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La seconda apparizione di Hari: dalla carta millimetrata all’ascolto

Le note che rappresentano musicalmente la ricomparsa di Hari, dopo il tentativo maldestro di Kris di disfarsi della propria allucinazione, si mostrano graficamente raccolte in una serie di cerchi concentrici che esalta visivamente l’idea della simultaneità nello sviluppo delle diverse voci che devono comporre il caleidoscopio di timbri necessario all’atmosfera del film. Ogni parte di questa singolare polifonia possiede dei caratteri propri che vengono specificati in brevi note introduttive, ma è possibile riscontrare fin da subito il ricorso a procedure comuni come per esempio la registrazione su un nastro magnetico separato di ogni ‘voce’ poi chiuso ad anello: in vista della resa finale del pezzo, questa procedura sposta l’attenzione dalla creazione del suono secondo le istruzioni annotate a tutte le modifiche che si possono apportare al suono stesso in termini di velocità e direzione della riproduzione intervenendo esclusivamente in base all’ascolto di tutte le piste combinate insieme.

68 Attraverso l’analisi siano tornati alla metafora visiva con cui Artemev descriveva le proprie intenzioni compositive in merito alla creazione dei quadri sonori che dovevano rappresentare il pianeta e la sua attività, compresa la comparsa degli ‘ospiti’: «Lavorando sulla musica per questo quadro mi è venuta l’idea di una “statica viva”, di un accordo statico che risuonasse a lungo con una struttura interna che cambiava continuamente (come una colonna di luce, che pulsa da dentro lo spettro dei colori)». (Comunicazione personale di Artemev con chi scrive nell'estate 2010).

80 Si prepara quindi una forma aleatoria governata dalle procedure di registrazione e riproduzione su nastro: questa modalità compositiva per anelli sonori che si possono ricombinare continuamente dando origine a composti sempre diversi crea un blocco dove ogni parte della materia sonora possiede ancora una volta una propria fase, una vita propria distinta dalle altre, ma ad esse saldamente intrecciata.

In questo progetto Artemev concede uno spazio significativo alle scelte degli esecutori nella creazione delle singole sonorità: si tratta ancora una volta di margini di improvvisazione legati alla scelta del ritmo e delle note da suonare in contesti comunque definiti che vanno dalla generica scala cromatica per i bicchieri di cristallo con acqua alle note raccolte nell’ottava più alta a partire dal Sol e dal Do per i due ordini di violini (queste scritture somigliano a quelle dei cluster di pianoforte della sequenza precedentemente analizzata, l’assenza della traccia nera probabilmente indica l’esecuzione delle note prive di alterazioni). E come nella sequenza precedente dedicata alla prima apparizione di Hari, le variazioni di velocità del nastro dalla registrazione alla riproduzione consentono di amplificare le gamme tonali degli strumenti mimetizzandone la presenza.

Nella seconda comparsa della creatura del pianeta estratta dalla coscienza del protagonista compare per la prima volta un nutrito gruppo di timbri diafani, cristallini, particolarmente ‘aerei’ e consoni a rappresentare le creature extraterrestri, connotandole però di un’aura legata alla leggerezza, alla fragilità e alla fanciullezza dove tutto è puro e assoluto: su undici parti quattro sono rappresentate da barre di cristallo, bicchieri di cristallo riempiti con acqua, campanelli e da ultimo viene il vibrafono, che nel film si noterà soprattutto per il suo contrappunto a Bach69.

A questa categoria timbrica, ben circoscrivibile all’interno della musica progettata per la sequenza, si aggiunge la presenza costante del sintetizzatore ANS e la prima menzione della nuova macchina produttrice di suoni di fabbricazione inglese, il Sinthy-100, che sarà usato però per la colonna sonora di Stalker. Al sintetizzatore russo spetta il compito di interpretare, rielaborare e importare nella sequenza il Preludio suonato all’organo: esso deve riprodurre la gamma di suoni di Fa minore naturale su cui si basa il pezzo di repertorio con toni sinusoidali e all’unisono. Ma questo processo si presenta ancora più ricco di trasformazioni che rendono

69 Campanelli e vibrafono eseguono le stesse note ordinate però in modo diverso: i primi secondo una melodia il secondo invece le colloca in una scala sostanzialmente discendente. In questi due pentagrammi alcune note appartengono alla scala in Fa minore su cui è costruito il Preludio, altre però si discostano di un semitono rispetto agli intervalli tonali prescritti come se il pezzo non riuscisse a tenere l’ordine impresso da Bach e lo alterasse, o provasse a mutarlo più che semplicemente a riprodurlo. Anche l’organo Hammond, che apre la lista degli strumenti e dei timbri per la sequenza, deve eseguire figure simili a quelle del brano di Bach (tra cui un trillo) adoperando la scala in Fa minore, ma all’esecuzione prettamente musicale si affianca sempre la sistematica elaborazione che prevede il nastro ad anello, ripetizioni e variazioni di velocità.

81 il suono sempre meno ‘trasparente’ all’orecchio dello spettatore: ogni nota deve essere registrata singolarmente su un anello di nastro magnetico, riverberata, modulata in ampiezza e in frequenza prima di procedere alla composizione dell’unisono.

Tutta questa procedura, che cancella pressoché totalmente l’impronta bachiana, vuole restaurare nel suono il primato della sua forma materiale che resiste ad ogni interpretazione o decifrazione minando le forme e i significati tradizionali fin nella morfologia: questa prospettiva rientra a pieno titolo nella poetica tarkovskijana del sonoro che naturalmente la completa e la inserisce nel complesso della combinazione audiovisiva.

Il risultato finale di queste operazioni volte a mettere in luce l’opacità e la resistenza quasi materiale del suono doveva essere «un timbro simile al canto di uccelli lontani»70: nella sequenza scomparirà la complessità e la ricchezza di questa riflessione fatta in ambito progettuale, ma la ricerca dell’effetto finale citato, che dovrebbe indurre la rimemorazione di uno dei caratteri essenziali del sonoro delle atmosfere tarkovskijane verrà realizzato ricorrendo all’elaborazione delle note del vibrafono.

Non bisogna dimenticare che la sequenza inizia da una suggestione molto significativa, perché rappresenta un gesto che adombra la costruzione di un effetto sonoro: Snaut, dopo aver discusso con Kelvin sulla natura degli ospiti, appende al ventilatore della cabina dello psicologo, che fatica ad adattarsi al giorno salariano, delle strisce di carta che simulino il tremolio delle foglie al vento notturno sulla terra.

A questo gesto del personaggio, che inizia la costruzione dell’atmosfera della sequenza, risponde la composizione di Artemev che al tremolio aggiunge, come vedremo, proprio il canto di uccelli lontani, ma ancora una volta più che sul referente ‘reale’, sull’origine del suono lo spettatore sarà costretto a interrogarsi sulla forma del materiale che sta ascoltando.

Così non sorprende che le istruzioni per il Sinthy-100, molto probabilmente non adoperato poi nella realizzazione del film soprattutto perché appena giunto nello studio di musica elettronica di Mosca, puntino alla generazione di un crepitio, un suono che ricorda il fuoco, elemento intimamente legato alla figura di Kelvin, che d’ora in poi porterà i segni evidenti, le bruciature della partenza del razzo con cui molto maldestramente ha tentato di liberarsi per la prima volta della seconda Hari. Questo elemento ci riporta non solo ad uno degli aspetti più significativi dell’esperienza del mutamento, del tempo che implica la consumazione, la dissoluzione continua delle forme e quindi la loro impermanenza, ma anche al cortometraggio ricordo della terra, che Kris stesso ha chiamato “filmato del falò”.

70 Traduzione letterale di quanto è scritto nelle note sul foglio corrispondente alla seconda apparizione di Hari. Purtroppo non è possibile mostrare lo schema non avendo ottenuto il permesso di pubblicarlo dall’autore.

82 E il fuoco è il motivo conduttore visivo che unisce questo film nel film contrappuntato dal

Preludio di Bach: non può essere quindi un caso che Artemev prescriva, almeno in termini

progettuali, la formazione di un anello di nastro magnetico su cui il «crepitio» sia costituito dalle note della scala in Fa minore naturale, fortemente riverberate. Ancora una volta, la modalità di generazione delle note e la loro disposizione su una pista separata rappresentano ulteriori presupposti per integrare una composizione dai caratteri aleatori. E le annotazioni riguardanti la registrazione e la riproduzione intendono far risuonare le note fondanti del

Preludio in una gamma di registri molto ampia, soprattutto verso quelli più gravi: la velocità

di riproduzione deve essere ridotta fino ad un terzo dei previsti 76 cm/s della registrazione. A completare l’idea di un poema per suoni elettronici o concreti comunque trasformati, metamorfizzati in una materia sonora propria solo dell’atmosfera del film o della singola sequenza che chiami lo spettatore ad un’esperienza percettiva nuova e immediata, non poteva mancare il simbolo dell’acqua: dalla registrazione del ruscello attraverso elaborazioni che comprendono l’espansione del suono e la sua riverberazione si doveva ottenere «l’illusione di un insolito strumento musicale del tipo della celesta»71.

Si ritorna così, attraverso la trasformazione dei suoni concreti, al gruppo di timbri con cui abbiamo iniziato questa trattazione: la loro capacità di restare sospesi nell’ovattato silenzio notturno e di materializzarsi come dal nulla li rende particolarmente utili alla definizione musicale degli ospiti e dell’atmosfera idillica, ma artificiale, che si è ormai diffusa nella stazione e alla quale i terrestri, come sospesi nel tempo, non riescono ad adattarsi72.

Ogni sonorità elencata nel riquadro posto all’estrema sinistra del grafico possiede un numero e un colore: questi due contrassegni consentono di individuare la sua collocazione nel ‘cerchio polifonico’ ideato da Artemev per compattare tutto lo sviluppo della sequenza in un disegno che esalta indubbiamente la simultaneità delle voci e quindi la loro sovrapposizione/combinazione nel tempo. Tutte le circonferenze concentriche sono poi divise in archetti di tre secondi ciascuno per una durata molto vicina a quella della prima apparizione di Hari (4’18’’).

71 Ibidem.

72 La trasformazione dei suoni concreti in musicali e il percorso inverso di creazione di nuove sonorità dagli strumenti e dai timbri tradizionali è completata dalle prescrizioni per il coro di voci femminili che deve sussurrare i suoni consonantici tipici della lingua russa: questa indicazione è presente anche nelle note per la musica della prima apparizione di Hari, ma in entrambe le sequenze non sarà riportata. Questa parte si potrà ascoltare proprio all’inizio della sequenza in cui Hari contempla i Cacciatori nella neve di Brueghel diventando così l’eco, il suono virtuale di voci umane lontane. Il tamburo militare deve invece ricreare un fruscio dalle sfumature metalliche proprie di questo strumento completando quindi il quadro sonoro iniziato dal gesto di Snaut con le sue foglie ‘artificiali’ al ventilatore.

83 Il disegno ribadisce dunque la volontà di controllare la combinazione ‘verticale’ delle parti, quindi l’evoluzione timbrica complessiva in ogni istante della sequenza, lasciando nella creazione del materiale di partenza ampia libertà di improvvisazione e imprimendovi un’intensa attività manipolatoria (registrazioni e riproduzioni e a velocità differenti, anelli, riverberazione sistematica e molto accentuata, tagli degli attacchi e così via). Seguendo le tracce colorate e i rispettivi numeri, il grafico disegnato a cerchi concentrici si trasforma in una sorta di labirinto sonoro: l’attacco della sequenza spetta al fruscio da produrre con le percussioni e le spazzole su cui si innesta il sussurro delle voci femminili che pronunciando consonanti estendono questo suono come se l’atmosfera si popolasse di presenze fantasmatiche e quasi umane di cui si scorgono tracce appena udibili.

In questo incipit si inserisce ben presto la fascia sonora prodotta dall’ANS che rimemora il

Preludio e stabilisce così il tentativo di dare almeno un’impronta della forma perfetta che esso

rappresenta. Alle creature alate portate dal sintetizzatore russo (si ricordi che il timbro dei suoni da produrre doveva somigliare proprio al verso di uccelli lontani) risponde il Sinthy-100, che col il suo crepitio opera musicalmente sullo stesso livello simbolico (la scala di Fa minore), ma introduce un altro elemento: il fuoco, ma disposto quasi sullo sfondo, appena udibile per il suo livello di intensità bassissimo. Ben presto il pezzo viene dominato dalle parti per violino con le loro note intense, acutissime, tremolanti e vive, ricche delle armoniche più alte perché da suonarsi sul ponticello: questa esplosione sonora interviene solo nella prima lunga comparsa di questi strumenti che poi finiranno sullo sfondo che è tutto un turbinio di suoni cristallini diafani e lontani ordinati in scale e melodie (campanelli, bicchieri di cristallo, vibrafono, organo Hammond). A contendere il primato d’intensità al violino e a sostituirlo nei vuoti in cui scompare provvede il ruscello trasformato in celesta: il paesaggio sonoro è quindi completo in tutti i suoi elementi e a questa parte concede il potente attacco a piena intensità dello sforzato. Questa eterofonia cristallina, guidata dalla presenza dello scorrere dell’acqua, della fluidità che diventa protagonista del pezzo rispetto allo sfondo dotato di leggerezza e insieme di fragilità, si esaurisce tornando alle sonorità da cui era venuta chiudendosi circolarmente sul fruscio vibrante del tamburo militare e sul fantasmatico mormorio femminile: Hari è di nuovo tra le braccia di Kelvin.

Abbiamo tentato di interpretare in poche righe un brano musicale che è rimasto nella vicenda compositiva della musica di Solaris soltanto virtuale. L’esercizio era comunque necessario per arricchire il bagaglio di forme e di soluzioni compositive a cui il musicista pensava di ricorrere durante la lavorazione del film ed ha indicato un’attenzione costante ai motivi conduttori che ritroviamo anche nelle immagini tarkovskijane a partire naturalmente

84 dalla presenza degli elementi naturali, che circolano nell’opera costituendo punti nodali nella formazione del senso delle immagini e quindi anche delle composizioni audiovisive.

Ora è necessario addentrarsi nella soluzione adottata al termine della lavorazione e in linea generale possiamo dire che per la seconda apparizione di Hari, Artemev ha ripreso l’impostazione generale della sequenza in cui per la prima volta è stata messa a fianco a Kelvin. In particolare ritorna il tema del pianeta ricavato dalla sovrapposizione di rumore bianco e rumore colorato, così come ritornano i cluster di pianoforte e l’accordo all’ANS a dare consistenza ad uno spazio acustico, ad uno sfondo sempre cangiante come la superficie del pianeta.

Cambia invece l’introduzione all’evento poiché si parte dalla creazione dell’effetto sonoro del vento da parte di Snaut a cui Artemev risponde generando sui movimenti della materia sonora solariana una punteggiatura di «note di cristallo» fortemente riverberate che finiscono per assumere l’aspetto del richiamo di uccelli lontani: secondo Yegorova «Le note del vibrafono prodotte liberamente dall’esecutore in termini di altezza e di ritmo vengono separate dai loro armonici più alti» producendo così l’effetto vibrazioni fatate e sospese su Kelvin pronto a partorire nuovamente l’immagine più profonda della sua coscienza73. Il momento dell’abbraccio è nuovamente sottolineato dal suono impulsivo, che genera allarme e tensione a 1/30 di secondo anche se questa seconda volta è arricchito di basse frequenze molto intense che danno l’idea dell’ennesimo sprofondamento.

Il lungo ritorno dal cosmo alla terra: il quadro sonoro di Artemev per i

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