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Dal buio cosmico all’esplorazione dei corridoi della stazione: le prime immagini sonore di Solaris

Il primo quadro sonoro dopo che la vicenda ha abbandonato la terra accompagna la visione del cielo stellato ma buio, un vuoto dal cui centro comparirà un tenue riflesso circolare, come di una lente, a rappresentare il volo sotto forma di caduta inarrestabile del protagonista. Fedele al principio di mostrare lo stretto necessario dell’arsenale fantascientifico fatto di modellini e retroproiezioni, Tarkovskij trasforma lo spostamento di Kelvin in una sorta di lungo sonno allucinato al cui risveglio il protagonista si ritroverà presso la piattaforma di lancio deserta della stazione. E concentrandosi sulla messa in scena del viaggio interiore volto a districare il complesso rapporto tra il passato e la sua trasformazione ad opera della memoria e dell’immaginario, il regista lascerà ad Artemev il compito di creare musicalmente la presenza e l’attività del co-protagonista del film, il pianeta ‘pensante’ che sonda la coscienza dei terrestri sulla stazione reincarnandone i grumi di desiderio e i ricordi più segreti, quelli creduti sepolti: per ora esso corrisponde visivamente al buio assoluto che Kelvin non può sondare dagli oblò del nuovo interno dove è appena giunto.

Il paesaggio cosmico e Solaris presentano quindi delle corrispondenze che ritroviamo innanzitutto espresse musicalmente dalla scelta del registro delle frequenze gravi, dal ricorso a micro-intervalli e alle manipolazioni aleatorie di accordi complessi. Nel caso della rappresentazione sonora del cosmo, della vibrazione del nero che precede le ultime parole scambiate dal protagonista con la terra così riverberate da parere lontanissime nonostante il loro volume, Artemev utilizza del rumore colorato, quasi certamente prodotto con l’ANS, che progressivamente converge sulla tonalità artificiale del Do 3 e che rimarrà l’asse sonoro delle sequenza fino all’arrivo nella stazione. In un decina di secondi la banda di frequenze compresa all’incirca tra 50 e 600 Hz si assottiglia assumendo la forma di un triangolo per giungere al vertice da cui fuoriesce il tono sinusoidale che regge questa prima trasposizione sonora di ciò che non è terrestre e nemmeno può appartenere alla memoria dei personaggi56.

56 Le note di lavorazione confermano l’attenzione del musicista russo verso l’uso di rumore colorato ottenuto all’ANS per rappresentare l’azione del pianeta e la comparsa delle sue creature estrapolate dalla coscienza dei terrestri. In particolare si trova un triangolo piuttosto simile a quello che accompagna l’immagine del vuoto cosmico: esso è tracciato all’interno di un grafico frequenza-tempo e si sviluppa partendo da un intervallo di frequenze piuttosto ampio (30 Hz – 10 kHz) per convergere in circa quaranta secondi intorno al tono sinusoidale di 400 Hz (una sonorità compresa tra un Sol e un Sol#, se si accoglie il sistema di temperamento stabilito per l’ANS si tratta esattamente di un SOL ‘alzato’ di due chrome vale a dire un terzo di semitono tradizionale). Nelle note è poi segnata anche la modulazione da operare probabilmente con la frequenza di 14,2 Hz. Secondo Yegorova uno dei modi per alterare queste sonorità estremamente artificiali e adattarle alla situazione di irresoluta incertezza e di timore che si impadronisce di Kelvin consisteva nel montare sfalsati il rumore bianco e il rumore colorato nel tempo (almeno quattro secondi) e nell’intervallo (una quarta più alta per

64 Per accentuare lo stato di abbandono in cui versa l’ultimo avamposto del sapere umano il tema del cosmo lascia spazio ai rumori della piattaforma di lancio: i bocchettoni non solo aspirano il fumo, ma anche il suono dell’esterno lasciando nel più assoluto silenzio il nuovo arrivato. Pur essendo un’astronauta, il primo gesto di Kelvin all’interno del nuovo ambiente è inciampare sui propri lacci: la caduta si incontra spesso nel cinema di Tarkovskij e rappresenta un cambio di prospettiva necessario per comprendere appieno la nuova situazione. È una forma di rovesciamento della visione generale delle cose enunciato non solo per il protagonista, ma anche per lo spettatore che troverà la sua più evidente manifestazione fin dal primo giro nei corridoi deserti da parte di Kelvin.

Non appena varca la soglia di questo luogo attacca il tema sonoro di fondo le cui caratteristiche essenziali, a partire dal registro grave adoperato, riconducono lo spettatore ad una presenza misteriosa, non identificabile nello spazio: il suono cupo si diffonde in ogni direzione e pervade l’ambiente. Su questo strato, di cui analizzeremo la composizione, si inseriscono i rumori d’ambiente che caratterizzano tutta la fantascienza e sono essenziali per renderla oggettivamente credibile: si tratta del rumore dei circuiti della macchine, o dei ventilatori, o dei segnali sonori per le spie luminose che indicano l’attività segreta e ‘autistica’ delle macchine. In questa parte del sonoro si colloca il primo suono che rappresenta la condizione in cui versa l’ambiente in cui Kelvin ha appena messo piede: nei pannelli i cavi sfrigolano facendo corto circuito e lo psicologo li allontana restituendo quella parte della stazione alla vibrazione di fondo che lo accompagna.

Anziché trovare un luogo improntato sul necessario ordine funzionale che garantisca l’efficienza del sistema messo in piedi per la ricerca scientifica, Kelvin e lo spettatore in semisogettiva con lui notano che tutto versa in un disordine inquietante, come se al progetto di indagine sul pianeta, su cui la scienza ha investito tutte le sue risorse, si fosse sostituita una precaria forma di adattamento alle condizioni di vita di un avamposto dimenticato e inutile e la ricerca scientifica stessa sia diventata un’attività trascurabile.

Sullo strato in cui si sovrappongono l’accordo cupo di fondo e gli effetti dell’ambiente artificiale in cui vivono i terrestri, si nota ‘in lontananza’ un suono di timbro metallico dotato il primo e un semitono più basso per il secondo) con i rispettivi materiali di partenza. Si veda: Yegorova, Edward

Artemev’s musical universe, cit. p. 73. Per quanto riguarda la nota su cui converge l’universo sonoro essa

differisce da sequenza a sequenza: all’inizio del viaggio è un Do 3, ma nei corridoi essa diventerà Sol 3 il cui rapporto armonico con la ‘tonica’ del buio cosmico è evidente. In ogni caso ciascuna di queste due note ‘sostiene’ gli sviluppi del materiale sonoro costituito essenzialmente dalle microtonalità rese disponibili dall’ANS: nella sequenza del viaggio questi toni sinusoidali frantumano dei costrutti apparentemente armonici che segnano la progressione verso la stazione orbitante del protagonista; nel percorso lungo i corridoi esse costituiscono invece una massa sonora che varia in modo del tutto aleatorio proiettando questa forma di sviluppo imprevedibile sull’ascolto dello spettatore (e del protagonista) fino all’arrivo nella cabina di Snaut.

65 di maggiore identità, meno indeterminato e impercettibilmente variabile del fondo scuro che sostiene musicalmente i passi del protagonista: questa sonorità, somigliante ad una corda che vibra o di una lamella pizzicata, attira l’attenzione del nuovo arrivato e punteggia il suo percorso nel labirinto sonoro della stazione finché non trova la cabina di Snaut. Inizialmente potrebbe sembrare l’ennesima voce incomprensibile delle macchine, ma progressivamente essa sottolinea e guida il percorso di Kelvin nella stazione fino a raggiungere il suo apice d’intensità proprio in corrispondenza della porta della ‘stanza’ del cibernetico.

Qui il suono letteralmente accompagna e ritma i primi versi di una filastrocca per insegnare ai bambini i numeri, recitata da Snaut in tedesco: la stazione non è deserta, ma i suoi abitanti sono dediti ad altro rispetto alle loro mansioni operative di carattere scientifico e il suono prima ascoltato in lontananza diventa l’accompagnamento di un numero poetico e musicale che dura una decina di secondi. Grazie alla posizione semisogettiva della macchina da presa, lo spettatore osserva Snaut gesticolare nel fuori campo creato dalla soglia: potrebbe notare qualcosa che Kelvin non può vedere, occupato a raccogliere una palla rimbalzata fino a lui, ma in realtà non viene svelato nulla, chi guarda e ascolta dall’esterno non ha una posizione privilegiata per capire cosa stia suggerendo la combinazione audiovisiva e cosa si nasconda nella cabina del cibernetico.

L’ambiente in cui vive Snaut è la stanza delle trasmissioni trasformata in cabina con abiti appesi agli strumenti (ormai inutili e decorativi, disposti dietro bacheche di vetro come se ci si trovasse in un museo della tecnica) e improvvisate forme di decorazione (stampe di vario tipo) di un locale completamente sottratto alle sue normali funzioni: nello spazio circolare campeggia un’amaca azzurra da cui penzola un lenzuolo bianco ed è subito evidente che quel giaciglio da ambiente tropicale, residuo tipico di una simbolica età dell’oro, nasconde una presenza rivelata solo dagli scricchiolii delle molle che la sospendono alle pareti.

Nelle stanze le maglie del sonoro si allargano lasciando al silenzio lo spazio necessario per accompagnare il dialogo che prende il sopravvento anche sulla ‘radiazione’ sonora di fondo: essa, comparsa per la prima volta a connotare l’immagine del buio vuoto cosmico, si è adattata ad indicare la presenza e l’attività oscure e segrete del pianeta quando il protagonista è giunto alla meta.

Questo primo incontro è costruito sui movimenti per allontanare Kelvin dal telo azzurro sospeso e maggiori sono gli sforzi del cibernetico più il sonoro rende evidente la presenza da nascondere: la vibrazione che ha condotto fino a questa stanza Kelvin è idealmente sostituita dal cigolio delle molle che fa da interpunzione al dialogo tra i due e colma il silenzio delle risposte che Snaut non può dare alle domande di Kelvin.

66 Il respiro affannato del cibernetico tradisce gli sforzi per mascherare una condizione che non è drammatica (nonostante la notizia del suicidio di Gibarian turbi profondamente Kelvin), ma piuttosto è divenuta progressivamente sempre più penosa: quando finalmente il nuovo arrivato è messo alla porta è ancora un intervento musicale a far tornare l’attenzione sul letto sospeso e mentre risuona di nuovo, stavolta con la massima intensità, la nota che ha condotto lo psicologo attraverso i corridoi della stazione fino alla stanza di Snaut, notiamo insieme al protagonista sporgere dall’amaca il dettaglio dell’orecchio di un bambino. In chiusura della sequenza ci viene indicato e ripetuto che dovevamo seguire il suono.

Dopo aver illustrato interamente lo sviluppo narrativo di questa sequenza è evidente che

Solaris rappresenta il primo film di Tarkovskij in cui il sonoro è concepito come un’unità di

elementi strutturalmente disposti su piani distinti che istituiscono fitti intrecci di legami di senso capaci di articolare la durata della sequenza: la musica e i suoni diegetici, il parlato (sempre post-sincronizzato), il silenzio e gli effetti de-sincronizzati rispetto al visivo formano un paesaggio sonoro di crescente complessità dove vengono coinvolti non solo i protagonisti, ma anche lo spettatore.

Pur essendo pienamente consapevoli dell’importanza cruciale del parlato, ma anche dei rumori legati alla presenza delle macchine che consentono la vita artificiale nella stazione, ci concentreremo ora nell’analisi del complesso accordo di basse frequenze in cui Kelvin è immerso durante il suo primo giro nei corridoi e nello studio della composizione del suono che ne ha pilotato il cammino fino alla scoperta tutta aurale della presenza che Snaut nasconde nella sua cabina: l’ospite del cibernetico non ha un posto rilevante nel visivo o nel racconto, ma la sua presenza assume invece un’importanza decisiva attraverso il sonoro e per il modo in cui viene offerto alla percezione dello spettatore. La sua identità e la sua funzione sono racchiuse interamente nel blocco costituito dalla fondamentale e dalle sue armoniche di una nota suonata al temir komuz57, che fuoriescono dallo strato ‘nero’ e profondo del vuoto cosmico o della notte solariana, pilotando Kelvin fino alla cabina di Snaut.

L’accordo del primo quadro sonoro che si può associare almeno alla presenza oscura del pianeta e che fa da tappeto all’evoluzione della sequenza fino a quando Kelvin non incontra il cibernetico è basato sul temperamento a 72 chrome per ottava ideato per l’ANS. Esso si può dividere in ‘blocchi’ ben distinguibili anche all’ascolto, ma imprevedibili nella loro formazione così come nel loro sviluppo. Noi prenderemo in considerazione solo il principale

57 Il temir komuz è uno strumento proveniente dalla Yakuzia, nell’estremo nord orientale della Siberia, e poi diffuso in tutta l’Asia centrale.

67 evidenziando poi i modi in cui questa sonorità si condensa per poi procedere a rarefarsi in un continuo movimento di organizzazione/disgregazione del materiale sonoro.

Il tono sinusoidale che dovrebbe fare da base per ordinare tutte le altre armoniche del blocco è un Sol 2, ma non si presenta nella frequenza consueta perché ribassato almeno di una chroma58. A partire da questo suono vengono comunque organizzati i sovratoni distinguibili a grandi linee in due insiemi: i primari che corrispondono all’incirca ai primi due multipli interi del tono fondamentale e i secondari, che formano invece dei rapporti inconsueti se si considera il Sol 2 come base.

Le frequenze delle parziali scelte da Artemev mostrano però anche un ordine ulteriore, almeno nella configurazione più leggibile con i sonogrammi al termine della sequenza, quando Kelvin vede Snaut per la prima volta dopo aver afferrato la palla in corridoio: ciascuna di loro presenta il proprio doppio tendendo così a formare delle misture sinusoidali che si avvicinano alla configurazione di un suono armonico tradizionale. Il tutto diventa così un accordo cangiante nel tempo dove le diverse frequenze emergono e si dissolvono senza un ordine precostituito.

Gli ultimi due toni in ordine crescente rispetto a quello di partenza sono modulati e rappresentano il limite superiore di sviluppo del suono di fondo: tutti gli altri sovratoni, primari o secondari restano entro i confini segnati dalle loro frequenze. La coppia di frequenze sottostante ha invece un andamento discontinuo ben osservabile nel periodo di ‘emersione’ che fornisce al suono un impulso ritmico. Nel complesso della sequenza i sovratoni secondari si diversificano ad ogni affioramento dell’accordo in questione secondo principi aleatori contribuendo così all’evoluzione continua ma senza regolarità (o ripetizioni) del timbro del fondo della sequenza.

Per completare questa struttura bisogna aggiungere che ogni vibrazione sembra dotata di una vita propria manifestandosi e poi scomparendo attraverso lunghe dissolvenze d’intensità che sospendono il suono nel tempo impedendo di distinguerne con precisione l’inizio e la fine: Kelvin vaga disorientato nei corridoi e questa condizione si riflette in vero e proprio intricato labirinto sonoro.

Quando l’inconsueto timbro metallico del temir komuz interviene ad un livello di intensità tale da farlo fuoriuscire dal fondo sonoro oscuro, dalla lontananza in cui sembrava relegato, ma dalla quale aveva attirato l’attenzione del protagonista guidandolo attraverso i corridoi

58 Dalle note di Artemev si ricava facilmente, come già suggerito in precedenza, che il suono Sol riveste un ruolo non secondario nell’impostazione dei toni sinusoidali e delle parti elettroniche della colonna sonora. Altrettanto numerose sono le segnalazioni di alterazione, anche delle note prodotte da strumenti tradizionali, ricorrendo all'abbassamento di una o due chrome (o di un quarto di tono temperato tradizionale che corrisponde a tre chrome).

68 della stazione fino alla stanza di Snaut, il tessuto elaborato da Artemev si produce in una evidente piega vibrante che si ripeterà allo stesso livello di intensità a chiusura della sequenza sull’orecchio della misteriosa creatura che riposa nell’amaca.

La frequenza principale designa ancora un Sol, un suono che già appartiene allo strato dai forti caratteri mutanti che ha accompagnato fino a questo punto il cammino di Kelvin, ma a due ottave più in alto: si riparte infatti da una frequenza di Sol 4 aumentata di un quarto di tono, ma si delinea una lunga serie di formanti che distano l’una dall’altra con ottima approssimazione all’incirca 100 Hz. Non si tratta quindi di una semplice nota musicale incamerata nella sequenza, ma di un suono tradizionale, anzi di un timbro appartenente al contesto della musica popolare dai tratti etnici ben definiti agli orecchi di un russo ricostruito in laboratorio riorganizzandone gli armonici59.

Le frequenze ottenute con la lamella pizzicata e poi trasformate dall’ANS, che introduce parziali di ordine 7 e 13, sono poi passate in camera d’eco che le riconsegna ad uno spazio ben diverso da quello della stazione, nonostante accompagnino adeguatamente la filastrocca dei numeri passo dopo passo per una decina di secondi60. Così si chiude la prima esplorazione di un mondo che ha cominciato a funzionare alla rovescia, che ha dissolto il proprio ordine funzionale e necessario al progresso per abbandonarsi ad altre attività (dei giochi?) che non possono essere mostrate perché evidentemente susciterebbero vergogna e riprovazione e sarebbero razionalmente poco giustificabili, almeno agli occhi del mondo ufficiale che Kelvin ancora rappresenta nelle vesti di liquidatore della “Solaristica”, la scienza messa in piedi per

59 Suslova riporta nel suo saggio intervista ad Artemev queste parole del musicista: «I was attracted by the timbre of the temir-komuz, because it has a large number of components and make it possible to treat freely any combinations of the overtones». E poi continua commentando uno dei brani eletronici di Artemev successivi a

Mosaic, ma naturalmente precedente a Solaris: «In a large composition Twelve Glimpses on the World of Sound

the timbre of Yakutian instrument named temir-komuz plays the role of theme; after careful analysis, its overtone row undergoes various modifications on the ANS, as a result of which there appear various kinds of the "overtone blocks" (an arbitrary combination of the overtones), "acoustic versions", "undertone versions", "distortions of the overtones", micropolyphonic and microrhythmical processes on a intersound level (variation of the motion and rhythms, horizontal and vertical polyphony). The composer realizes all the possible variants of work with sound, synthesizing from its spectrum both non-traditional timbres with pure electronic properties, and natural, living ones (for example in the form of imitation), and, at last, he switches on a direct record of concrete sounds, absorbing "the voice" of temir-komuz». (L. Suslova, Edward Artemiev: A breakthrough to the

new worlds of sounds, intervista presente nel sito del musicista consultata nell’estate 2012, pubblicata in

precedenza in «Musical academy», 2, 1995.

60 Nel punto in cui si apre la parte più complessa della vicenda Artemev sembra seguire almeno in parte il suggerimento espresso da Murzin nella sua relazione al convegno di Firenze: «Nel caso del temperamento consentito dalla musica elettronica, che si avvicina a livelli (microtonali) molto vicini alle possibilità selettive dell’udito, spariscono molte difficoltà legate alla corretta intonazione degli armonici superiori. Allora la musica elettronica, conservando le ampie possibilità che ci offre Bach nel senso delle illimitate modulazioni, arriva a sfruttare non soltanto la funzione del 5 armonico (terza naturale), ma si propone di effettuare una terza riforma alla base stessa dell’acustica musicale, cioè conquistare per l’orecchio la possibilità di percepire e distinguere le affinità musicali e acustiche per le parziali ad alta frequenza al di là del settimo e perfino dell’undicesimo armonico». E. Murzin, Risorse dell’orecchio musicale e possibilità di sintetizzare nuovi sistemi tonali d’accordo, p. 7.

69 appropriarsi o liberarsi dell’ignoto nel processo continuo e inarrestabile della conoscenza umana.

La lunga perlustrazione iniziale della stazione da parte del protagonista presenta altri due episodi musicali significativi e saldamente intrecciati al resto del percorso audiovisivo che andiamo delineando: quando entra nella cabina di Gibarian, prima di recarsi nel laboratorio di Sartorius, Kelvin, oltre a scoprire un altro tipico spazio della fantascienza dei viaggi e delle colonizzazioni spaziali messo a soqquadro e trasformato in una sorta di tenda armena, come se il suo abitatore avesse voluto portare con sé nel suo viaggio ai confini del noto più segni possibili del luogo terrestre di provenienza (tappeti, stampe, calchi alessandrini, cataloghi di monasteri dell’Armenia), deve affrontare anche l’oscuro scrutare dell’oblò da cui non filtra nulla e dove il suo sguardo non si può spingere. Questa presenza minacciosa, rafforzata dalle parole dell’ex-collega inspiegabilmente morto suicida presenta anche un duplice volto sonoro: da una parte troviamo infatti i rintocchi aerei e acuti di campanelli vaganti per la stazione che

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