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Dall’Età medievale alle soglie del XX secolo

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA SAPIENZA (pagine 134-0)

2. La soggettività internazionale della Santa Sede

2.5. L’attività di arbitrato e di mediazione

2.5.2.1. Dall’Età medievale alle soglie del XX secolo

È nei decenni antecedenti alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, che si può probabilmente individuare la prima missione papale diretta a scongiurare le efferatezze conseguenti ad uno scontro armato. In un imprecisato limbo tra storia ed agiografia, molto noto risulta l’episodio dell’incontro tra Leone I ed Attila: in terra mantovana, secondo taluni, si rivelò provvidenziale la presenza del Successore di Pietro nell’ambasceria che si recò dal re degli Unni, salvando l’Urbe da sicura devastazione521. In ogni caso, a prescindere dalla rievocazione appena riportata, si può rammentare come, nell’Evo Medio, la centralità dell’istituzione ecclesiale abbia permesso alla figura papale di fungere da rispettato e temuto arbitro nelle contese che dilaniavano l’Europa del tempo522.

risoluzione di controversie, la conferma di decisioni di controversie, la revisione di decisioni imperiali, il divieto di risolvere con il duello le controversie, il comando di eseguire la decisione pontificia, la condanna del non riconoscimento delle decisioni pontificie, la decisione di soprassedere alla risoluzione delle controversie, la reintegrazione del diritto leso preliminarmente all’esame della controversia”. A.LANZA, La Santa Sede e le Conferenze della pace dell’Aja del 1899 e 1907, op. cit., p. 65.

520 L’opera di mediazione e di arbitrato della Sede Apostolica ha comunque sempre costituito, pur nelle sue specificità, fonte di significativa visibilità e di credito presso le potenze statuali. Cfr. G. BARBERINI, Russia zarista, Unione Sovietica e Santa Sede, novembre 2010, pp. 2-3, reperibile online sul sito:

http://www.statoechiese.it/images/stories/2010.11/barberini_russiam.pdf.

521 M. CANCLINI, L’arbitrato Pontificio, Tipografia Casa Divina Provvidenza, Como, 1918, pp. 25-29; E.SODERINI, Arbitrati e mediazioni papali, Tipografia A. Befani, Roma, 1885, p. 10.

522 Alcuni tra i più importanti interventi dei Pontefici, posti in essere in tale periodo, sono elencati in: A.LANZA, La Santa Sede e le Conferenze della pace dell’Aja del 1899 e 1907,

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Al di là del dinamismo evidenziabile in epoca bizantina e longobarda523, fu negli anni di sviluppo e consolidamento della Riforma Gregoriana che poté cogliersi - nella sua portata più ampia - la profonda valenza delle attività di arbitrato e mediazione della Santa Sede. Nel contesto geopolitico scaturente dalla Res Publica Christiana, invero, di grande rilievo possono definirsi gli interventi posti in essere dai Pontefici al fine di dirimere - sovente in via autoritativa - quelle contese che ne turbavano la pace524.

Possono segnalarsi le molteplici iniziative assunte da Innocenzo III, tra il 1198 e il 1205, e dirette a ricomporre le diatribe sorte tra Leone, re di Armenia, e Boemondo IV d’Antiochia, conte di Tripoli525. Parimenti, merita di essere ricordato l’apporto reso da Gregorio IX, nel 1236, al fine di addivenire ad una risoluzione della controversia tra il re danese Valdemaro ed i Cavalieri della Milizia di Cristo526.

Nei decenni successivi, tuttavia, nel più vasto quadro di progressiva recessività dell’ordinatio ad unum medievale, è da sottolineare la differente caratterizzazione delle statuizioni papali, che andarono pian piano perdendo l’assolutezza del loro portato, a causa della crescente influenza delle monarchie nazionali.

Emblematica può ritenersi l’insofferenza palesata da Filippo il Bello e da Edoardo I Plantageneto, già sul finire del XIII secolo, in merito alle intromissioni di Bonifacio VIII nel conflitto in corso tra essi. Il re d’Inghilterra, nella circostanza, giunse finanche a prospettare l’idea di un arbitrato dai margini più larvati, condotto dallo stesso Papa Caetani

op. cit., p. 69; A.APEDDU, L’arbitrato internazionale ed il Papa, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliari, IX, 1895, pp. 363-377.

523 E.SODERINI, Arbitrati e mediazioni papali, op. cit., pp. 11-13.

524 G.CATALANO, Arbitrato pontificio, op. cit., pp. 995-996.

525 Nell’occasione, manifesto si rivelò il desiderio del Papa di far prevalere “la forza del diritto sulla forza delle armi”. Cfr. A.LANZA, La Santa Sede e le Conferenze della pace dell’Aja del 1899 e 1907, op. cit., pp. 65-66.

526 A.BERNAREGGI, Arbitrato pontificio, in Enciclopedia Ecclesiastica, Marietti, Torino, 1942, vol. I, pp. 245-247.

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“tamquam privata persona”: dopo aver accolto positivamente siffatta proposta (si pensi a quanto deducibile dagli atti del 27 giugno 1298), il Pontefice anagnino ritornò sui propri passi, emanando una bolla che - pur confermando ex-post i provvedimenti già presi - sanciva la reimmissione della vicenda nell’alveo “ufficiale” delle decisioni papali527.

Altrettanto indicativa, proseguendo, è la richiesta di intervento rivolta, nel 1317, da alcuni comuni delle Fiandre, affinché il Pontefice formulasse - in termini assolutamente non vincolanti - un progetto di risoluzione delle problematiche sottopostegli528.

Fu inoltre importante, agli albori dell’epoca coloniale, lo “pseudo-arbitrato”

esercitato da Alessandro VI - in relazione alla ripartizione delle sfere di influenza sulle scoperte post-colombiane - con la Bolla Inter Coetera del 4 maggio 1493. Ad essa seguì, poi, in virtù delle proteste portoghesi, la confirmatio apostolica di Giulio II (contenuta nella Bolla Ea quae del 24 gennaio 1506), che andava a ribadire le demarcazioni delineate con il Trattato di Tordesillas (1494)529.

Sempre più chiaro, pertanto, appariva il mutato ruolo svolto dal Pontefice nello scenario europeo: da insindacabile istanza nella composizione delle dispute diplomatiche, questi veniva ad assumere una più compressa funzione, amministrata solo su invito delle potenze cattoliche.

D’altra parte, le problematiche di natura religiosa che sconvolsero il Vecchio Continente e l’epilogo di Westfalia (1648), giunsero a rendere rada l’attività di mediazione e di arbitrato della Sede Apostolica: in seguito alla pronuncia di un lodo arbitrale, nel 1702 - a proposito dei diritti di successione sull’Elettorato Palatino - occorsero oltre cento anni prima che tale ufficio venisse nuovamente esercitato530.

527 G.CATALANO, Arbitrato pontificio, op. cit., pp. 996-997.

528 Ivi, p. 997.

529 A.BERNAREGGI, Arbitrato pontificio, op. cit., pp. 248.

530 G.CATALANO, Arbitrato pontificio, op. cit., p. 999.

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2.5.2.2. Leone XIII e la Conferenze della Pace dell’Aja del 1899.

“Ma chi l’arbitro, chi il mediatore? Uno solo; il Papa!”. La zelante esclamazione del Soderini531 rappresenta al meglio il rinnovato apprezzamento per la Santa Sede, sul finire del XIX secolo, in fatto di risoluzione delle controversie internazionali532. Un aspetto del tutto singolare e al contempo decisamente significativo, questo, laddove si consideri che, in quel periodo, il Pontefice era privo di qualsivoglia potestà di carattere territoriale.

Degna di nota è la clausola compromissoria prevista nel Trattato di Amicizia tra Perù e Colombia del 1905, diretta ad obbligare i due Stati a rivolgersi alla Sede Apostolica - salve alcune fattispecie - in caso di futuri attriti tra le parti533.

E sono altresì meritevoli di richiamo le mediazioni che furono poste sotto l’egida di Leone XIII534. In primo luogo, tra il settembre e il dicembre del 1885, Papa Pecci venne coinvolto dal cancelliere Bismarck nel tentativo di

531 E.SODERINI, Arbitrati e mediazioni papali, op. cit., p. 5.

532 Sulla base di quanto riportato in J. EPPSTEIN, The Catholic Tradition of the Law of Nations, The Lawbook Exange, Union-New Jersey, 2008, pp. 470-474, il Prof. Buonomo opera una classificazione - secondo le categorie del diritto internazionale - dell’attività papale compiuta nel periodo indicato: “a) buoni uffici: nella controversia delle frontiere del Congo insorta tra Gran Bretagna e Portogallo (1890); appello all’Imperatore d’Etiopia Menelik per i prigionieri di guerra italiani (1896); per prevenire il conflitto tra Stati Uniti e Spagna relativamente a Cuba (1898); b) mediazione: per prevenire la guerra tra Francia e Prussia (1870); richiesta da Gran Bretagna e Venezuela per definire le frontiere della Guyana (1894); c) arbitrato: delimitazione delle frontiere tra Ecuador e Perù (1893);

delimitazione delle frontiere tra Argentina e Cile (1900-1903); delimitazione delle frontiere tra Ecuador e Colombia (1906); controversia sul possesso delle miniere d’oro tra Brasile e Bolivia (1909) e Brasile e Perù (1910); offerta di arbitrato ad Argentina, Cile e Brasile (1914)”. Cfr. V. BUONOMO, Considerazioni sul rapporto tra diritto canonico e diritto internazionale, op. cit., p. 32, nota 42. Si veda, altresì, I.E. CARDINALE, Le Saint-Siège et la diplomatie: aperçu historique, juridique et pratique de la diplomatie pontificale, op. cit., p. 46.

533 Un’attenzione che si accresce ove si evidenzi che la predetta clausola chiariva che la Santa Sede avrebbe dovuto procedere nel giudizio, tenendo conto dei principi di diritto internazionale. Cfr. G.CATALANO, Arbitrato pontificio, op. cit., p. 999.

534 Particolarmente interessante è quanto illustrato in :J.M.TICCHI, L’Amerique Centrale et l’Amérique du Sud terres d’élection des interventions pacificatrices du Saint-Siége de Leon XIII à Benoît XV?, in Hispania Sacra, 56, 2004, pp. 333-364.

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risoluzione della controversia tra Regno di Spagna e Reich tedesco, in merito alla sovranità delle Isole Caroline e delle Isole Palau. Il Pontefice, dopo aver rifiutato incombenze di natura specificamente arbitrale, diede vita ad fitta serie di comunicazioni tra le cancellerie di Berlino e di Madrid - volte, inter alia, a vigilare su alcune ambiguità mostrate dalle due compagini governative - che sfociarono nella firma, in Vaticano, di un accordo che attribuiva i citati possedimenti al re Alfonso XII di Borbone, e che - parimenti - assegnava importanti diritti di sfruttamento, sui medesimi arcipelaghi, all’Impero germanico535.

In secondo luogo, è da menzionare l’intervento della Santa Sede, nel 1895, volto a sanare la disparità di vedute tra Haiti e la Repubblica Dominicana, in relazione all’applicazione del principio dell’“uti possidetis”536 per la delimitazione delle frontiere: centrale, nella questione, risultava l’interpretazione da darsi al Trattato stipulato nel 1874, dai due Stati, per la regolamentazione dei confini. Anche nella vicenda in esame, tuttavia, non mancarono gravi incongruenze nelle condotte di entrambe le parti: dinanzi ad una condizionata adesione della Sede Apostolica alla richiesta giuntale, dopo alcuni anni di stallo, la problematica venne definitivamente risolta dalla Corte Permanente di Giustizia537.

In ogni caso, il riconoscimento dell’attività diplomatica vaticana in materia, divenne di tale pregnanza che, in occasione del XIV Congresso Cattolico

535 Cfr.A.LANZA, La Santa Sede e le Conferenze della pace dell’Aja del 1899 e 1907, op.

cit., pp. 74-82.

536 A proposito di tale importante principio per il diritto internazionale, si rinvia alla lettura di S.LALONDE, Determining Boundaries in a Conflicted World: the Role of Uti Possidetis, Kingston-Mc Gill-Queens University Press, Montreal, 2002; G.NESI, L’uti possidetis iuris nel Diritto Internazionale, Cedam, Padova, 1996; S.R.RATNER, Drawing a Better Line:

Uti Possidetis and the Borders on New States, in The American Journal of International Law, 90, 1996, 4, pp. 590-624; A.O.CUKWURAH, The Settlement of Boundary Disputes in International Law, Oceana Publications, New York, 1967.

537 In modo particolare, la Santa Sede non gradiva che - come previsto nel dettato haitiano - il proprio intervento dovesse limitarsi all’interpretazione di un solo articolo del trattato.

Cfr. A.LANZA, La Santa Sede e le Conferenze della pace dell’Aja del 1899 e 1907, op.

cit., pp. 83-88.

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Italiano, nel 1896, mons. Raffaele De Martinis prospettò finanche la stabile istituzionalizzazione di un organismo arbitrale guidato dal Papa538.

A conferma di quanto asserito, v’è da accennare al desiderio dello zar Nicola II - notificato per vie ufficiali nell’agosto del 1898 - di ottenere il supporto della Santa Sede per la buona riuscita della Conferenza internazionale che aveva intenzione di convocare539: obiettivo della stessa era quello di portare le potenze del tempo ad accettare una generale limitazione degli armamenti e di fondare una pace duratura che poggiasse sul condiviso sentire di alcuni principi540. Sul punto, non mancarono coloro che giunsero a sostenere che la principale fonte d’ispirazione dell’iniziativa del sovrano russo potesse identificarsi in Leone XIII541.

Al generale interesse per le tematiche da affrontarsi in tale consesso, si affiancò ben presto - da parte della Sede Apostolica - una peculiare attenzione per il punto 8 della nota programmatica che avrebbe scandito il calendario degli incontri, nelle cui righe si proponeva lo stabilirsi di una prassi concernente i buoni uffici, la mediazione e l’arbitrato facoltativo542. Per lo meno inizialmente, poi, il cardinale Rampolla del Tindaro parve intravedere nel congresso che si sarebbe tenuto all’Aja a partire dal maggio del 1899, un’opportunità per internazionalizzare la Questione Romana: la

538 Cfr. F. OLGIATI, La Chiesa nel mondo internazionale, in AA. VV., La Comunità Internazionale. Atti della XXII Settimana Sociale, Edizioni dell’Icas, Roma, 1949, p. 10.

539 G. BARBERINI, Russia zarista, Unione Sovietica e Santa Sede, op. cit., p. 2; A.

MARTINI, La Questione Romana e il mancato invito della S. Sede per la prima conferenza dell’Aja nel 1899, in La Civiltà Cattolica, 1962, I, p. 222.

540 Le Conferenze dell’Aja del 1899 e del 1907 costituiscono tappe imprescindibili per la codificazione del c.d. diritto internazionale umanitario. Cfr. E. GREPPI, Diritti umani e diritto internazionale umanitario, in L. PINESCHI (a cura di), La tutela internazionale dei diritti umani: norme, garanzie, prassi, Giuffrè, Milano, 2006, p. 805.

541 G. BARBERINI, Russia zarista, Unione Sovietica e Santa Sede, op. cit., p. 10; A.

MARTINI, La Questione Romana e il mancato invito della S. Sede per la prima conferenza dell’Aja nel 1899, op. cit., p. 222.

542 L’elenco dei punti all’ordine del giorno, presentato dal conte Muravioff ai diplomatici di stanza a San Pietroburgo il 12 gennaio 1899, è contenuto in: G. BARBERINI, Russia zarista, Unione Sovietica e Santa Sede, op. cit., p. 14, nota 25.

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partecipazione della Santa Sede, conseguentemente, ove confermata, sarebbe risultata utile sotto plurimi profili543.

Di opposto avviso, tuttavia, si mostrò lo Stato italiano, il quale fu rigidamente contrario ad un invito che avrebbe permesso ad un rappresentante papale di prendere parte alla conferenza, dando adito ad una implicita precarietà dello stato di cose prodottesi con la debellatio del 1870544.

In un delicato gioco diplomatico, diretto a conciliare la tradizionale deferenza verso il Pontefice e l’amicizia nei rapporti con il Regno d’Italia, non mancarono intercessioni, specie da parte francese, tese a trovare compromessi di forma e di sostanza; nondimeno, dinanzi all’inappellabile contrarietà mostrata dal gabinetto Pelloux, prevalse la scelta di non invitare la Sede Apostolica: pur valutando i possibili contraccolpi di politica interna che si sarebbero potuti verificare - in tutta Europa - a causa delle agitazioni dei cattolici, in nome del successo della conferenza si impose, quindi, la posizione italiana545.

La presenza vaticana, pertanto, nell’occasione risultò limitata ad una missiva di Papa Pecci - letta nel corso della seduta conclusiva - con la quale questi aveva risposto, tardivamente, ad una omaggiante lettera scrittagli dalla regina Guglielmina d’Olanda546.

543 A. MARTINI, La Questione Romana e il mancato invito della S. Sede per la prima conferenza dell’Aja nel 1899, op. cit., p. 223.

544 Sulle ragioni esposte dal governo italiano, si vedaG.BARBERINI, Russia zarista, Unione Sovietica e Santa Sede, op. cit., p. 15.

545 A. MARTINI, La Questione Romana e il mancato invito della S. Sede per la prima conferenza dell’Aja nel 1899, op. cit., pp. 228-231.

546 Di seguito, si riportano i passaggi più significativi della lettera inoltrata da Papa Pecci:

“[S]timiamo a noi specialmente convenire di prestare un appoggio non solo morale, ma effettivo, trattandosi di oggetto di per sé nobilissimo ed intimamente connesso con il nostro ministero, al quale il divino fondatore della Chiesa ed una lunga serie di secoli hanno tramandata e riconosciuta quasi un’alta investitura di pace. (…) La storia poi fa fede come per opera dei nostri predecessori e sotto i loro benefici influssi, fossero mitigate le inevitabili leggi della guerra, impedite spesse volte nelle contese di popoli e di Principi, lotte e stragi sanguinose; definite e composte ardue controversie fra Nazioni, e sostenute le ragioni dei deboli contro dei forti. Anche a noi, malgrado l’anormale condizione in cui versiamo, venne felicemente dato di conciliare illustri Nazioni, come la Germania e la

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Gli esiti descritti pesarono significativamente nella successiva non ammissione di rappresentanti della Santa Sede, tra gli arbitri inseriti nella lista depositata presso l’istituenda Corte Permanente di Arbitrato; e soprattutto nella mancata inclusione tra le potenze invitate alla successiva Conferenza che si sarebbe tenuta, presso la medesima città dei Paesi Bassi, nel 1907547.

2.5.2.3. La mediazione per il Canale di Beagle ed i più recenti sviluppi.

Nonostante le affermazioni contenute nell’art. 24, comma 1 del Trattato del Laterano - volutamente aperte alla possibilità, da parte della Sede Apostolica, di esercitare le opere di mediazione ed arbitrato548 - per gran parte del XX secolo, ai più, l’attività pontificia in materia parve una disciplina da ricomprendere tra quelle ormai destinante al mero studio storiografico549. Si trattava, tuttavia, di una valutazione a dir poco errata.

Ancora una volta, invero, è da sottolineare come l’anelito conciliare e la perdita di una connotazione fortemente filo-atlantista, funsero da incentivo ad una nuova considerazione della figura papale: la Santa Sede, sempre più pronta ad iniziative solerti nei confronti della persona umana - che

Spagna, ed oggi stesso nutriamo fiducia di pacificare due Stati dell’America del Sud, che al nostro arbitrato hanno sottoposto le loro contestazioni. Intendiamo pertanto, poiché ce ne incombe il dovere, di continuare a compiere questa tradizionale missione del Pontificato, senza tenere conto degli ostacoli che possano attraversarla (…)”. Cfr. A.

LANZA, La Santa Sede e le Conferenze della pace dell’Aja del 1899 e 1907, op. cit., p.

122.

547 Cfr. G.BARBERINI, Russia zarista, Unione Sovietica e Santa Sede, op. cit., p. 19, nota 33. Preme evidenziare che non mancarono formulazioni - a livello di bozza - che acconsentivano espressamente agli interventi pacificatori del Papa. Cfr. A. LANZA, La Santa Sede e le Conferenze della pace dell’Aja del 1899 e 1907, op. cit., p. 179.

548 Cfr. F.ZANCHINI DI CASTIGLIONCHIO, Identità storica del papato e crisi del regime di cristianità tra i patti lateranensi e il postconcilio. Forme e strategie di esercizio del

“potere spirituale” nel declino dell’occidente. Appunti per una sintesi descrittiva (1930-1990), novembre 2012, p. 7, reperibile online sul sito:

http://www.statoechiese.it/images/stories/2012.11/zanchini_identita.pdf.

549 Cfr. S.FERLITO, La Santa Sede e il mantenimento della pace: il caso del Beagle, in Il Diritto Ecclesiastico, 1985, 1-2, p. 64.

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prescindessero da preclusioni ideologiche - era pronta a rivestire il ruolo di prestigioso ed imparziale riferimento pacificatore.

Se sotto un profilo storico e politico può richiamarsi l’intervento di Giovanni XXIII nelle drammatiche ore vissute durante la crisi di Cuba (ottobre 1962)550, è soprattutto la vicenda relativa alle dispute tra Argentina e Cile, per il controllo di alcuni isolotti nel Canale di Beagle, che permette di cogliere al meglio l’essenza dell’attività sopra indicata551.

Approfondendo il caso di specie, la scoperta di giacimenti auriferi e le evoluzioni del diritto del mare (di lì a poco recepite nella Convenzione di Montego Bay), avevano acuito la rilevanza strategica dell’area in questione, rendendo concreto il rischio di un conflitto armato552. In seguito al disconoscimento, da parte argentina, del lodo britannico del 1977, fu la disponibilità offerta da Giovanni Paolo II, nel tardo 1978, a frenare l’escalation delle tensioni in atto tra le due Repubbliche sudamericane553. Grazie ad una serie di preziosi accorgimenti giuridici554, ed all’ausilio esperienziale del cardinale Antonio Samorè - precedentemente nunzio

550 V. supra, par. 1.8..

551 La vicenda del Canale di Beagle rappresenta un classico esempio di mediazione riportato nella manualistica di diritto internazionale. Cfr. A.REMIRO BROTÓNS, Derecho international, op. cit., p. 837; R.M.M.WALLACE, International Law, op. cit., p. 314; N.

RONZITTI, Introduzione al Diritto Internazionale, op. cit., p. 268; B. CONFORTI, Diritto Internazionale, op. cit., p. 434; C.FOCARELLI, Diritto Internazionale, op. cit., p. 901.

552 Cfr. D.VECCHIONI,Il canale di Beagle. Storia di una controversia,in Rivista di studi politici internazionali,62,1995,pp.537-543;S.FERLITO, La Santa Sede e il mantenimento della pace: il caso del Beagle, op. cit., p. 72; L. PANELLA, Controversia tra Cile e Argentina sul Canale di Beagle. Dai precedenti tentativi di soluzione alla mediazione della Santa Sede, in La Comunità Internazionale, XXXV, 1980, pp. 664-665; J. DE LA

ROCHÉRE, L'affaire du canal de Beagle (sentence rendue par la Reine d'Angleterre le 22 avril 1977), in Annuaire française de droit international, 23, 1977, pp. 408-435.

553 L.PANELLA, Controversia tra Cile e Argentina sul Canale di Beagle. Dai precedenti tentativi di soluzione alla mediazione della Santa Sede,op. cit., pp.682-684;G.RULLI, La mediazione della Santa Sede fra Argentina e Cile per la zona australe dei due Paesi, in La Civiltà Cattolica, 1979, I, pp. 473-478;A.BROUILLET, La médiation du Saint-Siège dans le différend entre l'Argentine et le Chili sur la zone australe, in Annuaire française de droit international, 25, 1979, pp. 47-73.

554 Si pensi al secondo dei due accordi di Montevideo, dell’8 gennaio 1979, in cui la Sede Apostolica inserì misure atte a preservare la pace nel corso della trattativa; o allo scambio di note datato 8 settembre 1982, necessario per garantire un quadro legale di sicurezza, che

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apostolico in Colombia ed a lungo Segretario della Congregazione per gli Affari Ecclesiastici Straordinari - il timore di sanguinose operazioni belliche venne definitivamente accantonato con la stipulazione in Vaticano, il 29 novembre 1984, del “Trattato di Pace e di Amicizia”555.

Da allora, in numerose altre occasioni e con molteplici mezzi, la Sede Apostolica ha ribadito il proprio costante interesse per la causa della pace556.

Da allora, in numerose altre occasioni e con molteplici mezzi, la Sede Apostolica ha ribadito il proprio costante interesse per la causa della pace556.

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