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Dalla Rivoluzione Francese alla Restaurazione

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA SAPIENZA (pagine 36-42)

1. Profili storici. Dagli albori della Cristianità ai nostri giorni

1.6. Dalla Rivoluzione Francese alla Restaurazione

In un clima di perdurante difficoltà, gli echi della Rivoluzione Francese segnarono una svolta epocale per la Sede Apostolica: nel turbinio di quegli eventi, Pio VI e Pio VII - insieme alla gran parte dei protagonisti dello

110 S. ANDRETTA, Clemente XI, op. cit., p. 309.

111 A.M. BETTANINI, I concordati dell’età dell’assolutismo, op. cit., p. 249.

112Cfr.G.MARTINA, Storia della Chiesa. Da Lutero ai nostri giorni, op. cit., vol. II, pp.

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scenario politico di allora - si ritrovarono ad essere inconsapevoli “vittime delle res novae”113.

V’è da premettere che, tuttavia, per lo meno nelle primissime battute, le istituzioni ecclesiastiche non furono particolarmente ostili alle deliberazioni dell’Assemblea Nazionale transalpina114.

Se le preoccupazioni della Santa Sede emergevano solo in termini piuttosto blandi115, la gran parte delle gerarchie cattoliche francesi si mostrò addirittura aperta e favorevole al cambiamento; e ciò almeno fino all’emanazione della Costituzione Civile del Clero. Fu soltanto con quest’ultima, emanata il 12 luglio 1790 e fortemente improntata su principi gallicani, che poté rilevarsi una decisa inversione di tendenza. Ad aggravare la situazione si aggiunse la previsione normativa del 27 novembre 1790, secondo cui tutti gli appartenenti alla classe sacerdotale ed episcopale avrebbero dovuto giurare pubblicamente, nel corso di una solenne funzione, sulla suddetta Costituzione116.

Pertanto, fu in replica a tale decisione che il 10 marzo 1791, Pio VI, sollecitato da una missiva indirizzatagli dai vescovi membri del consesso costituente, ruppe apertamente gli indugi, condannando duramente - nel Breve “Quod Aliquantum” - gli eventi in atto e ribadendo, con fermezza, l’autorità della Sede Apostolica117.

Ciononostante, l’escalation delle imposizioni e delle violenze rivoluzionarie118 si espanse raggiungendo le regioni italiane, in virtù delle

113 G. DALLA TORRE, Le radici cristiane dell’Europa. Il ruolo della Chiesa dalla Rivoluzione francese alla “Rerum novarum”, op. cit., p. 73.

114 D’altra parte, “La Rivoluzione francese costituì un assalto alla religione. Ma non nacque come tale”. L. MEZZADRI, La Rivoluzione Francese e la Chiesa, Città Nuova, Roma, 2004, p. 27.

115 Ivi, p. 76. Una palese condanna si registra inizialmente soltanto nell’allocuzione concistoriale del 29 marzo 1790, i cui effetti si rivelarono piuttosto circoscritti.

116 Cfr. Ivi, pp. 75-97.

117 M. CAFFIERO, Pio VI, op. cit., p. 501.

118 Cfr. C. CARDIA, Principi di Diritto Ecclesiastico. Tradizione europea legislazione italiana, op. cit., pp. 78-79.

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campagne militari ivi guidate dal giovane generale Bonaparte. Tra il 1796 e il 1797, questi procedette - in più fasi - all’invasione dello Stato della Chiesa, ricavandone ampi territori (oltre a numerose indennità economiche e a molteplici capolavori artistici) con la conclusione della Pace di Tolentino (febbraio 1797).

Per di più, l’uccisione, ad opera delle truppe papaline, del generale Duphot - momentaneamente di stanza a Roma - portò ad un ulteriore peggioramento della situazione. La sacralità dell’Urbe venne violata dai francesi (febbraio 1798), mentre - a seguito della proclamazione della nuova Repubblica Romana - papa Braschi veniva condotto in esilio a Valence, cittadina nella quale morì prigioniero nel 1799119.

Poco dopo, in considerazione della volontà stabilizzatrice di Napoleone120 (nel frattempo asceso a cariche di sempre maggior rilievo), per la Santa Sede si aprì un periodo carico di ancor più complesse ed alterne vicende.

Eletto al soglio pontificio Barnaba Chiaramonti121 - che prese nome di Pio VII - possono sottolinearsi le significative aperture conciliatrici del console còrso122, che funsero da prodromi per la stipulazione del concordato del luglio del 1801123. Al riguardo, dopo mesi di intense trattative, grazie

119 M. CAFFIERO, Pio VI, op. cit., pp. 505-506.

120 C. CARDIA, La Chiesa tra storia e diritto, op. cit., p. 61. “Napoleone ha bisogno della Chiesa, come capita prima o poi a chiunque la combatta”.

121 Visti gli sconvolgimenti in corso, il conclave si svolse a Venezia tra il dicembre del 1799 e il marzo del 1800, su offerta dell’imperatore d’Austria. Cfr. A. MELLONI, Il Conclave. Storia dell’elezione del Papa, op. cit., p. 147.

122 Si fa specifico riferimento al discorso pronunciato, il 5 giugno 1800, dinanzi ai parroci milanesi: “Nessuna società può reggersi se non è fondata sulla morale, e non c’è buona morale se non c’è religione: soltanto la religione offre allo Stato un appoggio sicuro e stabile. (…) Resa più saggia dalle sventure, la Francia ha richiamato a sé la religione cattolica”. L. MEZZADRI, La Rivoluzione Francese e la Chiesa, op. cit., p. 173.

123 Composto di un preambolo e di diciassette articoli, il concordato del 1801 se da un lato definiva il cattolicesimo come “la religione della grande maggioranza dei francesi” (non reiterando, quindi, il passato richiamo alla “religione del Re e del Regno”), dall’altro sancì una netta vittoria della Santa Sede nel conflitto contro le dottrine gallicane. Cfr. G. SALE, Il concordato del 1801 tra Napoleone Bonaparte e Pio VII, in La Civiltà Cattolica, 2002, I, pp. 336-349.

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all’azione diplomatica del cardinale Ercole Consalvi124, alcuni dei principali dissidi sorti a causa della Rivoluzione sembrarono definitivamente rientrare125; ed inoltre, con l’avallo francese, alla Santa Sede parvero finanche presentarsi (tra il 1802 e il 1806), margini per una sua rinnovata presenza nel contesto internazionale.

In realtà, serie minacce all’indipendenza spirituale e temporale del Papato si levarono all’orizzonte proprio a motivo delle ragioni strategiche che animavano l’avanzare napoleonico: se già al momento dell’incoronazione imperiale (dicembre 1804) ebbe a palesarsi una storica onta per il Pontefice (recatosi appositamente a Parigi)126, con la rimozione dello stesso Consalvi dalla carica di Segretario di Stato - su forti pressioni transalpine (giugno 1806) - si ebbe conferma delle continue ed evidenti prevaricazioni127.

Affronti - quelli indicati - che culminarono nell’invasione di Roma e dello Stato Pontificio (annessi all’Impero francese nel 1809), nonché nella prigionia di Papa Chiaramonti128, costretto ad una lunga cattività tra Savona e Fontainebleau129: sopraffatta dalle ingerenze bonapartiste, la presenza

124 Si racconta che il diplomatico romano, incontrando Napoleone Bonaparte durante le trattative per il concordato, non si sia lasciato impressionare dai propositi di distruzione della Chiesa espressi dall’imperatore. Al contrario, pare abbia esternato una certa tranquillità ricordando che se non vi erano riusciti i sacerdoti in diciotto secoli, c’era da stare tranquilli! Cfr. S. NEGRO, Vaticano Minore, Hoepli, Milano,1936, p. 286.

125 A testimoniare siffatto risultato vi fu il posteriore concordato con la Repubblica Italiana (settembre 1803), le cui statuizioni si dimostrarono persino più favorevoli alla Sede Apostolica. G. SALE, Il concordato del 1801 tra Napoleone Bonaparte e Pio VII, op. cit., p. 344.

126 Nel corso del soggiorno parigino - protrattosi fino all’aprile del 1805 - non mancarono subdole offerte del Bonaparte volte a trasferire la Sede Petrina sul suolo transalpino. Cfr.

G. CASTELLARI, Santa Sede, op. cit., p. 537.

127 Si aggiunga, inter alia, che già nel 1802 il governo francese aveva incorporato unilateralmente degli articoli, di matrice giurisdizionalista, al testo del concordato. Cfr. G.

CATALANO, Concordato ecclesiastico, in Enciclopedia Giuridica, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1988, vol. VII, p. 2.

128 Cfr. C.CERESA, Il prigioniero dell’Imperatore, in L’Osservatore Romano, 17 maggio 2009. Si veda, altresì, quanto riportato - in linee generali - in: T. ARMELLINI, Stato e Chiesa nel secondo conflitto di Napoleone con la Santa Sede, in Il Diritto Ecclesiastico, 1931, pp. 488-505.

129 Fu in tale cittadina - situata a pochi chilometri dalla capitale francese - che il 25 gennaio 1813, Pio VII venne obbligato ad accettare un nuovo ed umiliante concordato, prontamente reso pubblico da Napoleone. L’anziano Pontefice, tuttavia, dopo essersi consultato con i

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internazionale della Santa Sede e dei nunzi apostolici poteva ormai ricondursi ad un livello di natura prettamente formale130.

Con il tracollo politico-militare di Napoleone ed il successivo Congresso di Vienna131, una nuova fase caratterizzò - per quasi tutta la restante prima metà del XIX secolo - il Papato, impegnato a restaurare confini e soprattutto logiche pre-rivoluzionari.

Rientrato definitivamente a Roma Pio VII, l’azione diplomatica della Sede Apostolica in terra d’Austria poté considerarsi un successo. Grazie al genio diplomatico del cardinale Consalvi132 (nel frattempo reintegrato nell’ufficio di Segretario di Stato), lo Stato Pontificio venne ricostituito - con l’eccezione dei domini francesi e di alcuni territori nell’Oltrepò ferrarese - tenendo debitamente conto della sua precedente estensione133.

Nondimeno, sin da subito apparve chiaro che la Santa Sede - tanto a livello internazionale, quanto per quel che concerneva l’apparato interno dello stesso Stato - non era stata in grado di cogliere pienamente i mutati segni del

fedeli cardinali Consalvi, Pacca e Di Pietro, il 24 marzo dello stesso anno rinnegò i termini della convenzione, inviando all’imperatore un’apposita missiva. Cfr. A. ROVERI, Consalvi, Ercole, in Dizionario Biografico degli Italiani, op. cit., 1983, vol. XXVIII, p. 37.

130 M.F. FELDKAMP, La diplomazia pontificia, op. cit., p. 73.

131 Ivi, p. 75. “Per il papato e, in particolare, per la diplomazia pontificia, il Congresso di Vienna segna l’inizio di una epoca che, a sua volta, non è comprensibile senza la rivoluzione francese (1789-1799) e i sovvertimenti politici e sociali che ne sono conseguiti”.

132 Meritevole di menzione è il breve passo di un insigne storico, il Prof. Omodeo: “Il Consalvi, non ostante le glorificazioni della posteriore letteratura ecclesiastica, era tutt’altro che un’anima religiosa, pur avendo chiara coscienza dei limiti che il decoro ed il prestigio della Santa Sede imponevano all’azione politica e diplomatica. Era sopra tutto un tecnico, a cui era affidata la gestione degli affari della Chiesa, e questo suo mandato l’assolveva con religiosa fedeltà”, in: A. OMODEO, Il cardinal Consalvi al Congresso di Vienna. La situazione ecclesiastica e diplomatica, in La Critica, 36, 1938, p. 429.

133 Particolarmente interessanti si rivelano le lunghe ed estenuanti attese che segnarono il periodo viennese del Consalvi, caratterizzato dalle animosità generate dalle centellinate ripartizioni territoriali e dalle differenti vedute rispetto a quanto sostenuto dai curiali rimasti a Roma. Cfr. A. OMODEO, Il cardinal Consalvi al Congresso di Vienna. Difficoltà e rimostranze, in La Critica, 37, 1939, pp. 201-208.

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tempo134: escludendo il cospicuo aumento delle relazioni diplomatiche da essa intrattenute (in particolar modo a partire dal 1829)135, traspariva sempre più chiaramente come il potere temporale del Papato fosse ormai del tutto dipendente dall’esclusivo interesse delle principali dinastie europee136.

Sul punto, risulta evidente - con le insurrezioni del febbraio del 1831 - la debolezza dello Stato Pontificio, necessitato ad invocare l’intervento dell’Impero Asburgico per soffocare le rivolte in atto sul proprio territorio.

Una debolezza, in primis militare, cui corrispondeva un’arretratezza socio-economica tale da spingere - nel marzo dello stesso anno - Austria, Francia, Inghilterra, Prussia e Russia, a riunirsi in un congresso nella Città di Roma e ad invitare il Papa a delle riforme immediate137.

134 Ancora una volta risultò mirabile la lungimiranza del Consalvi, il quale - avversato in alcuni ambienti del governo papale - si mostrava disponibile a porre in essere delle novelle normative. Celebre è il suo pensiero: “Invano mi son fatto rauco in dire che la rivoluzione ha fatto nel politico e nel morale ciò che il diluvio fece nel fisico, cambiando del tutto la faccia della terra. E che Noè, uscito dall’arca, bevve il vino e mangiò le carni e fece altre cose che prima del diluvio non faceva, facendo riflettere che il dire che questa o quella cosa non si faceva prima, e che le nostre leggi erano ottime, e non si deve variar nulla, e cose simili, sono errori gravissimi. E che finalmente una occasione simile di riedificare, or che tutto era distrutto non torna più (…)”. J.M. LABOA, La Chiesa e la modernità.

L’ottocento, Jaca book, Milano, 2003, p. 48. Eccezione a quanto detto può rilevarsi guardando alla riforma pubblico-amministrativa di Pio VII, promossa con motu proprio datato 6 luglio 1816.

135 Cfr. M.F. FELDKAMP, La diplomazia pontificia, op. cit., pp. 76-77.

136 Ciononostante, giova segnalare l’auspicio formulato a Vienna dal cardinale Consalvi, volto a favorire la rinascita di un impero che accogliesse cristianamente l’intera famiglia umana, assumendo le preveggenti fattezze di una sorta di ONU ante litteram. Cfr. A.

MARCHETTO, Pace e impero, con cenno all’Erga migrantes Caritas Christi, 2006, reperibile online sul sito:

http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/migrants/pom2006_101/rc_pc_mig rants_pom101_XXVI-erga-marchetto.html.

137 Cfr. G. MARTINA, Gregorio XVI, in Enciclopedia dei Papi, op. cit., vol. III, p. 547.

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