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Dallo stimolo-risposta a “imparare a imparare”

2.3 Come si apprende

2.3.1 Dallo stimolo-risposta a “imparare a imparare”

Nella scuola permane ancora, anche se in maniera non formale, una cer- ta tendenza all’insegnamento trasmissivo che si basa sull’accumulare cono- scenze e sull’apprendimento come quantità e non qualità dei saperi. Tale tendenza si basa sul comportamentismo, che è stato il primo tentativo si- stematico di dare una base sperimentale al comportamento [40, p. 72]: non è possibile studiare la struttura del pensiero, ciò che conta sono i fatti osser- vabili. Apprendere, quindi, è fornire una risposta adeguata a certi stimoli, selezionare queste risposte adeguate con l’aiuto di condizionamenti e rin- forzi, positivi o negativi a seconda dei casi. Il comportamentismo quindi formula un’ipotesi molto forte sulla passività del pensiero: nell’apprendi- mento tutti i saperi si sovrappongono gli uni sugli altri senza integrarsi. Non è certo questo il modello di apprendimento cui possiamo riferirci.

Un altro modello di apprendimento che nella scuola è stato molto sfrut- tato è la pedagogia per obiettivi. Tale modello [40, p. 74] deriva dalla teoria di Gagné,9 che sposta il problema: non ci si deve chiedere che cosa deve

9Robert Mills Gagné, n. 1916, pedagogista statunitense, in Le condizioni

2. Basi epistemologiche e cognitive

apprendere l’allievo, ma che cosa deve saper fare. La “pedagogia per obiet- tivi”, prudentemente, si astiene dall’avanzare una teoria dell’apprendimento in senso stretto ma prevede la possibilità di indicare in maniera precisa i diversi tipi di obiettivi realizzabili in un insegnamento. L’idea di fondo è ancora quella per cui si vede che l’allievo ha appreso quando manifesta un risultato osservabile, ma per giudicare ciò che è osservabile e la maniera in cui si raggiunge il risultato, occorre distinguere con cura gli obiettivi. Un’azione fondamentale della pedagogia degli obiettivi è quindi la valuta- zione, e una classificazione sistematica degli obiettivi storicamente molto importante [40, p. 77] è la tassonomia di Bloom.10 Un primo problema è

che la lista di obiettivi cresce subito a dismisura perché contiene conoscenze (i saperi essenziali di un ambito disciplinare), obiettivi procedurali per l’uso delle conoscenze, obiettivi di attitudine (essere cooperativi, creativi, curio- si, . . . ): la pedagogia per obiettivi “è destinata a crollare sotto il proprio peso” [40, p. 77]. Un altro problema è il fatto che stabilire un obiettivo non implica sapere anche come raggiungerlo. A questo scopo, la pedagogia per obiettivi si associa a un modello gerarchico degli obiettivi stessi, nel senso che si stabilisce un ordine fra gli obiettivi in maniera tale da strutturare un percorso per raggiungerli uno dopo l’altro. In questa maniera la pedagogia per obiettivi si assegna un sottofondo di comportamentismo, ma poiché non richiede che gli obiettivi abbiano un legame strutturale nel funzionamento del pensiero ma semplicemente un ordine cronologico, rimane un approccio con basi psicocognitive abbastanza fragili.

Non è pensabile estendere l’uso degli obiettivi a un progetto educativo completo, in particolar modo sulla meccanica quantistica. Se ne può al più riconoscere una qualche utilità come strumento per organizzare l’attività di insegnamento. Ad esempio si deve riconoscere, come avremo modo di osservare più avanti, che per poter affrontare in maniera quantitativa ar- gomenti di meccanica quantistica, occorre fissare come obiettivo la padro- nanza di alcuni strumenti matematici, la cui sequenzialità potrebbe anche essere definita in maniera rigorosa, come richiederebbe una pedagogia per obiettivi.

Un’evoluzione di questa posizione si manifesta quando si riconosce che non tutti gli obiettivi sono allo stesso livello: esistono capacità generali, più astratte, con un dominio di applicazione più vasto che possono ritenersi superiori. Se si acquisiscono queste capacità generali, si può evitare di fram- mentare l’insegnamento per far acquisire obiettivi molto particolareggiati:

10Benjamin Samuel Bloom, 1913-1999, psicologo e pedagogista statunitense, in Tas-

sonomia degli obiettivi educativi: la classificazione delle mete dell’educazione, a cura di B. S. Bloom, D. R. Krathwohl, B. B. Masia, Teramo, Giunti e Lisciani.

2.3. Come si apprende

è inutile, insomma apprendere una somma smisurata di conoscenze, bisogna piuttosto apprendere metodi generali per padroneggiarle, cioè “imparare a imparare”. Questa è [40, p. 79] la posizione di Bruner:11 l’apprendimento

deve essere un processo attivo, centrato sulla manipolazione e la scoperta, e i saperi essenziali nelle scienze sono non i singoli contenuti ma strutture astratte semplici che si presentano sotto forma di relazioni fra contenuti e principi fondamentali. L’obiettivo dell’insegnamento devono essere proprio queste strutture, che possono essere apprese non in forma simbolica ma sotto forma concreta e intuitiva con attività di scoperta. Uno dei vantaggi, secondo Bruner, è che questo metodo è trasferibile, nel senso che se uno studente riesce a identificare in ogni disciplina un numero ristretto di con- cetti di base fondamentali, strategie di scoperta e risoluzione di problemi generali, allora li potrà trasferire agevolmente ad altre discipline. Se si rie- sce davvero a fare questo, l’approccio è sicuramente superiore, dice Bruner, a quello dell’apprendimento come mera accumulazione di conoscenze.

Questa visione sembra molto interessante e decisiva per l’atto dell’inse- gnamento-apprendimento, ma appare complessa da applicarsi all’insegna- mento della fisica moderna: in tale ambito, infatti, lo studente deve modi- ficare la visione complessiva dei modelli fisici e “ristrutturare” complessiva- mente i principi primi da applicare alla spiegazione dei fenomeni. È difficile che lo studente porti avanti un apprendimento come ricerca, seguendo ad esempio lo sviluppo storico dei problemi scientifici che hanno portato alla formulazione delle nuove teorie, quando pensiamo che gli stessi scienziati dell’epoca hanno avuto difficoltà, non solo meramente scientifiche ma anche culturali, ad accettare i cambiamenti che le nuove teorie comportavano. E non possiamo nemmeno mettere gli studenti di fronte a un “esperimento” affinché ne formulino ipotesi, descrivano osservazioni e deducano conclusio- ni, perché la fenomenologia della fisica moderna non lo consente. Un tale approccio sembra quindi potersi limitare all’ambito della fisica classica.

Alcuni autori, peraltro, hanno contestato l’ottimismo di Bruner [40, p. 81]. Schwab12 ad esempio formula dubbi su possibilità di trasnfert così

facili. È vero, dice, che ogni disciplina ha la sua struttura: è costituita da un insieme di concetti che inquadrano gli oggetti propri della disciplina e uno schema generale di procedure con cui la disciplina stessa raggiunge i suoi obiettivi con l’aiuto dei concetti fondamentali. Ma questa struttura, dice Schwab, è diversa per ogni disciplina: è inutile perciò ricercare la struttura se l’obiettivo è quello di definire un insieme di concetti e procedure trasver-

11Jerome Seymour Bruner, n. 1915, psicologo statunitense, in Il processo educativo:

dopo Dewey, Roma, Armando, 1977.

12Joseph Schwab, 1909-1988, professor of education and natural science alla Chicago

2. Basi epistemologiche e cognitive

sali alle varie scienze. Schwab inoltre osserva che è opportuno distinguere la scienza come attività di investigazione e l’insegnamento della scienza che può essere anche attività di investigazione. L’approccio alla scienza come scoperta può essere molto utile nella scuola primaria, ad esempio, ma non può essere il solo approccio valido per la secondaria.

A Bruner si oppone [40, p. 82] anche Ausubel:13 l’attività di scoperta

o risoluzione di problemi non può precedere l’assimilazione di nuovi con- cetti, bisogna invece presentare subito all’allievo un insieme di concetti a un livello di astrazione anche superiore a quello che deve essere appreso. Questi nuovi concetti si legheranno con quelli che l’allievo conosce già e permetteranno la creazione di una nuova struttura in cui andrà a incorpo- rarsi la nuova conoscenza. La cosa più semplice è presentare direttamente questo insegnamento e non pretendere di farlo scoprire. Ci si appogge- rà quindi a un apprendimento “significativo”, nel senso dei significanti, in particolare verbali, che sono i modi superiori dell’apprendimento. Questo poggia su un’esplicita ipotesi cognitiva: bisogna che l’esperienza anteriore di un soggetto possa modellizzarsi come un corpo di conoscenze stabilite, organizzate gerarchicamente e acquisite per accumulazione, che potrà le- garsi organicamente con il nuovo apprendimento. Qui pertanto è centrale l’aspetto cumulativo, che consente di collegare questo approccio al compor- tamentismo. Nel caso dell’apprendimento della meccanica quantistica, ad esempio, è importante che lo studente acquisisca i nuovi concetti in manie- ra “significativa”, legandoli alle conoscenze della fisica classica che ha già acquisito, che non devono essere sostituite, ma destinate a un certo ambito di fenomeni.