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Conoscere attraverso l’analogia: S Tommaso

Nel documento Ana-logica (pagine 89-95)

PARTE PRIMA

CAPITOLO SECONDO

4. Conoscere attraverso l’analogia: S Tommaso

Aristotele, è noto, ha usato principalmente il pensiero analogico in metafisica, per qualificare un tipo di unità fra esseri che non appartegono né allo stesso genere né alla stessa specie, e in logica per catalogare termini e concetti che non sono predicati né univocamente, né equivocamente.105 Precisando la dottrina aristotelica, Tommaso fa dell’analogia il dispositivo che gli permette di risolvere alcuni problemi fondamentali di teoria della conoscenza, di logica, di metafisica e di teologia, nel tentativo di salvaguardare il bisogno di difendere le creature da un lato e il valore della conoscenza dall’altro, senza rischiare di scivolare nelle ingenuità provocate da un estremo realismo o da un nominalismo senza aperture. Più preoccupato a farne uso che a descriverla, forse già consapevole dell’impossibilità di definire il tema, Tommaso si preoccupa di contestualizzarla in logica ed in metafisica, e lo fa concedendosi di usare in alternativa ad “analogia” più di un’espressione:

proportio, habitudo, similitudo, communitas, convenientia, praedicatio secundum prius et posterius. In logica, l’analogia è definita in contrasto rispetto ad equivocità ed

univocità; in metafisica, essa è definita sempre in contrasto (il che conferma la scivolosità semantica del concetto, che riesce ad essere definito più facilmente in negativo) all’unità generica e specifica, essendo un vincolo che mette in relazione enti che non appartengono allo stesso genere o alla stessa specie, pur avendo qualche aspetto comune:

“A una cosa si può attribuire l’unità non solo secondo il numero, la specie o il genere,

ma anche secondo una certa analogia o proporzione, e questa è l’unità o comunanza esistente tra la creatura e Dio.”106

negli individui. Preso nella sua totalità, il linguaggio è multiforme ed eteroclito; a cavallo di parecchi campi, nello stesso tempo fisico, fisiologico, psichico, esso appartiene anche al dominio individuale e al dominio sociale; non si lascia classificare in alcuna categoria di fatti umani, poiché non si sa come enucleare la sua unità. [...] Separando la lingua dalla parole, si separa a un sol tempo: 1. ciò che è sociale da ciò che è individuale; 2. ciò che è essenziale da ciò che è più o meno accidentale.

105 B. Mondin, Dizionario enciclopedico del pensiero di San Tommaso d’Aquino, Bologna, 1991, p. 33 ss.

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In metafisica l’analogia è la dinamica per cui gli enti arrivano a partecipare della perfezione divina, che è unica e li accomuna, ed è in definitiva la partecipazione alla perfezione dell’essere.107 Tommaso stesso parla, in diversi punti del suo lavoro, di molteplici classificazioni del modello analogico.108 Sono due i principali testi di riferimento per la ricostruzione della dottrina tomistica dell’analogia. Nel Commento alle Sentenze Tommaso parla esplicitamente di tre tipi di analogia: una meramente logica (secundum

intentionem tantum et non secundum esse) e per questa cita l’esempio

dell’attributo ‘sano’, quando predicato per l’orina, per la dieta e per l’animale; a fianco a questa vi è un’analogia meramente fisica o reale (secundum esse et non

secundum intentionem) e l’esempio riportato è quello del termine ‘corpo’ quando

è predicato delle cose materiali e dei corpi celesti; c’è infine un tipo di analogia che è sia logico sia reale (secundum intentionem et secundum esse), per definire il quale si richiama l’esempio del termine ‘essere’, quando esso è predicato della sostanza e dell’accidente. L’altro testo di riferimento per la dottrina tomistica è il Commento all’Etica (I, lect. 7, nn. 95-96), in cui Tommaso, dopo aver affermato che lo stesso termine può essere predicato di molte cose secondo rationes che non sono del tutto differenti, ma che hanno qualche aspetto di contatto, aggiunge anche che “talvolta esse convengono nel fatto che si riferiscono a un unico principio (ad unum principium), come quando cose differenti sono dette ‘militari’ (...). Talvolta nel fatto che si riferiscono a uno stesso fine (ad unum

finem) come quando la medicina è detta ‘sana’ (...). Talvolta secondo le diverse

proporzioni a uno stesso soggetto (secundum diversas proportiones ad unum

subiectum), come quando la qualità è detta “essere”, perché è una disposizione

dell’essere, e la quantità è detta ‘essere’, perché ne é la sua misura, e simili. Infine secondo una stessa proporzione a diversi soggetti (secundum proportionem

ad diversa subiecta), ad esempio la vista, che rispetto al corpo è nella stessa

proporzione dell’intelletto rispetto all’anima”. I primi due casi in questo

107 B. Mondin, ibidem, p. 33.

108 Diversi interpreti ne hanno, a loro volta, dato versioni non coincidenti, per cui diventa opportuno (meglio, necessario) tenere a mente la teoria a cui si fa riferimento quando si parla delle dottrine medievali sull’analogia e delle interpretazioni moderne e contemporanee delle stesse. Alcuni autori, come McIrnery, riducono i tipi di analogia a due (attribuzione e proporzionalità), altri (Gaetano) a tre - ineguaglianza, attribuzione e proporzionalità; altri ancora preferiscono distinguere quattro tipi di analogia (attribuzione intrinseca, attribuzione estrinseca, proporzionalità propria e proporzionalità metaforica, come Suarez). C’è persino chi, come il Klubertanz, è arrivato a distinguere ben dodici tipi diversi di analogia.

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passaggio corrispondono alla cosiddetta analogia di attribuzione, gli ultimi due all’analogia di proporzionalità.109 Si ha attribuzione se la predicazione è fatta secondo una relazione di priorità e dipendenza (secundum prius et posterius), appartenendo la perfezione in tal caso all’analogato principale (ciò che la logica contemporanea ha tradotto con “source”, in opposizione a “target”), mentre negli analogati secondari può essere o non essere presente, a seconda dei casi. Nel caso in cui l’attributo di perfezione sia presente in tutti gli analogati (come la bontà quando è detta di Dio, degli angeli, della Madonna, etc.), si ha attribuzione intrinseca - poiché l’attributo è naturalmente già presente nei diversi soggetti; al contrario, nel caso in cui l’attributo sia presente soltanto nell’analogato principale (source), si tratta di attribuzione estrinseca. L’analogia di proporzionalità segue invece una logica differente, verificandosi quando un termine viene usato per vari soggetti, ma in proporzione alla misura che conviene alla situazione, essendo dunque proporzionata ai singoli soggetti secondo misure differenti. Ad esempio, l’idea di “vita” si può dire sia dell’uomo, sia del cane, sia dell’elefante, sia di Dio, ma sempre proporzionatamente al loro diverso grado di essere e alle loro caratteristiche distintive, e non invece allo stesso modo; questo esempio raffigura quella che è stata descritta come proporzionalità propria: la perfezione che viene predicata è infatti presente in tutti i soggetti. Nel caso di applicazione del termine ‘cane’ all’animale, alla costellazione e ad un fucile, si avrebbe invece la cosiddetta proporzionalità metaforica. Una delle maggiori dispute fra gli studiosi di San Tommaso riguarda proprio la ripartizione fra attribuzione e proporzione; alcuni, come il Caetano, hanno ritenuto che Tommaso abbia preferito l’uso della analogia di attribuzione per parlare di Dio, giudicando funzionale soltanto la proporzionalità propria.110

Secondo questa tesi quando si dice che “Dio è buono” si intende dire che la bontà sta a Dio come la bontà sta all’uomo, essendo quella umana l’unica bontà che noi possiamo realmente conoscere. Molti altri studiosi, in contrasto con Caetano, hanno ritenuto che, nella spiegazione del significato del linguaggio teologico, San Tommaso si richiami

109 All’interno di questa coppia dicotomica, formata da attribuzione e proporzione, sono stati distinti tradizionalmente quattro tipi di analogia: attribuzione intrinseca ed estrinseca, e

proporzionalità propria e metaforica.

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poche volte alla proporzionalità, preferendo l’analogia secundum prius et

posterius, che è quella di attribuzione.

Nel tentativo di applicare queste categorie al diritto, risulta evidente la loro compresenza all’interno del discorso giuridico, nel quale è tanto presente l’analogia di attribuzione quanto quella di proporzionalità; la prima si avvicina a quella modalità di predicazione analogica di cui si è anticipato nel capitolo introduttivo, per cui arriva a poter dire qualcosa di (prae-dicere) un un oggetto nuovo in relazione ad uno già noto (che è la dinamica secundum prius et

posterius, di cui vedremo molti esempi nei casi di law and technology). D’altro

canto, l’analogia di proporzionalità corrisponderebbe in questo parallelo al giudizio analogico, il quale avendo il proprio fondamento nei concetti analogici, si struttura proprio sulla identità di relazioni (proporzione), e mai sull’identità pura e semplice. Per questa ragione, la dicotomia attribuzione-proporzionalità è molto utile ad ampliare il campo ana-logico, che oltre ai quattro principali referenti (concetto, giudizio, argomento e predicazione) si apre così anche a differenziazioni interne (come appunto attribuzione-proporzionalità).

A questo punto è il caso di mettere in relazione quanto si è detto finora della teoria tomistica dell’analogia con il fondamento logico della stessa. Va detto anzitutto che l’analogia (sia essa di attribuzione o di proporzionalità) si fonda su un rapporto di causalità, il quale comporta qualche somiglianza fra causa e causato, cioè tra causa ed effetto, secondo il principio spesso ribadito da Tommaso dell’“omne agens agit simile sibi” (ogni agente produce qualcosa che è simile a se stesso). Pur ammettendo che la causalità sia sempre presente e sempre rilevante, si deve anche riconoscere che nessun effetto può essere immagine adeguata della sua causa, sia quando la causa è Dio, sia quando è una creatura semplice: Dio ha infatti solo un potere finito di imitare l’infinita perfezione della causa, non potendola mai replicare, mentre la creatura non può produrre un effetto simile a sé in quanto nessuna creatura è la causa totale del suo effetto. Il principio “omne agens agit simile sibi” sta solo a significare che c’è una qualche somiglianza tra causa ed effetto, com’è confermato da questo passaggio del De Potentia di San Tommaso: “la forma dell’effetto è nell’agente naturale in quanto l’agente produce un effetto di natura simile, dal momento che ogni agente produce qualcosa di simile a sé (omne agens agit aliquid simile

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perfetta somiglianza con l’agente, in quanto proporzionato al potere dell’agente, allora la forma dell’agente è nell’effetto allo stesso grado; ciò avviene negli agenti univoci, per esempio il fuoco genera il fuoco. b) Quando tuttavia l’effetto non è perfettamente simile all’agente, non essendo proporzionato al potere dell’agente, allora la forma dell’effetto non è nell’agente allo stesso grado ma in grado superiore: questo è il caso degli agenti equivoci, per esempio il sole genera il fuoco”.111

Andando oltre al fondamento logico dell’analogia tomistica, è opportuno riflettere qualche istante sullo statuto gnoseologico che viene riservato da San Tommaso a questo procedimento; a tal proposito, si tratta soprattutto di stabilire se esistono concetti analogici, distinti dai concetti univoci ed equivoci, o se si possano dire analoghe soltanto le relazioni fra le cose, ma non i concetti in se stessi. Alcuni studiosi tomisti hanno negato che possano esistere concetti analoghi in assoluto: tutti i concetti sarebbero univoci o equivoci, e in tal senso l’analogia viene riconosciuta solo come categoria metafisica ma mai come categoria logica. Eppure S. Tommaso nel Commento alle Sentenze parla apertamente di termini e concetti analoghi sia secundum intentionem sia

secundum esse - ma “analogo secundum intentionem” vuol dire proprio analogo

nella dimensione logica, e quindi anche concettualmente oltre che nella realtà. Per cui si può ben ritenere che San Tommaso abbia applicato l’analogia sia alla metafisica che alla logica. Il che è massimamente evidente nella scelta dei nomi, come si è visto. I nomi che possono essere applicati sia a Dio che alle creature corrispondono ad un carattere ulteriore della conoscenza umana; essi sono infatti, come si è detto, né interamente univoci, né interamente equivoci. Il termine analogo, prima di poter essere applicato a Dio, necessita in realtà di un passaggio ulteriore in cui diviene adattabile a qualcosa che è in qualche modo uguale, ma al tempo stesso diverso, dalle creature. Esattamente questo è il punto: il termine deve essere “raffinato” prima di essere usato nella predicazione che riguarda Dio, e questo passaggio intermedio è quello che costituisce la formazione di un significato ulteriore, che tende verso il significato primario, ma anche verso una nuova, possibile, accezione. L’esempio classico che si riporta per questo è il termine “saggio”. Sia Dio che gli uomini

111 S. Tommaso d’Aquino, Quaestiones disputatae de Potentia Dei, Firenze, Nardini (1991), q. 7, a. 1, ad. 8.

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possono essere detti “saggi”. In che senso Dio è “saggio”? In un modo diverso dagli uomini? La sua saggezza contiene dei caratteri che non sono propri della saggezza degli uomini? Di certo, Dio non può essere detto “saggio” allo stesso modo in cui Socrate può essere detto “saggio”. La differenza nella modalità di predicazione che Tommaso vuole sottolineare consiste nel fatto che, nel caso di Dio, “saggio” non indica una mera proprietà incidentale, come accade per la predicazione “ordinaria” (che non ricorda Dio). Quando diciamo che Dio è saggio, diciamo anche che Dio è la saggezza. In questo senso, predicare una caratteristica di Dio significa negare alcuni aspetti di quella caratteristica, quando viene predicata delle creature mortali. E’ la stessa operazione, ma diversa. Uguale e diversa. Analoga.

4.1 Analogia fidei e analogia entis

Dopo Tommaso e i suoi interpreti, la questione della analogia è diventata un denominatore comune di tutta la neoscolastica, collocandosi all’incontro fra metafisica, apologetica, teologia naturale e logica. L’ipertrofia semantica generata dall’uso incondizionato del pensiero, del discorso e del sapere analogici dapprima in filosofia e poi in teologia hanno provocato la reazione della teologia protestante, la quale, guidata da Karl Barth,112

ha polemizzato vivacemente e a lungo contro la dottrina tomistica dell’analogia, sviluppando l’idea di analogia fidei: solo la grazia di Dio condiziona la sua conoscenza. Si pensi infatti che Barth è arrivato persino a sostenere che “l’analogia è un’invenzione dell’Anticristo”, perché pretende di conoscere Dio al di fuori della rivelazione. L’analogia fidei è una conoscenza di Dio che non si basa sulle forze della ragione e non procede dalla creature per risalire a Dio, ma si basa sulla grazia di Dio e procede dalla rivelazione, essendo quindi profondamente irrazionale. L’espressione ‘analogia fidei’ ha origine verosimilmente biblica e, quando appare nel Nuovo Testamento, significa “concordanza con la fede”, nel senso in cui usa l’espressione San Paolo per esortare i carismatici a non esercitare il carisma in modo illimitato e facendone abuso fanaticamente. Poiché il carisma va esercitato in modo proprio, la sua pratica deve essere misurata secondo un criterio che è quello della Scrittura, per cui analogico è in questo

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contesto il modo di misurare e di ponderare il modo di agire il carisma rispetto ad un modello (criterio), che è quello biblico.

Nel periodo patristico l’espressione ‘analogia fidei’ assume significati ulteriori: da un lato la concordanza fra Antico e Nuovo Testamento, dall’altro l’idea di regola della fede (regula fidei). In Tommaso questi due usi dell’espressione coincidevano, avendo egli stesso dichiarato che un testo sacro va sempre letto ed interpretato alla luce dell’intero progetto a cui attiene, per cui si avrà analogia “quando si fa vedere che la verità di un passo della Scrittura non è in contrasto con la verità di un altro passo” (I., q. 1, a. 10, ad 2). In contrasto alla analogia fidei si trova l’analogia entis, forma fondamentale del cristianesimo cattolico, la quale delinea una filosofia della religione, una risposta al protestantesimo, al pensiero moderno della soggettività e alla teologia trascendentale. Integrando la logica nella sua espressione più pura, con un uso tutto peculiare della dialettica, l’analogia mette in comunicazione una serie di contrari che aspettano soltanto di conoscere il loro superamento: l’analogia entis è l’espressione compiuta della polarità dell’esperienza filosofica occidentale moderna.113 Tutta la realtà è transitoria e provvisoria e risolve la sua completezza in Dio, grazie al superamento di tutte le contraddizioni.114

Nel documento Ana-logica (pagine 89-95)