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L’equazione di Klein-Gordon e l’equazione di Dirac

4.2 Teoria quantistica dei campi

4.2.1 L’equazione di Klein-Gordon e l’equazione di Dirac

Occorre anzitutto precisare che l’equazione di Schrödinger descrive par- ticelle non relativistiche: l’hamiltoniana contenuta nell’equazione, infatti, è composta dall’energia classica. Per particelle relativistiche valgono al- tre equazioni, ad esempio l’equazione di Klein-Gordon, che descrive bosoni relativistici, e l’equazione di Dirac, che descrive fermioni relativistici.

Soffermiamoci brevemente sulle caratteristiche di queste equazioni (per i dettagli vedi [37]), riprendendo in esame, per analogia, l’equazione di Schrö- dinger. Questa può essere formalmente ricavata dalla relazione classica fra energia e impulso

p2

2m + V = E

osservando che in meccanica quantistica energia e impulso diventano ope- ratori:

p → ~

i∇ E → i~ ∂ ∂t.

Sostituendo le grandezze con gli operatori, applicati a una funzione d’onda Ψ, si ottiene l’equazione di Schrödinger

− ~ 2 2m∇ 2 Ψ + V Ψ = i~∂Ψ ∂t.

L’equazione di Klein-Gordon può essere ottenuta in maniera analoga. Poiché si vuole un’equazione che rappresenti particelle relativistiche, si deve partire dalla relazione energia-impulso relativistica (per particelle libere, quindi senza potenziale)

E2− p2c2 = m2c4,

che può essere scritta anche in termini del quadrivettore pµ= (E

c, px, py, pz)

come

pµpµ− m2c2 = 0.

Trasformiamo ora, ut supra, le grandezze in operatori, applicati a una funzione d’onda Ψ. Si ha

4. La meccanica quantistica dove si usa la notazione

∂µ = ∂ ∂xµ cioè ∂0 = 1 c ∂ ∂t ∂1 = ∂ ∂x ∂2 = ∂ ∂y ∂3 = ∂ ∂z. La relazione energia-impulso diventa

−~2µ

µΨ − m2c2Ψ = 0.

Schrödinger scoprì questa equazione anche prima di quella non relativi- stica che porta il suo nome, ma la mise da parte perché incompatibile con l’interpretazione statistica della funzione d’onda. La difficoltà interpretati- va è da ricercarsi nel fatto che l’equazione di Klein-Gordon è del secondo ordine nel tempo. Dirac, pertanto, si dispose a ricercare un’equazione con- sistente con la relazione relativistica energia-impulso ma che fosse anche del primo ordine nel tempo. Nel 1934, intanto, Pauli e Weisskopf mostrarono che comunque l’interpretazione statistica non vale nella teoria quantistica relativistica (perché in tale teoria si deve tener conto di coppie di parti- celle che sono create e distrutte e quindi il numero di particelle non è una quantità conservata). Ripristinarono perciò l’equazione di Klein-Gordon e conservarono quella di Dirac per particelle con spin 1/2.

La strategia di Dirac fu quella di fattorizzare la relazione energia-impulso. Se ad esempio, per semplicità, si pone p = 0, si può scrivere

(p0)2− m2c2 = (p0+ mc)(p0− mc) = 0. Si ottengono quindi le due equazioni del primo ordine

p0+ mc = 0 (4.5)

p0− mc = 0. (4.6)

Ma se p 6= 0, occorre una fattorizzazione del tipo

pµpµ− m2c2 = (βσpσ+ mc)(γλpλ − mc),

dove βσ e γλ sono otto coefficienti da determinare.

Essendo

pµpµ− m2c2 = βσγλpσpλ − mc(βσ − γσ)pσ− m2c2,

segue che, poiché non si vogliono termini lineari in pσ, si deve porre βσ = γσ.

4.2. Teoria quantistica dei campi

Si devono trovare quindi coefficienti γλ tali che

pµpµ= γσγλpσpλ. (4.7)

Se si sviluppa quest’ultima, si vede che non è possibile eliminare i termini del tipo γiγjjγi. L’intuito di Dirac fu quello di ipotizzare che i coefficien-

ti γ fossero matrici e non numeri. Poiché infatti le matrici non commutano, è possibile trovare un insieme di matrici γ che verificano la (4.7). Le rela- zioni di anticommutazione che le matrici γ devono verificare possono essere riassunte nella forma

{γµ, γν} = 2gµν dove gµν è la metrica di Minkovski

g =      1 0 0 0 0 −1 0 0 0 0 −1 0 0 0 0 −1      . Si trova γ0 = I2 0 0 −I2 ! γ0 = 0 σ i −σi 0 !

dove σi sono le matrici di Pauli

σ1 = 0 1 1 0 ! σ2 = 0 −i i 0 ! σ3 = 1 0 0 −1 !

Considerata quindi come equazione fra matrici 4×4, la relazione relativistica energia-impulso può essere ora fattorizzata:

(γσpσ + mc)(γλpλ− mc) = 0.

Per ottenere l’equazione di Dirac, si prende uno dei due fattori. Per con- venzione si sceglie:

γλpλ− mc = 0.

Passando ora agli operatori, si ottiene quella che va sotto il nome di equa- zione di Dirac:

(i~γµ∂µ− mc)Ψ = 0.

In questa equazione, la funzione d’onda Ψ è ora una matrice del tipo

Ψ =      ψ1 ψ2 ψ3 ψ4     

4. La meccanica quantistica

detta spinore di Dirac. Anche se è un oggetto a quattro componenti, lo spinore non è un quadrivettore, perché non si trasforma secondo le trasformazioni di Lorentz.

Per trovare soluzioni semplici dell’equazione di Dirac, supponiamo Ψ indipendente dalla posizione. Si avrà quindi

∂Ψ ∂x = ∂Ψ ∂y = ∂Ψ ∂z = 0

quindi p = 0. In questo caso l’equazione di Dirac diventa (i~ cγ 0 ∂ ∂t − mc)Ψ = 0 con soluzioni ψA(t) = e−i mc2 ~ tψA(0) ψB(t) = e+i mc2 ~ tψB(0) dove si è posto ψA = ψ1 ψ2 ! ψB = ψ3 ψ4 ! . In queste soluzioni si riconosce il fattore e−imc2

~ t che rappresenta la dipen-

denza temporale di uno stato quantico con energia E.

Per una particella a riposo si ha E = mc2, quindi la soluzione ψ A rap-

presenta proprio ciò che ci si aspetta, cioè uno stato con energia E. Ma occorre assegnare un significato anche a ψB: rappresenta infatti un inso-

lito stato a energia negativa. Queste soluzioni a energia negativa furono interpretate come antiparticelle con energia positiva. Poiché ciascuna delle due funzioni ψA, ψB è uno spinore a due componenti, vi è in esse anche

la rappresentazione dello spin. L’equazione di Dirac per p = 0, pertanto, ammette le quattro soluzioni indipendenti

ψ(1) = e−imc2~ t      1 0 0 0      , ψ(2) = e−imc2~ t      0 1 0 0      ψ(3) = e+imc2~ t      0 0 1 0      , ψ(4) = e+imc2~ t      0 0 0 1     

Se invece si cercano soluzioni del tipo onda piana ψ(x) = ae−~ix·pu(p)

4.2. Teoria quantistica dei campi

anche in questo caso si trovano quattro soluzioni indipendenti u(1), u(2), u(3),

u(4) (di cui tralasciamo la descrizione), delle quali u(1), u(2) rappresentano

particelle e u(3), u(4) antiparticelle. In u(3), u(4), però, E e p, che sono

parametri matematici che rappresentano fisicamente energia e quantità di moto, compaiono con segno negativo. Ma una particella non può avere energia negativa. Per interpretare correttamente queste due soluzioni come rappresentazione di antiparticelle con energia positiva, si cambia il segno di E e p in u(3), u(4), e le nuove soluzioni prendono il nome di v(1), v(2).

4.2.2 La quantizzazione del campo (metodo non covariante)

Per seguire le idee che portano alla quantizzazione del campo (per i dettagli si rimanda a un testo specialistico, come [43]), si può partire dalla quan- tizzazione di un campo più familiare come quello elettromagnetico, con un metodo non covariante.4

Il campo elettromagnetico è descritto dalle equazioni di Maxwell, ad esempio nella forma

∇ · E = ρ (4.8a) ∇ × B = 1 c(J + ∂E ∂t ) (4.8b) ∇ · B = 0 (4.8c) ∇ × E = −1 c ∂B ∂t (4.8d)

Si può dedurre l’esistenza di un potenziale vettore A(x, t) e di un potenziale scalare φ(x, t), definiti da

B = ∇ × A (4.9a)

E = −∇φ −1 c

∂A

∂t (4.9b)

Queste relazioni non determinano univocamente i potenziali, perché le trasformazioni φ → φ0 = φ +1 c ∂f ∂t (4.10a) A → A0 = A − ∇f (4.10b)

4La formulazione covariante è quella in cui le equazioni sono invarianti per

4. La meccanica quantistica

per un’arbitraria funzione f(x, t), lasciano i campi E e B invariati. Le (4.10) sono dette trasformazioni di gauge. Una teoria espressa in termini di potenziali deve essere invariante per trasformazioni di gauge.

Con il gauge

∇ · A = 0, (4.11)

detto gauge di Coulomb o gauge di radiazione o trasverso, e in assenza di cariche e correnti, le equazioni di Maxwell si riducono alla

(1 c2

∂2

∂t2 − ∇

2)A = 0. (4.12)

In tali ipotesi, i vettori di campo diventano

B = ∇ × A, E = −1 c

∂A

∂t . (4.13)

Le soluzioni della (4.12) sono onde elettromagnetiche trasverse nello spazio libero, dette anche campo di radiazione.

Per quantizzare la teoria, si sviluppa il potenziale vettore in serie di Fourier. Il campo sarà così descritto da un’infinità numerabile di coefficienti di Fourier ar(k, t). Risulta che tali ampiezze di Fourier soddisfano equazioni

di oscillatore armonico. Si considerano allora le ampiezze ar(k, t) dei modi

normali del campo di radiazione come operatori (tralasceremo nel seguito, per alleggerire la notazione, il segno di operatore) e si applicano a tali ampiezze le relazioni di commutazione tipiche dell’oscillatore armonico:

[ar(k), a†s(k 0 )] = δrsδkk0 [ar(k), as(k0)] = [a†r(k), a † s(k 0 )] = 0.

Il campo di radiazione, quindi, si considera come una sovrapposizione di oscillatori armonici indipendenti. In base alle proprietà dell’oscillatore armonico, anche l’hamiltoniana del campo può essere espressa in termini delle ampiezze. Si può inoltre definire l’operatore numero come

Nr(k) = a†r(k)ar(k)

che ha autovalori interi positivi: gli stati del campo di radiazione sono quindi rappresentati da numeri di occupazione interi positivi. Sempre in base alle proprietà dell’oscillatore armonico, gli operatori ar(k) e a†r(k) si

interpretano come operatori di distruzione e creazione di quanti del campo, detti fotoni, ciascuno dei quali ha energia ~ωk.

4.2. Teoria quantistica dei campi

4.2.3 Vantaggi della formulazione lagrangiana

Un altro metodo per la quantizzazione del campo è quello di partire dalle equazioni di Eulero-Lagrange (per approfondimenti cfr. appendice C). Co- me coordinate canoniche si scelgono i campi φr, quindi i momenti coniugati

sono

πr(x) =

∂L ∂ ˙φr

,

dove L è la densità di lagrangiana. Poiché però il sistema in esame ha infiniti gradi di libertà che variano con continuità, perché i campi φr sono

funzioni del tempo in ogni punto x dello spazio, si approssima inizialmente il sistema con un’infinità numerabile di gradi di libertà immaginando di chiuderlo in un reticolo costituito da cellette cubiche di volume V e poi si passerà al limite per V → 0. Le coordinate canoniche e i momenti coniugati quindi inizialmente sono

φr(i, t), πr(i, t).

Dalle equazioni di Eulero-Lagrange si ricavano dunque le equazioni del moto dei campi, nonché l’hamiltoniana in funzione delle coordinate canoniche e dei momenti coniugati. Per la quantizzazione del campo, si impongono regole di commutazione sulle coordinate canoniche e poi si passa al limite per V → 0.

La teoria del campo formulata a partire dalla densità di lagrangiana consente di dimostrare principi di conservazione. Vale infatti il teorema di Noether: dall’invarianza della densità di lagrangiana per trasformazioni di simmetria si deduce l’esistenza di quantità conservate. In particolare si ottengono equazioni di continuità del tipo

∂fα ∂xα = 0,

dove fα sono funzioni degli operatori di campo e delle loro derivate. Il

quadrivettore fα è detto quadricorrente conservata.

Il formalismo della quantizzazione canonica porta direttamente a opera- tori di campo quantizzati. Se si sviluppano tali operatori di campo in serie di Fourier, si vede come i coefficienti di Fourier, che diventano operatori, soddisfino le stesse regole di commutazione degli operatori di creazione e distruzione. Si ritrova così l’interpretazione della teoria in termini di quanti del campo.

4. La meccanica quantistica