi- niscono strutture operatorie del pensiero. A poco a poco il soggetto costruisce basi di inferenza logica (rapporti della parte e del tutto, classificazione, seriazione) e di varie nozioni di conservazione di certe quantità al di là della configurazione (numero, massa, volume). Un piccolo numero di queste strutture operatorie basta a spiegare i progressi nell’organizzazione delle nozioni più varie. Il soggetto giunge infine allo stadio formale, quello delle operazioni astratte sulle operazioni concrete e alla logica proposizionale. Per quanto riguarda il rapporto fra struttura logico-matematica e nuove conoscenze, si può avere assimilazione, accomodamento e equilibrio. L’assimilazione si verifica quando un gruppo di conoscenze, dotate di un minimo di relazioni strutturali, può essere inserito nel sistema cognitivo se la sua struttura è compatibile con quella del sistema cogniti- vo. L’accomodamento si verifica quando nel sistema delle conoscenze che è accettato dal sistema cognitivo si introducono nuove relazioni che generalizzano o elargiscono le proprie strutture al sistema cognitivo. L’equilibrio permette di regolare i rapporti fra la struttura cognitiva del soggetto e le sollecitazioni esterne.

2. Basi epistemologiche e cognitive

terizzare un certo stadio dello sviluppo che all’evoluzione adattativa delle conoscenze in una situazione in cui sono funzionali; ha separato troppo la conoscenza matematica dalla conoscenza della realtà fisica e ha privilegiato le operazioni e le strutture logiche e contribuito a minimizzare i contenuti della conoscenza. Il paradigma piagetiano andrebbe pertanto completato e adattato, soprattutto per quanto riguarda la scansione temporale delle varie fasi dello sviluppo, che può essere differente a seconda del contesto e del periodo storico.

Secondo il cosiddetto “approccio sociale” [40, p. 105], l’apprendimento non è solo una relazione privata tra chi apprende e gli oggetti che devono essere appresi (che siano conoscenze o problemi o altro); soprattutto nelle scienze, l’aspetto collettivo è molto importante. Questo non vuol dire solo tener conto di influenze sociali esterne ai processi fondamentali o determi- nare le attitudini per mezzo di caratteristiche sociali. I dati sociali sono qui concepiti come costitutivi degli apprendimenti. Il riferimento teorico è fornito soprattutto da Vygotskij16 e può essere così riassunto [40, p. 106]:

la vera direzione dello sviluppo non va dall’individuale al sociale ma dal sociale all’individuale e tutte le funzioni superiori debuttano come relazio- ni effettive tra individui umani. Un concetto fondamentale della teoria di Vygotskij [40, p. 106] è quello di zona di sviluppo prossimale, uno spazio di sviluppo potenziale del soggetto, dato cioè dalla differenza fra le sue possi- bilità di apprendimento, a una data tappa del suo sviluppo, e le possibilità di apprendimento che si otterrebbero con l’eventuale interazione con una terza persona.

Possiamo tener conto di questi due paradigmi citati non tanto per un’in- fluenza diretta sulla didattica della meccanica quantistica quanto per un già citato suo inserimento nel curricolo: l’insegnamento-apprendimento di un certo ambito disciplinare è sempre inserito in un progetto educativo più ampio.

2.3.4 L’influenza degli studi psicocognitivi sulla didattica delle scienze Per concludere e riassumere questa introduzione sulle modalità dell’appren- dimento e su quanto può essere funzionale a un progetto di insegnamento della meccanica quantistica a livello preuniversitario, osserviamo quanto segue:

16Lev Semënovič Vygotskij, 1896-1934, psicologo sovietico, in Pensiero e Linguaggio:

ricerche psicologiche, Roma, Laterza, 1990 (prima edizione originale 1934) e Mind in So- ciety: The Development of Higher Psychological Process, Cambridge, Harvard University Press+, 1980 (prima edizione originale 1978).

2.3. Come si apprende

• È ancora evidente sulle ricerche in didattica delle scienze l’influenza dei lavori di Piaget e più in generale delle ipotesi costruttiviste. Piaget ha sicuramente il merito di aver presentato una teoria coerente del- l’evoluzione delle conoscenze: la conoscenza passerà da uno stato di equilibrio a un altro per mezzo di una fase di transizione nel corso del- la quale le relazioni coltivate dal soggetto nello stato iniziale saranno messe in contraddizione sia dalla presa di coscienza di nuove relazioni sia da un nuovo tentativo di coordinarle. Questa fase di conflitto sarà superata da una fase di riorganizzazione e coordinazione che porterà a un nuovo stato di equilibrio. Ma le critiche alla teoria piagetiana non sono mancate (ne abbiamo citato prima alcune).

• Il soggetto costruisce le sue conoscenze mediante interazione attiva col suo ambiente fisico e sociale. Le conoscenze quindi non si accumulano sulle altre (sono strutturate) e non sono un semplice riflesso della struttura “oggettiva” degli oggetti esterni.

• Il comportamento osservabile del soggetto di fronte a una situazio- ne problematica scientifica è determinato dal tipo di conoscenze del soggetto sul dominio e dalla loro struttura. In questo quadro, e per quanto riguarda domini estremamente complessi come le scienze o la matematica, il contenuto specifico di queste conoscenze e il modo specifico della loro organizzazione hanno un peso determinante nelle procedure osservabili seguite dal soggetto; condizionano la messa in azione delle procedure generali non specifiche (ad esempio di natura logica), che hanno il loro livello di organizzazione.

• La produzione di un soggetto non dipende solo dalla struttura inter- na delle sue conoscenze, ma anche dal tipo specifico della situazione problematica che gli è proposta, quindi dalla struttura epistemologica propria dei concetti e relazioni che sono coinvolte, come anche dai significati assunti in quella occasione da quel sistema.

• Gli oggetti concettuali coinvolti nella didattica delle scienze sono og- getti complessi che non si lasciano facilmente ridurre in schemi com- portamentali o cognitivi di base.

3

La trasposizione didattica

3.1 le risposte delle didattiche disciplinari

Per quanto la professione dell’insegnante sconfini a volte nell’arte e nell’ar- tigianato (è assimilabile talvolta alla maieutica socratica), essa trova i suoi presupposti teorici nella Didattica Generale e nelle Didattiche Disciplinari, che al giorno d’oggi sono discipline scientifiche a tutti gli effetti. La didat- tica come disciplina [55] trova storicamente le sue basi in altre discipline come la filosofia, la pedagogia, la psicologia e la sociologia ed è intesa non semplicemente come “pratica didattica dell’insegnante” come si intende nel senso comune ma come studio di tutto ciò che riguarda le pratiche di inse- gnamento e di apprendimento realizzate da tutti i soggetti delle istituzioni educative (insegnanti e studenti ma non solo). Tra le didattiche discipli- nari, la didattica della matematica nasce ufficialmente a partire dagli anni Cinquanta del Novecento col movimento di riforma “Matematica moder- na”.1 Nella seconda metà del Novecento, e il dibattito continua fino a oggi,

si è poi consolidata la necessità dell’esistenza delle didattiche disciplinari: per quanto normativamente le riforme che si sono avvicendate non abbiano cambiato l’impianto sostanzialmente gentiliano della scuola (vedi paragra- fo 2.3), abbiamo assistito a istanze di rinnovamento sia dall’esterno che dall’interno, istanze spesso trascurate a livello istituzionale. Dall’esterno, i vorticosi cambiamenti nella società, nelle tecnologie, nei mezzi di comu- nicazione hanno imposto un ruolo diverso dei “saperi” e una loro diversa trasmissione; dall’interno, la buona volontà di numerosi insegnanti, singoli o in associazioni, ha portato a riconoscere la necessità di un cambiamento

1Nel 1959 a Royaumont (Francia) si è tenuto un convegno dell’OCSE su "Le nuove

matematiche", che ha gettato le basi per la redazione di nuove indicazioni per l’insegna- mento della matematica nella scuola secondaria di primo e secondo grado, elaborate nel 1960 a Dubrovnik (Iugoslavia). Tali indicazioni sono state pubblicate nel 1961 dall’OCSE col titolo Un programme moderne de mathématiques pour l’enseignement secondaire.

3. La trasposizione didattica

della didattica e a mettere in atto strategie di rinnovamento. Una delle mo- tivazioni della nascita delle didattiche disciplinari è stato il crescente divario tra scuola e università, cioè tra il mondo dei ricercatori nelle varie discipline e il mondo degli insegnanti, che devono trasmettere la cultura ai giovani. In particolare si riconosceva la necessità di considerare come oggetto di studio non solo gli aspetti meramente contenutistici delle discipline ma anche i meccanismi di apprendimento e di insegnamento. In breve, le didattiche disciplinari hanno concentrato la loro attenzione sullo studio delle relazioni fra l’insegnante, lo studente e il sapere. Di questo insieme di relazioni, nel presente lavoro, ci soffermeremo su un passaggio per noi importante: la tra- sposizione didattica, il processo che trasforma i contenuti da insegnare in “oggetti di insegnamento”, processo che nella didattica della fisica moderna pone interessanti ma complessi problemi.

Per quanto riguarda la didattica della fisica, un autore di spicco è Ar- nold B. Arons.2 Un suo manuale del 1990, A Guide to Introductory Physics

Teaching, pubblicato in Italia col titolo Guida all’insegnamento della fisica [1], raccoglie i più importanti risultati, riguardanti la didattica degli aspetti più rilevanti della fisica a livello introduttivo, ottenuti fino a quell’epoca negli Stati Uniti. Si trattava di ricerche e osservazioni sistematiche sull’ap- prendimento e sulla comprensione dei concetti, dei modelli e delle linee di pensiero della fisica, lavori iniziati in parte con ricerche più generali sullo sviluppo delle capacità di ragionamento logico astratto. Prenderemo dun- que, come punto di partenza per le nostre riflessioni sulla didattica della fisica, i lavori di Arons [1, 2, 4, 3, 5]. Sempre nel panorama americano, è da ricordare il Il PSSC (Physical Science Study Committee), un comitato di circa sessanta persone tra fisici, esperti di didattica, insegnanti e altre figure che negli Stati Uniti ha realizzato alla fine degli anni Cinquanta un corso di fisica non accademico. Il corso di fisica del PSSC è stato proposto anche in Italia ma ora è fuori catalogo.3