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CINEMA E PITTURA: PASSION

2.4 Godard pittore

2.5.4 Scénario du film Passion

La nascita della sceneggiatura Godard la racconterà a film concluso con il video

Scénario du film “Passion” (1982), realizzato subito dopo la fine delle riprese per conto

della Televisione della Svizzera Romanda. Godard racconta e ci spiega come guardare il suo film, seguendo cioè i rapporti tra i materiali del cinema, le luci, i gesti, i suoni e gli attori. Il testo di Scénario du film “Passion” si basa sulle infinite possibilità di svolgimento della storia di Passion mostrando come lo scenario, cioè il soggetto e la sceneggiatura del film, sia divenuto realizzabile nel film. Partendo da una situazione che richiama il senso dell'oblio, la spiaggia bianca, e la memoria, cioè il mare. Lo scenario coincide con questa incisione sulla memoria e il film ne è il compimento.

Scénario du film “Passion” si apre in un ambiente intimo e poco illuminato di

uno studio-video, nel quale si staglia uno schermo bianco, dove successivamente verranno proiettate alcune scene del film Passion. In controluce appare la sagoma di Jean-Luc Godard con i capelli arruffati; poco dopo il regista si volta, saluta “amici e nemici”, e inizia ad argomentare introducendo il tema della trasmissione: tratterà di una sceneggiatura che ha voluto prima vedere e poi scrivere. «Perché prima si vede il mondo e poi lo si scrive: Godard afferma che la scrittura è stata inventata dai mercanti e la sceneggiatura dai contabili. Prima di Madame Bovary ci sono stati i conti della spesa

181 Farassino Alberto, Jean-Luc Godard, Il Castoro, Milano 2007, p.180. 182 Ivi.

[…] e prima degli sceneggiatori c'è stato Sennett, che non ne aveva bisogno […] la sceneggiatura è creare una possibilità»183. Questa espressione ricorda, in qualche modo,

un'altra frase affermata da Jerzy nel film Passion: «le storie bisogna viverle, prima di inventarle». La scrittura di cui parla Godard in Scénario è forse riconducibile al senso di ricerca di una storia di Passion, personalmente l'ho colta come una sorta di giustificazione che Godard offre a Jerzy nel rifiutarsi di trovare una storia, una narrativa, al suo film.

Il video continua e sempre di spalle contro lo schermo bianco, Godard agita le braccia e si muove creando delle sagome, ricorda la pagina bianca di Mallarmé «è tutta bianca e non ci sono tracce di niente […] la scrittura può essere poi una poesia di Rimbaud o una cartolina con baci da Marsiglia o ancora, una frase di Ti amo, Ti amo; ma prima di tutto bisogna vedere»184. Mentre afferma questo, Godard mima il gesto

dello scrivere sullo schermo bianco (Fig.15), come se esso rappresentasse un foglio di carta e il regista il mezzo con cui trasmettere le parole. Continua: «La pagina bianca è come il mare, ma bisogna inventare le onde (vagues), i movimenti. I movimenti sono i personaggi (appare sullo schermo Hanna che corre) il film può essere una tempesta, che va e viene...»185.

Il discorso viene momentaneamente interrotto per aprire un'altra argomentazione: «Gli speaker della televisione invece parlano con le immagini alle spalle (viene mostrato un telecronista). Alla tv non si vedono le immagini, ma sono le stesse immagini che ci vedono, da dietro, e che ce lo mettono nel didietro […]. Vedere è un lavoro. Il film dovrà dunque far vedere il lavoro (nello schermo si trasmettono immagini di Isabelle, successivamente Godard seduto sulla sedia davanti allo schermo si alzerà per rivolgere all'immagine di Isabelle un bacio). Il bianco è la purezza […] e Isabelle sarà una pura e dura»186.

Sullo schermo compaiono alcune riprese di una riunione della troupe durante la lavorazione del film: Godard racconta le sue difficoltà nel lavorare con gli attori, in quanto non riescono ad immaginare i loro personaggi a partire da un quadro (sullo

183 Farassino Alberto, Jean-Luc Godard, Il Castoro, Milano 2007, p.180. 184 Farassino Alberto, op.cit., p.180.

185 Farassino Alberto, op.cit., p.180. 186 Farassino A., op.cit., p.180.

schermo appare un Tintoretto per poi dissolversi in un immagine di Isabelle) o da una musica (si sente il Requiem di Mozart).

Dopo questa digressione, la storia della nascita del film Passion continua: «Qualcuno arriva. L'azione comincia. Come nei film americani (vengono trasmesse le immagini di Jerzy in auto) arriva a cercare lavoro in una specie di superproduzione, un po' come ad Hollywood. Nessuno conosce chi è o da dove viene. È uno straniero, un esule, come lo sono io nel cinema mondiale. […] Léo Ferré canta e recita la poesia di Villon, Frères humains: ma se Jerzy è un fratello sarà non un attore ma un regista»187.

Godard cerca di abbracciarlo, sullo schermo.

Continua il regista: «Vedere una sceneggiatura è un lavoro particolare. Bisogna fare ricerche, inchieste. Spielberg non fa inchieste nel cosmo per i suoi film»188. Godard

le ha fatte le inchieste, in fabbrica, scoprendo che i gesti del lavoro assomigliano a quelli dell'amore. «Gesti, movimenti, amore: ci sarà un movimento di sciopero, ci sarà dell'amore»189. Scorrono nello schermo altre scene del film, tra cui alcune che non

furono mai utilizzate.

Cita poi Malraux: «l'arte è come un incendio, nasce da ciò che brucia»190, mentre

Godard si accende un sigaro. Parla poi di Delacroix e dei suoi fiori per passare poi a parlare del concerto di Dvorák. Il regista continua con una serie di associazioni, di musiche, immagini e parole facendo nascere da questi accostamenti storie e significati.

Nel finale, ritroviamo Godard sempre di fronte allo schermo bianco che allarga con forza le braccia come se lo stesse abbracciando e mentre la musica sale, inizia ad elencare tutto ciò che ha trovato: «ed ecco la luce ed ecco i soldati, ecco i padroni ed ecco i bambini, ecco la luce, ed ecco la gioia, ed ecco la guerra, ecco la notte, ecco la vergine, ecco la grazia, ecco la luce […] ecco l'avventura ed ecco la finzione, ecco il documentario ed ecco il movimento, ecco l'immagine ed ecco il suono, ed ecco il cinema, ecco il cinema, ecco il cinema...»191, per chiudersi con la scena dell'aereo che

sale in cielo.

187 Farassino A., op.cit., p.181. 188 Farassino A., op.cit., p.181. 189 Farassino A., op.cit., p.181.

190 La frase è tratta da Scénario du film Passion (traduzione mia). 191 Farassino A., op.cit., p.181.

Analizziamo per un momento la funzione del testo di Passion: essa è sia centripeta che centrifuga insieme, ovvero il testo richiede di essere interpretato sia in base ai legami che si stabiliscono tra i materiali, sia nella proiezione di ogni materiale verso le rispettive serie culturali da cui derivano. Il testo porta lo spettatore ad interrogare il posto di Rembrandt, di Goya o Delacroix nella storia dell'arte e mantiene questo “gioco” per tutta la durata del film. Per esempio, in una scena uno dei personaggi guarda un libro con una bambina e afferma: «è Delacroix che ha detto tutto ciò. Ha cominciato col dipingere dei guerrieri, poi dei santi, di li è passato agli amanti e poi alle tigri e alla fine della sua vita ha finito col dipingere dei fiori»192; questo è un chiaro

rinvio al di fuori del testo, poiché c'è un rimando a Delacroix in quanto pittore del sublime e della luce. Questo è un esempio della funzione centrifuga dei materiali nel film, lo spettatore è perciò costretto a proiettare all'esterno del film stesso i materiali per riuscire a dare un senso al film.

Questa funzione centrifuga e centripeta dei materiali trattate nel film Passion, vengono riprese e si fondono perfettamente in Scénario du film “Passion”, dove Godard di spalle commenta le immagini dei film mostrati; «in questi commenti domina il principio dell'associazione delle parole secondo un'analogia di suoni, che stabilisce a sua volta analogie sul piano dei significati»193. Per esempio, in una scena del video-film

scorrono le immagini di Michel, cui le operaie tentano di impedire l'ingresso nella fabbrica, che grida: «Andate, al lavoro! Voi, non avete niente da fare qui!», poi riferendosi a Isabelle afferma: «Io vi ho ben avuta in ogni caso!». A questo punto Godard enuncia: «Io ti amo, tu mi ami, quando mi ami, quando mi amerai, ti ho ben avuta, avere, il padrone... ha un avere, avere qualcosa in banca, avere qualcosa a che vedere con qualcuno, non lasciarsi avere, il padrone ha una moglie, la moglie non vuole lasciarsi avere»194. Queste associazioni richiamano i temi del film, il nesso tra amore e

lavoro e quello tra amore e proprietà. Questi temi vengono riproposti da Godard tramite associazioni mentali secondo un movimento che coincide con il medesimo del film, ovvero associare immagini e suoni tra loro. Inoltre la scelta della voce off appare come

192 Dialogo del film Passion (1982).

193 De Vincenti Giorgio, Il concetto di modernità nel cinema, Lampi di Stampa, Milano, 2000, p.119. 194 Citato in De Vincenti Giorgio, Il concetto di modernità nel cinema, Lampi di Stampa, Milano, 2000,

l'opzione che è in grado di esprimere al meglio le associazioni su cui Passion è basato, essa assolve la funzione di commento dei materiali culturali depositati nella nostra cultura e per questa via introdotti nel film, secondo un criterio che viene enunciato esplicitamente nell'opera.

Questo ci rimanda al tema e all'elaborazione del montaggio di Ejzenštejn, per dare vita ad un accostamento tra i due registi che sottolinei l'integrazione della tradizione del cinema di montaggio con le svolte del cinema moderno195. Questa “realtà” che lo

caratterizza non riguarda solo la realtà fenomenica, ma anche quella costituita dai materiali culturali su cui il cinema lavora; su questo lavoro a partire dai materiali culturali esistenti ritroviamo le connessioni tra Godard e Ejzenštejn. Nel caso di

Passion, questi materiali culturali si incanalano in un unico tema: quello della

narrazione. Il modello del film-saggio, descritto in precedenza da De Vincenti, si presenta così come un modello che esibisce un'operazione critica svolta su materiali preesistenti; questo processo è in stretto contatto con il concetto di attrazione di Ejzenštejn. Per entrambi i casi «si tratta di isolare un elemento di una serie culturale rispetto alla serie stessa, allo scopo di renderlo produttivo rispetto a nuove possibili significazioni [...] l'operazione di straniamento è solo il processo iniziale per l'inserimento in un contesto nuovo, dove l'elemento colto da altre serie possa stabilire nuovi rapporti significanti»196. Ma la differenza del cinema moderno dalla esperienza

ejzenštejniana si incontra nel caso di Godard nella prevalenza dell'aspetto centrifugo, ovvero l'apertura del testo, il rinvio esplicito ad altro da sé, aprendo il cinema alle altre serie e questo diviene per il regista il vero oggetto di straniamento. Se nel modello ejzenštejniano la ricerca si incentra su un unico testo, nel cinema moderno e in quello di Godard questo corrisponde ad un movimento duplice, un'oscillazione tra il testo al suo esterno e viceversa. Ejzenštejn e Godard si interrogano entrambi sul senso e sui processi della significazione cinematografica e non solo, ma nel nostro autore questa potrebbe anche non esserci ed è tale il tema principale di Passion: l'interrogativo sulla possibilità di raccontare storie.

195 Il cinema moderno è nato in opposizione al montaggio classico hollywoodiano per ricercare una sorta di indipendenza dei materiali “reali” rispetto alle strutture drammatiche e a quelle narrative. Qui cit. in De Vincenti Giorgio, op.cit. p.120.