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Il brano che analizzeremo si estende dalla fine del racconto di Berton fino alla visione serale, quasi notturna della città: non c’è termine al viaggio di ritorno del vecchio pilota, egli appare ingoiato dall’organismo smisurato e gigantesco della metropoli. Allo stesso modo il pezzo non presenta conclusione e, caso piuttosto raro nel sonoro tarkovskijano, è completamente privo di un finale che ne estingua inavvertitamente la presenza, di solito ricorrendo a lunghe dissolvenze: la colonna sonora, che descrive la circolazione sanguigna nelle arterie della città illimitata e che ha fatto del movimento il suo carattere distintivo

55 opposto alla stasi idillica con cui era iniziato questo prologo, è troncata improvvisamente per tornare proprio al silenzio assoluto del lago in vista della dacia della famiglia Kelvin50.

Il contrasto con l’inizio della vicenda non può essere più netto dato che la struttura portante del pezzo, costituita da un’elaborata stratificazione di dissonanze e di rumori, tra cui spiccano quelli dei motori di mezzi di trasporto militari (carri armati), raggiunge un livello difficilmente sopportabile. Contrariamente allo stacco finale che non riesce ad arginare la controllata e calcolata cacofonia e ne sancisce così la condizione di forma aperta, dove gioca un ruolo determinante il montaggio, l’incipit del brano è caratterizzato invece da una lunga dissolvenza che progressivamente si libera del silenzio dell’ultima comunicazione con Kelvin e poi si concentra musicalmente sulla realtà circostante, sugli effetti sonori del movimento delle automobili sulle strade sospese.

L’impianto generale del brano è articolato sul percorso del mezzo che accompagna Kelvin e il figlio lungo i viadotti della metropoli: lo scorrere monotono sull’asfalto dei pneumatici, gli ingressi nelle gallerie, i passaggi a fianco alle serie di pilastri che sostengono i cavalcavia, le uscite sui viadotti sono rappresentati da suoni corrispondenti ai tipici spostamenti d’aria che si generano in queste situazioni e costituiscono il punto di contatto audiovisivo (i sincroni) che compattano il pezzo. Ma fin dal primo ascolto i suoni caratteristici di questo attraversamento, che appare interminabile, vengono progressivamente sostituiti da rumori carichi di basse frequenze, profondamente dissonanti, che costituiscono una massa sempre più densa e instabile fino al termine del pezzo51.

Questi cambiamenti timbrici avvengono durante tutto il pezzo in modo impercettibile finché la massa non ha raggiunto una consistenza critica che lo spettatore non può ignorare. Questo procedimento di sostituzione dei ‘colori’ del brano si ripeterà in Stalker, quando i tre viaggiatori sul carrello raggiungono la Zona dall’avamposto: il cambio dei timbri ‘reali’ (dei

50 Il brano si isola quindi facilmente dal resto della colonna sonora e la sua contrapposizione alla perfezione assoluta rappresentata da Bach non potrebbe apparire più netta: è il punto più lontano dall’armonia del Preludio, posto persino prima di ogni immagine, anche di quelle che illustrano la contemplazione della natura, come una forma esemplare anche dal punto di vista artistico. Miceli suggerisce la giustapposizione di due visioni dell’uomo espressa in forma musicale dal brano di Bach e da quello di Artemev per la traversata della metropoli; si veda: S. Miceli, Musica per film, storia, estetica – analisi, tipologie, Lucca, LIM, 2009, pp. 693-694.

51 Non è difficile credere che per la composizione di questo strato stordente Artemev abbia usato rumori provenienti dall’ambito dalla meccanica pesante o dei fenomeni della natura più violenti e incontrollabili. Più difficile è invece riconoscere le percussioni da musica rock i cui tracciati ritmici sarebbero stati ripetutamente sovrapposti. La prima informazione si trova in Yegorova, Edward Artemev’s musical universe, cit. p. 71, la seconda invece si può leggere in ID., Soviet film music, an historical survey, Harwood, Amsterdam, 1997, p. 231. Nella comunicazione personale con chi scrive dell'estate 2010 Artemev conferma la presenza di strumenti della musica rock (percussioni comprese), ma nei suoi appunti si trovano segnati solo due tipi di bong. Nella monografia sul musicista la musicologa russa non ripete l’informazione sicuramente significativa relativa ai tracciati delle percussioni, mentre l’uso di rumori relativi al mondo delle macchine, della guerra e della tecnica (del volo) viene esteso alla sequenza successiva del viaggio di Kelvin verso il pianeta.

56 colpi sulle rotaie, del rumore dello scorrimento delle ruote metalliche sui binari) con quelli artificiali, che deve restare egualmente inavvertibile, avviene però attraverso procedure elettroniche legate all’alterazione delle armoniche rese possibili dal Synti-100 e dall’uso oculato dell’eco.

A questa progressiva trasmutazione timbrica si deve aggiungere un sensibile incremento di livello dell’intensità del pezzo che aumenta dalla dissolvenza iniziale verso il finale troncato: questa progressione che appare continua presenta delle tappe significative, degli scarti di livello registrabili in coincidenza delle inquadrature che riprendono l’abitacolo dell’auto in cui si trovano Berton e il figlio. Non si tratta di sincroni in senso stretto, ma ogni volta che la macchina da presa torna prima davanti e poi all’interno dell’involucro che dovrebbe isolare i due protagonisti in una sorta di cellula scorrente nell’organismo della metropoli, il livello della massa sonora instabile aumenta, come se il guscio trasparente non isolasse i due viaggiatori dai suoni e dai rumori che da cupi diventano sempre più stordenti.

Artemev prima asseconda e poi elude le abitudini percettive dello spettatore: struttura il pezzo rispettando inizialmente la verosimiglianza del paesaggio sonoro ascoltato dall’interno dell’auto, ma in seguito si libera dei vincoli dettati dalla posizione degli ascoltatori/spettatori presenti nella messa in scena e tratteggia uno spazio in cui la differenza tra esterno e interno dell’auto non esiste. La musica costituisce un unico spazio sonoro in cui i due protagonisti man mano si calano, nonostante il visivo conservi tutti i tratti della retroproiezione, che sistema in due luoghi diversi i viaggiatori e il mondo circostante in continuo e incessante mutamento, fino a raggiungere talvolta una dimensione astratta (soprattutto nel buio dei tunnel, con le luci al neon).

Il contatto tra l’abitacolo dell’auto e l’esterno è assicurato visivamente in due modi: o con quadri che mostrano Berton letteralmente immerso nella corrente del movimento che gli scorre intorno, o con delle soggettive che sfruttano la sua posizione per poi vagare liberamente negli spazi della brulicante metropoli. Quando questi sguardi, che finiscono per diventare comunque policentrici, coincidono con gli incrementi dei livelli della massa sonora instabile del pezzo, si assiste all’introiettamento dello sconfinato e misterioso, nonché opprimente spazio circostante da parte del protagonista della sequenza e lo spettatore non può fare a meno di procedere allo stesso modo, calandosi nei tortuosi e scuri tunnel autostradali che anticipano il volo cosmico di Kelvin.

A conclusione di questa digressione sulla costruzione audiovisiva della sequenza è necessario osservare che Berton e il figlio si isolano dal mondo circostante: il primo resta chiuso in se stesso dopo l’umiliazione subita da Kelvin, che ha ribadito le conclusioni

57 dell’inchiesta subita diversi anni prima, il secondo si posa invece sulle spalle del padre confidando nella sua presenza. Nessuno di loro fa da filtro emozionale all’atmosfera creata esclusivamente dal brano musicale ideato da Artemev e dalle riprese realizzate a Tokio da Tarkovskij. Lo spettatore è chiamato quindi ad ascoltare il brano così come ad osservare lo spazio costruito dalla civilizzazione senza congelarlo su un unico piano interpretativo, o fissandone la lettura da un punto di vista privilegiato, ma rifacendosi costantemente alla sua struttura, al suo andamento consolidato dai caratteri audiovisivi che abbiamo appena delineato.

Dopo aver individuato la sonorità portante della sequenza e aver chiarito il suo sviluppo per ‘sostituzione’ timbrica a partire dai rumori della rappresentazione, si tratta ora di osservare come da questo magma in continuo movimento fuoriescano dei segnali qualitativamente diversi, dei tentativi di emersione dal caos rombante che tratteggia lo statuto sonoro della metropoli. Rispetto alla formazione del precedente strato mobile più grave, le punteggiature sonore che ne incidono l’andamento sono generalmente più acute, ma seguono sostanzialmente lo stesso andamento dei livelli di intensità dell’intera composizione.

Rispetto al visivo queste alterazioni prima assecondano gli eventi della rappresentazione, prevalentemente i sorpassi tra le auto, assumendone addirittura il disegno, interpretandone la variazione di velocità, e poi finiscono per relazionarsi esclusivamente alla massa sonora da cui fuoriescono e in cui poi si perdono: non si tratta però di una composizione aleatoria quanto piuttosto di un brano in cui l’opera del montaggio garantisce l’espansione del flusso sonoro e il continuo succedersi delle improvvise emersioni che si può chiudere solo con un troncamento netto. La giustapposizione dei pezzi può talvolta produrre delle ripetizioni, come pure alcune aggregazioni, ma queste sono del tutto insufficienti a delineare un’eventuale forma di compiutezza.

Non presentando rilevanti differenze d’intensità, questi inserti spiccano dal magma sonoro soprattutto per il timbro marcatamente artificiale dei toni sinusoidali, per la gamma di frequenze sensibilmente più acuta dell’instabile massa sonora sottostante e per le loro evoluzioni ben più definite del boato continuo da cui emergono: nel caso di un sorpasso ad opera di un taxi, per esempio, il suono di sintesi creato dalla mistura di frequenze sinusoidali compresa all’incirca tra i 550 Hz e i 5500 Hz prima resta stabile per meno di mezzo secondo, poi esita e glissa verso il grave per un tempo equivalente, determinando un abbassamento dei toni e poi accelera per quasi quattro secondi invertendo la tendenza precedente e arrivando ad innalzare le frequenze di partenza di quasi due volte e mezzo. L’intensità delle vibrazioni più acute va perduta, ma il disegno allucinato del sorpasso è stato reso dallo sviluppo del timbro

58 sinusoidale che si tronca improvvisamente riconsegnando alla materia più grave il compito di condurre musicalmente il quadro sonoro.

Per sorprendere le abitudini dell’ascolto tradizionale, ormai abituato ad associare ai glissandi verso l’acuto dei toni sintetici corrispondenti accelerazioni degli elementi del visivo, Artemev inserisce nella terza parte dello sviluppo di questo suono di sorpasso ‘un’esplosione’ di rumore bianco della durata di due secondi che intercetta le frequenze che stanno salendo interrompendone percettivamente il corso proprio nel mezzo per poi riconsegnarle all’orecchio dello spettatore quando sono sul punto di interrompersi.

Il collage del musicista russo è quindi attento anche alle convenzioni musicali elettroniche, ormai invalse nel cinema proprio grazie al genere fantascientifico, evitando di riproporle ma nello stesso tempo approfittando fin dall’inizio di questa sequenza per introdurre i timbri tradizionalmente ‘alieni’ su immagini della terra, per quanto siano la rappresentazione di una metropoli, di una città del futuro che si è sostituita interamente alla dimensione naturale.

Non mancano gli armonici fatti di brevissimi glissandi ravvicinati disposti a frequenze piuttosto alte, che si ripetono con regolarità per lunghi tratti e sembrano il verso di uccelli lontani: il loro livello di intensità non supera il cupo fluire in cui ci troviamo immersi e alla lunga esso li maschera insieme al rumore bianco, che imita efficacemente l’ingresso dell’auto nei tunnel. Brevi segmenti sinusoidali accompagnano queste flebili grida e anche essi si ripetono a distanze regolari come a formare un codice nel caos montante senza riuscire nell’impresa.

Grazie al sintetizzatore talvolta sembrano apparire dei suoni di durata consistente con una fondamentale e delle armoniche, ma non sono riconoscibili come note musicali tradizionali: la principale è stata infatti ribassata utilizzando molto probabilmente come unità di misura la chroma52, come spesso riportano le note di Artemev in riferimento anche ad altri strumenti, e le sue armoniche principali la assecondano con buona approssimazione di fatto creando un suono del tutto nuovo.

Così viene inquadrato per la prima volta l’abitacolo dove si trova Berton e notiamo anche il primo significativo cambio di livello di intensità della composizione che accompagna l’attraversamento-immersione del vecchio pilota meditabondo nella città tentacolare. In corrispondenza della prima inquadratura a colori dei viadotti Artemev crea un collage sonoro che, approfittando di un ulteriore cambio di intensità maggiore del precedente, presenta un

52 Ricordiamo che con il termine chroma/chrome intendiamo il micronintervallo che divide l’ottava secondo il sistema pensato dalla coppia Jankovskij-Murzin ideatrice dell’ANS. Esso corrisponde a 1/6 di semitono temperato tradizionale, quindi in un’ottava si trovano 72 chrome. Per una trattazione di questo problema si vedano i primi due capitoli dell’Appendice.

59 montaggio meno episodico dei precedenti e completamente affrancato da sincroni con il visivo.

I suoni adoperati sono ancora misture di suoni sinusoidali fitti di frequenze la cui regolarità potrebbe renderli quasi armonici, ma che all’analisi risultano caratterizzati dalla scelta di rapporti dalle frequenze diverse da quelle prescritte (multipli interi della fondamentale) ed abituali. Più che la ricerca del tono o della sonorità particolare che abbiamo già tentato di analizzare, è importante cogliere complessivamente la dinamica del pezzo costruita per contrasti e giacente sul magma sonoro portante dell’intera sequenza: il primo tono cala senza interruzione verso il grave (tre secondi), l’abbassamento non è ripido ma si nota anche perché è contrappuntato da un successivo tono montato in ‘contro-pendenza’, che utilizza una parte delle frequenze del suono precedente (cinque secondi).

Il tutto si spezza in un terzo suono di quattro secondi che disegna un doppio glissando: il primo procede verso il grave in due secondi ed è più ricco di brevissime frequenze ravvicinate rispetto al primo suono ‘calante’ che ha iniziato il pezzo, il secondo inverte la tendenza del precedente e dal grave passa all’acuto ripercorrendo all’inverso la stessa strada nello stesso tempo. Il tutto è molto più riverberato rispetto ai due suoni precedenti: questa soluzione carica di suggestione questo terzo suono facendolo assomigliare ad un grido in un’atmosfera ‘liquida’, diversa da quella finora attraversata53. Seguono altri tentativi di singole sonorità sintetiche di emergere di nuovo dal fondo scuro rombante della sequenza, ma finiscono per sfrangiarsi in singoli, isolati e brevissimi interventi acuti che punteggiano la materia sonora particolarmente densa, persistente e ininterrotta fino alla visione notturna della città dove Berton è ormai scomparso.

Dal silenzio della terra alle vibrazioni del vuoto cosmico fino al primo quadro

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