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Annales ufficiali e annales indipendenti tra VIII e IX secolo

3. Lo scopo della ricerca

4.1 Annales ufficiali e annales indipendenti tra VIII e IX secolo

Tra le attività promosse dai re carolingi e dalle loro corti rientra senza dubbio la scrittura della storia. In questo ambito le testimonianze più rilevanti appartengono al genere annalistico, che si sviluppa parallelamente alla conquista del potere carolingio.111

Nella maggior parte dei casi le opere sono semplici cronologie, composte, a volte, con cadenza annuale, in cui si narrano succintamente gli eventi principali accaduti di anno in anno.112 Con questa forma gli annali non costituiscono un’invenzione dei carolingi. La scrittura e la registrazione di cronologie annuali sono conosciute già nel corso dell’epoca tardo-antica. Tuttavia questa tipologia di narrazione storica si sviluppò e diffuse tra VIII e IX secolo come mai prima di allora: infatti, mentre in epoca merovingia il numero di testi appartenenti a questo genere era esiguo, a partire dal regno di Carlo Magno si conservano più di quaranta annali. Questo numero, superiore di quasi due terzi rispetto alla quantità di annali prodotti e conservati nel secolo precedente, testimonia il grande successo dell’annalistica carolingia. La sua origine e la sua diffusione nel periodo carolingio necessitano quindi di una breve spiegazione. Gli studiosi hanno a lungo sostenuto che gli annali medievali si siano sviluppati dalle brevi note fatte dai copisti a margine dalle tavole di Pasqua. L’ipotesi sembrerebbe essere confermata da diversi manoscritti in cui gli annali si trovano preservati nelle tavole pasquali. Ciò nonostante è necessario ricordare che molti di questi documenti risalgono a un periodo successivo a quello carolingio, non permettendo di stabilire se gli annali fossero stati composti all’interno delle tavole pasquali sin dal principio.113 Sicuramente l’aggiunta di annotazioni storiche a queste tavole rappresenta una delle possibili origini della scrittura storica carolingia, ma costituisce solo uno delle modalità in cui gli annali erano composti. Al di là delle semplici caratteristiche comuni, infatti, gli annali variano significativamente per lunghezza, per la qualità della narrazione, per gli interessi espressi dagli autori e per il loro stile.

Il problema dell’origine degli annali non conosce una reale soluzione. Ogni testo si caratterizza per una genesi e per una finalità differente, che rende difficile una spiegazione

111 McCormick, Annales, pp. 16-17. 112 Corradini, Zeiträume.

113 Il materiale sul dibattito sull’origine degli annali e sul loro legame con le tavole pasquali è ampio. Contro

il legame con le tavole pasquali si veda Burgess-Kulikowski (a cur. di) Mosaic, che riassume bene gli studi su questa secondo i quali per molti annali, infatti, non è possibile rilevare alcun legame con le tavole pasquali. A questo proposito si veda Corradini, Frankish Annnals, pp.72-74. Cfr. McKitterick, Constructing, pp. 11-13 e p. 111 n. 40 con indicazioni approfondite sulla bibliografia. Si veda anche McKitterick, History.

generale e generica sulla rinascita del genere annalistico in epoca medievale. Nelle analisi sulla composizione e sul luogo di redazione delle singole opere, che hanno caratterizzato il dibattito medievistico del dopo guerra, in particolare nella storiografia tedesca, la discussione quindi si è spostata sulla classificazione degli annali. Il luogo di composizione, le relazioni tra i testi e la natura, pubblica o privata, della redazione sono stati considerati alcuni dei criteri per l’identificazione di questa fonte. In particolare, a partire dagli anni ’50, lo studio degli annali è stato orientato ad approfondire il ruolo della corte regia nella compilazione e nella promozione di alcuni testi. Mettendo a confronto gli Annales con gli annali minori molti studiosi hanno infatti attribuito la particolare diffusione di queste testimonianze all’iniziativa della corte regia, che ne avrebbe promosso la redazione e la circolazione. L’eventuale natura “pubblica” di questi annali è così divenuta l’argomento principale negli studi degli altomedievisti che si sono occupati di questa fonte. Se gli Annales possano essere definiti come storia ufficiale in termini della regia è però difficile da determinare. Il lungo dibattito sulla storia “pubblica”, infatti, ha raggiunto un punto di accordo solo su alcuni testi, che possono essere considerati come il risultato del patrocinio regio. Tuttavia anche in questo caso è difficile vedere queste opere come il diretto effetto di un’operazione regia, nel senso della moderna propaganda, poiché riflettono prima di tutto le preoccupazioni immediate e gli interessi personali dell’autore. In sostanza, non vi una vera e propria divisione tra a storia ufficiale e non ufficiale. A questo proposito è più efficace parlare di annali composti in ambienti più o meno vicini alla corte regia. Questo criterio può essere uno strumento efficace per classificare i principali testi annalistici utili per un’analisi sulla realzione tra violenza e potestas in epoca carolingia.

In questa classificazione, la testimonianza più importante per l’area centrale del regno tra il 741 e l’829 è rappresentata dall’annale conosciuto con il nome di Annales regni Francorum. La datazione, la struttura e la paternità dell’opera sono state approfondite da Leopolad von Ranke già nel XIX secolo. Lo storico tedesco è stato il primo ad attribuire agli Annales regni Francorum il carattere di opera ufficiale, voluta e prodotta dalla famiglia regnante. Analizzando la prima sezione, scritta probabilmente da un singolo autore, egli ha rilevato due caratteristiche che consentono di inserire la composizione nell’ambiente della corte regia: la prima riguarda la tendenza a passare sotto silenzio le problematiche interne vissute dalla famiglia carolingia, come per esempio le varie cospirazioni; la seconda è la conoscenza profonda degli affari che l’autore sceglie di registrare. A questo proposito già sul finire del XIX secolo Ranke ha suggerito di confrontare gli Annales regni Francorum con gli altri annales del periodo. Quest’ultimi,

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erano scritti in ambito monastico e registrano solitamente solo gli eventi più significativi e riportano gli episodi unicamente attraverso un’annotazione generica dei fatti accaduti. Il primo autore degli Annales regni Francorum, invece, racconta in termini chiari e precisi non solo le campagne militari, ma anche la composizione dell’armata, i nomi dei suoi comandanti, gli obiettivi e la natura delle singole azioni militari; riporta, inoltre, le negoziazioni diplomatiche nella corte regia e nelle assemblee. Nessun monaco vissuto in reclusione nel suo chiostro avrebbe potuto essere così informato sulle questioni politiche e diplomatiche che riguardavano il regno. La combinazione di questi elementi, ossia la profonda conoscenza delle vicende dalla famiglia regia e la sapiente riservatezza sugli eventi “scomodi”, hanno convinto Ranke che l’autore fosse un chierico addentro agli affari “pubblici”, probabilmente investito dell’incarico di redazione dell’annale dal re stesso.

Nella tesi dello storico tedesco, il carattere ufficiale attribuito all’opera non implica che il contenuto, le parole e il linguaggio fossero esaminati e approvati dal re. Piuttosto la natura pubblica rimanda alla funzione che gli annali sembrano svolgere, ossia quella di influenzare l’opinione pubblica e propagandare la versione carolingia della storia franca.

La teoria generale di Ranke sull’opera è stata accettata a lungo dalla storiografia moderna, senza essere messa in questione. Sebbene il manoscritto più antico sia stato trovato nel monastero di Losrch, vicino Worms, diverse analisi dello stile e della struttura dell’opera hanno mostrato il carattere “ufficiale” dell’opera, la cui prima sezione (741-795) fu redatta all’interno della corte regia sul finire dell’VIII secolo. Se la composizione era stata da Carlo Magno rimane ancora da dimostrare. Tuttavia è probabile che il re carolingio avesse incoraggiato la composizione dell’opera come memoria per la posterità e come forma di propaganda per i rappresentanti del suo governo.114

In base a questa interpretazione rimane ancora valida l’analisi della struttura redazione del Ranke, distinti in tre fasi di redazione: la prima in cui l’autore compila gli Annales regni Francorum tra 797 e 793 sulla base di vecchi annali e della continuazione di Fredegario; la seconda seziona registra gli anni tra il 795 e 807 e sarebbe composta da un secondo autore che registra gli eventi su base annuale; la terza, e ultima, fase, è redatta da un terzo autore che scrive il rapporto annuale sul periodo tra l’808 e l’829. Sebbene il dibattito sulla paternità dell’opera sia stato spesso al centro di discussioni, la struttura della

114 Sul contesto di redazione si veda Kaschke, Reichsteilungen pp. 283–90. Cfr. McKitterick, History, pp.

116–18. McKitterick, Charlemagne, pp. 49–54; Collins, Reviser, pp. 191–213 e p. 213 sul concetto di annali di corte si veda la definizione di Mayke de Jong: de Jong, Penitential state McKitterick, History, pp. 19–22

composizione dell’opera non è stata messa in questione per quasi un secolo115. Recentemente, però, in libro sul giuramento in epoca altomedievale, Matthias Becher ha ipotizzato una correlazione diretta tra il processo di Tassilone III e la composizione degli Annales regni Francorum. Nel suo Eid und Herrschaft, infatti, Becher valuta l’opera dell’annalista come l’esito di una riflessione retrospettiva e il prodotto dei cambiamenti politici verificatisi intorno al 790116. Riflettendo su questa teoria Roger Collins osserva la presenza di alcuni elementi testuali che sembrano confermare l’ipotesi di Becher. In particolare, il frequente uso del tunc per collegare le diverse sezioni narrative non si addice a una composizione annuale dell’opera, ma lascia pensare a un lavoro in retrospettiva117. Collins propone quindi una nuova distinzione bipartita della struttura e della composizione dell’opera: la prima parte (741-788), composta in una fase iniziale in modo indipendente, è ripresa dopo il 790 nel contesto della corte regia; la seconda parte dell’annale registra le vicende tra il 792-806 e l’807-829 quasi in contemporanea con gli avvenimenti, ma non in modo continuativo118.

Le problematiche sulla paternità dell’opera e sulla sua struttura si riscontrano soprattutto nella recensione E degli Annales regni Francorum, che presenta una rivisitazione degli annali, composta probabilmente agli inizi del secolo IX. Nell’interpretazione di Ranke e di altri studiosi del XIX secolo l’operazione di riscrittura è attribuita a Eginardo, come mostra anche la loro classificazione all’interno dell’edizione degli MGH, in cui sono menzionati come Annales qui dicuntur Einhardi.

Le similitudini nel linguaggio tra gli Annales regni Francorum e la Vita Karoli sono state a lungo considerate prove significative a sostegno dell’attribuzione di entrambi i

115 Ranke, Kritik, pp. 415-435. La bibliografia sugli Annales regni Francorum è ampia. In ordine cronologico

i principali studi sono Monod, Etudes; Ranke, Kritik; Halphen, Etudes; Kurze, Reichsannalen, pp. 295–339; Bloch, Review, pp. 872–897; Wibel, Beiträge; Wattenbach-Levison (a cur. di), Deutschlands

Geschichtsquellen, pp. 245–265; Hoffmann, Untersuchungen; Becher, Eid.

Sul successo dell’analisi di Ranke ancora presente nel panorama degli studi più recenti sugli Annales regni

Francorum si veda Scholz, Carolingians. Sulla relazione con la continuazione di Fredegario si veda

Ganshof, Historiographie, pp. 631-705. Cfr. con le prospettive più recenti McKitterick, History, che basa le proprie considerazioni sull’analisi dei manoscritti. Becher, Eid, che studia la connessione tra il contenuto e il contesto di redazione e Collins, Reviser, che pur approfondendo la Recensione E del testo fornisce una buona panoramica dei principali studi condotti sul testo testo.

116 Becher, Eid.

117 Collins, Reviser, p. 193.

118 Collins, Reviser, pp. 194-196; Sulla struttura e sulla paternità dell’opera hanno riflettuto anche altri

studiosi. I contributi principali in ordine cronologico sono, Halphen, Etudes; Monod, Etudes; Bloch, Review, pp. 872-897; Kurze, Reichsannalen, pp. 295-339; Wattenbach-Levison (a cur. di), Deutschlands

Geschichtsquellen, pp. 245–265; Hoffmann, Untersuchungen; Becher, Eid. Sulla base dello stile, della

sintassi, e del vocabolario Wibel, Beiträge, e Bloch, Review propongono la seguente divisione: 741-94, 795- 807, 808-29. Sulla relazione con la continuazione di Fredegario si veda Ganshof, Historiographie, pp. 631- 705.

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testi a Eginardo. La presenza di analogie stilistiche e di contenuto è innegabile, soprattutto nella narrazione delle ribellioni di Hardrado e Pipino il Gobbo. La correlazione, però, può essere spiegate dalla conoscenza e dall’utilizzo della fonte annalistica, nella composizione della biografia di Carlo Magno, da parte di Eginardo. Un’analisi più approfondita dello stile e del linguaggio, infatti, ha portano a escludere Eginardo dai possibili autori. Le ricerche più recenti riguardo la sua datazione e gli scopi della sua redazione attribuiscono la responsabilità per la sua redazione all’imperatore Ludovico il Pio. Alcuni studiosi sostengono che la recensione E fu parte di un’operazione critica nei confronti del padre. Seppur suggestiva, questa ipotesi è valida se si considerano solo le menzioni degli insuccessi bellici e la menzione di alcune cospirazioni, che potrebbero far pensare a una fonte sia critica nei confronti di Carlo Magno. Tuttavia quando si passa alla persona del re e al suo coinvolgimento nelle battaglie, il racconto della versione rivisitata è altrettanto adulatorio. In entrambi i casi gli Annales regni Francorum propongono una versione della storia utile propagandare l’immagine positiva dei carolingi e della benevolenza di Dio nei confronti della nuova dinastia regnante. 119

Accanto agli Annales regni Francorum e la loro revisione, un’altra delle opere storico-letterarie composte durante questo periodo è un annale noto con il nome di Annales Mettenses Priores120. Come le due fonti precedenti, anche quest’opera presenta un carattere pubblico che in apparenza la differenzia dagli annales minori. L’interesse degli Annales Mettenses Priores per l’ascesa della dinastia carolingia e la loro sistematica denuncia dell’indolenza dei re merovingi li ha portati a essere considerati come un prodotto della propaganda carolingia. Per conoscere lo scopo dell’autore è necessario però comprendere meglio il contesto di scrittura dell’opera. Gli Annales Mettenses Priores sono stati infatti oggetto di numerosi dibattiti sin dal 1895, quando il solo manoscritto completo dell’opera fu scoperto da Karl Hampe nella libreria della Cattedrale di Durham.121 Fino agli ultimi decenni le discussioni si sono concertate su due problematiche: il luogo di produzione e il processo di composizione.122

119 Wattenbach-Levison (a cur. di), Deutschlands Geschichtsquellen, pp. 253-256.

120 MGH SS.rer.Germ. 10 Annales Mettenses Priores. Si distingue dagli Annales Mettenses Posteriores, una

compilazioni narrativa composta nell’XI secolo e basata sugli Annales Mettenses Priores e sulla cronaca di Reginone di Prüm: si veda MGH SS.rer.Germ. 10, pp. 99-105.

121 Sulla scoperta degli AMP si veda Hampe, Reise, pp. 609–99, at pp. 694–696. Il manoscritto è Durham,

Cathedral Library C IV 15, ff. 2r–28v. Sul manoscritto rimandiamo all’edizione di Von Simson, MGH

SS.rer.Germ. 10, pp. V–VI.

122 La bibliografia su questo testo è ampia. Tra gli studi più approfonditi menzioniamo Hoffmann,

Untersuchungen e Haselbach, Aufstieg. Si vedano anche Levison, Annales Mettenses, pp. 474-483; Lowe, Vom Theodorich, pp. 33–74; Löwe, Karolinger, pp. 260–265; Beumann, Historiographie, pp. 449-488, e pp.

In merito alla composizione, il testo degli Annales Mettenses, così come è conservato nel manoscritto di Durham, si divide in tre differenti sezioni, che possono essere ricostruite in base al linguaggio e al contenuto. La prima sezione copre gli anni dal 678 all’805 ed è attribuita a un singolo autore, che scrive intorno all’806. La seconda sezione, invece, narra gli anni tra l’806 e l’829, copiandoli direttamente dagli Annales regni Francorum, ed è aggiunta in un secondo momento, probabilmente dopo l’830. In questa fase è composta l’ultima sezione, che descrive gli eventi della rivolta di Pipino d’Aquitania contro Ludovico il Pio.123

Se sulla composizione si è raggiunto un accordo, sul luogo di produzione gli studiosi dibattono ancora. Il nome Annales Mettenses è stato coniato da André Duchesne, che aveva pubblicato gli Annales Mettenses Posteriores su un codice conservato nel monastero di San Arnolfo da Metz. Il contesto di questo ritrovamento ovviamente non implica che l’opera sia stata composta a Metz. Sebbene alcuni autori abbiano sostenuto questa ipotesi,124 il monastero di San Denis e l’abbazia di Chelles sono comunemente

considerati i luoghi di redazione più probabili. L’argomento in favore di San Denis è basato principalmente sulla familiarità dell’autore con i possedimenti territoriali del monastero, così come sul racconto della sepoltura della regina Bertrada a San Denis nel 783.125 D’altra parte Chelles, menzionato alcune volte nella narrazione, rimane un’alternativa valida, poiché a partire dall’806, anno della redazione del testo, il monastero è guidato dalla badessa Gisela, sorella di Carlo Magno.126 Dalla narrazione degli annali è evidente siano stati scritti da qualcuno interessato alla famiglia carolingia e con una certa familiarità con la corte regia. Da questo punto di vista gli Annales Mettenses possono essere considerati il prodotto di un personaggio non molto lontano dalla corte, o per vincoli di parentela o di patronato.127

Secondo Irene Haselbach, gli annali erano stati scritti per sostenere l’imperialismo carolingio di fronte all’aristocrazia franca, che avrebbe potuto mettere in questione la

472-88; Ganshof, Historiographie, pp. 631–685, e pp. 677–679; Schrör, Annales Mettenses Priores, pp. 139- 158; Fouracre e Gerberding (a cur.di), Late Merovingian, pp. 330–349; Hen, Annals, pp. 176-188

123 Hoffmann, Untersuchungen, pp. 42–53; Haselbach, Aufstieg, pp. 22–23. Sullo stile dell’AMP si veda

Goffart, Forgeries, pp. 71–73.

124 Fouracre –Gerberding (a cur. di), Late Merovingian, pp. 339–340 in gli autori sostengono, sulla base del

tono particolarmente encomiastico presente nel testo nei confronti di Arnolfo di Metz e del legame tra Metz e la corte di Carlo Magno, che gli Annales Mettenses Priores siano stati redatti a Metz.

125 Kurze, Reichsannalen, pp. 11–82, e pp. 31–32, 48–49; Kurze, Chronik, pp. 11–35; Wallace-Hadrill,

Frankish Church, p. 141; Wood, Merovingian Kingdoms, p. 160.

126 Hoffmann, Untersuchungen, pp. 53–61; Haselbach, Aufstieg, pp. 23–24; Nelson, Gender, pp. 149–163, e

pp. 156–160; Nelson, Perceptions, pp. 77–85, e pp. 82–84.

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legittimità del governo carolingio. Sicuramente questa interpretazione si adatta perfettamente all’immagine di Pipino e Carlo Martello elaborata dell’annalista.128 Diverse altre motivazioni sono state considerate e ipotizzate nei decessi successivi all’articolo della Haselbach, tra cui l’intenzione dell’autore di mostrare la superiorità carolingia su Roma e le relazioni tra i Carolingi e Bisanzio, giustificando in retrospettiva la nomina imperiale129. Considerando il periodo di redazione dell’opera è probabile, però, che gli annali siano una risposta a una situazione contingente. La loro composizione si situa infatti immediatamente dopo gli anni dei concili voluti da Carlo Magno per rispondere alle catastrofi naturali che si erano abbattute sul regno tra l’803 e l’805, così come nel periodo dell’organizzazione della successione del regno con l’emanazione della divisio regnorum. Le difficoltà sempre presenti nel gestire le diverse fazioni aristocratiche in un contesto turbolento da un punto di vista sociale e politico potrebbe aver spinto alcuni personaggi vicini alla corte a comporre un’opera che sostenesse la dinastia carolingia. Per quanto riguarda le motivazioni dell’autore concordiamo dunque con Yitzhak Hen, il quale considera la redazione degli Annales Mettenses una risposta alle situazione vissuta nell’806, ossia uno strumento per veicolare un messaggio diretto all’aristocrazia franca: a legittimare la divisio regnorum e la supremazia della dinastia carolingia.130 Da questo punto di vista, pur non rappresentando una fonte dipendente dalla corte regia, l’autore e la sua opera sono molto vicini alla famiglia carolingia.

Tra gli annali indipendenti dalla corte, molte delle informazioni sul regno di Carlo Magno sono tratte da una serie annali associati al monastero regio di Lorsch. Il primo di questi testi sono gli Annales Laureshamenses, che raccontano gli anni tra il 703 e l’803.

L’unica copia in cui il testo si conserva nella sua interezza è prodotta da un singolo scriba nel monastero di Reichnau, intorno all’835. Conservato in un solo manoscritto, il codex Sankt-Paul fu scoperto inizialmente nella libreria di San Blasio nel 1790, quando fu edito da Aemilianus Ussermann, vescovo di Bamberga, nella sua collezione di documenti illustrativi riguardo la storia alemanna.131 Nel 1809, come risultato delle guerre napoleoniche, i monaci di San Blasio si spostarono con la loro librerie presso l’abbazia di San Paolo a Lavanttal. Qui il manoscritto fu nuovamente recuperato solo nel 1889, quando

128 Haselbach, Aufstieg, pp. 119–132.

129 Su queste posizioni si veda Fouracre –Gerberding (a cur. di), Late Merovingian, pp. 343–347. 130 Hen, Annals, pp. 181-190.

Eberhard Katz ne curò una nuova edizione.132 Pur essendo l’unica versione completa di epoca carolingia, il codex di Sankt Paul non rappresenta il più antico codice in cui il testo è trasmesso: infatti un frammento di un manoscritto conservato a Vienna, contiene una sezione degli Annali di Lorsch dal 794 all’803, copiata nell’803133. Come per gli altri annali, fino agli ultimi decenni, le discussioni basate sull’analisi del testo e sul confronto