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Connettere e includere

Nel documento Ana-logica (pagine 147-151)

PARTE PRIMA

CAPITOLO TERZO

5. Connettere e includere

Non vi può essere inclusione del caso specifico nell’universale senza che fra quest’ultimo livello e il particolare vi sia stata (o sia in genere possibile) una qualche forma di connessione. Nei paragrafi che precedono si è tentato di dare profondità storica al tema centrale del lavoro, al fine di renderne più agevole e più ricca la trattazione nelle prossime due sezioni, dedicate rispettivamente alle pratiche e modalità operative del campo analogico (parte II) e alla dimensione teoretica più complessa del campo stesso, che è interconnessa con la paradigmaticità (parte III). Per agevolare la comprensione delle dinamiche che legano i tre aspetti centrali del campo analogico, la sua storicità, la proporzione (insieme alla simmetria), e la paradigmaticità, è bene, a questo punto, mostrare come le categorie della connessione e dell’inclusione giochino un ruolo fondamentale all’interno del nostro discorso. Per rendere, seppur frammentariamente, un’impressione della rilevanza dei meccanismi inclusivi

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(ed esclusivi, naturalmente) necessari a spiegare il campo analogico, si pensi al rapporto fra inclusione e somiglianza, fra inclusione e convenzione (e dunque linguaggio), fra inclusione e capacità predicativa dell’analogia.185 Non è un caso che la presente riflessione intorno al rapporto fra connessione e inclusione, che leggeremo attraverso la chiave di altri rapporti, ovvero forma-contenuto e ontologia-semantica, si collochi proprio dopo la lungua digressione intorno a generalizzazione e metodologia giuridica contenuta nei paragrafi precedenti. Come anticipato, la dinamica - tipicamente ana-logica - di ricomprensione fra il particolare e l’universale si completa con l’inclusione reciproca dell’uno nella altro (tanto quanto di reciprocità si deve parlare a proposito del rapporto fra descrittività e prescrittività nel discorso giuridico) ma ha luogo perché esiste una (o più) connessioni fra questi due livelli.

Per includere, si deve trovare uno spazio di comparazione prima, e di compatibilità dopo, che permettano di valutare, ad esempio, se un modello argomentativo contenuto in un precedente possa essere applicato ad un caso nuovo: connessione e inclusione sono allora anche modi attraverso cui si può realizzare quell’omogenizzazione che abbiamo visto essere uno dei princìpi cardine del campo analogico. La premessa e la funzione dell’inclusione sono fondate su un punto di contatto, che può essere una caratteristica comune, una forma di prossimità, la relazionalità con un terzo che funziona da medio, l’appartenenza ad una medesima categoria (spesso questi elementi non si escludono l’un l’altro ma sono coesistenti). Con i meccanismi che si azionano attraverso il campo analogico, si verifica l’affermazione dell’antitesi e l’inclusione dell’escluso.186 Soltanto in questi meccanismi è possibile la valutazione di una compatibilità che è sempre il fondamento legittimante

185 Non soltanto, ma inclusivo è pure ogni processo di interpretazione (sia come comprensione che come spiegazione): ciononostante, in-cludere e com-prendere non vanno intesi in questo senso come sinonimi. L’inclusione è un meccanismo fondato sulla chiusura di un elemento all’interno di un discorso; la comprensione è piuttosto una questione di prospettiva, di osservazione. L’inclusione è un concetto che sta sul confine fra i processi di classificazione (che puntano a descrivere la completezza di un ordine) e non riguarda direttamente l’ermeneutica. Essa è, come già abbiamo anticipato, il luogo della comprensione, perché prima di tutto comprendere significa assumere punti di vista differenti, ragione per cui, appunto, la comprensione è meccanismo per eccellenza di mediazione linguistica. Sempre a proposito della relazione fra includere e comprendere, si deve aggiungere che includere è più vicino a spiegare che a comprendere; è tipico della spiegazione il mettersi da un punto di vista esterno. La comprensione è invece prima di tutto l’assunzione delle prospettive esterne alla propria, oltre alla propria: comprendere è prendere anche gli altri discorsi, valicando il confine del sé.

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l’inferenza analogica, ma è anche la premessa per la comprensione del concetto analogico e il primo passaggio per la predicazione e per il giudizio analogici. L’inclusione è la grammatica delle generalizzazioni tanto quanto del pensare analogicamente e del conoscere analogicamente, perché la possibilità che si viene ad aprire con l’inclusione è la cifra essenziale della relazionalità fra singolare ed universale, fra individuale ed omogeneo (rispetto ad un insieme), fra speciale e generale: inclusiva è, non a caso, ogni forma di dianoia in cui si articolano le coppie dicotomiche.187 Il senso aristotelico della dianoia intende la conoscenza come procedura discorsiva, che conduce ad apprendere per gradi: dioanoetico è anche il sapere che, attraverso connessioni e inclusioni, si costruisce attraverso i referenti del campo analogico, ed è un tipo di pensiero che sposta il focus sul contenuto ma non lo distingue in maniera definitiva dalla forma. L’ana-logica, al contrario della logica, è tipicamente dianoetica nel suo fondarsi su processi discorsivi in cui forme e contenuti possono coesistere (mentre la logica tende ad attribuire maggiore rilevanza alle forme).

L’opposizione dicotomica fra logica formale ed analogia può anche essere compresa con la contrapposizione fra semantica nominale e semantica proposizionale: come ha fatto notare Melandri, “la semantica proposizionale (il significato della proposizione intesa come totalità semplice, non-analizzabile e non-definibile) non coincide mai se non per accidens con la semantica nominale (il significato della parola intesa come nome o unità elementare di riferimento extra-linguistico). Tale incongruenza rende per lo più impossibile costruire il significato della proposizione - il Gedanke, per dirla con Frege - per semplice combinatoria dei significati delle parole che ne costituiscono l’enunciato [...]. Per converso è quasi altrettanto difficile trarre dalla connotazione

187 Fra i luoghi classici della dianoia, fra cui mi sento di includere, viste le premesse sviluppate finora, anche il discorso giuridico, va senz’altro nominata la percezione. Per ‘dianoia’, è bene ricordarlo, si intende quel meccanismo, già descritto da Platone ed Aristotele, che produce una conoscenza di tipo discorsivo; all’interno della discorsività si sviluppa la razionalità dianoetica, e non al di fuori di essa. Date alcune premesse, dati alcuni elementi di partenza, la conoscenza si forma dianoeticamente sviluppando le premesse per arrivare alle conclusioni. Per cui questo tipo di conoscenza è contrapposta a quella intuitiva, dove i passaggi intermedi e le discorsività in cui si mettono in relazione gli elementi contrapposti non sono necessarie. Tornando alla percezione come meccanismo in cui l’inclusione si manifesta, va detto che essa è un’operazione complessa, che generalmente si compone di due momenti, uno osservativo ed uno ermeneutico. Ad un primo livello si percepisce il mondo fenomenico in senso stretto, mentre ad un secondo livello viene percepito il mondo intellegibile o noumenico. Il problema della mediazione fra caratteri primari e caratteri secondari non è facilmente solubile sul piano fenomenico e rimangono incomprensibili anche le kantiane “analogie dell’esperienza”. Si veda a tal proposito E. Melandri, La linea e il circolo, Macerata, 2004, p. 272 ss.

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proposizionale del significato il riferimento preciso delle parole denotative - o ‘nomi’ - che compaiono nell’enuciato”. 188 Questo contrasto richiama la relazionalità fra un approccio metodologico che tenga conto soltanto del significato dei singoli elementi che compongono un ordine, e uno che tenga invece conto del singolo elemento nelle sue realzioni con il sistema di cui partecipa. Se da un lato la logica tende a prediligere un’analisi del singolo elemento (concetto, enunciato normativo) nella sua struttura e soprattutto nella sua forma, l’ana-logica tende piuttosto focalizzare l’attenzione sui modi in cui le forme stanno in relazione ai contenuti, per cui ogni discorso analogico (come lo è quello giuridico) deve fondarsi su una semantica proposizionale in cui al centro vi siano i costrutti teorici - poiché la semantica nominale, che come si è visto mette al centro il dato osservativo, non è sufficiente a spiegare la complessità delle relazioni che legano diritto e realtà.

Per comprendere il ruolo che l’ana-logica come vero e proprio metodo di approccio al diritto può ricoprire, si pensi anche al fatto che un’analisi esclusivamente ontologica (in cui ci si focalizzi sulle classificazioni in base alle forme) non è di certo adeguata ad un discorso come quello giuridico che vive sulle relazioni, e d’altra parte un’analisi meramente semantica (solo focalizzata sui contenuti) allo stesso modo sarebbe troppo povera rispetto al dato formalistico-ontologico che ricopre invece una funzione centrale per il diritto.189 Lo stesso vale tra l’altro in filosofia: “ogni ontologia presuppone una semantica. Se non lo fa, cade nell’insignificanza. Un’ontologia assoluta è impossibile per principio. Ma forse la critica è troppo chiara; nel senso che, se è vera, non si capisce più a cosa possa applicarsi”.190 L’ana-logica è la ricomprensione di semantica e ontologia, e realizza con questo rapporto un sapere di tipo dianoetico, nel senso di un sapere realizzato attraverso una forma di pensiero “tematico”, in cui non si dia priorità al dato formale o a quello contenutistico in

188 Melandri, ibidem, p.157.

189 Appare inoltre evidente che nel diritto sia inoltre centrale la mediazione simmetrica fra percezione ed astrattezza: da un punto di vista ermeneutico, è chiaro che ogni fenomeno è per principio sia primario che secondario. In un discorso come quello giuridico, che deve mediare fra realtà (descrizione, Sein) e normatività (Sollen) l’unico approccio possibile è quello che mantenga l’inclusione di coincidenza empirica e raddoppiamento trascendentale. La mediazione fra i due livelli è resa possibile dal fatto che il raddoppiamento empirico- trascendentale comporta un essenziale fattore analogico, oltre che simmetrico e dialettico. 190 E. Melandri, Op. cit., p. 291. Continua più avanti: “perciò l’ontologia concerne senza artificiose restrizioni la totalità del reale, quale ci è esibita dalle voci di un vocabolario universale” (p. 293).

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modo definitivo: la tematica deve essere intesa proprio nel senso aristotelico di “dianoia”, per cui è tematico un contenuto che fa pensare, il quale contenuto da origine ad una dianoesi, cioè a un pensiero che si articola di volta in volta secondi i requisiti del logos ci sui riferisce (nel nostro caso, di quello giuridico). Dunque: l’ana-logica è una forma di pensiero che serve ad approdare ad un sapere di natura discorsiva e non meramente formale, che tenga viva l’essenziale relazionalità fra contenuti e forme.

Nel documento Ana-logica (pagine 147-151)