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Analogie e differenze tra cinema e letteratura

CINEMA E LETTERATURA: HÉLAS POUR MO

4.1 Analogie e differenze tra cinema e letteratura

La relazione tra cinema e letteratura si fonda su due presupposti di tipo oggettivo: il primo riguarda gli elementi in comune tra il film e il romanzo; il secondo il loro legame in quanto possono essere collegati da alcuni fenomeni, che sono funzionali all'uno ma rientrano nella zona dell'altro.338

Analizzeremo ora brevemente i due punti sopra esposti, cercando di dare un quadro completo che si possa integrare con le successive teorie.

Per quanto concerne gli elementi in comune tra le due arti, essi possono suddividersi in:

storia. Sia il romanzo che il film raccontano una storia che viene individuata

secondo una successione di eventi che si verificano al loro interno;

personaggi. La storia prosegue in base ad una serie di azioni svolte da

determinati personaggi;

dialoghi. Ogni film possiede una componente verbale, che può assumere diverse

forme, come il dialogo parlato o quello diretto con lo spettatore, che va oltre la diegesi (voice over screen). Quest'ultimo è associabile al discorso indiretto in campo letterario;

didascalie, cartelli, sottotitoli. Nel cinema muto la storia era accompagnata da

scritte, ossia inserzioni letterarie all'interno di una narrazione per immagini. Queste sono le didascalie, le quali sono sovrimpresse direttamente nell'inquadratura o a volte sono disposte su cartelli, che interrompono il flusso delle immagini in movimento. Anche nei film sonori questi due elementi non scompaiono completamente, molto spesso esse sono utilizzate per comunicare informazioni rilevanti per il racconto filmico, ad esempio tra i casi più classici vi sono quelle che avvertono un passaggio temporale o di un luogo. Jean-Luc Godard ha usato frequentemente il cartello, soprattutto nei film degli anni Sessanta, per fornire un commento ideologico, tramite degli slogan, alle

immagini. Il sottotitolo, invece, ha la funzione di tradurre in lettere il dialogo che si svolge in una lingua che lo spettatore non conosce.

Ogni testo filmico, come ogni testo letterario, può essere analizzato separando i piani dell'espressione e del contenuto. Il significante (espressione), ovvero la forma che rinvia ad un contenuto, può essere ricondotto alla breve elencazione fatta in precedenza. Dall'analisi del significato (contenuto), invece, si è compreso che film e libro possono esprimere qualcosa di molto simile, nonostante la disparità tra i due mezzi espressivi, al punto da indurre gli spettatori ad associarli e la critica a compararli.

Confrontando letteratura e cinema alcuni studiosi di semiotica, capeggiati da Algirdas-Julien Greimas, hanno individuato attraverso il concetto di isotopia la relazione che unisce le due arti: essi parlano di linee di coerenza testuale, che collegano un film ad un libro a partire dalla somiglianza tra le componenti del contenuto.

Algirdas-Julien Greimas339 individua tre categorie che uniscono un libro ad un

film:

isotopie tematiche. Sono le tematiche principali di cui si occupano allo stesso

modo sia il romanzo che il film;

isotopie figurative. Sono i dati oggettivi in cui questi temi sono rappresentati; ad

esempio l'identità dei personaggi, le loro azioni, le coordinate spaziali e temporali in cui il racconto si svolge. Questi fattori possono subire delle modifiche nel processo di traduzione dal testo scritto alle immagini filmiche, dal numero e dalla dimensione di tali modifiche si può perciò intuire la distanza tra i due;

isotopie patemiche. Si tratta dei cambiamenti emotivi e caratteriali che i

personaggi subiscono nel corso del racconto.

Tuttavia ciò che sembra apparentemente scontato in entrambe le elencazioni è un elemento forte e comune, che unisce la letteratura al cinema fin dalle sue origini: ovvero la narrativa, il raccontare una storia. È la stessa materia di cui è fatto il cinema,

339 Des Dieux et des hommes: études de mythologie lithuanienne, P.U.F., Paris 1985; qui citato in Manzoli Giacomo, Cinema e letteratura, Carrocci, Roma 2003, pp.77-79.

l'immagine in movimento, ad imporre un confronto inevitabile con la narrazione. Semplicemente con l'atto di proiezione, il cinema già racconta, in quanto compie le regole che la teoria della narrazione richiede al racconto letterario, ovvero esporre una trasformazione da uno stato iniziale a uno finale.

L'elemento storia è quindi il medesimo per entrambi i linguaggi, è la tecnica usata per cambiare, in quanto parole e immagini sono una serie di segni, i quali appartengono a sistemi diversi, che tuttavia si assomigliano. Questo è ciò che sostiene Keith Cohen: «entro ciascuno di tali sistemi ci sono molti diversi codici (percettuale, referenziale, simbolico). Ciò che rende possibile, quindi, uno studio delle relazioni fra due separati sistemi di segni, come il romanzo e il film, è il fatto che negli stessi codici possono riapparire in più di un sistema. Nel momento in cui elementi visuali e verbali sono visti come parti di un sistema globale di significati, le affinità fra le due arti sono messe a fuoco»340. Se in comune vi è quindi l'intenzione di comunicare una storia, diversi sono

gli strumenti con cui cinema e letteratura possono trasmetterla con la conseguenza che anche la materia dell'espressione, ovvero l'insieme di quelle tecniche formali utilizzate per comunicare la storia, cambi.

Allo stesso modo anche Antonio Costa dimostra in Immagine di un'immagine341

come lettura e visione siano implicate in vari snodi della storia culturale del XX secolo: entrare nel profondo di un'opera significa saper “vedere racconti” e “leggere immagini”, vuol dire essere in grado di comprendere le ragioni della convivenza dei due linguaggi; si possono vedere racconti nel momento in cui si comprendono le varie forme del visivo sul narrativo letterario e, allo stesso modo, si leggono immagini quando si traducono le immagini-inquadrature in un enunciato narrativo.

Le differenze tra cinema e letteratura si fondono principalmente sulla distinzione tra la parola e per l'appunto l'immagine, che fanno del cinema e della letteratura due mezzi espressivi diversi. Allo stesso tempo, è da questa sostanziale differenza che i due mezzi si sono potuti avvicinare: il cinema, “racconto per immagini”, necessita della capacità sintetica della parola per esprimere concetti astratti, mentre la letteratura ha bisogno di creare e di comporre per immagini e sfrutta così la loro peculiarità oggettiva. «Ne derivano diverse possibilità nella rappresentazione dello spazio per cinema e

340 Cohen Keith, Cinema e narrativa. Le dinamiche di scambio, Eri, Torino 1982, p.17. 341 Costa Antonio, Immagine di un'immagine. Cinema e letteratura, Utet, Torino 1993.

letteratura: il primo offre raffigurazioni iconico-analogiche della realtà, la seconda propone simboli astratti che evocano una realtà che dev'essere ricostruita e immaginata dal lettore»342.

Le differenze tra il mezzo cinematografico e quello letterario si basano sulla modalità di enunciazione di una storia, che cambia in base allo strumento espressivo adottato: la parola o l'immagine.

«L'immagine cinematografica offre una sintesi immediata dello spazio rappresentato attraverso la rappresentazione simultanea di tutti gli elementi che la compongono, l'immagine letteraria invece può presentare una sintesi differita del suo contenuto, poiché essa dispone in successione gli elementi elencandoli uno ad uno»343.

Tale concetto venne espresso dal teorico, del Nouveau Roman344, Jean Ricardou nel

saggio Plume et caméra (1967), in cui ritiene che la sintesi immediata dell'immagine cinematografica sia tale in quanto non vi è alcuna costrizione per la varietà degli oggetti impressionati, mentre la descrizione letteraria si snoda tra la precisione e la lunghezza, che quel determinato oggetto reclama e tale descrizione si basa sull'elencazione dei differenti aspetti di suddetto elemento345.

Lo spazio e il tempo del discorso346 nei due mezzi si differenziano in base al

linguaggio scritto o alle immagini. «Il racconto cinematografico racconta lo spazio e il tempo attraverso uno spazio ed un tempo che si offrono direttamente alla percezione, i quali si vedono e durano in una concretezza, che è sconosciuta al racconto letterario»347.

È possibile distinguere il tempo di un film in tre forme, le quali lo differenziano dal tempo letterario: vi è il tempo narrativo, ovvero il tempo del discorso; vi è poi quello diegetico, il tempo della storia narrata; infine vi è il tempo di ricezione, che lo spettatore impiega per la visione del film. I primi due tempi vengono identificati anche in letteratura, mentre il terzo appare profondamente diverso: difatti per il linguaggio

342 Brandi Paolo, Parole in movimento: l'influenza del cinema sulla letteratura, Cadmo, Fiesole 2007, p.149.

343 Brandi Paolo, Parole in movimento: l'influenza del cinema sulla letteratura, Cadmo, Fiesole 2007, p.150.

344 La corrente letteraria francese verrà trattata nel paragrafo 4.3.

345 Ricardou Jean, Plume et caméra (1967), il testo è citato in italiano in Brandi P., op.cit., p.151. 346 Il tempo del discorso si riferisce all'ordine in cui vengono raccontati gli eventi. Si differenzia dal

tempo della storia in quanto questa racconta gli eventi in ordine cronologico.

347 Citato in Brandi Paolo, Parole in movimento: l'influenza del cinema sulla letteratura, Cadmo, Fiesole 2007, p.195.

cinematografico, il tempo narrativo coincide con quello di ricezione dello spettatore; mentre il tempo della narrativa letteraria corrisponde a qualcosa di indefinito in quanto il tempo di lettura è soggettivo e non dipende da nessuna influenza determinata dal medium348.

Trova validità anche il discorso speculare per cui l'evoluzione dello spazio filmico può manifestarsi solo attraverso la dimensione temporale e solo mediante lo sviluppo di momento per momento, che apporta mutamenti alla forma spaziale349. Keith Cohen

sostiene questa teoria e aggiunge: «lo spazio e il tempo del film si sintetizzano l'uno con l'altro, […] ognuno viene percepito non più separatamente ma nei termini dell'altro»350.

Perciò ogni segmento spazio-temporale del film rappresenta un tempo che è sempre presente; invece in letteratura il sistema di rappresentazione spazio-temporale si basa sull'organizzazione di tempi verbali e di forme linguistiche che consentono l'indicazione dei tempi della narrazione. Una collocazione della narrazione cinematografica nel passato o nel futuro può avvenire solamente attraverso una precedente contestualizzazione delle immagini, mentre in quella letteraria lo spostamento nel tempo avviene tramite date e tempi verbali che situano il personaggio, quindi anche il lettore, in un determinato momento.

4.2 Le teorie

Dalla breve trattazione precedente si può intuire quanto sia ampia e complessa la tematica del rapporto tra cinema e letteratura, la scelta di approfondire determinati temi a discapito di altri è dettata dal tentativo di dare una serie di informazioni generiche, che preparino ad introdurre la seconda parte del capitolo dedicato a Jean-Luc Godard.

Finora abbiamo analizzato la relazione tra cinema e letteratura a partire dal legame fra un sistema espressivo basato sulle immagini e uno basato sulla parola: in quanto entrambi i sistemi sono narrativi essi trovano un punto di contatto nello scopo

348 Secondo Brandi Paolo, op.cit., pp.195-196: il romanzo può essere letto a più riprese e in momenti diversi, mentre al cinema il film è visto in un unico momento e in un periodo di tempo che segue la sua lunghezza.

349 Secondo Brandi Paolo, Parole in movimento: l'influenza del cinema sulla letteratura, Cadmo, Fiesole 2007, p.197.

comune di raccontare delle storie. Anche per la relazione teorica351 tra i due mezzi la

trattazione verterà sul legame tra immagine e parola; inoltre parleremo del linguaggio cinematografico e di quello letterario senza però addentrarci troppo nel campo della semiotica352.

«Punto di riferimento imprescindibile per la comprensione delle espressioni letteraria e cinematografica, dei relativi rapporti e della comune propensione al racconto è il percorso compiuto dalla cultura sovietica nei primi decenni del Novecento, nell'obiettivo di individuare gli elementi in comune tra il linguaggio verbale articolato sulla parola e quello cinematografico costituito dall'immagine e dall'organizzazione delle inquadrature»353.

Sia il cinema che la letteratura possiedono la facoltà di esprimere idee e concetti astratti legati all'ambito dell'indivisibile, nonostante entrambi comunichino tramite mezzi visibili. Questa capacità fu ben presto chiara agli esponenti del formalismo russo354, Yurij Tynjanov, Viktor Šklovskij e Boris Ejchenbaum, i quali estesero i loro

studi sulla natura e struttura del linguaggio letterario al mezzo cinematografico, grazie anche all'apporto, in quegli anni, dei cineasti Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, Vsevolod Pudovkin e Dziga Vertov che furono a loro volta grandi teorici influenzati dal formalismo.

All'origine di queste teorie vi sono gli esperimenti del cineasta Lev Kulešov, maestro degli appena citati registi, il quale era riuscito a dimostrare la capacità intrinseca del cinema di esprimere concetti astratti tramite la tecnica del montaggio355.

L'effetto Kulešov, fenomeno cognitivo del montaggio cinematografico, è la

351 I testi di riferimento per la trattazione sono: Brandi Paolo, Parole in movimento: l'influenza del

cinema sulla letteratura, Cadmo, Fiesole, 2007; Manzoli Giacomo, Cinema e letteratura, Carrocci,

Roma 2003; Battisti Chiara, La traduzione filmica: il romanzo e la sua trasposizione

cinematografica, Ombre Corte, Verona 2008.

352 La semiotica è una disciplina che studia i segni e la loro significazione. Quella del cinema è una disciplina molto vasta che raccoglie a sé numerose correnti di pensiero e di studio: la teoria del linguaggio di Metz (analisi testuale del film) o il concetto di “significante immaginario” di Lacan (studio sugli effetti provocati allo spettatore), o infine l'enunciazione. Non è di nostro interesse per la suddetta trattazione indagare i diversi studi della semiotica del cinema, il paragrafo perciò prenderà in analisi alcune teorie che vertono sul rapporto tra cinema e letteratura, nelle quali molto spesso, la semiotica è il campo comune tra le due arti.

353 Brandi Paolo, Parole in movimento: l'influenza del cinema sulla letteratura, Cadmo, Fiesole 2007, p. 129;

354 Movimento critico nato intorno al 1915 (concluso circa nel 1928) per contrastare il criticismo letterario tradizionale che si basava sull'indagare l'aspetto puramente formale dell'opera letteraria. 355 Secondo Manzoli Giacomo, Cinema e letteratura, Carrocci, Roma 2003, p.47.

dimostrazione di come un'inquadratura possa tramettere sensazioni diverse in base alle inquadrature che la precedono o la seguono. Ad esempio, se viene prima mostrato un volto deperito e successivamente si mostra una tavola imbandita, ciò che le due inquadrature esprimono è una condizione psicofisica “astratta”, ovvero la fame. Perciò la giustapposizione consecutiva di immagini porta lo spettatore a creare una relazione tra queste, che lo condurrà ad una riflessione sulla relazione narrativa tra gli eventi appena mostrati.

Con questo metodo, Ėjzenštejn nel film Oktjabr (Ottobre, 1928) indicò le ragioni dell'ateismo di stampo marxista, associando le immagini delle chiese e dei simboli della religione cristiana ortodossa a quelli di emblemi di altre religioni, nel tentativo di veicolare il messaggio marxista della “religione come oppio dei popoli”356.

Le riflessioni teoriche sul cinema del critico formalista Boris Ejchenbaum prendono avvio dal concetto di metafora cinematografica rispetto a quella letteraria: egli sostiene che la metafora filmica sia la realizzazione visiva di quella verbale e viceversa, perciò la prima viene colta in quanto essa è traducibile in parole, mentre quella letteraria è traducibile in immagini. Pertanto i due linguaggi possono essere identificati come equivalenti; tuttavia la diversa natura degli elementi linguistici delle due espressioni produce effetti e contenuti che non possono essere comparati: «la metafora visiva non è mai tradotta perfettamente in parole e quella verbale non è mai automaticamente traducibile in immagini»357. Dunque quella visiva si modella sia in corrispondenza

dell'autore, sia nella comprensione dello spettatore e si basa su una metafora verbale, dalla quale dipende: «La metafora cinematografica è possibile soltanto a condizione che essa poggi sulla metafora verbale. Lo spettatore può intenderla soltanto nel caso che la sua riserva mentale comprenda una corrispondente espressione metaforica»358. Perciò, la

parola necessita di trovare un'analogia nell'immagine per riconvertirsi in forma verbale. Gli studi di Ejchenbaum si concentrano poi sulle categorie di poesia e di prosa in ambito cinematografico e verbale: il critico riteneva che la poesia, sia nel testo scritto che nel cinema, non possa essere ottenuta con la semplice riproduzione di oggetti intrinsecamente poetici, ma essa è il risultato di precise scelte stilistiche (nel cinema

356 Citato in Manzoli Giacomo, Cinema e letteratura, Carrocci, Roma 2003, p.48. 357 Manzoli Giacomo, Cinema e letteratura, Carrocci, Roma 2003, p.49.

sono l'inquadratura, l'illuminazione o il montaggio), che hanno una conseguenza sul risultato semantico.

Anche Viktor Šklovskij359 sostiene la medesima tesi, ritenendo inoltre che il

confine tra poesia e prosa sia molto labile tanto in letteratura quanto nel cinema; talvolta la semantica è sacrificata per l'estetica o viceversa. Egli sostiene che la poesia non agisca come la prosa sul piano semantico, ma «su quello puramente compositivo, al punto che la grandezza compositiva risulti funzionalmente pari a quella semantica. La differenza fondamentale tra la poesia e la prosa risiede forse nel carattere più geometrico dei procedimenti, nel fatto che un'intera serie di soluzioni semantiche fortuite è sostituita da una soluzione puramente geometrica formale»360 inoltre «esiste

un cinema prosastico e uno poetico […] e ciò che distingue uno dall'altro non è il ritmo o non soltanto il ritmo bensì il prevalere dei momenti tecnico-formali nel cinema poetico in confronto a quelli semantici»361.

Lo scrittore e cineasta Pier Paolo Pasolini, nel 1965, prosegue questo tema aperto dai formalisti russi in uno scritto dedicato al Cinema di poesia, nel quale pone una distinzione tra il cinema di prosa (associato ai film di John Ford o di Charlie Chaplin, registi che, secondo Pasolini, si sottomettono al racconto seguendo le regole del racconto filmico) e il cinema poetico (eretto su un linguaggio metaforico in quanto creatura dell'immaginazione). Secondo il famoso regista, la lingua della poesia irrompe nel linguaggio della prosa attraverso il concetto letterario del “discorso libero indiretto”, interpretato dal letterato come un espediente con cui lo scrittore si mimetizza in un personaggio. Pasolini allora cerca di capire come attuare una tecnica simile anche nel cinema e associa al termine letterario quello cinematografico di “soggettiva libera indiretta”. Il poeta giunge però alla conclusione che nel cinema non esistono strumenti in grado di esprimere direttamente colui che le pronuncia; il regista può solamente ricorrere a procedimenti stilistici che siano in grado di portare ad un effetto simile, come le inquadrature stilizzate, le posizioni della cinepresa, la messa a fuoco e

359 Nel 1917 pubblicò il saggio-manifesto del formalismo russo L'arte come artificio, nel quale elaborò la teoria dello straniamento come esperienza centrale dell'opera artistica: un procedimento che si basa sul rendere la visione deformata rendendola estranea alla propria natura.

360 Šklovskij Viktor, La poesia e la prosa nel cinema, in Kraiski G. (a cura di), I formalisti russi nel

cinema, Garzanti, Milano 1987, pp.148-149.

361 Šklovskij Viktor, La poesia e la prosa nel cinema, in Kraiski Giorgio (a cura di), I formalisti russi nel

l'illuminazione, in grado di sottolineare l'individualismo del personaggio senza essere delle soggettive.

Tornando indietro nel tempo, l'analisi dei rapporti tra le varie arti trova riscontro negli anni Trenta nelle ricerche compiute dal critico letterario e semiologo Jan Mukařovský, il quale esamina il ruolo di ogni espressione artistica e le interferenze che ne definiscono i rapporti e pone la sua particolare attenzione sulle analogie tra il mezzo filmico e quello letterario. Presupponendo che il cinema detenga numerosi legami con la letteratura (l'epica e la lirica) ma anche con il dramma, la pittura, la musica e che con ognuna di esse abbia in comune con il cinema alcuni mezzi formali, Mukařovský afferma che i legami più stretti siano quelli con la letteratura, in quanto il film si trova tra l'epica e il dramma, poiché esse sono arti tematiche, come lo è il cinema stesso: «L'affinità permette la facile trasposizione del tema dall'una all'altra arte; inoltre ciascuna di queste tre arti può facilmente influire sulle altre due: agli inizi del suo processo per esempio il cinema subì l'influenza dell'epica e del dramma, ora questo rapporto sembra essersi invertito»362. Mukařovský sostiene che l'affinità tra il cinema,

l'epica e il dramma rende possibile un legame che permette di far emergere le concordanze tra le tre arti e, allo stesso tempo, di trarre delle conclusioni generali sulle influenze tra esse.