• Non ci sono risultati.

Analogia, simpatia, convenientia, aemulatio: similitudin

Nel documento Ana-logica (pagine 151-162)

PARTE PRIMA

CAPITOLO TERZO

6. Analogia, simpatia, convenientia, aemulatio: similitudin

Nel ricostruire un’archeologia delle scienze umane, Michel Foucault riporta alla luce il ruolo che le similitudini hanno ricoperto nello sviluppo del sapere umano.191 Più precisamente, l’intento che muove Foucault è stabilire l’origine dell’episteme in cui le forme di conoscenza hanno fondato la loro struttura. In questa dimensione epistemologica necessaria alla comprensione dell’archeologia dei principali saperi umani, emerge il ruolo centrale dei meccanismi “imperfetti”, come la similitudine, la cui rilevanza dimostra anzitutto che molti saperi si sono sviluppati sulle tracce delle condizioni di possibilità della conoscenza della realtà, molto più che sulle forme della logica elementare. Un certo tipo di configurazioni nello spazio della conoscenza hanno dato luogo a diverse forme di scienza empirica. Una ricostruzione indirizzata a comprendere lo sviluppo delle forme di sapere va intesa dunque, più che come un quadro storico, come una vera e propria archelogia nel senso foucaultiano del termine. L’idea sviluppata da Foucault permette di chiarire l’importanza dalle similitudini nello sviluppo della conoscenza, in particolare riguardo alla relazione che queste hanno avuto con i processi di classificazione e di categorizzazione, i primi richiamati da Foucault, processi con cui generalmente si stabiliscono i criteri di relazione fra parti e tutto e fra genere e specie. La questione della classificazione riguarda il sapere in senso lato, e peculiarmente il “sapere analogico”, poiché attraverso dispositivi analogici sono stati stabiliti, nello sviluppo del sapere umano, codici fondamentali che impongono un

191 M. Foucault, Le parole e le cose: Un’archeologia delle scienze umane (1966, Gallimard), Milano, BUR (2007).

152

ordine alla nostra esperienza, e che contribuiscono a conoscere ed ordinare le novità secondo dei criteri di somiglianza e approssimazione. Come già si è anticipato, infatti, lo studio critico dei processi di classificazione ha permesso a Foucault di sviluppare un discorso intorno a quello spazio “grigio” dei criteri con cui si creano connessioni fra noto e ignoto, e dei loro mutamenti. Infatti, il tema fondamentale sviluppato da Foucault, che permette di capire in che senso determinati meccanismi (come quelli del campo analogico) possono contribuire ad orientare i discorsi e i saperi, riguarda i codici basilari di una cultura che impongono un ordine alla nostra esperienza. L’archeologia foucaultiana rappresenta l’intento di studiare la struttura dei discorsi delle varie discipline che hanno preteso di avanzare teorie sulla società, sugli individui e sul linguaggio. Come sostiene Foucault, "una tale analisi non appartiene alla storia delle idee o delle scienze: è piuttosto uno studio che cerca di ritrovare ciò che ha reso possibile conoscenza e teoria; sulla base di quale spazio d'ordine il sapere si è costituito, sullo sfondo di quale a priori storico [...] certe idee sono potute apparire, certe scienze hanno potuto costituirsi, certe esperienze riflettersi in filosofie, certe razionalità formarsi per, forse subito, dissolversi e svanire”.192 Per far questo Foucault introduce la nozione di episteme, che corrisponde ad una sorta di a priori storico assimilabile ai codici fondamentali di una cultura: "l'episteme non è una forma di conoscenza o un tipo di razionalità che, attraversando le scienze più diverse, manifesterebbe l'unità sovrana di un soggetto, di uno spirito o di un'epoca, è piuttosto l'insieme delle relazioni che, in una data epoca, si possono scoprire tra le scienze quando le si analizza a livello delle regolarità discorsive".193

La storia delle diverse epistemi descritta da Foucault nell’opera successiva a Le parole e le cose, che è L’archeologia del sapere, evidenzia le discontinuità dei modelli e paradigmi appartenuti a blocchi storici distinti: per cui diversi criteri di classificazione ed assimilazione hanno dato origine rispettivamente a diverse tipologie di ordine. L’obiettivo foucaultiano di isolare e descrivere i sistemi epistemici principali è focalizzato nel suo lavoro intorno alle tre epoche più importanti del pensiero occidentale, Rinascimento, Età Classica e Modernità. A ciascuna di esse corrisponde una peculiare idea di

192 M. Foucault, Op. cit. (1966).

153

ordine, e di conseguenza anche un caratteristico rapporto fra parole e cose, fra parti e tutti, fra generi e specie. Il concetto di ordine include, infatti, tutti questi rapporti. L’ordine (concetto da cui deriva l’idea di ordinamento) è ciò che riguarda, al tempo stesso, la natura intrinseca delle cose e i modi attraverso cui queste possono essere tenute assieme secondo dei criteri. La grande intuizione di Foucault sta nell’aver svelato la regione intermedia fra ciò che è già noto e classificato e ciò che non lo è ancora: questa regione intermedia è lo spazio in cui si manifesta il rapporto fondamentale fra le singole cose e i processi di distinzione e denominazione. In ogni cultura, fra i codici di classificazione e le riflessioni sull’ordine, c’è sempre una dimensione di esperienza che riguarda la relazionalità fra i singoli enti, i loro attributi, e i modi per classificarli in ragione di un ordine inclusivo e comprensivo (che serve anche a spiegarli). La grande intuizione sulla rilevanza delle classificazioni era venuta a Foucault, come lui stesso spiega nell’introduzione a Le parole e le cose, dalla lettura di un racconto di Borges in cui lo scrittore argentino faceva riferimento a “una certa enciclopedia cinese” in cui gli animali si dividono in “a) appartenenti all'Imperatore; b) imbalsamati; c) addomesticati; d) maialini da latte; e) sirene; f) favolosi; g) cani in libertà; h) inclusi nella presente classificazione; i) che si agitano follemente; j) innumerevoli; k) disegnati con un pennello finissimo di peli di cammello; l) et

coetera; m) che fanno l'amore; n) che da lontano sembrano mosche".194

Il sapere enciclopedico di Borges, emblema della relazionalità fra classificazione e conoscenza, genera quindi la domanda: quali sono i confini del nostro modo di pensare? In che modo noi, occidentali moderni, ordiniamo i fenomeni? E, trasponendo questi interrogativi in quella dimensione tutta peculiare di sapere che corrisponde al sapere giuridico, in che modo le classificazioni, e le loro declinazioni pragmatiche che si mostrano ad esempio nell’ana-logica, partecipano dello sviluppo di questo specifico campo di conoscenza? Stabilendo che da una somiglianza (piano descrittivo, prossimo alla classificazione) si inferisce l’applicabilità di una norma a due casi distinti, il livello cognitivo-categoriale viene a toccare quello normativo.195

194 M. Foucault, Op. cit., p.5.

195 Di questa tangenza, o intersezione, fra descrizione e prescrizione nell’ana-logica si dirà molto più appronditamente nella terza parte.

154

Quattro sono i tipi di somiglianza di cui parla Foucault nella sua archeologia delle scienze umane, ritenendo che il sapere sia ricomponibile come una prosa, sotto forma di narrazione, per cui è all’interno di questa dimensione che si deve inserire e spiegare il ruolo del sapere analogico.196 La somiglianza, secondo le sue diverse forme, ha guidato l’interpretazione dei testi e organizzato il gioco dei simboli, ha indirizzato la conoscenza delle cose visibili e di quelle invisibili, e ha ‘regolato l’arte di rappresentar(l)e’”.197 E’ durante l’umanesimo che la semantica della somiglianza si arricchisce e acquista grande rilievo, poiché intorno al “modello” uomo - che rappresenta il centro di ogni processo cognitivo - si vengono a definire tracciati ispirati ad esso, per cui il sapere promana dall’uomo e secondo le forme che con la mente umana sono compatibili, spesso anche a partire da somiglianze fra la realtà e il corpo umano.198 Foucault riporta che nel XVI secolo esistono diversi tipi di somiglianza: “Amicitia, Aequalitas (contractus, consensus, matrimonium, societas,

pax et similia), Consonantia, Concertus, Continuum, Paritas, Proportio, Similitudo, Conjunctio, Copula”.199

Sono quattro, però, i principali tipi di somiglianza descritti da Foucault, e uno fra questi è l’analogia; nell’analizzarli uno ad uno, emerge che in questo quadro archeologico delle scienze umane l’analogia si è originata come una specie di somiglianza, il che conferma che non sempre dove vi sia somiglianza vi sia anche analogia (mentre è valida l’affermazione inversa). I tipi, come anticipato, sono quattro: convenientia, aemulatio, analogia,

simpatia.

Per convenientia si intende una vicinanza di luoghi più che una similitudine in senso stretto (da cum-venire, andare nella stessa direzione anzitutto in senso spaziale); per cui questo criterio riguarda cose differenti, ma che avvicinandosi reciprocamente finiscono per essere affiancabili, fino al punto che loro margini possono anche toccarsi: “(...) Di modo che in questa cerniera delle cose una somiglianza appare. Doppia, non appena si tenti di districarla:

196 Sebbene egli collochi la funzione della somiglianza all’interno di un limite storico, ovvero sino alla fine del XVI secolo (il che va ovviamente tenuto in conto per non rischiare di fraintenderlo), l’apertura del concetto di somiglianza a quattro diversi concetti è comunque rilevante per confermare la tesi secondo cui sono molte, e diverse, le dimensioni in cui il sapere analogico si manifesta.

197 M. Foucault, Op. cit., p.31.

198 Come vedremo meglio nel prossimo paragrafo a proposito della metafisica fantastica vichiana.

155

somiglianza del luogo, della sede ove la natura ha posto le due cose, quindi similitudine delle proprietà; nel contenente naturale che è il mondo, infatti, la vicinanza non è una relazione esterna tra le cose, ma il segno di una parentela perlomeno oscura”.200 E’ dal contatto che emergono nuove somiglianze, per cui la convenientia è in un certo senso propedeutica all’ermersione di altri tipi di somiglianza, perché essa crea lo spazio in cui gli accostamenti divengono possibili e si realizzano. La vicinanza dovuta alla condivisione di uno stesso spazio impone vicinanze che a loro volta si fanno garanti di altre somiglianze, instaurando così un meccanismo di concatenamenti in cui le somigliaze si generano e ri-generano a partire da se stesse; a poco a poco la convenientia, in virtù del concatenarsi di somiglianza e spazio, avvicina il simile ed assimila i vicini, essendo allora, soprattutto, la premessa fondativa del carattere riflessivo del linguaggio. All’interno dell’ordine, in ogni punto di contatto inizia e finisce un anello (una connessione) che somiglia a quello precedente ma anche, sotto altri aspetti, al seguente.

La seconda forma di similitudine descritta da Foucault è l’aemulatio, che per molti aspetti si identifica con la convenientia ma è svincolata dal criterio spaziale: “un pò come se la connivenza spaziale fosse stata infranta e gli anelli della catena, liberi, riproducessero i loro cerchi, remoti gli uni dagli altri, secondo una somiglianza senza contatto”.201

Con l’aemulatio la similitudine si svincola dalla necessità di condivisione di uno spazio e si “riduce” ad una necessità di condivisione svincolata da un criterio o un carattere specificato. Le cose, in virtù della aemulatio, si possono concatenare e replicare in ogni luogo dell’universo senza la necessità che vi sia un contatto fisico: il mondo grazie ad essa abolisce le distanze e stabilisce nuove dimensioni di comunicazione fra gli enti. La similitudine, nella forma dell’aemulatio, è svincolata dal criterio spaziale e istituisce la possibilità di stabilire vicinanze anche in rapporto a criteri sganciati dalla spazialità. L’inclusione fra enti diversi è possibile, dunque, anche in ragione di criteri di rilevanza ulteriori e più complessi della spazialità che è propedeutica alla convenientia: “L’emulazione” - aggiunge Foucault - “si offre in primo luogo sotto forma d’un (...) riflesso, furtivo, lontano; percorre in silenzio gli spazi del mondo. (...) Il simile avvolge il simile, che a sua volta lo accerchia, e

200 M. Foucault, Op. cit. (1966), p. 32. 201 M. Foucault, Op. cit. (1966), p. 33.

156

sarà forse nuovamente avviluppato, in virtù di un raddoppiamento che ha il potere di ripetersi all’infinito”.202

La ricomprensione di convenientia ed aemulatio da luogo all’analogia, che è il terzo tipo di similitudine; come la prima, essa riguarda il confronto e il contatto delle somiglianze nello spazio, ma come la seconda rivolge il focus sugli adattamenti, sulle compatibilità. La sua portata e il suo campo d’applicazione sono enormi, dal momento che le similitudini che essa tratta non sono quelle visibili e più superficiali delle cose, ma quelle più sottili e complesse dei rapporti: nel XVI secolo, si inizia a notare che vi sono analogie ovunque - il rapporto tra gli astri e il cielo in cui scintillano viene trovato anche tra l’erba e la terra, tra i viventi che la popolano, fra i minerali, le rocce, fra gli organi dei sensi e il volto che animano e a cui danno colore. Ricorre la relazionalità parti-tutto, ma pure quella genere-specie resta fondamentale, il che conferma la tesi per cui tutti i referenti del campo analogico servono a formare connessioni dove non ve ne sarebbero, provando l’attitudine poietica dell’ana-logica. Lavorando sui rapporti e non sui singoli attributi, l’analogia ha peraltro un raggio d’azione illimitato: “lo spazio delle analogie è in fondo uno spazio d’irradiazione. Da ogni parte l’uomo è posto in riferimento ad esso; ma questo uomo medesimo, a sua volta, trasmette le somiglianze che riceve dal mondo. E’ il grande fuoco delle proporzioni, il centro in cui i rapporti convergono e trovano sostegno, e donde vengono nuovamente riflessi”.203

La quarta forma di similitudine è infine la simpatia, il tipo più imprevedibile di criterio per trovare similitudini, poiché non si fonda solo su uno, né solo su due o più criteri fissati, ma ogni volta può seguire una logica differente. Nella simpatia nessun criterio è determinato anticipatamente, nessuna distanza è presupposta e nessun contatto è necessario, essa “(...) agisce allo stato libero nelle profondità del mondo”,204

come un principio di mobilità: attira le cose le une verso le altre per ragioni ogni volta diverse, interpretando un’istanza del Medesimo tale da non contentarsi di essere una delle forme del simile - poiché essa ha il potere di assimilare, di trasformare, di muovere le cose.205

202 M. Foucault, Op. cit. (1966), p.35. 203 M. Foucault, Op. cit., p.37. 204 M. Foucault, Op. cit., p.37. 205 Cfr. M. Foucault, Op. cit., p.38.

157

Le similitudini indicano come il mondo deve ripiegarsi su se stesso; non vi sono soltanto le similitudini superficiali, quindi occorre che le similitudini “sepolte”, come suggerisce Foucault, vengano segnalate sulla superficie delle cose - “un contrassegno visibile delle analogie invisibili è necessario”,206 essendo la somiglianza allo stesso tempo ciò che è più evidente e ciò che è più celato (d’altro canto si è detto che l’analogia è l’identità fra identità e non identità). Per trovare la somiglianza, bisogna osservare le segnature, poiché non vi può essere somiglianza senza segnature, senza qualche segno che permetta di valutare identità e differenze fra le cose. Il mondo delle similitudini non è altro che il mondo dei segni, fondandosi il sapere analogico proprio sul rilevamento delle segnature. Il segno rimanda, indica qualcosa che non è in superficie e perciò permette di creare connessioni inattese; il sistema delle segnature ribalta la relazione fra visibile e invisibile, essendo la somiglianza la forma non visibile di ciò che rende le cose visibili, che per emergere dalla sua profonda invisibilità ha bisogno di una figura visibile. Si può dunque affermare che le somiglianze esigono sempre un segno, infatti nessuna di esse potrebbe essere notata se non fosse chiaramente contraddistinta: “(...) quale forma costituisce il segno nel suo singolare valore di segno? E’ la somiglianza. Esso significa nella misura in cui ha somiglianza con ciò che indica (cioè con una similitudine)”.207 La forma segnante e la forma da essa segnata sono simili e collaterali, ma ovviamente non identiche - per questo i vari tipi di similitudini sono molto diffusi e sono al tempo stesso quanto di più visibile e quanto di più occulto si possa conoscere.208 L’intuizione, importante, di Foucault è consistita nello svelamento dell’origine di una coincidenza fra ermeneutica e semiologia nel XVI secolo anche grazie al ruolo giocato dalle somiglianze nei processi di classificazione.

La ricomposizione del rapporto fra segni, significati e forme della similitudine permette di integrare nel discorso sull’analogia l’elemento di relazionalità fra questi concetti, il che chiarisce parzialmente anche la rilevanza che in questo lavoro è stata (e sarà) attribuita alla dimensione figurativa e

206 M. Foucault, Op.cit. (1966), p. 40. 207 M. Foucault, Op. cit. (1966), p. 43.

208 Vedremo più avanti perché questa rilevanza dei segni ritorni, e anche prepotentemente, come dispositivo a cavallo fra ermeneutica e semiologia, essendo la prima l’insieme delle pratiche che permettono di far parlare i segni e la seconda l’insieme delle tecniche che consentono di distinguere dove siano i segni.

158

rappresentativa del linguaggio giuridico che emerge attraverso le dinamiche operative dei componenti del campo analogico.

C’è un momento preciso in cui nella storia dell’episteme umana il ruolo della somiglianza slitta dalla dimensione della categorizzazione (in particolare durante il XVI secolo) a quella della rappresentazione: questo ruolo si espande, aumenta, e come spesso accade quando qualcosa inizia ad acquistare uno spazio d’azione molto ampio, si predispone a qualche sbilanciamento, tanto che ad esempio in letteratura (in particolare con Don Chisciotte) la somiglianza entra nell’epoca della pura immaginazione che sfocia nell’insensatezza. Il discorso sulle somiglianze allora si evolve intorno allo scarto fra il pazzo e il poeta; il pazzo è l’uomo che vede ovunque delle somiglianze, che ne spinge all’eccesso la rilevanza e si aliena letteralmente nelle analogie. Il poeta, dal canto suo, “al di sotto delle differenze nominate e quotidianamente previste, ritrova le parentele sepolte delle cose, le loro similitudini disperse”.209 Oltre i segni, e partendo da essi, si può afferrare un discorso celato (così restando nello spazio della creatività e non della follia); esagerando questo processo, si prendono le cose per ciò che non sono, si scambiano le persone, si tenta di smascherare la realtà perché ovunque si vedono maschere e finzioni, tanta è la foga di decifrazione dei segni. Come ha giustamente ritenuto Goethe, ogni esistente è analogo di tutti gli esistenti, e se l’analogia viene spinta all’estremo sembra tutto identico, mentre se viene esclusa del tutto dal pensiero si sfocia nell’infinito.210 Il poeta e l’interprete creativo fanno emergere (o meglio ri-emergere) la somiglianza fino ai segni superficiali che ad essa rimandano, mentre il folle attribuisce a tutti i segni una rilevanza estrema, ma sempre uguale, che finisce dunque per appiattirli nell’identità, che invece è l’inverso dell’analogia. Per questo l’ana- logica non è l’inverso della logica, ma una dimensione in cui essa esiste parallelamente all’intuizione, e proprio su questa parallela coesistenza si fonda la razionalità, che non sempre è identificabile con la logica.

Il rapporto fra segni e significati è il luogo in cui si gioca il passaggio dalla similitudine alla rappresentazione: segni e significati sono concetti

209 M. Foucault (1966), p. 64. 210

“Jedes Existierende ist ein Analogon alles Existierenden; daher erscheint uns das Dasein immer zu gleicher Zeit gesondert und verknüpft. Folgt man der Analogie zu sehr, so fällt alles identisch zusammen; meidet man sie, so zerstreut sich alles ins Unendliche. In beiden Fällen stagniert die Betrachtung, einmal als überlebendig, das andere Mal als getötet”, J.W. von Goethe, Maximen und Reflexionen (pubblicate

159

relazionali, il che come vedremo a breve con l’analisi dei casi viene provato anche dall’ermeneutica giuridica e in modo particolare dal fatto che un termine possa, nel tempo, corrispondere a molti e differenti designata, confermando il carattere spesso polisemico dei concetti giuridici, i quali, per essere inquadrati coerentemente nel campo analogico sono stati infatti definiti “analogici”, poiché contengono allo stesso tempo caratteri dell’univoco e altri dell’equivoco. Per comprendere il momento in cui si è aperta la strada alla rappresentazione nella storia del sapere umano bisogna interrogarsi sul momento negativo che per la similitudine ha rappresentato il pensiero razionalista: il pensiero classico esclude la somiglianza come esperienza fondamentale e forma principale di sapere, attaccando la sua matrice confusa e invocando un’analisi improntata su criteri di identità e differenza, ma soprattutto di misura e di ordine. Non viene escluso il confronto, né la commisurazione, ma questi meccanismi vengono piuttosto resi universali e vengono ad essi conferite una forma e una funzione più pure; non tutto è somiglianza, dunque, ma tutto deve essere riconducibile ad un’idea unitaria di ordine che possa ricomprendere i medesimi caratteri di razionalità. La misura è la procedura di ricomposizione delle parti con il tutto all’interno di un ordine: “il somigliante che era stato, per molto tempo, una categoria fondamentale del sapere - insieme forma e contenuto della conoscenza - viene ad essere dissociato all’interno di un’analisi fatta in termini di identità e differenza; inoltre, sia indirettamente per il tramite della misura, sia direttamente e quasi automaticamente, il confronto viene riferito all’ordine”.211

Nel quadro inclusivo dell’ordine, che racchiude in sé le parti e il tutto, il genere e le specie, l’attività centrale non è più quella di avvicinare le

Nel documento Ana-logica (pagine 151-162)