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How to Make Sense Out of Non-Sense

5. Il ruolo delle emozioni nei processi organizzat

5.3 Ansie deliberative e responsabilità

Armstrong (2005), riprendendo le formulazioni bioniane sul gruppo di lavoro, ha sottolineato il carattere pulsionale (emozionale ed inconscio) sempre presente nel suo funzionamento, ricordando come la tensione creativa del gruppo di lavoro sia sempre a rischio di essere sovvertita dagli assunti di base e dalla loro capacità di evitare ai membri l’ansia e la fatica della crescita. Ciò nonostante, molte organizzazioni continuano ad ignorare le proprie zone d’ombra, mantenendo viva l’illusione di una razionalità più o meno assoluta; invece, anche le emozioni più arcaiche circolano nelle relazioni lavorative producendo ansia e sofferenza e minando l’efficienza dei gruppi e delle organizzazioni.

Ansie connesse al compito, al ruolo ed alle relazioni rendono la deliberazione un’operazione cognitiva ed emotiva complessa. Il modo con cui il gruppo si impegna nelle deliberazioni rende espliciti i valori a cui si ispira, le ansie che sperimenta e le fantasie inconsce che lo influenzano. Se in linea di principio questi processi dovrebbero essere il più inclusivi e democratici possibili, con una partecipazione reale ed efficace che dovrebbe costituire di per sé stessa un obiettivo di cambiamento (Neumann 1989), nelle pratiche concrete è difficile giungere a decisioni condivise sia dal punto di vista del contenuto che del metodo. Quando una decisione emerge si rivela spesso una pseudo-decisione per diverse ragioni: non è sostenuta da sufficiente autorità (l’autorità è altrove) ed è quindi suscettibile di venire subito disattesa; è una semplice ratifica di decisioni già prese in altre sedi; è formulata in termini generici allo scopo di guadagnare l’unanimità

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e una coesione apparente destinate a sfaldarsi appena si precisano i dettagli ed emergono le differenze; si mette al servizio delle difese istituzionali, come l’impulsività della decisione che esonera dalla fatica di riflettere e negoziare, o la dispersione della responsabilità che porta il gruppo a dire “si è decisa la tal cosa” senza chiarire il ruolo personale giocato dagli individui (Perini 2005). Queste possibilità segnano il nesso tra l’esperienza della presa di decisione ed i sentimenti di ansia che possono sorgere.

Le dinamiche del processo deliberativo sono impregnate d’ansia certamente anche a causa dell’incertezza entro cui organizzazioni e gruppi agiscono, che può essere strategica, metodologica e riferita alle risorse sociali (Piva 2001). Clampitt e Dekoch (2003) hanno messo in evidenza il tipo di clima organizzativo (a cui può corrispondere un certo tipo di risposta affettiva) che si instaura intersecando la risposta individuale e quella organizzativa all’incertezza (accolta/rifiutata).

Clima Soffocante 3 Clima dinamico 4 Clima dello status quo 1 Clima disturbante 2

Tabella 4. La matrice sul management dell’incertezza. Fonte: Clampitt e Dekoch (2003), op. cit.

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Nel primo quadrante, sia i membri che l’organizzazione rifiutano l’incertezza. Nel secondo, i membri desiderano la certezza e ritengono che l’organizzazione sia troppo aperta all’incertezza; di conseguenza, vivono irrequietezze e sentono di essere sopraffatti dall’ambiente percepito come caotico. Nel terzo, i membri accolgono l’incertezza, ma avvertono che l’organizzazione la evita, quindi si sentono soffocati. Nel quarto quadrante, sia membri che l’organizzazione accolgono l’incertezza, per cui il clima è dinamico ed in continuo cambiamento.

Rifiutare Accogliere

Rifiutare Accogliere

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Se in un contesto complesso e incerto non è evidente quale scelta possibile è la migliore, il margine di errore e di rischio è la matrice primaria dell’ansia. Le ansie più ovvie hanno a che fare con la paura di sbagliare, che mette in tensione gli equilibri narcisistici e la costellazione emotiva della vergogna, e la paura delle conseguenze della decisione, che include timori irrazionali e fantasie inconsce connesse con l’universo emozionale della colpa, della perdita d’amore (o dell’oggetto) e della persecuzione (Perini 2008). Poiché la decisione dovrebbe essere una decisione di cambiamento (anche se si può decidere di non cambiare), l’ansia di perdere il lavoro (che minaccia la perdita dell’autonomia, del potere, del ruolo e dell’identità sociale), l’ansia legata al rapporto con i superiori o colleghi (che mette in gioco sia gli equilibri interiori connessi con l’autostima, il narcisismo, i bisogni di approvazione e la paura del biasimo sia i problemi relazionali riferiti a sentimenti di dipendenza, invidia, rivalità e processi di dominio/sottomissione ed inclusione/esclusione) e l’ansia legata al gruppo (che può spingere l’individuo al conformismo minacciandone l’autonomia di pensiero e/o forzandolo a ricoprire ruoli funzionali al gruppo - anti-leader o capro espiatorio) possono manifestarsi.

Tuttavia, le dinamiche interiori non operano ad ogni modo disgiunte dal contesto sistemico e dalla cultura organizzativa che lo plasma con i suoi assunti e con i suoi consueti modi di operare. Rispetto alle decisioni, potrebbe essere prevalente una cultura basata su un’immagine fantastica del manager o del leader,

(super-management o super-leadership) quale persona sicure di sé e capace di

prendere le decisioni giuste in modo rapido, ma sulla quale possono riversarsi anche emozioni negative. Tra queste l’invidia, ad esempio, che nei processi istituzionali è uno dei fenomeni distruttivi chiave, specie in relazione ai simboli dell’autorità. Si manifesta nei confronti del superleader con un attacco distruttivo condotto dai membri che presentano un elevato grado di rivalità e competizione oppure un senso profondo di inadeguatezza e vulnerabilità. Tuttavia, anche culture più attente alle relazioni non sono scevre di meccanismi di questo tipo: possono sviluppare un clima persecutorio e svalorizzante per il morale dell’organizzazione che alimenta difese sociali negli individui e nei gruppi, come l’evitamento delle decisioni, la negazione dell’errore, la proiezione e l’evacuazione della colpa che

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mette in moto processi di denigrazione dei capi o dei collaboratori, conflittualità nei gruppi, capri espiatori e demonizzazione degli altri.

La responsabilità nelle decisioni ha una dimensione oggettiva, che riguarda il ruolo, il compito, l’autorità ed il potere e che attiva sentimenti di desiderio ed ambizioni, ed una dimensione soggettiva, riferita all’esperienza della decisione che include la consapevolezza di considerare le conseguenze che essa ha sulle persone ed implica vissuti di ansia che si esprimono in una fatica emotiva soggettivamente rilevante. Come rileva Perini (2008), le difese primitive della scissione e della proiezione possono essere attivate per disgiungere queste due dimensioni, così come le difese sociali possono istituire nell’organizzazione ruoli, processi e culture che separano l’autorità dalla responsabilità, appagando così la sete di potere e lasciando il peso delle responsabilità ad altri. Le ansie decisionali di un’organizzazione, quindi, possono essere misurate sulla base della presenza di ruoli direttivi, nei quali l’autorità formale e la responsabilità ad essa collegata sono sbilanciate rispetto al potere effettivo di cui dispongono: soprattutto nelle organizzazioni di cura la marcata ambivalenza verso l’autorità e la paura di perdere il potere favoriscono l’istituzione di figure ambigue, come quella di coordinatore e/o referente, che indicano ruoli dotati di funzioni importanti, ma sprovviste di vera autonomia decisionale, con la conseguenza che lo scarto tra potere e responsabilità ricade pesantemente su questi ruoli sia in termini di criticità operative che di stress psicologico. Sono queste figure, più comunemente definite middle-manager, che nei servizi socio-sanitari, ad esempio, sperimentano la condizione di “responsabilità senza potere” (ibidem).

Per comprendere meglio questo genere di dinamiche due concetti chiave, come autorità e potere, sono importanti perché aiutano a mettere in luce le radici emozionali non solo della vita del gruppo, ma anche di processi organizzativi, come quelli decisionali riflessi nella relazione leader-follower.