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I Capitolari carolingi e la violenza

Parte I. La giustizia carolingia: il re, Dio e la licenza di uccidere

Capitolo 1. La realtà dei capitolar

1.4 I Capitolari carolingi e la violenza

La prima metà dell’VIII secolo testimonia la riconfigurazione del potere e l’emergere di un nuovo ordine politico nel regno franco, accompagnato dalla

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trasformazione della relazione tra potere regio e vescovile. Lo sfondo di questo rinnovamento è costituito dal graduale processo di riunificazione dei regni merovingi e dagli sforzi di estendere il controllo franco sui territori tra il Reno e l’Elba.

In questa fase, l’ufficio dei maggiordomi di palazzo iniziò a essere controllato dalla potente famiglia dei pipinidi, i discendenti di Pipino di Hérstal (maggiordomo di Austrasia 680-714), mentre il regno franco si consolidò lentamente sotto la dominazione del regno di Austrasia.339

Progressivamente i maggiordomi pipinidi assorbirono le funzioni associate alla regalità franca e le ampliarono acquisendo privilegi e prestigio nobiliare con tale successo che essi riuscirono presto a eclissare il potere regio. L’esilio di Desiderio da parte del pipinide Grimoaldo nel 653, pur conclusosi con la morte di del maggiordomo di palazzo, è sintomo del potere della famiglia discendente da Arnolfo e Pipino, nonché testimonianza dell’importanza crescente del nuovo centro del potere nel regno merovingio: la corte regia, gestita dai maggiordomi di palazzo austrasiani340

. Agli inizi dell’VIII secolo con Carlo Martello(688-741) la carica di maggiordomo, dunque, iniziò a essere considerata equivalente a quella regia, fino a riuscire a rovesciare l’ultimo re merovingio, Childerico III, nel 751 e imporsi come nuova dinastia regia.341

La conquista carolingia del potere non fu ottenuta semplicemente mediante la forza, ma si basava su una nuova concezione del rex christianus e del suo ruolo nella società. Come vedremo, l’usurpazione del potere regio si sviluppò infatti nei termini di una riforma della regalità, fondata su una concezione della potestas regale che era il risultato della riflessione politica e sociale episcopale: l’ascesa al potere regio carolingio fu infatti sostenuta con la retorica della correctio e dell’emendatio sviluppata nel contesto della riforma della chiesa franca nel corso dell’VIII secolo.342

Correctio significava adeguare la condotta con gli insegnamenti biblici e dei padri della chiesa. Emendare, invece, equivaleva alla correzione dell’errore commesso nello scrivere o nell’agire. Nel periodo

Merovingian Kingdoms, pp. 80-105.

339 Fouracre-Gerberding(a cur. di), Late Merovingian France, pp. 18–26; McKitterick, Frankish Kingdoms,

p. 23.

340 Pochi eventi politici hanno attirato l’attenzione come la ribellione di Grimoaldo e l’esilio di Dagoberto.

Questo perché, al di là della sua importanza per la storia carolingia, diverse versioni della vicenda possono essere ricostruite dalle informazioni contradditorie presenti nelle fonti. Per una panoramica completa degli studi sulla questione si veda Krusch, Staatsreich, pp. 411-438; Levillain, Succession, pp. 5-63; Ewig,

Grimoalds, pp. 454-459. Le posizioni più recenti sono quelle di Wood, Merovingian Kingdoms, pp. 222-224

e Becher, Staatsreich, pp. 119-147. Si vedano anche Picard, Church, pp. 31-32 e Geberding, Rise, pp. 47-53

341 Sull’ascesa di Carlo Martello si veda Fouracre, Charles Martel, pp. 371-396; Fouracre-Geberding(a cur.

di), Late Merovingian France, pp. 1-58; Gerberding, 716, pp. 205–216; Geary, Before, pp. 151-231 e Werner, Naissance de la noblesse, pp. 301.

carolingio entrambi i termini implicavano una concezione del potere e un programma, in cui potestas secolare e vescovile operavano insieme per accrescere l’osservanza religiosa, per incoraggiare il rispetto dell’etica cristiana e per revisionare le istituzioni dell’ecclesia. La correctio e l’emendatio erano dunque vocaboli associati all’autorità, sia rappresentata dalla legislazione regia, sia dalle disposizioni canoniche o dai vescovi riuniti in concilio. Insieme queste modalità d’azione imponevano una prassi normativa e il ripristino del corretto rispetto della tradizione e dei comandamenti che si trovano nelle Sacre Scritture. Utilizzare il vocabolario della correctio per descrivere e promuovere il compito di disciplinare la morale, il comportamento e l’organizzazione dell’ecclesia, equivaleva a presentare la propria regalità e il proprio potere coercitivo come due necessari per la salvezza del popolo cristiano e la salvaguardia della pace del regno.343

Nonostante Pipino il Breve e i suoi successori carolingi avessero continuato dunque a regnare in associazione con l’aristocrazia franca, tanto quanto avevano fatto i merovingi, la loro posizione di superiorità non si basava più unicamente sulla nascita e sulle qualità militari, ma sull’immagine del rex christianus derivata dall’esempio biblico.344

La trasformazione delle basi ideologiche della regalità franca fu però un processo di lunga durata. Come abbiamo visto, già nel VI secolo i merovingi si erano proclamati nei loro capitolari ed editti rappresentanti di Dio; in questa veste avevano cercato di presentarsi nel ruolo di garanti della pace del regno, gestendo la violenza e giustificando il potere coercitivo e la vindicta legittima in termini cristiani. Come abbiamo visto, dopo la fine del Clotario II, la corte regia e il titolo di maggiordomi di palazzo assunsero un ruolo centrale nella gestione dei regni merovingi345

. Se l’abilità politica di Desiderio III, erede di Clotario II, era riuscita a bilanciare il peso dei vescovi e dei maggiordomi di palazzo, alla sua morte, però, le successioni dinastiche furono segnate da lotta tra giovani re che cercavano

343 Sulla nozione di correctio nella tradizione legislativa tardo-antica di veda Landner, Gregory the Great, p.

24; Nelson, Limits, pp. 53-54. Sulla connessione tra la correctio e il governo del popolo cristiano(corrigere e regere) si veda Anton, Furstenspigel, pp. 57-58, pp. 95-96; Reydellet, Royauté, pp. 575-578; Buck,

Admonitio. Correctio è parte di un vocabolario che si forma nel Vi secolo nella legislazione canonica. Infatti

è utilizzato occasionalmente nei concili ispanici, come a d esempio il Concilio di Toledo, c. 1; Concilio di Merida c. 18 e il concilio di Teledo XI c. 7-8, si veda Vives (a cur. di), Concilios, p. 249; p. 338 e pp. 360- 361. Più frequentemente si trova nei concili merovingi, insieme con il termine emendatio, come ad esempio, nel concilio di Orléans I c. 5, nel concilio di Clermont c. 2, nel concilio di Orléans IV c. 15-16, nel concilio di Tours e il concilio di Chalon c. 11, c. 14, c. 18-19; a questo proposito si veda Pontal (a cur. di), Concilia, p. 6, p. 106, p. 136, p. 197 e pp. 305-307.

344 McKitterick, History, pp. 133-155

345 Sul ruolo della corte regia nell’amministrazione del regno si veda Wood, Administration, pp. 66-67;

Wood, Merovingian Kingdom, pp. 152-154. Per un approfondimento sulla funzione della corte nella gestione delle dispute si veda Fouracre, Placita, pp. 152-161

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di ottenere la supremazia guidando diverse fazioni aristocratiche in competizione per il controllo della corte regia e del sovrano.

Così nel momento in cui la competizione per il controllo dell’ufficio di maggiordomo di palazzo si intensificò, i primi carolingi trassero vantaggio da questa situazione, soprattutto nel momento in cui, in pieno VIII secolo346

. Nella realizzazione di questo progetto di conquista fu fondamentale, però, l’instaurarsi di una nuova sinergia tra il potere secolare e quello vescovile, frutto della progressiva convergenza che si realizzò tra la riforma della chiesa franca e la conquista del regno da parte dei carolingi, tra gli interessi dei vescovi e le iniziative politiche di Carlo Martello347

. Il desiderio di espandere il domino franco a est del Reno apriva infatti nuove prospettive per la crescita del popolo cristiano, e, con questa, per la possibilità di incremento del dominio dei vescovi348

. Con l’affermazione della famiglia carolingia, dunque, la cooperazione tra vescovi e potere regio si intensificò nuovamente, creando l’opportunità per ristrutturare un nuovo modello di potere349

.

Mentre il centro politico della mondo franco si spostò progressivamente lungo le direttrici est e nord, i vescovi missionari ridefinirono il tono del regime carolingio. Uno dei protagonisti di questo rinnovamento è rappresentato dall’anglosassone Bonifacio(680- 754), monaco benedettino che era stato nominato ufficialmente missionario da papa Gregorio II (715–731). Dopo aver operato come missionario in Frisia sotto la tutela di Willibrordo intorno al 716, Bonifacio, dapprima, intraprese la propria iniziativa di evangelizzazione in Assia e Turingia, a est del Reno, e, successivamente, si dedicò alla riforma della chiesa franca350

. Le opere missionarie di monaci anglosassoni e irlandesi nel continente erano attive in queste regioni da più di una generazione grazie al supporto dei re

346 Sulle campagne di Carlo Martello si veda Fouracre, Charles Martel, pp. 24-57; Goetz, Karl Martel. Sulla

tema della scrittura storica in forma propagandistica si veda McKitterick, History; Hen(a cur. di), Use

347 Sulla riforma della chiesa franca si vedano Ewig, Milo, pp. 412–440 e Riché, Renouveau culturel, pp. 59–

70 i quali riportano le principali accuse mosse dai riformatori all’episcopato franco, accusato di aver abbandonato i suoi doveri sacri. Le interpretazioni meno recenti interpretano la riforma come una risposta alle trasformazioni strutturali subite dall’episcopato merovingio, il quale a causa della crisi del potere regio si era trasformato in sorta di clero secolarizzato: Prinz, Bischöfliche Stadtherrschaft; Kaiser,

Bischofsherrschaft; Kaiser, Royauté; Ewig, Milo, pp. 412–440. Le ricerche più recenti tendono a rivedere

queste interpretazione così come l’eccessiva portata delle critiche mosse al clero basata sulle fonti. La nuova prospettiva della ricerca si trova riassunta in Fouracre-Geberding(a cur. di), Later Merovingian, pp. 49-50.

348 Gauthier, Évangélisation, pp. 269–270; Prinz, Klerus, pp. 61–62. 349 Prinz, Klerus, pp. 61–62; Werner, Naissance de la noblesse, p. 371.

350 Su Bonifacio si veda Brown, Rise, pp. 254–275; von Padberg, Mission; Greenway, Saint Boniface;

Schieffer, Winfrid-Bonifatius; Hauck, Kirchengeschichte, pp. 432–535; Levison, England, pp. 70–93; Wallace-Hadrill, Frankish Church, pp. 150–161; Coens, Saint Boniface, pp. 462–495.

franchi351

. La missione di Bonifacio, però, segnò l’inizio dell’intervento papale e della chiesa anglosassone negli affari franchi in un periodo in cui i maggiordomi di palazzo avevano intensificato i propri sforzi per espandere il dominio franco nelle stesse regioni orientali.

Il suo progetto presupponeva la possibilità di realizzare e reodinare il mondo secolare secondo l’immagine dei comandamenti divini352

. Il rispetto del corretto ordine cristiano poteva essere imposto dai vescovi missionari, attraverso modalità sperimentate da Bonifacio nel contesto anglosassone. Parallelamente alla conversione attraverso il battesimo, i missionari e discepoli di Bonifacio cercarono quindi di stabilire centri ecclesiastici nei nuovi territori evangelizzati, necessari per riorientare il paesaggio e la cultura dei Germani353. L’inclusione di nuove popolazioni nel popolo di Dio attraverso il battesimo e l’erezione di nuove chiese di governo, però, necessitava del supporto della forza militare354

. Come avveniva nei regni anglosassoni, l’occupazione del territorio rappresenta infatti un processo irrealizzabile senza la protezione dell’autorità regia355

. Senza dubbio l’interesse dei maggiordomi di palazzo nella conquista di nuovi territori a est del Reno e il loro impegno nel sostegno delle iniziative di missionarie apriva alla possibilità di combinare le opere missionarie e l’attività militare in Germania. D’altronde era stato lo stesso Carlo Martello nominare Bonifacio nelle missioni di conversione in Assia e Turingia356

. Tuttavia, in questa prima fase, la protezione militare non era costantemente possibile in Germania, e nonostante i tentativi di Bonifacio di coinvolgere i maggiordomi di palazzo carolingi nel progetto di espansione, le operazioni militari al di là del Reno si limitarono a incursioni e saccheggi.357

Queste difficoltà spinsero Bonifacio a spostare la propria attenzione verso la Gallia. A partire dal 740, sotto la sua direzione, la riforma della chiesa franca, prese forma

351 Theuws, Integration, pp. 121–136; Wallace-Hadrill, Frankish Church, pp. 144–147; Parsons, Some

Churches, pp. 31–67; Sulle missioni nelle regioni a est del Reno, tra Assia e Turingia si veda in particolare Heinemeyer, Missionierung, pp. 47–54; Koch, Expansion, pp. 270-284; Innes, State, pp. 157-159; Werner, Iren, pp. 239-318; Heinemeyer, Ausbreitung, pp. 438-48 e i i saggi contenuti nella miscellanea Buettner, Reichgeschichte. Sull’evangelizzazione in epoca carolingia si veda; Kamp- Kroker(a cur. di), Schwertmission; Sullivan, Christian Missionary; Sullivan, Carolingian Missionary, pp. 705–740; Wood, Missionaries, pp. 209–218 e Wood, Ideas, pp. 183–98 che approfondisce il pensiero e il dibattito sulle

missioni e sui metodi di conversione.

352 Schmitt, Raison, p. 83; Moore, Sacred Kingdom, pp. 207-209

353 Sulle modalità di evangelizzazione si veda Sullivan, Missionary, pp. 273–295; in particolare p. 276.

Wood, Missionary.

354 Sull’edificazione di centri ecclesiastici al di là del Reno si veda Parsons, Some Churches, pp. 40–57; Clay,

Landscapes.

355 Von Padberg, Mission, p. 96. 356 Levison, England, p. 83.

114 attraverso una serie di concili vescovili358

. Con il sostegno del pontefice Zaccaria, i sinodi affrontavano gli ambiti più disparati della vita degli ecclesiatici: si esortò il clero a condurre una vita conforme ai canoni -proibizione di portare armi, della caccia, del vestito laicale e del concubinato-, si impose la vigilanza del vescovo sui membri del clero, si prescrisse il rispetto della regola di san Benedetto, si proibirono le usanze pagane, le superstizioni e la diffusione di dottrine eretiche, si cercò di regolare l'elezione canonica dei vescovi359

.

Proprio nella promozione regia dell’attività conciliare si realizzò la sinergia tra carolingi e episcopato riformatore. La convergenza si concretizzò nel momento in cui i figli di Carlo Martello iniziarono a consolidare la posizione della famiglia dopo la morte del padre nel 741. Carlomanno e Pipino sposarono la causa della riforma della chiesa franca in parte come mezzo per assicurarsi il controllo sull’episcopato, e in parte come strumento per ottenere risorse di potere, sia materiali che simboliche, nell’affermazione del potere in Gallia.360 Così, prima di abbandonare la scena politica e ritirarsi nel monastero di Montecassino, Carlomanno sostenne l’iniziativa di riforma di Bonifacio, presiedendo una serie di sinidi. Il primo fu il concilio germanico del 742, convocato per coordinare le nuove sedi vescovili in Germania con quelle nella regione austrasiana del regno. Sebbene i suoi canoni fossero proclamati dai vescovi in modo indipendente, i provvedimenti conciliari furono confermati da una serie di capitoli emanati sotto l’autorità del maggiordomo di palazzo. Lo stesso avvenne l’anno successivo nel concilio di Lestinnes, nel 743. In pieno VIII secolo, parallelo la legislazione dei maggiordomi di palazzo, promulgata durante grandi assemblee generali in cui l’aristocrazia del regno si riuniva con i sinodi episcopi, iniziò quindi a essere dominata da preoccupazioni tipicamente vescovili.361

Già nel corso del regno merovingio, la normativa regia aveva ripreso e sancito delle prescrizioni conciliari.362

Inoltre, la procedura era la medesima che si era affermata da tempo nel contesto anglosassone da cui proveniva Bonifacio, nel quale le assemblee regie si tenevano nello stesso luogo e periodo dei sinodi.363

Questi incontri erano un’occasione per

358 Sul rinnovamento della chiesa franca si veda Reuter, Kirchenreform, pp. 35–59. Jarnut, Bonifatius, p. 11;

Moore, Sacred Kingdom, p. 218. Sulla della riforma di bonifacio si veda. Noble, Boniface, pp. 327–40;

Airlie, Frankish Aristocracy, pp. 255-269

359 Gauthier, Évangélisation, p. 269.

360 Fouracre-Geberding(a cur. di) Later Merovingian, p. 50. Sulla riforma della chiesa al tempo di Carlo

Martello si vedano Reuter, Kirchenreform e Goetz, Karl Martel

361 Heidrich, Synode, p. 416 362

Levison, England, pp. 84–85. Sulla legislazione di Ine: Haddan – Stubbs (a cur. di), Councils, pp. 214–19.

363 Vollrath, Die Synoden, p. 122; si veda anche Deanesly, Pre-Conquest Church, p. 24. Un esempio classico

dimostrare pubblicamente l’organizzazione e il progetto comune a cui ambivano potere spirituale e secolare.

Con il sostegno regio l’episcopato riformato di Bonifacio ottenne una sanzione ufficiale su questa nuova cooperazione da parte dell’autorità secolare, capace di sostenere le ambizioni del progetto di correzione della società franca e conversione del mondo germanico. Incorporata nei capitolari, la legislazione canonica assunse infatti una nuova forma e una più ampia portata, potendo contare su un potere militare e coercitivo non equiparabile alle generazioni precedenti.364

Adottando queste modo di promulgare la legislazione, invece, i carolingi riesciurono a portare i vescovi riformatori all’interno del loro governo365

e acquisirono un importante strumento di legittimazione. La portatata di questa relazione si rivela nella prefazione al concilio germanico del 742, in cui Carlomanno introduce gli obiettivi della riforma, attaccando la dinastia merovingia:

«loro chiesero consiglio su come la legge di Dio e la religione ecclesiastica, che sono cadute in rovina nei giorni dei precedenti principi, possa essere recuperata; come il popolo cristiano possa giungere alla salvezza delle proprie anime e non soccombere, venendo ingannato da falsi preti.»366

Il documento rappresenta un momento cruciale nella legittimazione del potere assunto dai maggiordomi di palazzo e una delle prime iniziative ufficiali verso la rimozione della dinastia merovingia. Definendosi capo e princeps dei Franchi, riferendosi al regno dei Franchi come il suo regno e presentandosi come il difensore della legge di Dio contro i merovingi, di fatto Carlomanno opera una rivendicazione implicita al titolo regio. L’intima connessione tra la riforma della chiesa e l’usurpazione del regno non poteva essere definita in modo più chiaro. I merovingi erano accusati del degrado del popolo cristiano. La crisi del regno desritta da Carlomanno era considerata una testimonianza del loro fallimento nella veste di garanti della pace del regno e della salvaguardia della cristianità. L’accusa metteva in discussione la leggitimità della loro potestas.367

Alleandosi

trovano delle disposizioni che affrontano una serie di problematiche sollevate dal clero, confermando il diritto di asilo e la punizione per il mancato battesimo degli infanti. Si veda Levison, England, pp. 84–85. Sulla legislazione di Ine: Haddan – Stubbs (a cur. di), Councils, pp. 214–19.

364 Moore, Sacred Kingdom, pp. 220-225 365 Geary, Before France and Germany, p. 217 366

MGH Conc. 2.1 Concilium Germanicum(743), pp. 1-4: «Ut mihi consilium dedissent quomodo lex Dei et ecclesiastica religio recuperetur, quae in diebus preteritorum principum dissipata corruit, et qualiter populus christianus ad salutem anime pervenire possit et per falsos sacerdotes deceptus non pereat»; cfr. MGH Capit.

I c.1, pp. 24. Sul proemio di Carlomanno si veda Heuclin, Hommes, p. 246

367 I falsi preti contro cui il concilio e il re si erano schierati erano rappresentati, nella mente di Bonifacio, da

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con Bonifacio, il suo gruppo di vescovi germanici- erano presenti i vescovi di Wuerburg, Colonia, Erfutrt- l’aristocrazia a loro legata, Carlomanno espresse, attraverso la legislazione, la volontà di schierarsi contro la dinastia dei merovingi. Il linguaggio e la riconcettualizzazione del passato iniziarono così ad essere usati come strumento di potere nella deposizione dei merovingi.

L’abbandono della scena politica da parte di Carlomanno e il suo conseguente ritiro nel monastero di Montecassino (747) non sancirono la fine di questa riforma. Anche Pipino III, infatti, sostenne il movimento di riforma di Bonifacio, convocando il sinodo tenuto a Soissons nel 744 e il concilio franco del 747. Qui, Bonifacio si impegnò per il ripristino delle sedi vescovili metropolitane: Rouen, Reims e Sens nel disegno del missionario anglosassone, avrebbero dovuto avere autorità su tutti i vescovi nelle loro diocesi368

. L’effetto principale dei porvvedimenti di Soissons riforma fu però un altro: durante il sinodo, Pipino ripeté l’attacco di Carlommanno contro la dinastia merovingia. «Pipino e i suoi vescovi sono riuniti», si legge, «per esaminare come la legge di Dio e il governo ecclesiastico possano essere recuperati, dopo essere stati dissipati e fatti collassare durante i precedenti regni»369. Il concilio di Soissons marca un importante passo in direzione del processo di acquisizione del potere e della formazione della nuova regalità. La decisione finale presenta infatti nella novità, secondo cui la decisione del concilio avrebbero dovuto essere rafforzate dal principe, i vescovi e i conti del regno. L’obbedienza alla legislazione conciliare era equiparata all’obbedienza al potere regio.

Il pontefice Zaccaria (papa dal 741 al 752) si interessò a questi eventi, e fece dell’attacco di Bonifacio ai falsi preti il contenuto del grande concilio tenuto a Roma nel 745. Bonifacio fu presente di fronte al concilio dopo aver organizzato un sinodo franco per destituire i vescovi eretici Adalberto e Clemente: questi due personaggi, erano stati accusati di diffuso diverse strane credenze, tra cui quella secondo cui Gesù sarebbe stato concepito regolarmente da Maria e Giuseppe, per poi essere incoronato dalla grazia di Dio. Anche i principi franchi sono menzionati negli atti per aver giocato un ruolo importante

era vescovo di Treviri e Reims, e Milo, pur essendo un semplice chierico, ereditò dal padre il controllo su queste chiese, guadagnandosi la reputazione di tiranno. Ewig, Milo, p. 421; Prinz, Klerus, p. 67.

368 Schüssler, Reichsteilung, pp. 47–112. MGH Conc.2.1 Concilio di Soissons(744), p. 34: «Constituemus

super eos archiepiscopus Abel et Ardobertum,». McKitterick, Frankish Kingdoms, pp. 53–55.

369 MGH Conc.2.1 Concilio di Soissons(744), p. 34: «Lex Dei et ecclaesiastica regula recuperetur, que in

diebus priorum principum dissipata corruit» Sul motivo dei re fannulloni e sugl ultimi re merovingi si veda Wood, Usurpers, pp. 15-31; Kölzer, Letzten Merowingerkönige, pp. 33–60.