PARTE SECONDA
CAPITOLO QUARTO
3. Principles, rules
Il rapporto fra particolare e generale è centrale per la comprensione del campo analogico. A questo punto del lavoro, si può quasi dare quest’affermazione per scontata. Ciononostante, una conferma ulteriore viene dal diritto dell’Unione Europea. Si è osservato, infatti, che l’assetto istituzionale dell’Unione Euoropea ha una natura “mista”, partecipando di taluni caratteri propri dei sistemi di Common law e di altri tipici dei sistemi di Civil law.259 Sebbene il ruolo del pensiero analogico sia centrale nella giurisprudenza europea, si nota come di fatto l’ambito applicativo dell’analogia nel contesto europeo risulta ridotto. Per lo meno, lo risulta nella misura in cui non si trovano spesso il termine ‘analogia’ o ‘ragionamento analogico’ nei testi delle sentenze, il che va con ogni probabilità attribuito ad un generale atteggiamento di diffidenza della Corte Europea di Giustizia nei confronti dell’analogia, vista la necessità che ciascun atto normativo sia giustificato in base alla competenza attribuita dai Trattati. Eppure, il concetto, la forma di predicazione e il giudizio analogici, tanto quanto il ragionamento per analogia, sono presenti anche nella giurisprudenza europea, come vedremo a breve anche grazie alla descrizione di alcuni casi paradigmatici. Valutare se trattare in modo simile situazioni simili o in modo differente casi differenti, valutare il tipo di somiglianze e stabilire se esse siano o meno rilevanti, comparare decisioni precedenti con casi attuali, generalizzare un tema per vedere quali casi possano essere inclusi in esso: tutti questi sono meccanismi che rientrano nel campo analogico come è stato finora descritto in questo lavoro. Il fatto che il giudice ricorra esplicitamente all’analogia, diventa in questo senso un aspetto certamente importante, ma non essenziale. Anzi, il discorso giuridico come emerge nelle operazioni degli organismi decisionali europei è rilevante in modo del tutto peculiare, considerato che la natura mista corrisponde ad una grammatica più complessa da gestire, nella quale la combinazione di approcci e tradizioni differenti risultano non sempre agevoli, ma proprio per questo ancora più interessanti da studiare, poiché su diversi livelli di disomogeneità il campo analogico lavora in modo ancora più pregnante. Proprio tenendo a mente il campo in quanto filtro
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per la comprensione del sistema giuridico europeo, sarà anche possibile rilevare che esistono elementi di continuità fra i due principali approcci (quello per regole e quello per principi).
Nella giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia, come anticipato, l’argomento per analogia vede intersecarsi lo schema tipico con cui viene usato in Common law con quello tipico applicato ai sistemi di Civil law. Vediamo anzittutto, brevemente, in cosa differiscono questi due modelli in rapporto all’uso del dispositivo analogico, e in cosa invece convergono.
L’uso dell’analogia ha radici differenti in sistemi differenti. Nell’ordinamento europeo, le modalità attraverso cui l’argomento per analogia è mostrano una combinazione di approcci molto diversi.260 In effetti, la costituzione di un sistema giuridico transnazionale ha condotto alla fusione (vedremo meglio se si tratti realmente di una “fusione”, o se piuttosto sia più appropriato parlare di una “integrazione”), sotto alcuni aspetti, fra elementi tipici di sistemi giuridici differenti. In via di principio, se un giudice di Common
law e uno di Civil law usano la parola ‘analogia’ si riferiscono a metodi
leggermente differenti per argomentare la decisione di una sentenza. Se questo è indubbio da un lato, dall’altro lato è anche vero che dietro questa apparente disomogeneità si cela una tendenziale uniformità nel cuore centrale di operatività dello strumento analogico. La situazione “standard” in Civil law è la seguente: un giudice trova una lacuna nelle fonti normative, verifica che non vi sia alcun impedimento normativo al ricorso all’analogia, e stabilisce una somiglianza fra il nuovo caso e un caso simile già regolato dalla legge. Applica al nuovo caso, per inferenza analogica, la regola stabilita per il vecchio caso. La linea “standard” in Common law è invece: qui l’analogia serve anzitutto a estendere la ratio decidendi di un precedente a una nuova situazione di fatto. Qui dunque gli elementi della comparazione sono un precedente e un nuovo caso; tramite la tecnica del distinguishing si valutano concretamente identità e differenze dei due casi, per sostenere infine se l’argomentazione di una certa linea di precedenti è in effetti rilevante per la decisione presente, oppure no.
260 Per un quadro dettagliato dell’uso dell’argomento analogico nel diritto europeo, Katja Langenbucher, Argument by analogy in European Law, Cambridge Law Journal, 57(3) 1998, pp. 481- 521.
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Cercando di schematizzare, potremmo dire che in Civil law si procede secondo la linea norma-caso-norma, mentre in Common law si segue il tracciato
caso-norma-caso. Quest’ultimo meccanismo è stato talora interpretato in modo
così rigido da giustificare l’idea che una legge nei sistemi di Common law non può introdurre nuovi principi giuridici, ma solo regole, per cui un’analogia con una legge sarebbe illegittima: dato che non si può presumere come un legislatore avrebbe deciso il caso omesso, analogizzare con una legge implicherebbe supporre qualcosa che non è stato disposto dal legislatore. Questo tipo di rifiuto di applicazione dell’analogia anche a partire da norme di legge è in verità piuttosto relativo. Si è infatti cercato di integrare il metodo dello stare decisis con la presenza di uno scheletro normativo ormai consistente, tanto che sembra molto forte la reciprocità con i sistemi contintentali, in cui il sistema è costituto da regole e principi, in conformità con una struttura di regole emanate dal legislatore che è interpretata, sviluppata o estesa dal potere giudiziario.
Questa descrizione delle divergenze è funzionale ad esaminare la possibilità logica di uno sfondo comune fra le due tradizioni, che implica quindi pure una dimensione di omogeneità nell’uso del pensiero analogico in tutto il quadro della giurisprudenza europea (con il focus sulla Corte Europea di Giustizia). I due modelli, certo, divergono. Essi sono, d’altronde, il riflesso di due tradizioni divergenti. Eppure, un forte elemento di continuità è evidente: in entrambi i modelli, si tratta di ricostruire uno spazio terzo in cui le differenze siano ricomprese. In termini filosoficamente più esatti, si tratta di stabilire lo spazio dell’inclusione delle differenze. I due sistemi riproducono infatti uno schema triadico, in cui due elementi assimilabili (due norme, o due casi) hanno nel terzo la spiegazione del loro accostamento. In un quadro frammentato come quello europeo, lo sguardo deve essere più ampio: se l’obiettivo è la ricerca di uno sfondo comune in nome dell’obiettivo dell’uniformità di trattamento delle situazioni (simili in modo simile, differenti in modo differente), la valutazione sull’equi-valenza dei sistemi è decisiva, per questo diventa importante focalizzarsi sul ruolo del campo analogico più che sulla struttura dei due tipi di argomentazione cosiderati singolarmente. Se si assume il campo, nella sua interezza, come prospettiva (dunque includendo concetto, predicazione, argomento e giudizio analogici, e non limitando lo sguardo al solo
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ragionamento), la ragione comune emerge certo con più vigore. In linea di principio, non c’è dunque differenza fra l’uso dell’analogia nei due principali sistemi giuridici esistenti.261 C’è un terreno comune su cui queste due declinazioni si misurano, ma il cuore segreto è il medesimo: una somiglianza che giustifica l’inferenza analogica.
Viste queste premesse, si può ancora rilevare che il campo analogico assume principalmente due forme nella giurisprudenza europea: l’argomento basato su principi e l’argomento basato su regole. Le regole sono applicate in un dato caso, oppure non lo sono (come ha detto Dworkin per le regole vale il “tutto o niente”). I principi, invece, corrispondono logicamente ad una forma di generalizzazione (su cui già molto è stato detto nella prima parte). Scopo di un principio è promuovere un determinato aspetto del discorso giuridico, che può corrispondere ad un valore, ad un interesse, un fine. Vediamo ora nel dettaglio alcuni esempi che servono a mostrare il quadro finora solo teoricamente descritto.
Generalmente, la Corte Europea di Giustizia (da qui in avanti, anche “ECJ”) non si considera vincolata dai precedenti nelle sue decisioni. Ciò non significa che essa non guardi alle altre decisioni e non decida i casi secondo una giurisprudenza costante. Piuttosto, la Corte non segue un precedente se ritiene che non sia stato deciso correttamente. Si può dunque affermare che il ragionamento per analogia non è usato per l’applicazione di precedenti a casi nuovi esattamente come in common law. Le Corti seguono spesso i precedenti, e la Corte Europea di Giustizia non fa eccezione; in ogni caso, si potrebbe parlare di dottrina dello stare decisis solo nel caso in cui una Corte è obbligata a seguire un precedente in quanto esso costituisce una fonte del diritto. Al contrario, la ECJ è libera di non seguire i precedenti e non ha in proposito alcuna limitazione262
. Questa libertà di giudizio può essere meglio compresa sulla base della forte influenza della giurisprudenza continentale, nell’ambito della quale le leggi scritte sono la fonte per eccellenza e i precedenti hanno soltanto un peso persuasivo ed argomentativo263
. La nascita di una Corte Europea di prima
261 Cfr. K. Lagenbucher, ibidem.
262 Advocate General Lagrange in Da Costa v. Nederlandse Belastingadministratie, Cases 28, 29 & 30/6 [1963].
263 Varrebbe la pena soffermarsi su una questione: è davvero distante la “mera” argomentazione dalla struttura di un ragionamento giuridico?
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istanza non ha riaperto il problema dello stare decisis, sebbene la CEPI sia tenuta a seguire le decisioni della ECJ. Infatti, la CEPI può non considerare un precedente al fine di indurre la ECJ all’overruling su una precedente decisione.
Si prenda ad esempio il caso di una corte nazionale di ultima istanza, la quale, secondo il dettato dell’art.177 paragrafo III del Trattato UE, è tenuta a fare riferimento alla giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia nelle proprie decisioni (nello specifico, si fa riferimento al noto caso Francovich v.
Italy, che ha stabilito che gli stati membri dell’UE possono essere chiamati a
risarcire i singoli individui che hanno sofferto per la mancata trasposizione di una direttiva europea nell’ordinamento nazionale). Nel caso in cui tale Corte si trovi a dover stabilire se accettare oppure no la richiesta di un ricorrente, relativa alla presunta responsabilità dello Stato in base al caso Francovich,264 essa ha una doppia alternativa. Potrebbe accettare che il caso Francovich costituisca la corretta interpretazione del diritto comunitario, e dichiarare di conseguenza la responsabilità dello Stato. Se la Corte, infatti, decidesse il caso in linea con la giurisprudenza della ECJ, sarebbe esente- in base alla dottrina dell’acte clair (definizione di “acte clair”: “the idea that there is no need to refer a point of law,
which is reasonably clear and free from doubt, to the European Court of Justice”), dalla
necessità di dare alcun riferimento normativo o giurisprudenziale. Una tale esenzione sarebbe necessaria dal momento che la ECJ si troverebbe a ripetere le proprie decisioni all’infinito, anche nel caso in cui la corte nazionale si fosse dichiarata pronta ad accettarle. In alternativa, la corte nazionale potrebbe ritenere il caso Francovich come rappresentativo di una linea ermeneutica non esatta; in tal caso, la Corte non sarebbe dunque vincolata da alcuna giurisprudenza (per lo meno non lo sarebbe nel senso in cui lo sarebbe una corte di common law). Piuttosto, e ciò rappresenta un carattere tipico del diritto europeo, potrebbe fare un riferimento all’art. 177 Trattato UE ed indurre la ECJ a modificare il proprio indirizzo giurisprudenziale. Questo equilibrio lascia spazio alla discrezionalità del giudice nazionale in merito alla lettura del caso come davvero stabilita dalla Corte Europea; ciò viene acuito fino in fondo dalla dottrina, citata prima, del cosiddetto acte clair. Nella circostanza in cui questa dottrina sia applicabile, non solo la corte nazionale potrebbe astenersi dal
reference for a preliminary ruling (procedimento previsto dall’art. 234 Trattato
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UE), quando c’è un precedente sul punto, ma può farlo anche quando un testo legislativo è tanto chiaro nella espressione da non necessitare di alcun speculazione ulteriore265.
La ECJ ha fatto invece espressamente ricorso all’argomento per analogia nel caso Union Française de Céreales.266
Vediamo brevemente perché. Un’impresa che esportava beni dalla Germania al Regno Unito chiedeva alla Germania il pagamento a titolo di “accession compensatory amount” (“quota ulteriore di compensazione”). Nel periodo in cui il caso si verificò, tali pagamenti venivano effettuati a favore delle imprese che esportavano da un Paese membro da lungo tempo ad un Paese di nuova annessione. In questa fase di transizione il nuovo Paese membro poteva così mantenere i prezzi dei prodotti agricoli a un livello molto competitivo rispetto ai prezzi ordinari dei vecchi Paesi membri. L’aspetto rilevante del caso fu che le autorità tedesche rifiutarono il pagamento del “accession compensatory amount” sulla base del fatto che la nave che trasportava i beni era affondata e, dunque, non poteva provare d’aver effettivamente trasportato i beni nel nuovo Paese membro di destinazione, ciò che era richiesto dall’articolo 5 paragrafo 2 del Regolamento N. 269/73 - ai fini del recepimento del compenso ulteriore. Nel testo del Regolamento non si faceva alcun riferimento a disposizioni sulla forza maggiore. In questa zona di dubbio è stato utilizzato l’elemento analogico. Si decise nel senso dell’applicazione di un’altra norma, l’articolo 6 del Regolamento N. 192/75. Tale norma fu esplicitamente applicata in via analogica e dunque il pagamento in compensazione venne effettuato. Cerchiamo ora di osservare da vicino i passaggi logici che hanno portato all’utilizzo dello strumento analogico nel caso. Posizioni molto
265 Hartely, European Community law, 3rd edition (London 1994). Per ciò che riguarda invece le restrizioni vedere C.I.L.F.I.T. , Case 283/81, [1982], Rasmussen, The European acte clair’s strategy
in C.I.L.F.I.T. (1984). Vedere anche su questo sito l’intero caso e tutta la giurisprudenza europea
precedente e successiva sul problema della interpretazione del precedent: http://www.ena.lu. 266 Union Française de Céreales vs. Hauptzollamt Hamburg- Jonas, case 6/78, [1978] E.C.R. 1675; altri casi in cui si fece espressamente ricorso all’argomento per analogia: Giorgio Bernardi, Case 48/70, [1970] E.C.R. I 175; Brouwer- Cane, Case 180/78, [1979] E.C.R. II 2111; Carmen Mancuso, Case 140/73, [1973] E.C.R. II 1449; Antonio Gigante, Case 31/71, [1973] E.C.R. II 1353; Klensch, Case 201 & 202/85, [1986], E.C.R. 3477; Krohn, Case, 165/84, [1985] E.C.R. 3997; Milac GmbH, Case 38/76, [1976] E.C.R. II 1639; Giovanni Naselli, Case 83/77, [1978] E.C.R. I 683; Oehlman, Case 73/69, [1970] E.C.R. I 467; Reich, Case 64/74, [1975] E.C.R. I 261; cf. inoltre Anweiler, Die
Auslegungsmethoden des Gerichtshofs des Europäischen Gemeinschaften, pp. 309- 333; Bengoetxea, The Legal Reasoning of the European Court of Justice- towards a European jurisprudence (Oxford
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consolidate in dottrina, in particolare nella dottrina tedesca,267 descrivono la struttura e il procedimento che porta all’uso del ragionamento analogico sempre a partire dalla esistenza - evidente - di una lacuna nel diritto. La mia tesi è che questo rappresenti senza dubbio un presupposto, ma che concorra insieme ad ulteriori e più complessi aspetti, per cui ogni volta che entra in azione il dispositivo analogico si è in presenza di quadro di cause rilevanti nel discorso giuridico che vanno oltre la mera esistenza di una lacuna nell’ordinamento. Questo quadro è stato definito campo analogico. Soprattutto, dallo studio degli usi e delle modalità operative della analogia nel diritto e negli ordinamenti giuridici contemporanei, emerge quanto l’ingresso di questo strumento nella argomentazione di un caso porti sempre con sé i segni del sistema giuridico in cui lavora, con “segni” intendendosi i lati meno evidenti, le tracce di contesti precedenti e di rationes che vanno ben al di là della materia da decidere. In altri termini, l’analogia si rivela in quanto sonda potente che mette in chiaro, talvolta in modo indiretto, gli equilibri di un intero sistema giuridico, poiché ne comprende, di fatto, i concetti più fondativi: decisione, interpretazione, referenza, significati, intenzione e ratio legis. Il caso in esame è emblematico a proposito. In Union Française de Céreales, il primo passaggio verso il riconoscimento di un’analogia con l’articolo 6 del Regolamento N. 192/75 è stato la affermazione di una mancanza di una norma in una materia determinata. Il giudice si espresse in questi termini: “there is an omission in
regulation N. 269/73”. La ECJ analizzò i paragrafi rilevanti del Regolamento e
concluse che non vi era stata, nel legislatore, la volontà di non regolare la fattispecie in questione. Confermò, più semplicemente, l’esistenza di una lacuna non prevista dal legislatore per una specifica ragione. Inoltre la Corte studiò attentamente il contenuto complessivo della disposizione normativa, obiettivo della quale pareva essere - più di ogni altro - quello di facilitare i transiti commerciali verso i nuovi Stati membri. Quest’obiettivo non sarebbe senz’altro stato realizzato se un esportatore avesse dovuto sostenere una perdita per ragioni di forza maggiore. La Corte sottolineò che il caso non era stato escluso dalle linee guida del Regolamento ma, più semplicemente, omesso. Per cui, la possibilità del caso presente è stata recuperata fra quelle temporaneamente escluse, ma non definitivamente eliminate. Peraltro, non vi erano restrizioni
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costituzionali all’uso dell’analogia in quella materia, per cui la Corte procedette rilevando una vicinanza rilevante fra l’articolo 6 del Regolamento 192/75 e i fatti del caso in esame. Il giudice si espresse in questi termini: “numerous
parallels, which exist between the detailed rules for the application of exports refunds, on the one hand, and of accession compensatory amounts on the other”. L’applicazione
analogica del regolamento al caso non previsto arrivava dunque come risultato di una serie di passaggi: osservazione della portata semantica dei concetti, estendibilità di un tema a nuovi predicati, valutazione comparativa fra dimensioni disomogenee, assimilazione. Tradotto in termini di questi: vi è un
lacuna? Se esiste una lacuna, il legislatore l’ha prevista come tale oppure si tratta di una mera omissione? Vi sono in questo caso restrizioni previste dal testo costituzionale che impedirebbero l’applicazione analogica di una norma alla fattispecie in oggetto?
Oltre a queste successive riflessioni di natura logico-argomentativa, filologica e semantica, l’ulteriore riflessione della ECJ consistette in uno studio a più ampio spettro del contenuto del testo normativo che non prevedeva il caso della forza maggiore comparato con quello che invece conteneva una specifica previsione in proposito. In definitiva, l’argomento decisivo si condensò sul piano degli obiettivi dei Regolamenti. Nel caso del regolamento che prevedeva una copertura delle spese nel caso di eventi causati da forza maggiore, la funzione della norma era quella di assicurare il mantenimento di un livello dei prezzi di esportazione simile a quello dei quelli comunitari, in modo tale da evitare una posizione competitivamente sfavorevole ai Paesi membri rispetto a quella dei Paesi terzi. Il regolamento 269/73 avrebbe dunque messo in una condizione sfavorevole gli esportatori dei Paesi già membri rispetto ai venditori non comunitari. Il livello in cui la somiglianza si è evidenziata è però esterno, almeno apparentemente, tanto ad un Regolamento tanto quanto all’altro. Il
tertium comparationis, il vertice unificatore dei due Regolamenti era, come spesso
accade per il diritto Europeo e non solo, un principio generale, in particolare noto come “principle of Community preference” (di cui viene accettata la seguente definizione: “Member states will consider requests for admission to their territories for
the purpose of employment only where vacancies in a Member State cannot be filled by National and Community Manpower or by non- Community manpower resident on a permanent basis in the Member state and already forming part of that Member State’s regular labour market”). Nella ricostruzione di un discorso generale è resa
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possibile l’omogeneizzazione delle differenze (homos è d’altronde opposto a
isos, richiamando una valutazione comparativa fra contesti non identici).
Le argomentazioni per analogia nella loro forma nota come “principle-
based” legano, a livello europeo come negli ordinamenti di Common law, casi
nuovi con precedenti decisioni. La Corte Europea di Giustizia, in genere, non fa