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All’inizio del primo incontro ho somministrato una scheda con i seguenti sei quesiti, i primi cinque sull’esperienza personale di insegnamento della fisica moderna, l’ultimo sull’insegnamento di alcuni strumenti matematici.

1. Hai affrontato in classe argomenti di fisica moderna? 2. Se sì, quali?

3. Se no, perché?

4. Se sì, sono sorte difficoltà? Impressioni sull’esito.

5. È possibile, secondo te, nella scuola di oggi insegnare la fisica moder- na?

10.2. Svolgimento delle attività

6. In quale classe possono essere affrontati numeri complessi - probabilità - spazi vettoriali? Se ritieni che non possono essere affrontati, quali potrebbero essere le motivazioni?

Essendo la prima esperienza di formazione con adulti e per di più in una posizione allo stesso tempo esterna ma anche di parità, ho ritenuto opportu- no non impartire lezioni, ma cercare di porre dei problemi su cui discutere, prima di carattere didattico (attraverso i quesiti suddetti) e poi sui contenuti specifici, anche se ho avuto l’impressione che le attese dei partecipanti fos- sero proprio quelle di una sorta di conferenza, poiché hanno dichiarato che non ricordavano certi argomenti e avevano piacere di rinfrescarli oppure non li avevano mai visti. In ogni caso ho cercato di sollecitare le loro opinioni, sia per quanto riguardava la chiarezza del filo logico del percorso didattico che si andava affrontando, sia per la fattibilità di alcune parti o dell’intero percorso. Le domande che mi sono state poste, infatti, riguardavano soprat- tutto aspetti fisico-matematici più che didattici. Un insegnante ad esempio chiedeva chiarimenti sugli spazi di funzioni di cui ricordava doversi fare uso in meccanica quantistica; un insegnante di matematica chiedeva se nella diffrazione degli elettroni il fatto che siano emessi più o meno rapidamente dalla sorgente può influenzare la probabilità successiva; un altro chiedeva se le relazioni di indeterminazione sono un principio o una conseguenza della teoria.

Per dare seguito a queste attività di formazione, ho proposto agli in- segnanti una visita al laboratorio didattico dell’Università di Cagliari, allo scopo di esaminare con me alcune esperienze didattiche sulla fisica moder- na. Si tratta di un laboratorio, di recente allestimento e inaugurazione (22 novembre 2014), a uso prevalentemente dei corsi universitari (per tutti i percorsi che contengono corsi di fisica sperimentale), ma tra le sue finalità rientra non solo quella didattica ma anche quella di formazione e orienta- mento, poiché ospita ad esempio iniziative per studenti delle scuole seconda- rie e per i loro insegnanti. Il laboratorio, inoltre, ospita attività divulgative per il grande pubblico. Per completare la mia attività con gli insegnanti ho scelto le due esperienze descritte nel paragrafo 7.9: la diffrazione degli elettroni e l’esperimento di Franck ed Hertz.

Alla visita (che si è tenuta nel mese di marzo 2014) hanno partecipato 4 insegnanti, uno dei quali non era presente agli incontri formativi. La visita è iniziata con un incontro nel quale ho somministrato un questionario, ho suscitato una discussione e abbiamo esaminato insieme i cenni teorici delle esperienze didattiche selezionate.

10. Un’esperienza di formazione insegnanti

1. Fai uso del laboratorio nell’attività didattica? Se sì, indica tre argo- menti per cui hai realizzato attività in laboratorio. Quale è stata la risposta degli studenti?

2. Quale può essere il ruolo del laboratorio per un eventuale insegna- mento della fisica moderna nella scuola e per gli studenti di oggi? Ad esempio ininfluente, solo dimostrativo, anche quantitativo, solo virtuale, . . .

3. Ti è capitato di proporre esperienze didattiche sulla fisica moderna, anche solo a carattere dimostrativo, con le apparecchiature presenti nelle nostre scuole? Se sì, quali esperienze? Per quale occasione? Ad esempio per l’ordinaria attività didattica o per “settimane della scienza” o per attività di orientamento . . .

4. Le scuole in cui hai lavorato dispongono di un laboratorio con appa- recchiature per la fisica moderna? Se sì, ne ricordi qualcuna?

5. Hai consultato, utilizzato o semplicemente conosci materiale multime- diale riguardante esperienze di fisica moderna? Ad esempio filmati in rete, siti, materiale fornito con i libri di testo, . . .

Per quanto riguarda la conversazione che si è sviluppata, essa ha toccato i seguenti problemi inerenti l’attività didattica in laboratorio (non solo per quanto riguarda la fisica moderna).

Il tecnico di laboratorio. Per mancanza di tempo, gli insegnanti hanno difficoltà a preparare le esperienze in anticipo, soprattutto se si tratta di attività mai svolte prima. Nelle scuole dovrebbe essere prevista la figura del tecnico di laboratorio, che spesso non c’è o, se c’è, co- me nel caso della scuola in esame, non ha le competenze adatte alla preparazione di esperienze didattiche e si limita a predisporre ciò che l’insegnante “ha lasciato pronto sul tavolo”.

Il laboratorio dal punto di vista degli studenti. L’attività di labora- torio è percepita dagli studenti come una sinecura, un’attività di sva- go, un’ora diversa dalla solita lezione alla lavagna. Questo implica che gli studenti, mediamente, si recano in laboratorio per distrarsi e non traggono profitto dall’attività. Nel peggiore dei casi la conseguenza è una difficile gestione del gruppo in laboratorio, da parte dell’inse- gnante, a causa del comportamento poco corretto degli studenti, che implica la scarsa ricaduta didattica dell’attività.

10.2. Svolgimento delle attività

La preparazione degli studenti. Uno degli insegnanti presenti sostiene che comunque il laboratorio deve essere preceduto da una solida pre- parazione teorica, che spesso manca per lo scarso studio degli allievi. Un altro insegnante sostiene invece che l’attività di laboratorio deve essere meramente pratica, un momento in cui gli allievi si rendono conto che la fisica è una disciplina che ha sostanzialmente applicazio- ni pratiche. Qui vi è una differenza di opinioni dovute alla particolare formazione degli insegnanti, rispettivamente per la superiorità della “teoria” o delle attività “sperimentali”. Di conseguenza il ruolo del laboratorio cambia a seconda delle visioni.

Gli studenti “meritevoli”. Un insegnante sostiene che le attività di la- boratorio, come del resto altre attività “aggiuntive” indirizzate a stu- denti, devono essere destinate solo agli allievi meritevoli. Questo ri- solverebbe il problema dell’atteggiamento sbagliato degli studenti in laboratorio relativamente al comportamento, che è stato già eviden- ziato. Non si è chiarito però cosa si intende per “meritevoli”. Dalla discussione è emerso che si intendono tali non tanto quelli che hanno un buon profitto scolastico e che si sono preparati a dovere sull’ar- gomento, quanto quelli che mostrano un comportamento corretto e si rendono disponibili di buon grado ad apprendere, anche se hanno difficoltà. Spesso infatti le due categorie non coincidono. A suppor- to del fatto che è meglio riservare certe attività a studenti scelti, è stato citato dai presenti il caso della “Settimana della Scienza”, un’at- tività in cui gli studenti espongono e dimostrano alcune esperienze di laboratorio precedentemente preparate. L’esposizione è rivolta sia alla scuola (altri studenti e insegnanti), sia al pubblico esterno. Ciò dimostra che certi studenti, quando sono nelle condizioni adatte e in particolari contesti, riescono a destreggiarsi in laboratorio e a esporre l’esperienza in maniera chiara a tutti, rispondendo anche a domande che il pubblico, incuriosito, rivolge loro.

Nuove tecnologie. Nella conversazione sono emersi spunti di discussione anche al di fuori dell’uso del laboratorio, in particolare sull’uso degli strumenti didattici come le LIM. Uno degli insegnanti presenti, ad esempio, trova molto utile il fatto di poter salvare le lezioni svolte in classe, ad esempio perché gli studenti possono prelevarle e portarle a casa, oppure perché si possono inviare agli studenti assenti.

Dopo la conversazione, ho chiesto ai presenti che cosa si aspettassero da questo incontro e che cosa desiderassero vedere in laboratorio. Un in- segnante ha dichiarato che aveva accettato di partecipare di buon grado

10. Un’esperienza di formazione insegnanti

sia ai precedenti incontri sia al presente, in quanto animato dalla curiosi- tà: non avendo mai avuto occasione di studiare in maniera approfondita la meccanica quantistica, sperava che l’attività da me proposta fosse utile in vista della necessità di insegnare questi argomenti. Un altro insegnante ha espresso l’aspettativa di vedere in laboratorio l’esperienza sulla diffrazione degli elettroni.

Sono passato a presentare i cenni teorici delle esperienze, che avevo scelto senza comunicarlo loro precedentemente: la diffrazione degli elettroni e l’esperienza di Franck ed Hertz. Uno degli insegnanti ha osservato che, essendo argomenti molto astratti e complessi per gli studenti, occorrerebbe sempre presentare loro un risvolto pratico. Egli osserva infatti che la tipica domanda che pongono gli studenti, quando si affrontano argomenti che esulano dai fenomeni quotidiani, è: “Ma questo a che cosa ci serve?”. Per quanto riguarda la diffrazione degli elettroni, l’insegnante stesso suggerisce di citare il microscopio elettronico.

Ho presentato poi, in laboratorio, le due esperienze agli insegnanti. Per quanto riguarda la diffrazione degli elettroni, riscuote sempre interesse ve- dere gli anelli di diffrazione. L’insegnante che si aspettava di vedere proprio questa esperienza, però, pone un quesito: in realtà, oltre che vedere le fi- gure di diffrazione, si aspettava di vedere cosa accade anche quando non vi è la diffrazione. Ad esempio si aspettava di vedere il fenomeno analogo all’esperienza delle due fenditure, quando si osserva dove passa il fotone e si distrugge la figura di interferenza. Chiede ad esempio se, per l’esperienza in esame, esistano apparati dove si può in qualche modo estrarre o disattivare il cristallo di grafite che funge da reticolo. Nel descrivere l’esperienza ho illustrato una difficoltà che abbiamo incontrato nella preparazione. Nell’e- sperienza si deve, al variare della tensione anodica, calcolare la lunghezza d’onda e misurare il raggio degli anelli di diffrazione; dalla relazione fra lun- ghezza d’onda e raggio degli anelli, per regressione lineare, si calcola la di- stanza reticolare. Pur manifestandosi la relazione di linearità fra lunghezza d’onda e raggio, il valore calcolato della distanza reticolare non coincideva con quello teorico. Ciò faceva pensare a un’errata misura della tensione anodica. Presentando questo problema agli insegnanti, è stato interessante osservare come i due ingegneri siano stati attratti da questo aspetto “tecni- co”: riflettendo con loro siamo giunti alla conclusione che occorre inserire, nell’apparato sperimentale, un voltmetro per misurare la differenza di po- tenziale realmente fornita all’anodo, e comunque riesaminare il circuito che alimenta il dispositivo, che è abbastanza complesso.

Per quanto riguarda l’esperienza di Franck ed Hertz, uno degli insegnanti osserva che ciò che accade nel tubo potrebbe essere analogo a ciò che accade nei tubi al neon per l’illuminazione. L’esperienza ha generato un’animata 184