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L’apparizione di Hari dalle note di lavorazione: altri aspetti del metodo compositivo di Artemev

I documenti a nostra disposizione, rappresentati da alcune note di lavorazione del musicista scritte dopo lo composizione di tre sequenze fondamentali del film una delle quali sicuramente è la prima apparizione di Hari, consentono di verificare la correttezza dell’impianto appena descritto, ma presentano anche alcune differenze: evidenziando le distinzioni che si possono registrare tra una fase progettuale e la sequenza finita è possibile arricchire e delineare con maggior precisione l’insieme delle soluzioni ideate da Artemev e i modi con cui intendeva realizzarle.

66 Nell’illustrazione della composizione del brano che rappresenta la prima apparizione di Hari, la prima intrusione del pianeta nella coscienza di Kelvin per visualizzare i suoi ricordi più profondi e inaspettati, abbiamo fatto riferimento all’ascolto, alla consultazione delle note di Artemev e alle spiegazioni dettagliate della Yegorova, si veda a questo proposito: Yegorova, Edward Artemev’s musical universe, cit. p. 73-74.

76 Una prima differenza riguarda la durata della sequenza: negli appunti essa non supera i 4’ e 20’’ mentre nel film dura quasi il doppio, 7’ e 57’’, considerando solo la parte ‘musicale’ prima del lungo silenzio in cui Kris si rende pienamente conto che nessuno ha violato la sua cabina dall’esterno.

È impossibile capire le ragioni di questa discrepanza, probabilmente la scena è andata in contro a rimaneggiamenti che hanno seguito le note prese da Artemev, così esse rappresentano una fase precedente all’esito finale. E per giustificare la durata doppia della sequenza non è possibile nemmeno rinvenire macroscopiche ripetizioni di parti che potrebbero ricondurlo ad una qualche forma di simmetria e di ideale compiutezza. Questa condizione impedisce al lettore delle note di considerare attendibili gli inserimenti delle diverse parti (ANS, cluster di pianoforte, cori, temir komuz ecc.), ma non esclude naturalmente la possibilità che siano state comunque adoperate nel brano collocandole in punti diversi da quelli previsti.

Nell’organizzazione delle note è infatti evidente la volontà generale di comporre con la linea del tempo scandita in secondi e posta proprio nella cornice più alta del foglio di carta millimetrata seguendo evidentemente l’evoluzione della sequenza stabilita al montaggio. L’impianto di alcune parti mantiene sostanzialmente inalterata la propria identità sia nei fogli che nell’esito finale: la serie dei cluster di pianoforte è elaborata e organizzata proprio come riportano chiaramente le indicazioni iniziali. Essi attraversano tutta la scena assicurando la continua formazione di concentrazioni sonore sotto forma di onda e forse non a caso sulla carta millimetrata occupano la parte fondamentale del fondo, dello strato che con il suo movimento sorregge tutti gli altri interventi e anima la composizione.

La presenza dell’ANS, che all’ascolto risulta altrettanto evidente e strutturalmente determinante come quella del pianoforte «denaturalizzato», è invece limitata a parti ben precise: la sua evidenza iniziale nella sequenza è contrassegnata graficamente da un suggestivo triangolo che indica il rumore colorato e modulato intorno più o meno ad un Sol (400 Hz, Sol 4 più due chrome per l’esattezza) e che si rifà alla prima apparizione del vuoto cosmico nel film e ora corrisponde allo sguardo alieno che si posa su Kelvin addormentato. La frequenza da 14,2 Hz che lo accompagna e da prodursi sempre con il sintetizzatore è irraggiungibile al cinema (almeno nelle sale di allora), ma è un indicazione utile probabilmente per capire come doveva essere eseguita la modulazione di questa parte introduttiva. Le altre parti previste per l’ANS presentano due compiti distinti: fare da ponte per l’inserimento o la conclusione e quindi l’estinzione di alcuni interventi sonori, oppure costituire un accordo continuo che attraversa tutto il brano fuoriuscendo dal magma di rumore modulato e riverberato iniziale.

77 Nel primo caso sono previsti tre interventi di un solo tono sinusoidale, due di Fa 4 e uno di Fa 3, modulati a 2 Hz i primi e a 1 Hz il secondo. Nel secondo caso, invece, si tratta di una combinazione di toni di sintesi (Fa 3, Lab 3, Do 4, Mi 4, Fa 4) da intonare simultaneamente e da variare sottoponendo le frequenze a modulazione di una croma sotto e sopra il tono fondamentale. Per rendere il suono ancora più vivo e pulsante il tutto doveva essere sottoposto anche a modulazione di ampiezza.

Il valore simbolico del FA e della scala minore impostata su questa nota nel contesto del film è evidente: si tratta della base e della struttura su cui è costruito il Preludio che vengono così richiamati in più punti e in varie forme nell’ideazione dell’intera colonna sonora. Ma questo accordo iniziale al sintetizzatore presenta una caratteristica ancora più interessante: sono le note della prima battuta del brano di Bach riunite in un intervallo armonico anziché melodico (e naturalmente prodotte grazie a toni sinusoidali): questo attesta ancora una volta l’intenzione da parte del compositore russo di disseminare nel tessuto musicale dei rinvii al nucleo fondante del film. In sede di registrazione molte di queste suggestioni, soprattutto quelle che potevano apparire più esplicite sono state espunte.

I toni sinusoidali disposti a ponte tra le diverse parti sono di breve durata, ma godono di un livello di intensità particolarmente alto e sono caratterizzati da una dinamica molto vivace che in pochi secondi li porta, per esempio, dallo zero al 70% del volume per poi ricondurli di nuovo a zero. L’accordo di matrice bachiana è caratterizzato invece una lunga durata continua senza flessioni, ma appena udibile.

Rispetto alle parti per il sintetizzatore previste dalle note la sequenza si presenta però piuttosto diversa: non vengono adottate le soluzioni che prevedono l’uso del Fa modulato per raccordare i vari interventi, almeno non al livello previsto e quindi difficilmente individuabile; per quanto riguarda l’accordo, invece, esso si estende per tutta la durata del brano con significative pause durante i dialoghi dei due personaggi per favorire la comprensione del parlato, che spiega il legame intimo e indissolubile che la creatura stabilisce con la propria matrice. Ma l’aspetto più significativo di questa sovrapposizione di toni sinusoidali consiste nel fatto che essi non rispettano le fondamentali previste sul pentagramma, ma se ne discostano sfruttando la segmentazione tonale offerta dall’ANS. Come in altri luoghi delle annotazioni del musicista russo, si variano le note prodotte non solo dal sintetizzatore, ma anche dagli strumenti tradizionali di una, due o tre crome, oppure di più o meno uno o due quarti di tono rispetto ai suoni previsti nell’accordo originario: la sonorità così ottenuta si approssima per eccesso o per difetto a quella originaria senza mai riuscire ad intonarsi come la tradizione vorrebbe.

78 Questa caratteristica rientra all’interno delle considerazioni generali iniziali di Artemev a riguardo della necessità di timbri e toni non riconoscibili rispetto alle abitudini d’ascolto dello spettatore «per creare un mondo sonoro sui generis»: la loro mescolanza inusuale o il tentativo di mimetizzarli sono due momenti essenziali dalla prassi compositiva del musicista russo che può così rappresentare l’alienità del pianeta e la sua continua attività che tende a riprodurre, a ricomporre nel tempo i frammenti di memoria dei terrestri della stazione come se ne dovesse apprendere i linguaggi.

Non solo il lungo accordo all’ANS che regge inesausto l’intera sequenza si deve quindi avvicinare alle caratteristiche del corrispondente tradizionale, rimemorandolo all’ascolto dello spettatore, ma anche gli interventi previsti per gli altri strumenti, che non rientrano nella sfera dell’elettronica, dovevano essere a tal punto elaborati da risultare affrancati dalle sovrastrutture che condizionano l’ascolto dello spettatore.

Questa tendenza si riscontra sistematicamente nelle note che riguardano la comparsa degli ospiti, Hari compresa. Lasciando quindi da parte la serie dei cluster e la presenza dell’ANS che formano saldamente stratificati lo spazio acustico per tutte le altre parti, noteremo innanzitutto che uno spazio piuttosto significativo è concesso alle tecniche aleatorie: nelle parti per coro che non si limitano a produrre accordi, all’interno di un pattern ben preciso stabilito da una scala di DO minore con il settimo grado naturale ed elevato di un semitono, Artemev concede massima libertà a ciascun corista nella scelta delle sillabe o delle note da intonare al ritmo che preferisce senza tener conto degli altri o dell’ordine nella partitura.

A questa forma di improvvisazione si aggiunge la pratica della Schprechstimme (è Artemev ad usare così il vocabolo) che porta la parola verso l’intonazione musicale con effetti stranianti67. A queste parti definite da un andamento decisamente imprevedibile, con livelli di intensità appena percettibili, e dilatate nel range abituale delle tonalità grazie ai cambi di velocità del nastro, si devono integrare quelle previste per i violini, le percussioni, i legni e gli ottoni. Al centro delle note figurano proprio gli accordi per questi ultimi due gruppi di

67 Tra le pratiche aleatorie devono rientrare anche le brevi melodie incise ad anello (testa e coda congiunte) da suonare all’organo Hammond: la presenza di questo strumento non può non richiamare quella del suo ‘avo’, che domina il Preludio in Fa minore di Bach. Le due figurazioni a quattro sedicesimi che compongono ciascun anello sono le prime due battute del Preludio del secondo pentagramma: benché non sia segnato il punto d’inizio e il verso di esecuzione sembra ovvio dover partire da Lab. Nell’anello gli estremi sono cancellati dalla figura circolare e le trasformazioni passano ancora una volta all’ambito del suono registrato. La presenza di tre anelli identici sembra pleonastica, ma forse il loro attacco deve essere differente. Questi nastri chiusi dovrebbero accompagnare l’accordo di fondo all’ANS, che abbiamo già studiato dettagliatamente, fino alla fine della sequenza. Purtroppo dall’ascolto non è possibile confermare la loro presenza e molto probabilmente Artemev ha rinunciato a questo strato dai caratteri aleatori per il più stabile accordo ‘quasi armonico’ al sintetizzatore e agli interventi di rumore colorato che definiscono i quadri sonori che vedono come protagonista il pianeta.

79 strumenti che raggiungono tutta l’intensità disponibile per poi sparire, ricadere nel magma pulsante da cui erano venuti.

Al corno, la cui valenza simbolica è ripetutamente messa in evidenza nel visivo, è riservata molta attenzione per la resa timbrica: non solo la traccia grafica colorata indica come tutta la piccola parentesi orchestrale dei fiati debba convergere sulle sonorità di questo strumento, ma le parole annotate a fianco segnalano anche la volontà di modificare lo spettro delle formati e di accentuarne il vibrato.

Nonostante le registrazioni eseguite da Artemev su carta non possano essere lo specchio fedele di ciò che si ascolta nella sequenza, è infine evidente la ricerca di nuove e spesso stravaganti sovrapposizioni timbriche che in alcuni punti di questo elaborata partitura raggiungono una densità decisamente elevata: nel cuore della sequenza registrata con tanta cura dal musicista, per esempio, la parti già elencate del coro, dei fiati, dell’organo Hammond, dell’ANS e i cluster di pianoforte formano un vero e proprio blocco stratificato di energia sottoforma sonora e le continue e particolarmente accentuate variazioni di livello ne testimoniano la vitalità, l’attività e l’evoluzione imprevedibile68.

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