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Dalle apparizioni femminili alla lunga sequenza delle guerre nei diari di lavorazione

La sequenza delle apparizioni femminili con la lettura della lettera di Puskin a Chaadaev prevedeva la contiguità con le parti dedicate al balbuziente e alla televisione; esse dovevano apparire molto più lunghe, ma i motivi essenziali erano gli stessi: la liberazione della parola come suono che evidenzia un legame uomo-mondo non affidato esclusivamente agli ordini e alle categorie che la parola stessa produce e la critica alla televisione, capace di produrre immagini che pretendono di sostituirsi alla realtà, ma di cui lo spettatore non può percepire la fattura, la costruzione e quindi non può verificarne l’autenticità.

Il protagonista è preso in una rete di presenze fantasmatiche e fin da subito deve essere calato in una atmosfera soprannaturale a cui contribuiscono gli spostamenti di tutte le

182 Non citeremo a sostegno della nostra ipotesi il famosissimo passo da Scolpire il tempo che interpreta la valenza del ritratto leonardesco di Ginevra de’ Benci, che comparirà nella sequenza seguente del ritorno del padre dopo la guerra. Preferiamo ricordare che una parte del paragrafo del Trattato sulla pittura dedicato al modo in cui dipingere una battaglia era contenuto all’interno della novella da cui è stato tratto Lo specchio: la selezione dei brani operata da Tarkovskij metteva in luce la necessità di captare e riprodurre con i mezzi della pittura il complesso sistema di circolazione stabilito dai molteplici elementi e dalle tensioni contrapposte che animavano sul campo di battaglia i corpi degli uomini per poi passare agli animali e a tutta intera la natura circostante.

186 comparse femminili che circondano e pilotano i movimenti del ragazzo 183. Ma un elemento determinante è sicuramente rappresentato dalla musica che viene affidata immediatamente ad Artemev anche se Tarkovskij aveva in prima istanza previsto l’inserimento della Cavalcata

delle Valchirie di Wagner che doveva creare con ripetuti inserimenti la necessaria tensione

nell’atmosfera della sequenza della «caccia alle apparizioni» da parte di Ignat184. La nota testimonia dell’interesse costante rivolta dal regista russo al musicista tedesco che ritroviamo anche in Stalker, ma questa presenza sarebbe indubbiamente risultata ingombrante rispetto all’insieme omogeneo rappresentato dagli interventi musicali extradiegetici del film che si attestano tutti all’interno del barocco. Tuttavia è sempre più evidente che, alla pari di alcuni rumori o composti sonori, anche nell’ambito musicale il regista si orienta su un numero ristretto di autori e brani molto popolari (si pensi anche alla Nona di Beethoven) la cui tradizione è ormai consolidata. Partendo da questa base convenzionale può operare sul frammento sonoro una serie di trasformazioni, persino di deformazioni espressive associandolo a rumori e immergendolo in spazi sonori desueti, che gli consentono di rinnovare nello spettatore l’esperienza dell’ascolto.

La telefonata del padre dovrebbe servire per far tornare Ignat alla realtà, ma la comunicazione tra padre e figlio si trasforma ben presto in un nuovo sprofondamento nella memoria da parte della voce narrante, come era accaduto anche nel colloquio con la madre. L’apparizione del ‘primo amore’ è il pretesto che sposta l’attenzione sulla sequenza al poligono di tiro centrata invece sulla figura dell’impertinente Asaf’ev e dell’istruttore. La quindicenne di cui si innamora il protagonista deve essere disposta a cornice dell’episodio e il suo ritratto si stabilirà nella memoria dello spettatore per poi ricomparire, sempre accompagnato dalla musica di Purcell, nella sequenza degli “orecchini”, fissato attraverso un sistema di specchi che materializzano l’immagine indicandone però anche l’impermanenza, la necessità che si estingua185.

L’attacco portato dal comitato artistico al percorso tarkovskijano, volto a mostrare prima l’inconsistenza della realtà ordinata dal linguaggio militare nell’episodio del poligono di tiro e

183 Per l’atmosfera di carattere fantastico della sequenza e l’importanza attribuita al carattere mistico della visione che doveva caratterizzare questa sequenza si veda la nota 20/02/1974.

184 Tarkowskij, Der Spiegel, Novelle, Arbeitstagebücher und Materialien zur Entstehung des Films, cit., p. 209 e 211. Nota 8/03/1974.

185 La scena al poligono di tiro viene girata tra la fine di gennaio e la prima metà di febbraio del 1974 e non presenta sostanziali differenze rispetto a quella definitiva. Leggendo la nota del 24/01/1974 colpisce il ricorso sistematico da parte di Tarkovskij al primissimo piano e al campo totale senza misure intermedie: l’azione dei protagonisti può essere così di volta in volta occultata a favore della lettura dei micromovimenti del volto per seguire il complesso stato emotivo che attraversa i protagonisti e non viene rivelato dalla parola, oppure i loro spostamenti vengono sempre messi in rapporto all’intero spazio, al piccolo mondo in cui si verificano, che spesso presenta situazioni secondarie, digressioni visive dove lo sguardo dello spettatore può sostare o venire distratto cogliendo però così la multiformità dell’esperienza percettiva su cui deve operare continue scelte.

187 poi a dismettere i cliché della rappresentazione della guerra, anche della grande guerra patriottica, è continuo e sistematico a partire dalle ultime fasi del montaggio fin quasi alla prima del film (20/12/1974), che verrà catalogato di seconda categoria e quindi destinato ad una breve vita nelle sale moscovite. Occupandoci della sequenza al poligono di tiro è interessante notare come l’arguzia dei bambini passi per stupidità e ogni pretesto sia buono per tentare di estromettere completamente la sequenza dall’opera conclusa186, a questo proposito è interessante leggere una delle ultime note de regista che affronta per l’ennesima volta le richieste della censura:

30 SETTEMBRE lunedì. Ero da Jermasch. Ha richiesto le seguenti correzioni:

1. Dopo il cinegiornale spagnolo va inserita la partenza di Chakalov sulla strada di Gorkij (in parte dove appaiono i palloni aerostatici). Questo lo faccio io.

2. Inserire nel materiale del documentario settimanale di guerra il benvenuto dei nostri panzer dagli abitanti di Praga. Questo non lo faccio.

3. Eliminare il balbettio del direttore dell’apprendistato premilitare. Questo non lo faccio. 4. Correggere nella parte finale le repliche di Smoktunowskij. Questo lo faccio.

1. Spagnoli (riflettere)

2. La più grande guerra patriottica (cinegiornale) 3. Episodi col direttore dell’apprendistato premilitare. 4. Finale.

Così è il “manoscritto” di Jermasch187.

La modifica più importante richiesta all’episodio del poligono di tiro riguarda la balbuzie dell’istruttore: la parola, ma soprattutto il suo suono, portano anch’essi i segni della guerra in modo ben più efficace del maldestro tentativo di razionalizzarla operato dal gergo militare, nonostante ciò, Tarkovskij rinuncerà al corpo sonoro ferito di questo personaggio per riprendere il ‘basso continuo’ dei passi sulla scala di legno di Asaf’ev che abbandona il poligono. Questo ritmo, affidato prima alla camminata sospesa della ragazza dai capelli rossi e poi ai passi pesanti dell’istruttore, si prolungherà nella soluzione sonora della traversata del lago di fango costituita soltanto dai piedi dei soldati che affondano nella melma188.

Da una nota dei diari di lavorazione del marzo 1973 si evince che le immagini di repertorio provenienti da documentari o da parti di film che comprendevano al loro interno riprese di questo genere dovevano coprire un ventaglio di temi piuttosto ampio:

186 Si leggano in particolare le note del 17 e del 27/05, ma il comitato artistico non darà il parere favorevole al film se non nell’autunno del 1974.

187 La nota (30/09/1974) è stata lasciata per intero per dare prova della consapevolezza da parte della censura dello sguardo alieno che Tarkovskij rivolge all’immaginario sovietico costruito secondo i dettami ideologici consolidati e alla critica che da questa posizione scaturisce.

188 Tarkowskij, Der Spiegel, Novelle, Arbeitstagebücher und Materialien zur Entstehung des Films, cit., p. 260. Nota 9/10/1974.

188 23. MARZO

MATERIALE DOCUMENTARIO 1. Il cimitero

a) La morte, sua innaturalezza b) Il soldato che attacca e cade c) Il fuoco del crematorio - la fiamma. 2. La tipografia

Il primo volo nella stratosfera. 3. Il padre.

a) Immagine del documentario settimanale dall’attacco al combattimento. b) Inquadratura da “La liberazione”

4. Intervista con gli spagnoli a) L’arrivo del bambino spagnolo b) La guerra civile spagnola 5. Intervista con la madre a) La guerra in Vietnam b) Nagasaki, Hiroshima

c) Ospedale con vittime della bomba atomica.

Nonostante il film sia molto lontano dalla forma definitiva, già si profila «l’innaturalezza della morte» da esprimere per immagini qualitativamente diverse, anche se intimamente legate alle ricostruzioni della memoria dell’io lirico di cui si segue il flusso di coscienza. Questo tema si ritroverà espresso nella lirica di Arsenij Tarkovskij che verrà scelta per accompagnare il corpo centrale della sequenza dedicata alle guerre.

Non mancano gli elementi cari a Tarkovskij, ma catturati da un occhio ‘diverso’: il fuoco del crematorio e l’aria della stratosfera dovevano innestarsi nella struttura per ritornelli visivi che innerva il film. Ma bisogna rilevare come tra il materiale scelto inizialmente dal regista vi sia largo spazio agli eventi sul campo di battaglia. Probabilmente guidato proprio dalle parole di Leonardo (poi non incluse nel film) Tarkovskij cerca di sintetizzare lo scontro e il sacrificio dei soldati attraverso i momenti essenziali del combattimento. Nel progetto iniziale, a parere del regista, la guerra sarebbe però rimasta sull’unico piano interpretativo offerto dalle immagini di repertorio se non fosse stata completata dalla macrosequenza dedicata alla ricostruzione della battaglia di Kulikovo (o del “Campo delle beccacce”): la vittoria dei russi del 1380 sui tartari e sui mongoli doveva offrire una profondità temporale al sacrificio dei soldati russi nella guerra patriottica e inverare così le parole di Puškin nella lettera a Chaadaev189.

189 Si veda la nota del 25/05/1973, il comitato artistico, tuttavia, scarterà la sequenza del “Campo delle beccacce” (8/06/1973) e Tarkovskij dovrà rassegnarsi a questa decisione.

189 Le guerre a venire sono rappresentate dall’esplosione degli ordigni atomici e si sono conservate anche nella versione finale sebbene non vengano legate alla figura della madre: nella nota è evidente che la costruzione del film era imperniata intorno ad una sorta di falsa intervista alla madre e le immagini dei funghi atomici e dei corpi straziati dalle bruciature dovevano fare da contrappunto alle parole della protagonista del film non sostituita dalla Terechova. Dopo i primi mesi di riprese il materiale documentario si riduce e inizia a trovare una sua precisa collocazione:

27 Settembre giovedì Mosca

RIPRESE DI DOCUMENTARIO/ DOCUMENTARIO SETTIMANALE […]

III Guerra:

Attraversamento del fiume con soldati nudi Soldi nell’acqua

Salma nell’acqua Cavalli

Cavallo nel fango Sivaš […].

È significativo che Tarkovskij elabori la sequenza della guerra facendo esplicito riferimento all’immaginario che possiamo rilevare in tutti i suoi film: la presenza dei cavalli e dei cavalli nel fango è un preciso condensatore degli elementi naturali proveniente dal Rublev, ma anche da Solaris, e così pure il denaro, di cui abbiamo già ricordato le emergenze nei diversi film tarkovskijani, si perde nell’acqua (come in Stalker), ed è destinato a tornare autentica materia senza più alcun peso simbolico. Indubbiamente nuovo è l’interesse verso il corpo dei soldati nudi di cui resterà solo un frammento, ma all’inizio della sequenza del lago Sivaš: agisce ancora una volta l’influenza di Leonardo esperto osservatore delle tensioni e delle orribili metamorfosi prodotte dalla guerra al di là dei cliché stabiliti dai dettami ideologici.

Le obiezioni alla rappresentazione della guerra persistono anche durante il montaggio definitivo del materiale e si intensificano ad ogni visione della censura: Tarkovskij alla prese con la lunghezza del film decide che la sequenza si può accorciare e apporta i tagli necessari nel materiale eliminando le inquadrature che possono apparire degli stereotipi e interrogandosi sull’effetto di una sequenza con materiale documentario così lunga e compatta proprio al centro del film. Il problema è rappresentato dalla protagonista femminile che corre il rischio di essere emarginata dopo aver dominato la prima parte dello Specchio, ma la soluzione sarà trovata giustapponendo alla sequenza delle guerre il ritorno del padre dalla guerra per vedere i figli, non per Mar’ja, la madre.

190 Dall’ultima nota sul montaggio definitivo del film risulta chiaro che la sequenza è interpolata alla camminata di Asaf’ev, che ha lasciato il poligono di tiro, sulla cima della collina: inizialmente questi inserti erano stati pensati come momenti di chiusura del racconto dell’apprendistato militare, ma ora è evidente che Tarkovskij ha scelto di intrecciare saldamente le due sequenze dando al ragazzo il compito di gettare uno sguardo verso il futuro (tutte le parti del documentario possono sembrare delle sue ‘soggettive’) non meno oscuro del suo presente e poi, dopo aver contemplato con angoscia l’epoca dell’apocalisse nucleare a venire, di racchiudere in un unico quadro l’immagine dell’immortalità, della continua rigenerazione della vita dalla morte, dal sacrificio, suggerita dalla lirica paterna disposta sulla marcia dei soldati nel lago di fango, quando presso l’albero accoglie il volo di un uccellino190.

Ma la comunanza con la natura dai tratti brugheliani rimane solo un desiderio nella memoria dell’io lirico protagonista del film: nel tempo della storia al gesto di Asaf’ev corrisponde lo sventolare fanatico della parola nei libretti rossi della rivoluzione culturale cinese. In questa parte della sequenza, nonostante la continue e pressanti richieste del comitato artistico di modifica, di ritorno nei canoni della celebrazione della grande guerra patriottica e della storia secondo il modello sovietico191, il regista inserisce anche la propria critica alle immagini trasformate in semplici contenitori ideologici, sclerotizzate in un preciso significato, o valore simbolico, e non più aperte ai percorsi continuamente cangianti del senso. Tarkovskij cerca comunque di mediare con le richieste del comitato artistico e nella nota del 28 maggio 1973 (a film ultimato) scrive:

[…]

3) Vorrei prendere l’aspetto singolo del documentario settimanale di guerra e introdurre più livelli: i quadri del lago di Sivaš spezzettati ritmicamente dagli eventi bellici nella seguente sequenza: Hiroshima, Corea, Vietnam, Israele – paesi arabi, Cina/le isole di Daman, per inserire il segno del crescente pericolo della guerra.

Vogliono la vita reale del nostro paese? La riceveranno.

Questa nota è una traccia esplicita della volontà di costruire una sequenza di montaggio per definire il senso del pericolo di guerra mai spento, ma soprattutto essa indica la volontà di creare una sequenza multidimensionale lasciando come ‘canto fermo’ la lenta e inesorabile marcia verso la morte dei soldati nel lago di fango. Su questo continuo fluire che porta allo stremo i corpi si inseriscono gli eventi storici successivi fino a raggiungere il presente vissuto dal protagonista rimemorante, ma si tratta di una riorganizzazione evidente della cronologia

190 Tarkowskij, Der Spiegel, Novelle, Arbeitstagebücher und Materialien zur Entstehung des Films, cit., p. 132 e 236-237. Note 18/08/1973 e 12/04/1974.

191 degli eventi stessi, che non soggiace più ad una misurazione lineare del tempo: il progredire della storia si mostra costantemente rivolto e legato alla propria origine rappresentata dal sacrificio dei soldati trattenuto da metri di pellicola scampati alla censura e usati come ritornello della sequenza. Benché questa organizzazione del materiale non sia stata realizzata, rimane evidente la forma musicale che la sequenza doveva assumere e in un’altra nota si precisa il carattere generale della temporalità espressa dalla marcia sul lago Sivaš, che correva il rischio concreto di essere espunta completamente dal film:

25. GIUGNO martedì

Osservato la versione, sono da trasformare l’”orecchino” e la “guerra”. Molto male. Ho modificato il finale della “guerra” – il ritorno del padre.

Ho regolato “il libro” per la “Ogorodnikowa”.

Ora c’è la domanda decisiva: come deve diventare il film – in una parte (cioè o accorciare il film di 178 metri) o in due parti (cioè allungarlo di 420 metri)?

In nessun caso va accorciato: la cronaca verrebbe assottigliata ed andrebbero perse l’aria e la trasparenza. Nel caso lo allungassimo bisognerebbe allungare tutto alla stessa maniera.

Interpretando alla lettera quanto è scritto l’elemento aria, il fluido portante che accomuna le sequenze dedicate prima alla guerra di Spagna, poi all’ascensione nella stratosfera e infine alla traversata del lago di fango, trasporta l’evento impresso sulla pellicola in una dimensione arcaica ben più estesa e profonda del tempo storico. I tagli e le sistemazioni della sequenza più criticata dalla censura proseguono; la nota del 27/06/1974 rende esplicito un tipo di raccordo pensato dal regista per questa parte del film coinvolgendo direttamente anche il sonoro:

Montaggio. Ho integrato, allungato. Incollato e tagliato.

Prima della “Guerra” e il poligono di tiro la cronaca e i “rumori della radio” 1930-1970; quindi la “guerra” come risultato.

Il comitato ha accettato il prolungamento (per l’ultima volta).

Il tentativo di saldare insieme le macrosequenze senza snaturarle coinvolge direttamente anche il sonoro: “la cronaca e i rumori alla radio 1930-1970” erano stati pensati come colonna sonora per il volo nella stratosfera; la voce dei dittatori ricordava la guerra e, grazie alla comparsa nel film di un media molto caro a Tarkovskij, si trovava un’introduzione alla sequenza centrale del film compattando così il materiale documentario. La nota ricorda da vicino le procedure da montaggio intellettuale di ejzenstejniana memoria e in seguito Tarkovskij rinuncerà a questo tipo di raccordo mutando radicalmente i materiali con l’inserimento dello Stabat mater al posto dell’audace, ma in fondo in questo contesto troppo didascalico, brano radiofonico.

192 Nella costruzione della colonna sonora per la sequenza del Sivaš, la presenza di una lirica di Arsenij Tarkovskij, soldato durante la guerra patriottica, era prevista fin dai primi progetti produttivi: la parola doveva fungere da completamento dell’immagine secondo un procedimento tematico rigorosamente ancorato all’idea generale espressa nella sequenza e non alla riproposizione a parole del contenuto del visivo. Il testo inizialmente scelto era Il

profeta di Puškin, poi è divenuto Da bambino mi ammalai e infine viene cambiato con Vita, vita solo durante il montaggio definitivo192 e benché il regista non si esprima su questo mutamento, esso corrisponde al principio compositivo sul rapporto tra parola e immagine che abbiamo appena delineato. Nella lirica puskiniana scelta inizialmente, la creazione/consacrazione dell’artista, i cui doni divini gli consentono di penetrare tutto il creato e di rivelarne i segreti ai cuori degli uomini disposti a farsi «bruciare» dalla sua parola, è la protagonista indiscussa e indubbiamente il testo rappresenta una ripresa ideale della lettera letta da Ignat nell’episodio delle apparizioni, ma questo tema, che fa emergere prepotentemente la figura dell’autore, produce uno scarto troppo radicale rispetto al senso delle immagini tratte dalle riprese di guerra.

La seconda lirica, che ritroveremo invece in Nostalgia, offre punti di raccordo con il visivo piuttosto espliciti: il labbro ferito, il freddo, la paura, il continuo camminare e l’assenza incolmabile della madre, che compare come un incomprensibile messo divino, si saldano ai protagonisti e all’atmosfera del poligono di tiro, prolungando la parentesi lirica sul dramma dei soldati espresso nelle inquadrature del Sivaš. Questa persistente presenza dell’io lirico o di riferimenti che si possono agganciare all’apprendistato militare rischia di ridurre la portata semantica della traversata del lago di fango riconducendola in modo troppo evidente nell’alveo del ricordo individuale della guerra per quanto trasfigurato dalle immagini della poesia, così Tarkovskij decide, prima della sostituzione con Vita, vita, di arricchire la sequenza mettendo in evidenza soluzioni sonore che attingano a rumori naturali (i passi nel fango) e alla musica, che verrà affidata ad Artemev193.

Diviene così chiara in questa parte del film la volontà di giustapporre e operare per stratificazione di elementi audiovisivi generando una rete di risonanze e di richiami tra i quali lo spettatore deve comporre il proprio percorso. Non mancano le digressioni, le contraddizioni, ma soprattutto le accumulazioni di motivi (basti pensare alla critica alle immagini operata con l’iconografia della rivoluzione culturale) che impediscono la chiusura

192 Si vedano le note 22/03/1973, 31/10/1973, 18/12/1973, 17/03/1974, 28/03/1974, 24/06/1974, 5/07/1974. tarkovskij si annota in questi promemoria anche la necessità di convocare il padre nello studio per la registrazione dei testi da lui composti con la sua voce.

193 della sequenza di montaggio, ma questo aspetto era già stato suggerito dallo sviluppo della musica di Artemev prodotta per semplici nuclei costituiti da variazioni su un unico accordo elaborate nei più diversi modi e poi unite non secondo i principi musicali tradizionali ma

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