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Il topos del ritorno del soldato dalla guerra esige un alto livello di stilizzazione per non scadere nello stereotipo, quindi Tarkovskij riduce all’essenziale gli apporti del visivo progressivamente sottraendo quadri alla sequenza immaginata in sede di sceneggiatura e di lavorazione: deve restare la sorpresa di Mar’ja, ma questa apparizione non sarà destinata a lei. E l’ex-compagno poeta comparirà come in un solenne ritratto, a mezzo busto, già consacrato dalla gloria militare delle medaglie sul petto e completamente estraneo ai desideri e alle tensioni che muovono il personaggio femminile. Ma Tarkovskij inserisce nella composizione di questo anche il punto di vista dei bambini, Aleksej (il narratore da adolescente) e Marina, ritornando sulla presenza di Leonardo nell’opera, ora esplicitamente legata alla presenza seppur fuggevole della figura paterna.

Per quanto riguarda il sonoro, è necessario lasciare momentaneamente da parte la presenza di Bach per concentrarsi sugli altri elementi, altrettanto importanti, per definire il senso della costruzione audiovisiva. La voce del padre, per esempio, per tutto l’episodio è scollegata dal suo corpo: quando si rivolge per la prima volta all’ex-compagna proviene dal fuori campo, essa chiede insistentemente dei bambini estranea alla sorpresa muta della donna che guida lo spettatore nel fuori campo per preparare la comparsa dell’ex-compagno. Nel contro campo il primissimo piano silenzioso di lui accentua il carattere inatteso dell’episodio, una vera e propria rivelazione, ma non destinata alla protagonista. E quando il soldato chiama i propri figli è solo una voce prontamente riconosciuta dai ragazzi che seguendola corrono verso casa. Nel momento culminante dell’abbraccio con i figli la parola cede definitivamente il posto al

195 pianto e poi a Bach: l’incontro raggiunge così il suo vertice emozionale con il recitativo Und

siehe da dalla Johannes-Passion.

La dislocazione della voce e la parola, che non può comunicare la tensione emozionale dell’evento con il dialogo e si innalza così verso la musica con il recitativo, sono due caratteri della composizione del sonoro, ma in questa sequenza bisogna introdurre gli interventi di Artemev, che guidano lo spettatore nella digressione leonardesca disposta a cornice dell’evento principale. Dopo il ritorno del soldato, condensato in due quadri, il montaggio salta infatti ai due fratelli nel bosco poco lontano da casa che discutono sul ‘furto’ del libro da parte di Aleksej: il piagnucolare della bambina (Marjna) è interrotto dal richiamo della voce paterna, prontamente riconosciuta da entrambi, che iniziano a correre a perdifiato per raggiungerne la fonte tanto desiderata.

Tarkovskij segue la loro corsa, lo spezzarsi del passo del ragazzo che inciampa di fronte all’imminente incontro con il padre, ma prima di tutto ritorna intenzionalmente anche sul volume, lasciato sul tavolo, con una panoramica verso il basso che rivela il ritratto di Leonardo da vecchio dove il volto è circondato dalle ondulazioni di barba e capelli che vi imprimono un movimento dai caratteri fluidi quasi naturali. Le pagine ‘rubate’ delle riproduzioni tornano alla natura, le loro immagini si usurano, si sciolgono gli inchiostri, si strappano le veline che le proteggono, ma dal punto di vista musicale proprio su questa panoramica verso il basso, che abbandona momentaneamente i bambini, si inserisce Artemev con una breve scala appena ascendente di fagotto, che affiora dal silenzio con un’intensità inferiore rispetto al precedente litigio dei due ragazzi insieme ai profondi colpi di timpano, che scandiscono con l’apporto di altri fiati il tempo della visione e non quello della corsa: la musica crea un’atmosfera di trepidazione tutta interna al processo di costruzione delle inquadrature non al loro contenuto. Rimane comunque evidente lo strato sonoro costituito dall’erba e dalle foglie secche calpestate, dal tonfo di Alksej, ma a questo si sovrappone la soluzione sonora del musicista russo che ha il compito di arricchire e governare lo sviluppo delle modalità di rappresentazione dell’evento, producendo così anche un certo distacco dalla patetica corsa dei due bambini.

Nei brevi interventi aleatori dei fiati assimilabili a quelli annotati e poi realizzati in

Solaris per la prima apparizione di Hari, lo spettatore ascolta un frammento sonoro dal timbro

cangiante senza alcune regolarità o prevedibilità, non c’è alcuna forma appartenente ad un discorso musicale precostituito che guidi la tensione al suo punto culminante, ma un moto interiore continuo del frammento che lo destabilizza fino al fulmineo sopraggiungere della soluzione bachiana.

196 L’essenzialità del visivo indica il percorso emozionale della sequenza e le soluzioni musicali ne esaltano il complesso tracciato: il volto piangente di Mar’ja, che mostra di aver compreso che l’ex-compagno non è venuto per restare e si allontana rivelando così la frattura familiare non suturabile, introduce dal punto di vista della madre l’abbraccio tra il padre e i figli195. Facendosi tappeto sonoro quasi impercettibile e zittendo il timpano, il frammento di Artemev guida la ricostruzione di questo sguardo tra i singhiozzi dei bambini fino all’attacco del recitativo di Bach, introdotto dall’intensità estrema dell’organo sulle lacrime della figura maschile in una breve panoramica che offre un ritratto militare dove campeggiano la divisa e le decorazioni.

Da questo punto di vista ‘esterno’, inizialmente coincidente con quello della protagonista del film, non si può perdere nessuna delle linee di tensione emozionale che caratterizzano l’abbraccio e si termina sullo sguardo di Alkesej rivolto al fuoricampo per ‘ritrovare’ la madre, ma il controcampo a questa soggettiva, già particolarmente mediata, è la riproduzione di Ginevra de’ Benci.

Prima di analizzare questa evidente soluzione di montaggio, che ha già attirato ripetutamente l’attenzione della critica per la sua evidente fuoriuscita dal contesto della sequenza, è opportuno soffermarsi ancora sul recitativo bachiano. Si tratta dell’intervento dell’evangelista Giovanni che racconta nel frammento scelto da Tarkovskij l’anticipazione dell’Apocalisse prefigurata dalla morte del Cristo, dallo squarciasi del velo del tempio e della terra per la resurrezione dei santi. Le parole non presentano alcuna attinenza con ciò che si vede sullo schermo, ma la fine dei tempi, che è interpretata come un processo di distruzione/ ricreazione, morte/resurrezione, scende dal piano universale ad illuminare quello individuale: il ritorno del padre dalla guerra assume per Aleksej la traumatica rivelazione del suo destino o meglio rappresenta per lui la presa di coscienza del carattere che ha assunto la sua intera esistenza.

Tarkovskij sceglie un pezzo bachiano che presenta un efficacissimo descrittivismo, delle vere e proprie immagini sonore benché singolarmente attenuate nella versione scelta: l’attacco dell’organo a intensità piena posto all’inizio del recitativo segna come un tuono lo sconvolgimento universale alla morte del Cristo, la linea melodica del tenore mima il movimento di spaccatura del velo del tempio196 e la scala discendente velocissima, che chiude

195 Dalle note contenute nei diari di lavorazione si ricava che Tarkovskij aveva cercato di evidenziare anche con delle battute di dialogo la prospettiva dalla quale Mar’ja aveva vissuto il ritorno inaspettato dell’ex-marito. Ma ha rinunciato ancora una volta alla parola, affidandosi esclusivamente all’interpretazione dell’attrice per far rivivere allo spettatore la tensione interiore della figura della moglie e madre.

196 Diversamente dalla Passione secondo Matteo, spesso ritenuta ingiustamente la fonte di questo inserto nello Specchio, la passione scelta da Tarkovskij appare più sobria, meno decorata con figure musicali che

197 l’annuncio del suo abbattimento, seguita dal trillo del basso per il terremoto, come prevede la partitura, prepara l’annuncio dell’imminente resurrezione dei santi. A questo punto, però, interviene Artemev con un cluster al pianoforte che, opportunamente riverberato e filtrato escludendo le frequenze più alte, fa sprofondare l’intero arsenale di figure fin qui ascoltato.

Come in Solaris così anche in questa parte dello Specchio Bach è ‘perturbato’ dalle sonorità della musica contemporanea: in questo caso esse rappresentano degli ineludibili segni di interpunzione nei quali il tessuto musicale viene distrutto dall’urto di una massa sonora dalla quale però si generano, seppur confusamente e in modo appena percettibile, nuovi suoni.

Non pare esistere una precisa corrispondenza tra il montaggio interno della sequenza e lo svolgimento del frammento musicale, tuttavia Tarkovskij riesce ad allineare la descrizione musicale della caduta del tempio e il successivo annuncio del terremoto con lo sguardo di Aleksej gettato nel fuoricampo, forse in direzione della madre, commentando così lo sconvolgimento interiore del ragazzo, e poi approfitta della scansione degli eventi apocalittici cantati dal tenore per staccare sulla riproduzione leonardesca.

Questo salto, per quanto compatibile con un processo analogico operato dall’immaginario del personaggio che non intende separarsi dal volume di riproduzioni del pittore fiorentino affioranti dalla sua memoria, introduce però anche un evidente intervento dell’autore che dirotta nuovamente l’attenzione da ciò che viene narrato alla serie di volti femminili che si possono condensare nel ritratto leonardesco. Tarkovskij non sfrutta lo sguardo di Aleksej per ritornare direttamente sul personaggio della madre, ma invita lo spettatore a ritrovare le stesse qualità della protagonista nella figura che domina la riproduzione guidando la sua esplorazione con una zoomata ad aprire dalle punte acuminate del ginepro alle labbra morbide, e poi all’ovale della donna dipinta197. Ripercorrendo il contrasto disegnato dalle forme catturate dalla macchina da presa, l’interpretazione del modello femminile leonardesco suggerisce a Tarkovskij alcune conclusioni generali utili a definire la natura dell’immagine:

Preso di per sé, il singolo elemento, estrapolato dal tutto, è morto, oppure, al contrario, rivela in ogni sua, per quanto piccola, componente le stesse qualità dell’opera nella sua compiuta interezza. Tali qualità nascono dall’interazione di principi opposti, il cui significato, come nei vasi comunicanti, trapassa dall’uno all’altro […]. Il ritratto ci dà la possibilità di vedere in esso infinitamente molto: attingendo alla sua essenza vi troverete a vagare per labirinti senza fine senza trovare mai l’uscita. Proverete un autentico piacere avvertendo che non siete in grado di esaurirlo, di afferrarlo fino in fondo. L’autentica immagine

possono trovare un loro corrispondente nel testo cantato, nella situazione raccontata e caricano drammaticamente l’atmosfera del pezzo. Questo atteggiamento sarebbe coerente con l’avversione del regista per i simbolismi individuati dalla critica nelle partiture bachiane.

197 Questa formula descrittiva ricorda la prima apparizione di Hari in Solaris con il dettaglio delle labbra e della peluria che ricopre la pelle vicino alla bocca quasi ad rendere reale, grazie a questa immagine tattile, la riproduzione di un ricordo sepolto nella coscienza del protagonista Kris Kelvin. Come nota Bird, il costume della protagonista femminile di Solaris è del tutto simile a quello della donna ritratta da Leonardo.

198 artistica fa sì che chi la percepisce provi contemporaneamente sentimenti complessissimi, contraddittori, che a volte persino si escludono a vicenda198.

Queste parole dai toni esplicitamente barocchi, che rendono l’immagine una vera e propria monade, mettono in risalto come il suo fondamento sia da ricercare nella continua interazione di principi opposti; essa, quindi, è irriducibile ad un unico significato compiutamente definito. Nell’incessante fluidificazione dei significati che si possono estrapolare dall’immagine, dagli elementi che la compongono sia sul piano contenutistico che formale risiede la sua tensione verso l’infinito: questa dinamica interna all’immagine di Leonardo è stata da noi ritrovata come motivo portante delle sequenze dell’incendio, del primo sogno e della tipografia, articolate dal montaggio sulla contrapposizione degli elementi acqua e fuoco.

Inoltre, non è mai sottolineata a sufficienza dalla critica l’esigenza molto sentita dal regista russo di mobilitare attivamente lo spettatore nella creazione di un percorso interpretativo personale di fronte all’immagine: per ottenere questo risultato egli prima di tutto bandisce la riproposizione di significati preconfezionati e poi costruisce l’immagine rispettando anche a livello strutturale la contrapposizione devi vari elementi costitutivi del quadro, compreso il sonoro, come abbiamo messo in evidenza ripetutamente nella nostra analisi. Composta secondo questi criteri l’immagine si apre continuamente al completamento da parte da chiunque la contempli e Tarkovskij mostra così di voler interpretare cinematograficamente il non finito leonardesco.

L’inserimento della riproduzione di Ginevra de’ Benci polarizza l’attenzione su volto femminile richiamando quello di Mar’ja commosso e piangente, osservato nella sequenza del ritorno del ex-marito dalla guerra, e quello algido e deluso di Natal’ja che seguirà subito dopo imprigionato e moltiplicato tra gli specchi. Ricordando che i due ruoli sono interpretati dalla stessa attrice, con questa combinazione che mette in luce un tema di carattere visivo piuttosto che seguire i contenuti delle sequenze, Tarkovskij rende l’immagine non solo un magazzino della memoria, ma anche una superficie che tiene insieme i possibili sviluppi a venire.

Nei piani di lavorazione la figura del padre è legata non solo ai testi poetici previsti a completamento di alcune sequenze, ma anche alle immagini di repertorio della guerra; in seguito il regista conserverà questo vincolo ma lo arricchirà con la figura di Leonardo rinunciando a definire il contesto bellico nel quale il padre ha vissuto ritornando alle immagini tratte dai documentari. Nonostante in altri punti del film, come ad esempio la sequenza degli spagnoli, Tarkovskij tenti la saldatura tra il tempo della ricostruzione basata sul lavoro della memoria del protagonista e i brani con cui l’immaginario collettivo ha

199 interiorizzato traumatici eventi storici come la guerra, per la sequenza del ritorno del padre rinuncia al footage documentario che avrebbe potuto essere persino pleonastico e fin troppo didascalico.

Abbiamo già trattato la fase progettuale per la sequenza del ritorno a casa del padre, che era inizialmente strutturata in due parti, la prima delle quali consentiva la presentazione del pittore fiorentino in modo più esteso e meno enigmatico, collocando il volume nella soffitta della casa e fornendo così una cornice narrativa più ampia al ‘furto di immagini’ da parte di Aleksej. La versione finale è dunque identica al progetto iniziale se si esclude l’inversione delle due inquadrature finali: lo sguardo della madre che si volta anticipa la panoramica sull’abbraccio del padre ai figli spostando così l’attenzione sul suo gesto da cui lei è esclusa199. Nell’osservare i protagonisti del vertice emozionale della sequenza si conserva tuttavia il punto di vista di lei, la sua posizione, ma nello stesso tempo si è consapevoli che non è più presente: il montaggio frammenta la rappresentazione con queste quasi impercettibili non corrispondenze nel trattare per immagini il racconto fino al salto (non previsto nelle note a disposizione) al ritratto femminile leonardesco, che fonde le qualità delle due figure femminili, Mar’ja e Natal’ja, interpretate dalla stessa attrice.

Per quanto riguarda il sonoro le parti previste per Ignat, per Mar’ja e per il padre, seppure estremamente brevi, non vengono inserite a favore della soluzione interamente musicale che abbiamo analizzato: la didascalia a Leonardo e ogni parola da parte dei protagonisti vengono accantonate a favore della recitazione degli attori e della composizione della sequenza che il versetto scelto dal recitativo trasforma in un’apocalisse individuale non solo per Aleksej, ma anche per Mar’ja200.

Il cammino decisionale che ha condotto Tarkovskij a ‘chiudere’ l’ampio arco dedicato complessivamente al fluire del tempo storico scandito dalle guerre si presenta piuttosto

199 Si vedano le note 1/10/1973 e 15/12/1973. L’analisi della sequenza potrebbe attardarsi anche sui luoghi topici della casa da un punto di vista narrativo predisposti da Tarkovskij per intensificare l’episodio (la soffitta, le finestre, il cancello e il recinto della casa), ma è forse più importante segnalare la loro esclusione: resta solo il bosco, lo spazio tra gli alberi come luogo d’elezione dell’infanzia e dell’adolescenza, anche se tutt’altro che rassicurante, come si vedrà nel finale.

200 16. DICEMBRE, domenica [1973]

Preparare i seguenti testi per le riprese sonore: […] 3 PEREDELKINO

1. Leonardo (corto e conciso) con la voce di Ignat, solo due inquadrature – primissimo piano – Ignat alla finestra – paesaggio (girare di nuovo).

2. Litigio dei bambini – scrivere 3. Le parole del padre – della madre. 4. “Rimani qui – no…”

Tarkowskij, Der Spiegel, Novelle, Arbeitstagebücher und Materialien zur Entstehung des Films, cit., p. 175.

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