2. La soggettività internazionale della Santa Sede
2.3. Lo ius legationis
2.3.2. Profili storico-giuridici
2.3.2.4. Dalle innovazioni recepite nel Motu Proprio
Sintesi eminente delle indicazioni conciliari432, a proposito dei legati pontifici, si è ebbe nel Motu Proprio “Sollicitudo omnium ecclesiarum”, che offrì una profonda rilettura dei compiti di tali rappresentanti433, alla luce dell’approccio sinodale che aveva caratterizzato l’assise conclusasi sotto l’egida di Paolo VI434.
431 Nei fatti ciò rese, negli anni a venire, sempre più desueto l’invio dell’internunzio (agente diplomatico di seconda classe). Cfr. A. FILIPAZZI, Le rappresentanze pontificie dalla fine della II Guerra Mondiale ad oggi, op. cit., pp. 726; 729; 741-742.
432 Un primo riferimento ai rappresentanti vaticani, successivamente alla conclusione del Concilio Vaticano II, si rinviene parzialmente già nella Costituzione apostolica “Regimini Ecclesiae Universae”, del 15 agosto 1967. Al riguardo, si fa specifica menzione degli artt.
21 e 28. In relazione al primo di essi, si afferma che: “[è] compito della Segreteria di Stato o Papale (…) favorire i rapporti (…) con i Legati della Santa Sede, con i Governi civili e i loro Legati, (…) rimanendo sempre salva la competenza del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa e, per quanto è necessario, procedendo di comune accordo con esso”.
Circa la seconda disposizione, si dichiara che: “[è] compito di tale Sacro Consiglio [il Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa] (…) incrementare i rapporti diplomatici con le Nazioni; trattare i problemi riguardanti le Nunziature, le Internunziature, le Delegazioni Apostoliche, di comune accordo con la Segreteria di Stato (…)”. Cfr.G.LAJOLO, Funzione ecclesiale delle rappresentanze pontificie, op. cit., p. 205, nota 1 bis.
433 Si tenga conto, nondimeno, che le perplessità sull’utilità e sulla coerenza evangelica dell’apparato diplomatico vaticano, continuarono ad alimentare accese polemiche, anche negli anni successivi. È quanto affiora, ad esempio, ancora nel Sinodo del 1971. Cfr. G.
CAPRILE, La diplomazia pontifica e i suoi compiti, in La Civiltà Cattolica, II, 1972, p. 165.
434 Il Motu Proprio “Sollicitudo omnium Ecclesiarum” consta di due distinte parti. La prima, che funge da preambolo, va a delineare l’ufficio del Romano Pontefice, e gli strumenti da questi utilizzati per mantenere i contatti con le Chiese locali; strumenti che possono definirsi come: tradizionali (corrispondenza, visite “ad limina” dei vescovi, invio dei legati pontifici), straordinari (viaggi del Papa), o di derivazione conciliare (sinodi, vescovi residenziali da nominare membri dei vari dicasteri della Curia Romana). La seconda, di carattere più prettamente normativo, offre - in dodici articoli - una scansione delle varie tipologie (art. 1) e delle funzioni dei rappresentanti papali. In particolar modo, si delineano: i rapporti di questi ultimi con le Chiese locali (artt. 4-5) e le autorità statali (art. 10), i loro compiti nel procedimento di nomina dei nuovi vescovi (art. 6), e le relazioni con le Conferenze Episcopali (artt. 7-8). L’art. 3, inoltre, specifica come
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Il documento suindicato, emanato il 24 giugno del 1969, oltre a fornire una preziosa summa dell’argomento trattato, pose in rilievo il vincolo di unione tra la Sedes Romana e le singole Chiese particolari; quell’“unione vitale tra il cuore e le membra della Chiesa (…) che, se pur in diversa misura, va dal centro alla periferia e dalla periferia al centro (…)”435.
Pertanto, in un’ottica opposta alla visione dettata dal Vaticano I, gli inviati papali436 divennero privilegiato strumento di raccordo nel quotidiano interfacciarsi pastorale del Sommo Pontefice, con le Chiese locali e le diverse Comunità politiche. Un mutamento di prospettiva particolarmente significativo437 - a prender luogo dalla stessa elencazione delle funzioni dei legati pontifici - e che palesa la primaria importanza del mandato ecclesiale438.
l’incarico continui a sussistere in vigenza di Sede vacante e fino al compimento del settantacinquesimo anno di età del legato pontificio. Cfr.M.OLIVERI, Le rappresentanze pontificie nell’indirizzo del Vaticano II (Parte prima), op. cit., pp. 11-15; ID., La missione dei rappresentanti pontifici dopo il Vaticano II (Parte seconda), in Monitor Ecclesiasticus, 1975, I-II, pp. 23-54. Il testo del Motu Proprio è reperibile online sul sito:
http://w2.vatican.va/content/paul-vi/it/motu_proprio/documents/hf_p-vi_motu-proprio_19690624_sollicitudo-omnium-ecclesiarum.html.
435 F. CAVALLI, Il Motu Proprio “Sollicitudo omnium ecclesiarum” sull’ufficio dei Rappresentanti Pontifici, op. cit.,p.35.
436 È importante sottolineare come all’art. 1 del Motu Proprio, si prevede che i rappresentanti pontifici “siano ordinariamente insigniti della dignità episcopale”. Sul tema, può segnalarsi come in epoca rinascimentale non mancarono figure di nunzi laici; inoltre, si evidenzia che negli ultimi anni del suo Pontificato, Papa Pacelli preferì non procedere alla suddetta ordinazione. Sarà Giovanni XXIII a promuovere definitivamente la prassi di nominare “arcivescovi” i legati papali. Cfr. L. DE ECHEVERRIA, Funciones de los Legados del Romano Pontifice, op. cit., p. 593. In merito al medesimo aspetto, si leggano le interessanti considerazioni contenute in: G. LAJOLO, Funzione ecclesiale delle rappresentanze pontificie, op. cit., pp. 230-231.
437 La Prof.ssa Talamanca, tuttavia, ritiene che la disciplina dei legati pontifici sia rimasta sostanzialmente immutata rispetto alle sue precipue caratterizzazioni preconciliari. Cfr. A.
TALAMANCA, I rappresentanti pontifici nella nuova normativa canonistica, op. cit., p. 279.
438 Basti pensare a quanto affermato da un’autorevole voce, pochi mesi prima dell’emanazione del Motu Proprio - “La funzione primaria delle nunziature rimane tuttavia la cura delle relazioni della Chiesa con lo Stato nelle singole Nazioni” - per comprendere come questo abbia dato vita ad una vera e propria riconcettualizzazione della precedente esperienza in materia. Cfr.G.LAJOLO, Funzione ecclesiale delle rappresentanze pontificie, op. cit., p. 225.Con eguali richiami, cfr.F.CAVALLI,Spiritualità di fini e di metodi della diplomazia pontificia, op. cit.,p.134.
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Direttrici similari - ma connotate da più precisi risvolti giuridici - si rintracciano, del resto, nelle apposite disposizioni contenute nel CIC del 1983439. Nei canoni 362-367, l’indirizzo intrapreso si rivela ancora una volta chiaro, a fortiori, ove confrontato con la precedente normativa piano-benedettina: quell’advigilare dei rappresentanti pontifici che, nei fatti, aveva generato infinite ritrosie nei secoli passati, lascia posto ad una più pregnante dimensione di collaborazione tra Sede Petrina e realtà ecclesiali locali;
parimenti, in materia più prettamente diplomatica, il richiamo al rispetto del diritto internazionale, certifica i numerosi passi in avanti compiuti dalla canonistica, rispetto alle impostazioni vigenti nel 1917.
A pochi anni di distanza dall’entrata in vigore del codice, poi, ulteriori statuizioni dirette a regolare lo ius legationis pontificio sono state inserite nella Costituzione apostolica “Pastor Bonus”, con la quale si è dato vita all’ultima riforma organica della Curia Romana440. In particolare, si fa
439 La stringata formulazione dei canoni menzionati, pare sottintendere le più ampie considerazioni presenti nel Motu Proprio del 1969. Alla conferma del diritto del Romano Pontefice (“nativo e indipendente”), di inviare propri rappresentanti presso Chiese particolari ed autorità governative (can. 362) - cui si correla immediatamente il portato del can. 363 - seguono mirate e dettagliate informazioni circa le competenze ad intra (can.
364) e ad extra Ecclesiae (can. 365) dei legati papali. Nel can. 366, si riaffermano taluni antichi privilegi di questi ultimi (nei confronti degli ordinari del luogo) e, da ultimo - nel can. 367 - vi sono indicazioni sulla cessazione dell’ufficio. Si rileva, inoltre, come a differenza del CIC del 1917, non vi siano riferimenti ai legati a latere, né ai legati nati.
Cfr. K.WALF,The Nature of Papal Legation: Delineation and Observations, op. cit., pp.
96-97;F.PETRONCELLI HÜBLER, Comentario ai cann. 362-367, in A. MARZOA -J.MIRAS
-R.RODRIGUEZ-OCANA (obra coordinada y dirigida por), Comentario exegetico al Codigo de Derecho Canonico, Eunsa, Pamplona, 1996, vol. II, pp. 656-674; A.TALAMANCA, I rappresentanti pontifici nella nuova normativa canonistica, op. cit., pp. 292-295.
440 “L’esigenza di poter effettivamente coordinare l’azione del Romano Pontefice verso le singole Chiese locali, quella ‘sollicitudo omnium Ecclesiarum’ e la corrispondente esigenza delle Chiese locali di vivere la loro unità a Pietro e seguirne le direttive (…) rappresentano la fonte di ogni organizzazione, mutamento o riforma di questa peculiare struttura. L’essere effettivo ‘elemento di comunione’, che quindi necessita una consonanza al mutare delle esigenze, dei tempi, costituisce l’elemento essenziale, la causa remota, ma parimenti immediata di ogni riforma della Curia”. V.BUONOMO, La Segreteria di Stato.
Competenze nella “funzione” diplomatica, op. cit., p. 177.
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riferimento agli articoli 41 e 46, che regolano le competenze spettanti alle due sezioni che compongono la Segreteria di Stato441.
Ciò detto - terminata la disamina storico-normativa concernente lo ius legationis della Sede Apostolica442 - v’è da evidenziare, guardando al profilo internazionalistico, come la diplomazia pontificia abbia in gran parte vinto le datate recalcitranze statuali nei suoi confronti443, rendendosi presente pressoché ovunque, anche e soprattutto laddove le comunità cristiane costituiscono una percentuale irrisoria della popolazione nazionale444.
441 Ivi, pp. 184; 186. Giova riportare parzialmente le due norme indicate, al fine di far risaltare il necessario coordinamento tra le due sezioni della Segreteria di Stato. Nell’art.
41,§1 si afferma che: “Alla prima sezione spetta (…) di regolare la funzione dei rappresentanti della Santa Sede e della loro attività, specialmente per quanto concerne le Chiese particolari. Spetta ad essa di espletare tutto ciò che riguarda i rappresentanti degli Stati presso la Santa Sede”. Nell’art. 46,§3, invece, si dichiara che alla seconda sezione
“compete di (…) trattare, nell’ambito specifico delle sue attività, ciò che riguarda i rappresentanti pontifici”. GIOVANNI PAOLO II, Costituzione apostolica Pastor Bonus, 28 giugno 1988, reperibile online sul sito:
http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_constitutions/documents/hf_jp-ii_apc_19880628_pastor-bonus-index.html.
442 Preme segnalare l’esistenza di una normativa di dettaglio che regola - in senso lato - l’azione dei rappresentanti pontifici e che risulta espressa in due successivi regolamenti, emanati rispettivamente nel 1994 e nel 2003. Di essi se ne dà poco più di una sintetica descrizione in: R.A.MELNIK,Pontifical Legation to the United Nations (Seconda parte),in Periodica de re canonica, 2009, 3, pp. 517-564. I testi delle citate disposizioni non risultano pubblicati, in via ufficiale, dalla Sede Apostolica; né sono presenti nella straordinaria raccolta privata - comprendente ingente parte della documentazione proveniente dalla Segreteria di Stato - contenuta nei volumi delle Leges Ecclesiae post codicem iuris canonici editae, Ediurcla, Roma, 1941-2010.
443 G. TONUCCI, Prefazione, in M. CANTORI, La Diplomazia Pontificia. Aspetti ecclesiastico-canonistici, Tau Editrice, Todi, 2016, p. 3. “[G]li ultimi Stati che non volevano intrattenere rapporti diplomatici con la Santa Sede, per ragioni storiche o costituzionale, hanno ormai superato le loro riserve e difficoltà. E tutte quelle nazioni che, in un passato ancora recente ma nello stesso tempo tanto lontano, facevano parte dell’Unione Sovietica, hanno voluto allacciare relazioni con questa realtà soprannazionale, che basa la sua missione e il suo prestigio su ragioni esclusivamente evangeliche”.
444 Al giorno d’oggi, la Santa Sede intrattiene relazioni diplomatiche con ben 180 Stati, nonché rapporti di natura speciale - a far data dal 25 ottobre 1994 - con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (ora Stato di Palestina). L’ultimo Paese ad avere allacciato relazioni diplomatiche con la Santa Sede è il Sud Sudan (22 febbraio 2013). Cfr.
C.CURTI GIALDINO, Lineamenti di diritto diplomatico e consolare, op. cit., p. 55. Si veda, altresì, la Nota informativa sui Rapporti diplomatici della Santa Sede, 11 gennaio 2016, reperibile online sul sito:
http://press.vatican.va/content/sala stampa/it/bollettino/2016/01/11/0017/00028.html.
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Una presenza comunemente accettata e che si denota per peculiarità uniche nel loro genere ed infinitamente distanti dalle tradizionali definizioni delle diplomazie secolari445. Invero, come rammentava Papa Montini, “il diplomatico della Santa Sede è anzitutto e soprattutto sacerdote”446.