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Chevallard sottolinea la specificità del funzionamento didattico rispetto al funzionamento del sapere corrispondente nell’ambito del savoir savant [15, p. 65]. Nella ricerca, infatti, sono soprattutto i problemi che determinano la progressione del sapere e del suo apprendimento, mentre nel processo di insegnamento i problemi non sono fondamentali (possono far parte al più di una metodologia, come l’insegnamento per problemi) e lo è invece una contraddizione tra vecchio e nuovo. Affinché un oggetto del sapere diventi oggetto di insegnamento, deve apparire come un oggetto a due facce, nuovo e vecchio allo stesso tempo rispetto alle conoscenze degli studenti: nuovo perché deve rappresentare un’apertura nelle frontiere dell’universo della co- noscenza già esplorato e la soluzione di un problema aperto; vecchio, in un secondo momento della dialettica dell’insegnamento, perché deve entrare a far parte delle conoscenze acquisite. Si deve, secondo Chevallard, realizzare un equilibrio.

9La testualizzazione realizza [. . . ] la dissociazione tra il pensiero in quanto espresso

da una soggettività e le sue produzioni discorsive: il soggetto è lasciato fuori dalle sue produzioni; il sapere è pertanto sottomesso a una trasformazioni di depersonalizzazione.

10Il testo è una norma di progressione nella conoscenza. Un testo ha un inizio e una

fine (provvisoria) e opera per mezzo di un incatenamento di ragioni.

3.5. Il tempo didattico

L’objet d’enseignement réalise donc un «équilibre» contradic- toire entre passé et avenir: il est un objet transactionnel entre passé et avenir [15, p. 67].11

La contraddizione tra vecchio e nuovo normalmente è superata col suc- cesso dell’apprendimento. Se questo avviene, ne risulta l’invecchiamento degli oggetti di insegnamento. Ma questo invecchiamento comporta anche la necessità del loro rinnovamento nel corso di un ciclo di studi. Il tempo didattico è quindi una continua dialettica tra vecchio e nuovo, una continua distruzione e ricostruzione. L’insegnante gestisce all’interno della relazione didattica questa dialettica che Chevallard chiama cronogenesi. Questo fa in modo che vi sia una distinzione fra insegnante e allievo. Potrebbe sembrare infatti che, una volta che l’allievo abbia raggiunto il sapere, non vi sia più distinzione tra lui e l’insegnante. Ma l’insegnante si distingue dall’allievo proprio sull’asse temporale della relazione didattica, per il fatto che è capace di anticipazione:

l’élève peut bien [. . . ] maîtriser le passé, seul le maître peut maîtriser le futur. L’enseigné peut apprendre; l’enseignant peut savoir ce que l’enseigné peut apprendre [15, p. 72].12

La distinzione tra insegnante e allievo si manifesta quindi non solo in relazione al sapere, ma in relazione al tempo come tempo del sapere. Ma insegnante e allievo differiscono anche in base ai luoghi (ruoli) in relazione al sapere in costruzione, in rapporto a ciò che Chevallard chiama topogenesi. Non è solo il fatto che il tradizionale modello di relazione insegnante-alunno è basato sul potere. Affinché tale potere non sia mera costrizione, l’inse- gnante deve ogni volta conquistare la sua egemonia: il potere dell’insegnan- te non deve essere (solo) potere di vietare, ma potere di produrre risposte. L’insegnante, che come si è detto si suppone sappia e sappia anticipare, deve

affirmer le caractère singulier de sa place propre dans la con- struction du savoir: non content de savoir plus, et de program- mer le futur, il sait autrement. Le savoir de l’enseigné et le savoir de l’enseignant ne diffèrent pas seulement au plan de la

11L’oggetto di insegnamento realizza dunque un «equilibrio» contraddittorio tra

passato e futuro: è un oggetto transazionale tra passato e futuro.

12L’allievo può ben [. . . ] padroneggiare il passato, solo il maestro può padroneggiare il

3. La trasposizione didattica

quantité. La transposition didactique tend à organiser quali- tativement la différence des places: elle tend à instituer deux «manières» de savoir, [. . . ] [15, p. 75]. 13

Perché si possa continuare a fondare la topogenesi, cioé la differenzia- zione fra i ruoli, si deve porre rimedio a un altro tipo di invecchiamento dell’oggetto di insegnamento. Quello già descritto è un invecchiamento che Chevallard chiama interno, perché si manifesta all’interno di un ciclo di studi. Ma l’oggetto di insegnamento subisce anche invecchiamento esterno, in rapporto non alla durata del ciclo di insegnamento ma alla durata storica (cioè nel susseguirsi degli anni scolastici). Questo invecchiamento storico degli oggetti di insegnamento oltre a non consentire di mantenere la differen- za dei ruoli non permette nemmeno, di fronte alla società, il mantenimento della legittimità sociale del progetto di insegnamento. Sarebbe come dire che all’insegnante si può sostituire chiunque. Una soluzione può essere il rinnovamento storico dell’oggetto di insegnamento: se ad esempio l’algorit- mo dell’addizione è storicamente invecchiato, l’introduzione del concetto di operatore cambierà la situazione. Il sistema didattico deve essere sempre nuovo (cronogenesi) e sempre un po’ al di sopra del livello dell’allievo.

Uno dei problemi nell’insegnamento della meccanica quantistica è, per così dire, un intoppo sia nella cronogenesi che nella topogenesi. La crono- genesi si interrompe perchè, all’interno di un ciclo di studi, si interrompe la dialettica tra vecchio e nuovo: la meccanica quantistica è un sapere così “nuovo” per gli studenti, nel senso che appare molto al di là della loro per- cezione, che non riesce a diventare “vecchio”, cioè assimilato e consolidato, all’interno del ciclo di studi considerato. Ma si interrompe anche la topo- genesi perchè il sapere della meccanica quantistica non riesce a invecchiare nemmeno da un ciclo di studi all’altro: il fatto che sia, dal punto di vista degli insegnanti, un ambito disciplinare molto ricco di difficoltà di insegna- mento, è il motivo per cui la meccanica quantistica rimane un sapere sempre “nuovo” nel senso che ancora si dibatte su quale sia la maniera migliore di insegnarlo e non vi è una “testualizzazione” consolidata come per le altre parti della fisica.

13[. . . ] affermare il carattere particolare della sua posizione nella costruzione del

sapere: non solo sa “di più” e sa programmare il futuro, ma sa “in altra maniera”: il sapere dell’allievo e dell’insegnante differiscono non solo in quantità. La trasposizione didattica tende a organizzare anche qualitativamente la differenza dei ruoli: tende a istituire due maniere del sapere, [. . . ]