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6. La riforma del welfare: note da un dibattito

6.2 I soggetti del welfare mix: il Terzo Settore

In Italia la spinta decisiva nella direzione del welfare mix si realizza con l’emanazione della legge quadro 328 del 2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali che, rappresentando un punto di partenza significativo per la creazione di nuove modalità di interazione fra attori pubblici e privati, offre al Terzo Settore il pieno riconoscimento del suo ruolo pubblico. Questo riconoscimento avviene sulla base della consapevolezza delle qualità maggiori che le organizzazioni di Terzo Settore presentano nell’orientare il proprio intervento in risposta ai nuovi bisogni sociali, grazie alla sua maggiore flessibilità organizzativa e al suo forte radicamento territoriale.

I cambiamenti sostanziali nel welfare mix italiano riguardo ai modelli di interazione fra organizzazioni del Terzo Settore ed Enti locali, mostrano uno shift verso princìpi di coinvolgimento dei soggetti non-profit per la realizzazione dei servizi e delle prestazioni attraverso determinati meccanismi contrattuali (Ascoli, Ranci 2002; Pavolini 2003):

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Tabella 3. I cambiamenti nel modello italiano di welfare mix. Fonte: Ascoli e Ranci (2003), op.

cit. pg 175

Da questo punto di vista, gli studi sullo sviluppo del Terzo Settore in Italia (Ranci 1999) suggeriscono come il debole impegno dello Stato nell’indirizzare e regolare le attività private verso fini di utilità pubblica, ha permesso alle organizzazioni non-profit di non essere mai concretamente subordinate a un forte controllo pubblico: al contrario, il generoso sostegno finanziario da parte dello Stato, rendendo possibile a molte organizzazioni di intervenire in settori dove nessun altro soggetto era presente, ha finito paradossalmente per aumentare il loro potere negoziale nella contrattazione con le istituzioni pubbliche, determinando un rapporto di mutuo accomodamento tra Stato e Terzo Settore, cioè di convenienze reciproche basate su ciò che Ranci definisce “negoziazioni frammentate” entro un quadro generale caratterizzato da un modesto grado di funzionalità e di scarsa tenuta complessiva del sistema di welfare, che si presenta come residuale, perché fondato sulla tenuta sostanziale della famiglia come risorsa di solidarietà e sul ruolo suppletivo Stato, e riparativo perché risarcisce solo alcuni soggetti (deboli) della società attraverso una politica di assistenza che, lungi dal promuove autonomia ed integrazione, produce cronicità. Questa è la fase in cui i rapporti tra il Terzo Settore e le amministrazioni pubbliche si dispiegano in un contesto di

Anni 2000 Anni 80 Anni 90 Attori coinvolti Meccanismi di selezione Meccanismi di finanziamento Controllo e regolazione Attori pubblici Attori privati Attori pubblici e privati Convenzioni/ Accreditamento Competizione sul prezzo Accordi privati Contratti/ Voucher Contratti Sovvenzioni Mutuo acomodamento Mercato competitivo Concorrenza regolata

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reciproca diffidenza (Pavolini 2003), entro il quale queste ultime ricorrono alle organizzazioni di Terzo Settore essenzialmente per esigenze economiche senza riconoscerne il valore, e le organizzazioni di Terzo Settore accettano i finanziamenti pubblici criticando sia le modalità di azione delle istituzioni sia il mancato riconoscimento del proprio ruolo. La scelta dell’esternalizzazione, rispetto alla quale i meccanismi di attribuzione dei fondi pubblici alle organizzazioni non-profit assumono la forma di sovvenzione, che lascia un certo margine di libertà sulla scelta di destinazione ed impiego delle risorse, non è basata, quindi, su una visione più completa ed efficace del welfare mix, ma deriva, appunto, da notevoli difficoltà di reperimento delle risorse, umane e finanziarie, da parte degli Enti locali. Il processo di legittimazione del Terzo Settore avviene negli anni novanta attraverso una serie leggi di settore2. Questi sono gli stessi anni in cui si ha una esacerbazione delle difficoltà finanziarie del welfare ed in cui iniziano a mutare, diventando molto più stretti, i rapporti tra Terzo Settore ed Ente pubblico: la crescente interazione tra i due attori determina un atteggiamento meno scettico e più fiducioso verso il non-profit che permette di valutare positivamente la qualità dei servizi ad esso affidati. Cambia, dunque, l’atteggiamento e si introducono precisi meccanismi di regolazione volti a mettere in chiaro e regolare la competizione tra più organizzazioni per l’affidamento dei servizi. In questo mutato quadro, lo Stato assume preminentemente la funzione di regolazione, cioè stabilire le regole dei processi negoziali entro una nuova arena pubblica (De Leonardis 1998) per consentire i rapporti tra soggetti plurali e misti ed il processo di esternalizzazione dei servizi (che chiama i soggetti del Terzo Settore a gestire servizi pubblici per conto della pubblica amministrazione) avviene attraverso lo strumento dell’appalto in un contesto legislativo nazionale carente rispetto ai criteri di valutazione delle offerte, che ha costretto le Regioni ad una produzione normativa diretta a disciplinare i meccanismi di selezione, ovvero i criteri di valutazione delle proposte concorrenti.

2 Si tratta nello specifico di una fase legislativa che ha tre meriti principali: il primo è quello di

aver reso più trasparente la regolazione dei rapporti finanziari tra non profit e settore pubblico; il secondo è quello di aver esplicitamente riconosciuto queste organizzazioni come soggetti attivi della progettazione e dell’attuazione delle politiche sociali; il terzo merito è quello di aver contribuito a mettere in luce l’articolazione interna del settore non-profit in relazione sia alle modalità organizzative e gestionali dei soggetti, sia alle capacità di progettare, produrre ed erogare determinati servizi. Cfr. Devastato (2000); D’Alessandro (2003)

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All’inizio del nuovo millennio, con l’emanazione della legge 328 del 2000, i rapporti tra Stato e Terzo Settore, almeno in linea teorica, si (ri)definiscono ulteriormente e all’insegna di un più maturo coinvolgimento del settore non-profit non solo nella gestione dei servizi alla persona, ma anche nella progettazione degli interventi e, più in generale, nella costruzione partecipata delle politiche sociali, entro un quadro di pratiche di partnership che sanciscono pari dignità e ruoli di co-programmazione.

Tuttavia, il riconoscimento del Terzo Settore e la sua inclusione nei processi di programmazione non assicura la sua reale presenza, intesa come possibilità sostantiva ad “esserci” e a “decidere”: entro i modus operandi delle pubbliche amministrazioni, esso rappresenta una risorsa cruciale per l’attuale assetto del welfare, ma con un ruolo che può modificarsi anche in misura considerevole in funzione delle logiche di interazione sottese: il grado di integrazione dei soggetti del Terzo Settore può essere diverso tanto da delineare modelli diversi di regolazione del sistema socio-assistenziale. Pavolini (2003) incrociando la dimensione politica (soggetti coinvolti nel policy making) e la dimensione economica (meccanismi di finanziamento degli attori privati) dei modelli di regolazione dei rapporti tra gli attori, identifica il

 modello vendor, in cui le pubbliche amministrazioni fanno ricorso alle organizzazioni di Terzo Settore limitatamente alla gestione dei servizi, non prevedendo e non ammettendo la loro inclusione nei processi decisionali; il rapporto è, dunque, strumentale nel senso che l’Ente locale usa il non-profit per ovviare alla propria incapacità di fornire servizi, e ciò in un contesto in cui si usano i criteri tipici del mercato per i processi di selezione dei soggetti ignorando la specificità del ruolo del Terzo Settore come produttore di beni relazionali (Donati 1986),

modello della negoziazione, che prevede il coinvolgimento delle organizzazione del Terzo Settore nei processi decisionali perché questo è percepito come una risorsa strategica non solo per l’attuazione degli interventi, ma anche e soprattutto in qualità di anello di congiunzione tra le domande emergenti dalla società ed il livello politico,

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 modello del muto accomodamento, che riflette i tratti tipici della relazione Terzo Settore-Ente pubblico degli anni ottanta e che esplicita semplicemente processi di (ri)adattamento apparente applicando al mutato contesto solite modalità di relazioni.