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2.3 Come si apprende

2.3.2 Un approccio cognitivo

Poiché nell’insegnamento delle scienze è importante la risoluzione dei pro- blemi, esistono teorie dell’apprendimento fondate proprio su questo aspet- to: si parla di approccio cognitivo. Anzi, l’obiettivo dell’apprendimento potrebbe essere proprio quello di raggiungere direttamente questa capacità. È storicamente importante [40, p. 85] la definizione di “problema” for- nita da Newell e Simon14 che si sono occupati, tra l’altro, di intelligenza

artificiale e psicologia cognitiva: si definisce problema la situazione in cui un soggetto vuole produrre una risposta adattata a una certa domanda,

13David Ausubel, 1918-2008, psicologo statunitense, in Educazione e processi cognitivi:

guida psicologica per gli insegnanti, Milano, Franco Angeli, 1995.

14Allen Newell, 1927-1992, psicologo, informatico e matematico statunitense; Herbert

Alexander Simon, 1916-2001, economista, psicologo e informatico statunitense; in Human problem solving, Englewood Cliffs, Prentice Hall, 1972.

2.3. Come si apprende

senza che questa possa essere prodotta automaticamente. Il problema si compone di tre livelli: la situazione iniziale, il fine da raggiungere, le azioni permesse per giungervi. Questi livelli definiscono uno “spazio problemico” in cui si conduce la ricerca di una soluzione. L’insieme delle azioni consen- tite fornisce la lista delle operazioni applicabili alla situazione iniziale, che generano quindi un insieme di stati possibili. Nel caso più semplice que- sti stati possibili possono essere generati per esempio cercando in maniera sistematica tutte le trasformazioni possibili. Se invece si segue un metodo razionale per giungere all’obiettivo, gli autori parlano di euristica.

Secondo gli autori citati, un’euristica consiste nell’individuare una se- rie di passaggi che minimizzano una differenza osservata fra una situazione problematica e un obiettivo da raggiungere. Purtroppo questa euristica fun- ziona in un numero ristretto di problemi [40, p. 86]. Nel caso, ad esempio, il problema sia la “risoluzione di un’equazione”, non si può applicare una strategia in cui dal risultato si cerca di risalire ai dati iniziali, ma si deve partire dai dati e da una loro riorganizzazione: l’oggetto del problema è quindi non solo definire l’obiettivo ma anche raggiungerlo. Inoltre sono tal- volta possibili più soluzioni, e non solo diverse strade per giungervi (nel caso delle equazioni, la fattorizzazione). Un vero problema scientifico, inoltre, è aperto: non si conosce la soluzione, non si sa nemmeno se esiste, non si sa spesso nemmeno formulare la questione, cioè non si sa definire la situazione iniziale. Si tratta di problemi molto ricchi di contenuti e poco strutturati. Gli esercizi scolastici sono meno aperti, ma in questo caso possono essere presi in considerazione altri processi, ad esempio assimilare il problema a un altro problema di cui si conosce la soluzione (ragionamento per analogia).

Sembra dunque ragionevole supporre che la natura del problema possa indurre processi risolutivi e euristiche differenti, ma la ricerca di euristiche generalizzabili e condivise di risoluzione di problemi a carattere scientifico è ancora in corso presso gli psciologi cognitivi: in [40, p. 87] sono citati ad esempio i risultati di alcuni lavori che, in particolare, hanno tentato di elencare le attitudini che impediscono agli allievi di risolvere correttamen- te problemi scientifici. La constatazione di partenza è che gli allievi non riescono più ad applicare ciò che hanno appreso appena si ritrovano a ri- solvere un problema che si discosta anche di poco dagli esercizi risolti in classe. L’ipotesi avanzata è che solo pochi errori hanno per causa una man- canza di conoscenze. Si tratta piuttosto di errori di ragionamento: difficoltà a ritrovare gli elementi pertinenti di un problema, difficoltà a organizzare in maniera sistematica l’approccio a un problema, salto rapido verso con- clusioni azzardate, difficoltà a costruire una rappresentazione grafica, ecc. L’ipotesi implicita è che l’assenza di chiarezza sulle procedure in gioco spie- ga gli insuccessi. Ma questo approccio sembra sottovalutare l’influenza della

2. Basi epistemologiche e cognitive

base delle conoscenze disponibili e la padronanza di un’euristica. In ambiti complessi come la fisica [40, p. 89], sembra che la superiorità di chi padro- neggia la disciplina sia assicurata dalla base di conoscenze. Non si tratta solo di una differenza quantitativa di conoscenze fra “novizi” ed “esperti”, ma soprattutto qualitativa: il sapere non è organizzato nella stessa maniera. Esistono stretti legami tra la rappresentazione dell’esperto e i principi gene- rali della fisica [ibidem]: il sapere dell’esperto appare fortemente strutturato e gerarchizzato.

Ci chiediamo: per quanto riguarda la didattica della meccanica quan- tistica, è possibile l’apprendimento “per problemi”? Sembra opportuno di- stinguere, a nostro parere, tra la fase in cui si introducono gli studenti alla meccanica quantistica e la fase in cui, consolidate alcune conoscenze fondamentali del nuovo ambito disciplinare, lo studente può continuare ad apprendere. Come si è avuto modo di dire più volte, il passaggio dallo studio della fisica classica a quello della fisica moderna è per gli studenti molto delicato: anche gli approcci didattici che, come vedremo, pongono gli studenti di fronte a “problemi”, per invitarli a formulare ipotesi su un certo fenomeno, poggiano comunque su una base introduttiva molto solida, o, se così non è, sono limitati a un ambito molto ristretto e le conclusioni tratte dalla riflessioni sui “problemi” posti difficilmente possono essere este- se ad altri casi. Ciò che viene a mancare allo studente, in un approccio alla meccanica quantistica per “problemi”, se ci riferiamo alla definizione fornita all’inizio del paragrafo, è l’insieme delle operazioni applicabili alla situa- zione iniziale per risolvere il problema: solo per citare un esempio, spesso mancano alcuni strumenti matematici essenziali. Una volta introdotti gli studenti alla meccanica quantistica, forniti gli strumenti matematici, supe- rato il riferimento all’esperienza primaria che talvolta, come si è detto, funge da ostacolo all’apprendimento, assimilati i principi e i concetti fondamen- tali che regolano la nuova teoria, non si esclude che si possa procedere a un apprendimento per “problemi”. Prima di arrivare a questo stadio, però, si ritiene importante passare anche attraverso una serie di esercizi che, anche se non hanno il carattare aperto di un vero problema scientifico e sono più strutturati, hanno la loro utilità. Come vedremo più avanti, la fase degli esercizi, in quel momento chiamato trasposizione didattica, è importante per l’inserimento nel curricolo di un certo segmento dell’apprendimento e per la costruzione e il consolidamento dei concetti.