• Non ci sono risultati.

La necessità di alcuni strumenti matematici per trattare argomenti di mec- canica quantistica discende dal fatto che certi concetti fondanti sono per loro natura descritti da un corrispondente strumento matematico: l’opera- zione di misura, ad esempio, ha un esito intrinsecamente probabilistico e gli stati quantistici vivono in uno spazio vettoriale astratto che è uno spazio di Hilbert su campo complesso. Ecco perché, per elaborare una proposta didattica, abbiamo individuato la necessità degli strumenti matematici fin qui descritti. Tali strumenti dovranno essere calati nel contesto della scuola secondaria superiore e in particolare inseriti nel curricolo.

Numeri complessi. Per le proposte didattiche che andremo a illustrare, sarà sufficiente che gli studenti conoscano la forma algebrica dei nume- ri complessi, cosa che può essere trattata fin dalla seconda superiore, con le proprietà dei polinomi.

Spazi vettoriali. In base al livello cui si vuole portare la proposta didatti- ca, non è necessario introdurre la definizione formale e le proprietà di uno spazio vettoriale astratto. Per uno studio dei sistemi a due stati, ad esempio, che sia condotto partendo dallo spin o dalla polarizzazio- ne come base fenomenologica, sarà sufficiente uno spazio vettoriale a 156

8.5. Sintesi degli strumenti matematici proposti Figura 8.2: Grafico di una ga ussiana normalizz ata

8. Gli strumenti matematici

due dimensioni analogo al piano cartesiano. Gli studenti quindi ap- plicheranno le proprietà dei vettori che si insegnano tradizionalmente quando si iniziano a trattare le grandezze fisiche vettoriali, quindi nella classe terza del liceo scientifico e ora, possibilmente, anche nel biennio. Se si vuole invece giungere con una proposta didattica a trattare il concetto di funzione d’onda, occorre far riflettere gli studenti sul fatto che uno spazio vettoriale può essere costituito anche da elementi che non sono i tradizionali vettori. Si è proposto l’esempio delle funzioni periodiche, nel qual caso questa generalizzazione potrà essere condot- ta a partire dalla quarta liceo scientifico, per quanto ora, con il nuovo quadro orario del liceo scientifico, gli strumenti della trigonometria e dell’analisi potrebbero essere anticipati.

Probabilità. Per lo sviluppo delle proposte didattiche si richiede anzitutto il concetto di probabilità e le principali proprietà del calcolo classi- co delle probabilità, che possono essere trattate anche a partire dal biennio. Occorre però chiarire contestualmente con gli studenti alcu- ni aspetti critici, che possono ostacolare l’applicazione successiva del concetto di probabilità, ad esempio la differenza fra la natura stati- stica di una singola osservazione e la distribuzione attesa del risultato di un campione di osservazioni, come si è visto prima. Gli aspetti della probabilità legati al mondo quantistico, invece, compariranno per gli studenti contestualmente al percorso didattico che andremo a descrivere: la natura intrinsecamente probabilistica della mecca- nica quantistica e la necessità di nuove regole di composizione delle probabilità.

9

Proposte di trasposizione didattica

Sulla base della riflessione sui concetti fondanti della meccanica quantistica, sugli strumenti matematici necessari e sulle proposte didattiche già elabo- rate, vogliamo ora formulare un’ipotesi di trasposizione didattica di alcuni argomenti della meccanica quantistica: trasformiamo gli oggetti del sapere, che abbiamo individuato come oggetti da insegnare (i concetti fondanti), in oggetti di insegnamento.

9.1 una base quantistica

Una base fenomenologica da cui partire potrebbe essere senz’altro la pola- rizzazione del fotone, per le motivazioni già evidenziate nei capitoli prece- denti. Un’altra possibilità è quella di iniziare dallo studio dell’esperimento di Stern e Gerlach. Ove non si disponesse dell’attrezzatura in un laboratorio didattico, esistono in rete alcune utili (e accattivanti) simulazioni.

Stern e Gerlach, nei primi anni Venti del Novecento,1 mostrarono l’esi-

stenza di un momento angolare intrinseco degli atomi e la sua quantizza- zione. L’esperimento di Stern e Gerlach può essere utile, oggi, per mostrare la quantizzazione di una grandezza fisica e l’influenza della misura su uno stato fisico. Nell’esperimento originale (cfr. ad esempio [71]) un fascio di atomi di argento, prodotti per evaporazione e collimati mediante una serie di fenditure sottili, era diretto fra i poli di un particolare magnete. Si osser- vava che gli atomi erano deflessi: agiva quindi su di essi una forza magnetica e questo era indice del fatto che gli atomi hanno un momento magnetico. Classicamente gli atomi dovrebbero essere deviati con angoli che variano con continuità entro un intervallo, perché i momenti magnetici degli atomi sono orientati in maniera casuale. Nell’esperimento originale si osservava

1Otto Stern e Walther Gerlach, in Das magnetische Moment des Silberatoms,

9. Proposte di trasposizione didattica

invece (mediante deposito degli atomi di argento su una lastra di vetro) che gli atomi erano deviati solo in due direzioni ben precise.

In analogia col fatto che una particella carica che percorre un’orbita circolare ha un momento magnetico che dipende dal momento angolare, si può pensare che il momento magnetico di un atomo di argento che entra nel dispositivo di Stern e Gerlach dipenda da un momento angolare, ma poiché l’atomo non ruota, non si tratta di un momento angolare di rotazio- ne. L’esperimento di Stern e Gerlach mostrava dunque che gli atomi hanno un momento angolare intrinseco, chiamato spin, che dimensionalmente, ma non fisicamente, equivale al momento angolare, e che può assumere solo due possibili valori, quantificati in ±~

2, dove ~ = h

2π = 6, 582 · 10

−16eV·s e h è la

costante di Planck. La teoria atomica oggi ci dice che lo spin dell’atomo di argento, che è composto dal nucleo e da 47 elettroni, dipende sostanzialmen- te dal quarantasettesimo elettrone. Possiamo attribuire dunque la proprietà dello spin all’elettrone, e nelle riflessioni sullo spin possiamo immaginare, d’ora in poi, di agire, anziché con atomi, con elettroni. Se ipotizziamo che il campo magnetico dell’apparato di Stern e Gerlach sia orientato lungo un asse che chiamiamo z, i due possibili stati di spin saranno uno nel verso positivo e uno nel verso negativo dell’asse z e li chiamiamo up e down.

L’esperimento di Stern e Gerlach (anche virtuale) consente di osservare i seguenti aspetti.

• L’apparato consente una misura dello spin di una particella lungo un certo asse, ma se si mandano nell’apparato particelle di cui non si conosce lo spin, l’esito della misura è probabilistico: si otterrà spin up oppure down con probabilità 1/2.

• Se l’apparato misura lo spin lungo l’asse z, si osserva che mandando particelle con spin up la probabilità di ottenere spin up è uno mentre la probabilità di trovare spin down è zero.

La prima osservazione consente di ipotizzare che lo stato di spin prima del- la misura sia in una sovrapposizione dei due stati up e down, ciascuno dei quali contribuisce con un certo “peso” alla sovrapposizione. Dalla seconda osservazione si deduce che lo spin up e down sono proprietà mutuamente esclusive. Da qui parte l’analogia con i vettori del piano cartesiano. Anzi- tutto gli spin up e down si comportano come un vettore parallelo all’asse x e uno parallelo all’asse y, quando vogliamo ad esempio determinare la com- ponente lungo l’asse x di un vettore parallelo all’asse y. Si può pertanto con gli studenti generalizzare il concetto di ortogonalità: dire che due vettori sono ortogonali, non vuol dire solo che “formano un angolo di 90 gradi” ma 160

9.1. Una base quantistica

anche che rappresentano, in un certo senso, stati che si escludono a vicen- da, come gli stati di spin up e down dell’elettrone. Solo a questo punto si potrà dire che dati i due stati di spin che si escludono a vicenda, si può costruire ogni altro stato di spin, così come data una coppia di vettori del piano ortogonali si può costruire ogni altro vettore del piano. Si osservi che implicitamente si sta affermando che l’insieme degli stati di spin dell’elet- trone e l’insieme dei vettori del piano sono esempi di spazio vettoriale a due dimensioni e che si sta introducendo, sempre implicitamente, il concetto di base, di dimensione e di combinazione lineare. Non è necessario dunque procedere con l’introduzione della definizione di spazio vettoriale astratto, perché si può procedere analogamente alle regole di composizione e scom- posizione dei vettori nel piano, ma per comodità nel descrivere l’ipotesi di trasposizione didattica ipotizziamo di aver introdotto i concetti matematici che saranno citati nel seguito.

Assumiamo che gli stati che corrispondono allo spin ±~

2 siano la base

di uno spazio vettoriale a due dimensioni. Tutti gli stati di spin potranno essere costruiti con i due vettori di base, come con due vettori del piano si possono costruire tutti i vettori del piano. Chiamiamo u e d questi vettori di base. Un qualsiasi stato di spin sarà

s = a+u + a−d. (9.1)

Le coordinate a+ e a− sono chiamate ampiezze di probabilità. Perché?

Affrontiamo il problema dal punto di vista delle conoscenze degli spazi vet- toriali. Come si trovano le componenti di un vettore? Proiettando il vettore dato sui vettori della base. Occorre quindi il prodotto scalare, e dobbiamo per semplicità aver scelto i nostri vettori di base tra loro ortogonali e con modulo unitario. In tal caso possiamo scrivere

s · u = a+,

s · d = a−.

Come si può esplicitare il passaggio dall’ampiezza di probabilità alla pro- babilità? Proviamo sempre con un’analogia col piano cartesiano: il modulo del vettore s, dato da

|s|2 = |a+|2+ |a−|2.

In meccanica quantistica si richiede che tutti i vettori2 abbiano modulo

unitario (condizione di normalizzazione), a causa del carattere probabilistico

2È opportuno qui ricordare che lo stato quantico è rappresentato in generale da un

vettore di uno spazio di Hilbert, uno spazio vettoriale complesso a infinite dimensioni in cui è definito un prodotto scalare e che sia completo rispetto alla norma indotta da tale prodotto scalare (uno spazio è completo se tutte le successioni di Cauchy sono convergenti a un elemento dello spazio stesso).

9. Proposte di trasposizione didattica della teoria: vale quindi la relazione

|a+|2+ |a−|2 = 1.

L’importanza della probabilità in meccanica quantistica è proprio in questa condizione, che può essere letta come una somma di probabilità che deve dare uno. Perciò interpretiamo |a+|2 come la probabilità che una misura

dello spin (lungo l’asse z) dia il valore +~ 2 e |a−|

2come la probabilità che una

misura dello spin dia il valore −~

2. Nel caso in esame, poiché le probabilità

sono entrambe del 50 per cento, si ha

|a+|2 = 1 2 |a−|2 = 1 2

quindi le ampiezze, cioè l’equivalente delle componenti nel nostro ipotetico spazio vettoriale quantistico, sarebbero

a+= 1 √ 2 a− = 1 √ 2.

Ma in meccanica quantistica le ampiezze sono, in generale, numeri com- plessi. Come superare questo ostacolo? La teoria richiederebbe di ricavare le ampiezze degli stati scrivendole sotto forma di numeri complessi e appli- cando l’ortonormalità. Nel nostro caso non si ritiene praticabile affrontare un calcolo con numeri complessi e fattori di fase globali e relativi, ma si po- trebbe osservare, ad esempio, che se si ha |a+|2 = 12, non è detto che debba

essere solo a+ = √12: potrebbe essere anche a+ = √i2 oppure a+ = −√i2.

A differenza dello spazio ordinario, quindi, dove le componenti dei vettori sono solo numeri reali, nello spazio degli stati quantistici si possono (anzi si devono) usare i più generali numeri complessi.

Riassumendo, si ipotizza che il nostro spazio quantistico a due dimen- sioni si possa costruire a partire dai due stati di spin lungo l’asse z, come combinazione lineare con opportuni coefficienti, come ogni vettore del piano si può costruire a partire da due vettori di base con opportune componenti; il livello di precostruzione che accettiamo è quello di ipotizzare che nello spazio quantistico le componenti sono in generale numeri complessi.