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CINEMA E MUSICA: PRÉNOM CARMEN

3.3 Cinema e musica: una visione storica 1 Cinema muto

3.3.2 Avanguardie storiche

L'apporto della musica alla produzione cinematografica, nel periodo delle avanguardie artistiche del primo Novecento, ha sensibilmente contribuito allo sviluppo del linguaggio filmico sia dal punto di vista tecnico che estetico. Pittori, artisti, poeti si accostarono al cinema nel tentativo di utilizzare una tecnica che permettesse loro il superamento della staticità della pittura e delle arti visive, interessandosi anche delle peculiarità proprie della musica. Questo interesse ha permesso alla musica di passare da elemento di accompagnamento a struttura di riferimento, divenendo un linguaggio in grado di offrire elementi teorici e pratici per la composizione ritmica del film, elemento su cui verte la concentrazione degli artisti di questi anni. Essi compresero immediatamente come lo sviluppo dinamico delle forme e dei colori richiamasse il supporto cadenzato di ritmi, tempi e battute della musica. Da questo nacquero tentativi di creare vere e proprie “partiture filmiche” e divenne comune l'uso spregiudicato di termini musicali per identificare i loro esperimenti cinematografici, tra cui “sinfonia”, “orchestra”, “ritmo”, “melodia”, “opera”, “tema”, “variazione”, “balletto”, “studio”.

Dividere in periodi la storia del cinema non appare così facile, come la suddivisione del passaggio tra muto e sonoro, che è labile e poco definita. Ovviamente, anche quando si parla di musica da film è poco chiara la linea di demarcazione tra la prima e la seconda metà del Novecento. Cercheremo ora di suddividere la storia della musica da film nel cinema muto a partire dagli esperimenti cinematografici, che si inseriscono nelle cosiddette avanguardie storiche, le quali sono state analizzate anche nel capitolo precedente in riferimento alla pittura. Approfondiremo il rapporto stabilitosi tra queste opere e la musica, quest'ultima intesa, come avvenne per le arti figurative, come supporto per le sperimentazioni sul mezzo filmico. Approderemo poi al cinema sonoro, il quale verrà suddiviso geograficamente, in quanto le esperienze mutuate nei diversi Paesi non permettono, a mio avviso, una suddivisione per generi o correnti come nel periodo storico precedente.

3.3.3 Futurismo

Della corrente futurista è doveroso ricordare l'apporto di due artisti-cineasti che hanno sperimentato il mezzo musicale in pittura e nel cinema. Questi sono i fratelli Arnaldo Ginna e Bruno Corra, i quali hanno lasciato delle testimonianze dei loro progetti nel saggio Musica cromatica inserito nel volume a noi pervenuto, Il pastore, il

gregge e la zampogna (1912)245.

Il testo ci illustra il primo significativo tentativo di sperimentazione effettuato da Ginna e Corra all’interno di uno spettacolo teatrale attraverso l'uso di un pianoforte

cromatico, ovvero una tastiera collegata a numerose lampadine colorate che,

accendendosi e spegnendosi, proiettavano sulla scena degli accordi cromatici246; il

saggio, scritto da Bruno Corra, continua con la descrizione: «componemmo qualche sonatina di colore […] una Barcarola veneziana di Menndelsohn, un Rondò di Chopin e una sonata di Mozart, ma poi, infine, dopo tre mesi di esperimenti, dovemmo confessarci che non era possibile con quei mezzi andare più in là […] avevamo a nostra disposizione solamente ventotto toni, le fusioni non avvenivano bene, le sorgenti luminose non erano abbastanza forti, se si mettevano lampade potenti il troppo calore faceva sì che esse scolorissero in pochi giorni […]»247.

I limiti tecnici imposti dallo spazio teatrale permisero così di spostare l’attenzione degli artisti sul mezzo cinematografico, che ben presto venne considerato lo strumento più adeguato per lo sviluppo della loro idea di una sinfonia cromatica, ovvero di un'opera d’arte totale e unica, in grado di svilupparsi nel tempo e nello spazio e che raccolga a sé musica, pittura, fotografia, teatro, danza e architettura. Questi esperimenti, sviluppati dal 1909 e purtroppo oggi perduti, si concretizzarono in quattro pellicole cinematografiche, nelle quali il soggetto astratto veniva espresso attraverso giochi di luce e di colore: i fratelli Ginanni Corradini dipingevano con colori puri su pellicole non trattate, senza gelatine per poi proiettarle su diversi supporti, da teli bianchi o

245 Il testo dei fratelli Ginna e Corra è riprodotto in Verdone Mario (a cura di), Manifesti futuristi e scritti

teorici di Arnaldo Ginna e Bruno Corra, Longo, Ravenna 1984, pp.162-163.

246 Un'analisi dei due artisti e dei loro rispettivi lavori sono esposti nel sito ufficiale curato da Lucia Collarile. Per il manifesto: http://www.ginnacorra.it/corra/testi_manifesti.html (ultima visualizzazione: 11 gennaio 2015).

247 Il testo Musica cromatica si trova in Madesani Angela, Le icone fluttuanti. Storia del cinema d'artista

colorati a corpi umani in movimento248. La successione dei colori doveva provocare

nello spettatore un piacere estetico paragonabile alla suggestione della pittura e della musica, per i tre film, i cui riferimenti sono rivolti verso la pittura e verso la letteratura (Accordo di Colore da Segantini; Studio di effetti tra quattro colori; Les Fleurs da Stéphane Mallarmè), la colonna sonora venne affidata all'amico musicista futurista Balilla Pratella. Per il film interamente costruito sui ritmi musicali, Canto di primavera, i fratelli intrecciarono l'opera omonima di Mendelssohn con un tema preso da un Valzer di Chopin creando una sorta di visualizzazione cinematografica della musica.

3.3.4 Dadaismo

Alla fine degli anni Dieci i pittori, espressionisti e poi dadaisti, Hans Richter e Viking Eggeling vollero sviluppare la loro pittura in senso dinamico intitolando i loro esperimenti con termini musicali. I due artisti erano giunti, in modo autonomo e partendo da principî estetici differenti, a risultati sorprendentemente analoghi: le loro sperimentazioni si basavano sulla ricerca del superamento della staticità pittorica, per la realizzazione di una “pittura dinamica”; inoltre per entrambi la musica veniva intesa come arte dei ritmi più che dei suoni, ovvero un'arte del movimento. Richter e Eggeling realizzarono contemporaneamente delle strisce di carta il cui segno pittorico si sviluppava sulle suggestioni del ritmo: questi “rotoli” erano una sorta di spartiti pittorici costruiti secondo le regole della composizione musicale, che venne applicata a segni e linee anziché ai suoni.

Nel 1921 nacquero i cortometraggi Rhythmus 21 di Richter e Horizontal-vertical

Orchestra di Eggeling, i quali documentavano le due direzioni di ricerca perseguite

negli anni precedenti con i “rotoli”: ovvero sia la trasformazione della superficie attraverso ingrandimenti, riduzioni, alterazioni secondo un ritmo musicale, privo di suono (i film erano muti), basato sulla successione di tempi lunghi e brevi; sia lo sviluppo tematico della linea sulla falsariga della composizione polifonica con l'intrecciarsi dei motivi segnici, il sovrapporsi delle linee melodiche, i ritorni e le

248 Secondo quanto riportato dal sito http://www.ginnacorra.it/corra/cinema.html (ultima visualizzazione: 11 gennaio 2015).

variazioni249.

Al primo Rhythmus seguirono nel 1923 e nel 1925 il Rhythmus 23 e il Rhythmus

25, in cui Richter diede vita ad una composizione più strutturata e complessa, basata

sull'aggregazione tra le forme geometriche della pittura dinamica e i disegni lineari. Nelle sue opere successive l'artista sviluppò il suo discorso tecnico-estetico senza dimenticare il ritmo: le sequenze erano costruite secondo precise regole dinamiche di tipo musicale.

Eggeling risolse i problemi del segno grafico nell'unico film pervenutoci:

Diagonal Symphonie (1925), in cui venne sviluppata ritmicamente e figurativamente

una serie di temi segnici elementari. Sfruttando tutte le possibilità che la dinamica cinematografica gli offriva, riuscì a trasformare la pittura in movimento in autentico cinema.

Su questo versante si mossero anche altri artisti che videro nel cinema l'unico mezzo in grado di superare la staticità della pittura per realizzare una «musica visiva». Tra questi vi è Walter Ruttmann che tra il 1921 e il 1925 diresse una serie di film astratti dal titolo Opus I, II, III, IV caratterizzati da una serie di movimenti, di forme e linee, scanditi dalla musica. Si tratta di una melodia che non si può ascoltare, ma che si può facilmente intuire attraverso la composizione visiva e dinamica del film. Successivamente l'artista compose anche altri film i cui titoli rimandano alla musica, tra questi Berlin, Symphonie einer Großstadt (1927) e Melodie der Welt (1929).

Le pratiche di Ruttmann vennero proseguite dal suo allievo Oskar Fischinger che realizzò una serie di Studî cinematografici, nei quali la musica veniva considerata come l'unico fondamentale sostegno della composizione figurativa, l'elemento formale equivalente all'immagine filmica, legato sia alla singola immagine pittorica sia al rapporto tra le varie immagini. Con Fischinger il concetto di “musica visiva” trovò applicazione non solo tra le avanguardie storiche, ma fu in grado di superare i confini cronologici del cinema d'avanguardia ed avere una continuità temporale di sperimentazione estetica. La maggior parte delle sue opere sono sonore, tra gli anni Venti e Quaranta utilizzò brani musicali che spaziarono da Brahms, Dukas, Nicolai a Mozart sino al Terzo Concerto Brandeburghese di Bach per il film Motion Painting N.1

249 Rondolino Gianni, Cinema e musica. Breve storia della musica cinematografica, Utet Università, Torino 1991, pp.55-56.

del 1947.

La furia iconoclasta dadaista la ritroviamo anche nel film Entr'acte (1924) di René Clair, la cui musica venne affidata a Erik Satie che, con grande maestria, produsse

Cinéma una partitura per archi e percussioni scritta appositamente per il film, nella

quale il legame tra l'immagine e il suono si basa su il continuo richiamo tra l'inquadratura e la musica che si completano e si sollecitano a vicenda. Il film viene suddiviso secondo Sergio Miceli in “temi-eventi”, i quali si alternano con un ritmo «tale che ciascuno di essi permane sullo schermo un tempo sufficiente ad affermarsi come “evento”, ma non abbastanza a lungo da creare le aspettative e le concatenazioni logiche del rapporto antecedenza-conseguenza tipiche della narrazione convenzionale» inoltre, continua Miceli, «sempre per il sapiente uso del montaggio, le continue interpolazioni determinano una trama di relatività reciproche per cui un “tema” assume il valore di “evento”, mentre poco dopo esso appare come flashback all'interno di un nuovo “tema” portando ad un ribaltamento delle gerarchie»250. Ciò che si afferma come racconto,

rispetto ai “temi-eventi”, è l'unica sequenza organica del film, ovvero il funerale. Satie nell'incipit della scena del corteo funebre richiama la tradizione dei repertori citando la

Marche funèbre dell'op.35 di Chopin, con l'obiettivo di ironizzare sulla pratica dei

repertori degli accompagnatori del cinema muto e su se stesso creando un vera e propria

mise en abîme251.

Satie utilizza la musica nel momento fondamentale del cortometraggio: prima e dopo il funerale, nel tentativo di evitare il commento interpretativo attraverso l'annullamento del Leitmotiv per abbracciare una successione di suoni monotoni ed inespressivi con l'obiettivo di creare il massimo distacco tra la musica e l'immagine filmica. Così come Clair decise di sfidare il cinema narrativo con un attacco dadaista alla logica e alla razionalità, Satie decide di abbandonare le convenzioni dell'accompagnamento musicale giungendo ad una corrispondenza minima della musica con le immagini, evitando l’uso di temi conduttori.

250 Miceli Sergio, Musica e cinema nella cultura del Novecento, Sansoni, Milano 2000, p.152.

3.3.5 Espressionismo tedesco

Das Cabinet des Dr. Caligari (1919) di Rober Wiene è il film che esprime al

meglio l'importanza dell'immagine nel cinema espressionista attraverso la creazione di scenografie nelle quali la deformazione di luci e ombre creano un senso di drammaticità che unito ad una tendenza recitativa teatrale dei personaggi suscitava nel pubblico terrore ed inquietudine, angosce e paura. Per la prima proiezione americana del film, Samuel L. Rothapfel, curatore dell'accompagnamento con Erno Rapée, afferma in un'intervista rilasciata a Musical American:

Un film concepito secondo principi rivoluzionari richiedeva una colonna sonora fedelmente sincronizzata per quanto riguarda il clima e lo sviluppo […]. Nello schema fantasmagorico del Dr. Caligari i personaggi si muovono e vivono in un mondo privo di nessi logici […]. Noi abbiamo preparato la colonna sonora tenendo ben presente questo fatto. Ci siamo rivolti a Schönberg, Debussy, Stavinskij, Prokof'ev, Richard Strauss per il materiale tematico […]. La colonna sonora è costruita secondo il principio del Leitmotiv, precisamente alla maniera wagneriana. Per il tema di Caligari abbiamo attinto al Till Eulenspiegel di Strauss. La sua idea ricompare, o viene suggerita, ogni volta che Caligari o la sua influenza agisce sullo schermo. Per contraddistinguere Cesare, il sonnambulo, Rapée ed io abbiamo preso una frase dal Prélude à l'après-midi d'un faune di Debussy […]. L'orchestrazione non è quella originale, ma è stata concepita appositamente per enfatizzare il macabro […]. Penso di poter dire con fiducia, e a ragione, che tutto ciò rappresenta la realizzazione più coraggiosa nella storia del teatro cinematografico americano252.

Il film è quindi intrinseco di movimenti leitmotivici, che tendono a sottolineare gli stati d'animo dei personaggi, già enfatizzati dalla teatralità, dal trucco, dalla mimica e dalle scenografie tipiche di questa corrente, con l'obiettivo di accentuare e portare all'estremo ogni tipo di emozione. A riguardo, credo sia importante sottolineare il volume che Rapée pubblicò nel 1924 Motion Picture Moods for Pianists and

Organist253, nel quale raccolse brani preesistenti e li divise in cinquantadue categorie

che rappresentano situazioni e climi psicologici fra i più comuni nel cinema di quegli anni.

252 Hoffmann Charles, Comes Stranvinsky to rhe Film Theatre, in Id., Sounds for Silents, DBS, New York 1970; qui citato in Miceli Sergio, Musica e cinema nella cultura del Novecento, Sansoni, Milano 2000, p.77.

3.3.6 Cubismo

Nell'ambito cubista, essenziali sono i tentativi del pittore Léopold Survage di creare quello che lui definì Le rythme coloré, un film astratto che però non venne mai realizzato, ma che già dal titolo ci suggerisce la materia con cui sarebbe stato composto: la pittura (coloré) e la musica (rythme). Survage tentò di realizzare il suo progetto nel giugno del 1914 quando chiese, senza successo, un brevetto alla Gaumont. Oggi sappiamo che, se solo lo avesse ottenuto, Survage sarebbe stato il primo ad aver sviluppato un film astratto e avrebbe così anticipato le analoghe sperimentazioni di Viking Eggeling e Hans Richter. Un mese dopo, l'opera viene descritta dallo stesso autore nella rivista Les Soirèes de Paris: «Il ritmo colorato non è affatto un’illustrazione o un’interpretazione di un’opera musicale. È un’arte autonoma, anche se si fonda sugli stessi dati psicologici su cui si fonda la musica»254. Nel progetto teorico dell'opera, i

colori e le forme, le linee e le superfici si dovevano intersecare tra loro dando vita a forme astratte e visive in base ad un ritmo che era prestabilito e che comportava una suddivisione del tempo filmico in unità minime, come in uno spartito musicale. Le caratteristiche della pittura cubista, di cui Survage ne era rappresentante, si fondono nel suo progetto teorico di un cinema composto da “ritmo e colore”.

Per il film Le ballet mécanique (1924) la ricerca del pittore Fernand Léger era rivolta soprattutto ad evidenziare la natura dell'oggetto: il balletto veniva così ricondotto a quegli oggetti che possiedono un ritmo ben scandito, come i dischi e le sfere riflettenti che roteano e oscillano o il moto pendolare prodotto dalle palle dell'albero di Natale; questo movimento venne calcolato dal pittore fino al dettaglio, come se il ritmo del montaggio dovesse corrispondere a quello della musica, anch'esso spezzato.

La partitura per otto pianoforti, pianola, xilofono e percussioni, caratterizzata da un rimo continuamente spezzato, venne composta appositamente per il film dal musicista George Antheil, che fu abile nel far corrispondere tutti gli elementi spazio- dinamici della pellicola di Léger alla musica.

Il film non ha mete narrative e non mostra una storia, ma è dotato di una trama ritmica autosufficiente tanto da rendere problematico qualsiasi inserimento esterno. Inoltre tra le intenzioni di Léger vi era anche quella di presentare l'opera come un

254 Citato in Rondolino Gianni, Cinema e musica. Breve storia della musica cinematografica, Utet Università, Torino 1991, p.53.

insieme audiovisivo, e in occasione della prima proiezione, che avvenne al Theatertechnick di Vienna nel 1924, il pittore-regista scrisse nel Programma:

Questo film è oggettivo realista e per niente astratto. L'ho fatto in stretta collaborazione con Dudley Murphy. Noi abbiamo chiesto al compositore George Antheil di farne l'adattamento musicale sincronizzato - Grazie al procedimento scientifico di Monsieur Delacomme, speriamo di ottenere meccanicamente nella maniera più assoluta, la simultaneità di suono e immagine.255

La prima viennese avvenne però in assenza della musica256 e l'ipotesi più

attendibile della mancanza del commento musicale è probabilmente riconducibile a un difetto del sistema di sincronizzazione ideato da Pierre Delacomme257. Nelle proiezioni

successive il film venne accompagnato, come previsto, dalla musica, tant'è che il regista e pittore Hans Richer affermò che durante la proiezione a Berlino nel 1925, tutto ebbe luogo secondo il progetto originario e «la musica di Antheil […] suscitò le proteste del pubblico»258. L'ultimo aspetto che ci conferma l'assenza della musica alla prima

proiezione è nel testo Composer's Notes, in cui Antheil affermò che il brano «era stato scritto in origine come colonna sonora per il primo film astratto dello stesso titolo» ma a causa delle difficoltà nella sincronizzazione «fu scritto come pezzo autonomo»259.

Probabilmente furono apportate modifiche all'organico: alle pianole vennero sostituite dei pianoforti, ridotti a due gli xilofoni, scomparsi gli autentici motori d'aereo sostituiti con registrazioni su nastro260. Nel 1936, in una lettera indirizzata a Nicolas Slonimsky, il

compositore scriveva:

Secondo la mia opinione personale, Le ballet mécanique è un'opera importante da un determinato punto di vista: l'ho in effetti scritto in una forma nuova, una forma che colma, in particolare, una lacuna nella tela del

255 Fr. Kiesler (a cura di), Internationale Ausstellung neuer Theatertechnik, Würtle, Wien 1924 p.42; qui citato in Miceli Sergio, Musica e cinema nella cultura del Novecento, Sansoni, Milano 2000, p.162. 256 Secondo affermazione di Stuckenschmidt Hans Heinz, La musica moderna: da Debussy agli anni

Cinquanta, Einaudi, Torino 1960, p.145.

257 Monsieur Delacomme è da identificarsi con Pierre de la Commune o Delacommune, inventore del Cinépupitre.

258 Richter Hans, Il cinema d'avanguardia in Germania, in Roger Manvell (a cura di), Nascita del

cinema, trad. it., Il Saggiatore, Milano, 1961, p.308.

259 Antheil George, Ballet méchanique (sic), partitura, Templeton, 1959, qui citato in Miceli Sergio, La

musica nel film. Arte e artigianato, Discanto, Fiesole-Firenze 1982, p.124.

tempo, apportandovi delle astrazioni musicali e dei materiali sonori contrastanti; a questo proposito, del resto, ho avuto cura di creare dei valori temporali piuttosto che tonali. Nel mio Ballet mécanique, ho utilizzato i tempi nel modo in cui Picasso utilizza la superficie bianca della tela.261

Antheil torna a parlare del concetto di spazio-tempo in Composer's Notes dichiarando di voler «dimostrare un nuovo principio della composizione musicale, quello del “Tempo-Spazio”, nel quale viene considerato di vitale importanza il principio del tempo, piuttosto che quello tonale»262, affermando poi che il concetto di cubismo in

musica si può solamente realizzare laddove vi sia una successione di battute in tempo (2/8, 3/8, 4/8, 5/8 etc.).

3.3.7 Avanguardie sovietiche

In Unione Sovietica, i compositori, influenzati dal Manifesto dell’asincronismo, trattavano la musica come una componente del montaggio mentre i cineasti sovietici esplorarono gli effetti emozionali, intellettuali e ideologici della musica in modo tale che essa potesse entrare in contrasto con le immagini. Questi cineasti263 ritenevano che

un’arte rivoluzionaria esigesse tecniche altrettanto rivoluzionarie e quindi una musica appunto rivoluzionaria.

Uno dei migliori esempi di musica cinematografica negli anni del cinema muto si deve all'incontro tra il regista Sergej Michajlovič Ėjzenštejn e il musicista tedesco Edmund Meisel per il film Bronenosec Potëmkin (1925). Meisel scrisse una componente musicale approntata per la distribuzione in Europa e negli Stati Uniti e, a differenza di altre operazioni simili, il cineasta si recò appositamente a Berlino (aprile 1926) per incontrare il compositore; come egli stesso ha ricordato:

Accettò subito di trascurare la funzione puramente illustrativa comune in quell'epoca […] agli accompagnamenti musicali, e di accentuare certi “effetti”, specialmente nella “musica delle macchine” nell'ultima bobina. Fu questa la mia unica richiesta categorica: abbandonare l'abituale stile

261 Citato in Miceli Sergio, La musica nel film. Arte e artigianato, Discanto, Fiesole-Firenze 1982, p.125. 262 Antheil George, Ballet méchanique (sic), partitura, Templeton, 1959; qui citato in Miceli Sergio, La