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La preparazione audiovisiva degli elementi primi nella sequenza della casa di campagna

Tarkovskij fissa per l’elettronica il principio di una composizione musicale che si muove su basi imitative ‘realistiche’: abbandonando le forme musicali tradizionali e tutti i suoi parametri (ritmo, timbro, armonia, melodia e così via), essa si mimetizza con la natura che notoriamente invade il quadro tarkovskijano spesso complicandone la costruzione e tendendone quindi l’articolazione del senso. Lavorando con il suono l’elettronica può calarsi nella realtà riprodotta interpretandone l’essenza, portando alla luce, per esempio, i suoi continui e spesso impercettibili mutamenti non organizzabili in forme di carattere tradizionale, che facilmente potrebbero assumere un aspetto simbolico perennemente soggetto a decifrazione.

Questa attività di intonazione alla vita della natura, grazie all’atteggiamento contemplativo dei protagonisti, che volontariamente si immergono e si abbandonano alle manifestazioni misteriose della natura sottoposta al dinamismo incontrollabile degli elementi primi (fuoco, acqua, ma anche aria, come si vedrà nel successivo sogno), può diventare quindi la rappresentazione ideale dell’ascolto, la vibrazione dell’interiorità dei personaggi, inesprimibile a parole, che cerca, seppur per brevi istanti, piena consonanza con il mondo circostante.

Quando la mistura sinusoidale lascia il posto a timbri che ricordano le voci di un coro, la composizione di Artemev stabilisce un ponte che lega la manifestazione del fuoco alla visione onirica del piccolo Aleksej: la musica elettronica ‘imitativa’ voluta da Tarkovskij dichiara così la propria appartenenza alla dimensione intermedia del sogno anche in questo film dopo che in Solaris era stata adoperata per delineare egualmente gli spazi di transizione, i corridoi percorsi dal protagonista disorientato e le fasi di trapasso dallo stato di coscienza al delirio, al sogno, fino a svelare la consistenza del suo ‘ritorno’ sulla terra.

La preparazione audiovisiva degli elementi primi nella sequenza della casa di

campagna

Passando ora ad analizzare il lavoro preparatorio della sequenza, noteremo che i cardini intorno ai quali deve muoversi il senso della composizione audiovisiva sono fin da subito evidenti: nelle note di lavorazione del girato compare immediatamente la triade fuoco –

129 specchio – acqua per la parte che inizia dall’esplorazione dell’interno della casa di campagna e termina nel cortile con l’incendio.

Gli elementi primi cari a Tarkovskij costituiscono quindi dei motivi guida per compattare le riprese e comparire in esse come elementi liberi di infiltrarsi nella costruzione del visivo. Nel titolare la sequenza per stabilire la sua posizione nell’estenuante ricerca della versione finale del film viene costantemente ribadita la centralità del luogo con cui si è aperto Lo

specchio – la fattoria – o casa di campagna e il suo legame con il fuoco, elemento chiave per

una serie di refrain visivi che contribuiranno a legare tra loro ‘verticalmente’ diversi macrosequenze soprattutto nella prima parte dell’opera. E non meno significativo è il tentativo di legare il fuoco allo specchio, nella nota del 1 aprile 1974 si legge infatti: «La fattoria – la brace che si spegne, lo specchio»108. In questo momento della lavorazione del film la sequenza ha ormai assunto la sua veste definitiva nella quale la superficie riflettente è diventata il luogo ideale per la manifestazione del suo elemento caratterizzante, anticipando e quindi superando gerarchicamente la sua comparsa nel racconto. La preminenza di questo cristallo in cui si evidenzia l’azione trasfigurante della memoria viene ribadita dalla criptica immagine della lastra immersa tra le braci, ma questo raddoppiamento del dispositivo che accoglie e ricontestualizza ciò che si pone davanti ad esso verrà scartato nelle successive versioni del montaggio definitivo.

Ciononostante può essere utile tentare di interpretare fin d’ora l’immagine formata dalla «brace che si spegne, lo specchio», anticipando la sua comparsa nel film che avverrà all’interno dell’episodio della vendita degli orecchini. Si tratta della lastra (e non più solo della sua superficie) immersa nel fuoco che si sta esaurendo e per questo ha perduto completamente la sua capacità riflettente diventando opaca per il vapore che vi si è condensato sopra: il riflesso viene cancellato, estinto dall’elemento che prima conteneva (il fuoco) e insieme ad esso le immagini vengono sottoposte a questo processo di dissipazione, di ‘opacizzazione’ necessario affinché chi le ha osservate le faccia rivivere, le ricostruisca interiormente109.

108 Tarkowskij, Der Spiegel, Novelle, Arbeitstagebücher und Materialien zur Entstehung des Films, cit., p. 230-231.

109 A sottolineatura di questi aspetti riguardanti il contenuto della sequenza che Tarkovskij considera come materiale da elaborare ‘musicalmente’, si può leggere la seguente versione dell’incendio ipotizzata fin dalle prime riprese (22/03/1973):

Il fuoco (variante)

1. Primissimo piano. Il giovane sta a guardare 2. Il fuoco – si sviluppa un riflesso

3. L’incendio – acqua – vetro – fumo 4. Dunja spaventa il giovane.

130 Nell’ultima versione la sequenza della fattoria sarà legata al primo sogno di Aleksej dallo sviluppo del tema del vento preparato dall’intervento elettronico di Artemev. In questa dimensione intermedia Tarkovskij intendeva affrontare esplicitamente il motivo del mutamento, della metamorfosi utilizzando come ‘bordone’ prima la forza sonora (e plastica) dell’aria e poi i ritmi sempre cangianti dell’acqua.

A completare la riflessione sul visivo, sul materiale dell’immagine sottoposto a trattamento «musicale» attenuando così il suo carattere di contenuto, può essere utile ricordare il tentativo, poi non portato a termine in questa sequenza, di alternare bianco e nero a colore seguendo criteri plastici o pittorico lineari suggeriti dal visivo: la prima visione di nuca della madre, che fa slittare l’attenzione sul disegno delle trecce e dei suoi capelli raccolti come in quadro rinascimentale, doveva essere valorizzato dalla sottrazione dei colori così come l’immagine del fuoco doveva essere resa diversa, inusuale dal punto di vista percettivo con lo stesso procedimento senza che vi si potesse leggere un sovrasenso simbolico. L’ipotesi è stata poi abbandonata, ma proprio nella sequenza seguente la sottrazione dei colori contribuisce a determinare l’atmosfera ambigua del sogno e della penombra in cui assisteremo alle trasmutazioni della figura della madre.

Per quanto riguarda il sonoro, le note sottolineano l’importanza cruciale del testo poetico e della sua collocazione all’interno della sequenza. Lo scopo che si prefigge l’autore con l’inserimento di questi tipi di testo è la condensazione del sentimento della nostalgia evidente fin dal titolo della lirica scelta inizialmente per la sequenza (Il Bosco di Ignatevo), ma che, con l’inserimento di Primi incontri quasi al termine del montaggio del film, si sposta decisamente sul motivo dell’incontro amoroso che fa da contro-tema a quello con l’estraneo con cui si apre la vicenda.

Nonostante ci si avvicini alla dimensione psicologica della protagonista, la madre, e a un suo ricordo, l’uso della voce over del padre del regista, voluta fin dall’inizio delle riprese, tiene costantemente l’attenzione sul problema della parola, della sua potenza generativa e sulla sua capacità di creare dimensioni ideali verso cui rivolgere lo sguardo. Al sentimento

Per la nostra ottica decisa a delineare le forme e le funzioni di questo dispositivo sono particolarmente interessanti queste altre parole riconducibili alla stessa epoca di elaborazione del film:

Ricordi alla fattoria: […]

- e forse inserire nel fuoco Totale del timore dell’incendio con l’aiuto di uno specchio dall’acqua. In parte ricordo, in parte visione. Racconto della madre di un fuoco nel territorio orientale del Volga.

Le nostre affermazioni sulle valenze mistiche del fuoco nei quadri tarkovskijani, che alludono ad una realtà non visibile, ma che attraverso l’elemento si manifesta appaiono giustificate così come la funzione mediatrice dello specchio dove si addensano le tensioni interiori dei personaggi che però vengono proiettate e ricontestualizzate in una dimensione altra rispetto alla realtà fenomenica.

131 della perdita di questa dimensione idillica che determina l’atmosfera della seconda parte della macrosequenza nella casa di campagna, si affianca la necessità di collocare il testo in rapporto alle immagini.

Nonostante sia ancora il Bosco di Ignatevo, Tarkovskij annota fin dall’inizio della lavorazione la necessità di trovare delle corrispondenze tra lo svolgersi ritmato del parlato e il visivo: «Mettere sotto lo zoom i versi ritmici esatti….che bruci di più, quasi sugli occhi…!»110. Benché non si possa chiarire in quale punto della sequenza dovesse essere posizionata questa piccola parte della lirica, essa testimonia la volontà di riprendere il tema del fuoco legandolo strettamente al processo della visione che consuma interiormente l’osservatore e quest’idea viene rafforzata dall’andamento del verso.

In altri punti del diario si registra l’intenzione di dilatare il tempo dell’inquadratura per restare al passo con il testo della poesia, benché non si intenda creare delle corrispondenze evidenti rispetto al suo contenuto: «Per la prima sequenza dell’“incendio”: la ripetizione di una panoramica nel cortile prima della chiusura (per la poesia)»111. In altre note appare invece la necessità di spostare e delimitare l’intero blocco di versi per coprire solo una parte della sequenza: «I primi versi del Bosco di Ignatevo all’interno del cortile invece di tutto fino all’incendio»112. Tarkovskij cerca una sovrapposizione sonora che, restando marcatamente lontana dalla diegesi, possa presentare comunque dei punti di contatto, dei sincroni che lo spettatore può costruire durante lo svolgimento dell’intera sequenza.

Quasi al termine del montaggio definitivo il regista decide per il cambiamento di lirica: si passa a Primi incontri con un evidente spostamento dell’accento prodotto dalla lettura dei versi sul tema dell’incontro amoroso. Il posizionamento non è però ancora quello della versione finale: Tarkovskij divide la lirica in due parti e la prima viene usata come introduzione all’episodio, la seconda, invece, finisce per essere il suo commento113. La comprensione unitaria del brano è compromessa e la funzione introduttiva, svolta dalla prima parte, si inserisce sull’arrivo dell’estraneo: i due ‘incontri’ si sovrappongono generando una corrispondenza difficile da interpretare.

La sovrapposizione audiovisiva è quindi troppo densa e contraddittoria, come se il tema e il contro tema tentassero di sostenersi a vicenda anziché succedersi nello svolgimento del ‘pezzo’: quasi obbligata è quindi la soluzione finale che sposta l’attacco della lirica a commento dell’incontro con lo sconosciuto e rievoca il luogo ideale dell’incontro dei due

110 Tarkowskij, Der Spiegel, Novelle, Arbeitstagebücher und Materialien zur Entstehung des Films, cit., p. 96. Nota 22/03/1973.

111 Ivi, p. 173. Nota 15/12/1973. 112 Ivi, p. 204. Nota 3/03/1974. 113 Ivi, p. 226. Nota 28/03/1974.

132 amanti, trasformato in un rito di creazione, dove la parola si volge al suono e recupera la propria forza e funzione originarie grazie alla contemplazione.

Accompagnati dai versi di Arsenij Tarkovskij migriamo dallo spazio esterno dominato dalla natura, all’interno della casa di campagna immersa nella penombra: un luogo popolato dagli oggetti, come i quaderni di versi scritti a mano, in cui la memoria si raccoglie e si rinnova. La lirica vorrebbe trasfigurare, trascinare tutto il reale presentato dalla macchina da presa con le sue prolungate panoramiche «dall’altra parte dello specchio»: l’effetto ottenuto è un’intersezione di ‘prospettive’ offerta dalla presenza della voce over, dagli sguardi in macchina della protagonista, dall’evidenza della presenza autoriale concentrata nello svolgimento del piano sequenza, dalle corrispondenze audiovisive che cercano di ancorare la parola alla sua traccia scritta114.

Il mutamento inerente al testo della lirica libera il fuoco dalla parola lasciandolo alle soluzioni elettroniche di Artemev, ma vincola al proprio potere evocativo l’acqua, che grazie alla pioggia che penetra nel tempo sospeso della lirica e poi con il suo gocciolio influenza la contemplazione dell’elemento chiave della sequenza.

Questa ricerca di intersezioni e corrispondenze, ben lontane dal procedere parallelo di immagine e suono a rinforzo reciproco, rappresentano per Tarkovskij la modalità di composizione ideale:

Parole, parole, parole – nella vita reale il più delle volte esse sono solo acqua, e solo di rado e per breve tempo si può osservare una piena coincidenza della parola e del gesto, della parola e del fatto, della parola e del senso. Di solito, invece, la parola, la condizione interiore e l’azione fisica dell’uomo si sviluppano su piani differenti. Questi elementi interagiscono tra loro, talvolta si ricalcano lievemente, sovente si contraddicono e si smascherano a vicenda. E solo se si conosce esattamente che cosa e perché avviene su ciascuno di questi piani, solo se si possiede una totale conoscenza di questo si possono raggiungere quella irripetibilità, quella verità, quella forza del fatto di cui ho già parlato. E, se prendiamo la messa in scena, è dall’esatta correlazione e interazione tra questa e la parola che viene pronunciata, è dalle loro differenti tendenze, che nasce l’immagine vera e propria, l’immagine-osservazione. Cioè l’immagine assolutamente concreta115.

Il contributo degli effetti sonori a questa calcolata asincronia di tutti gli elementi che compongono l’immagine si può leggere in quest’altra annotazione che ribadisce la cura con cui il regista costruisce nei dettagli di montaggio l’atmosfera del primo ricordo del film: «2. I versi – nel 2. interno della “Fattoria”. 3. All’inizio dell’ultimo quadro “L’incendio” tagliare

114 Può essere utile rilevare che la lirica non appartiene all’epoca della ricostruzione operata dal film (1935), ma è stata scritta almeno trent’anni dopo, negli anni sessanta. E Tarkovskij la dispone nel suo film con la voce e l’interpretazione del padre affidata completamente alla recita dei versi a metà degli anni settanta. L’ultimo, ma non meno importante, ‘strato’ temporale che condiziona la sua interpretazione è quello occupato dallo spettatore odierno e viene attivato dalla combinazione audiovisiva decisa dal regista.

133 molto poco. 4. Eco dell’incendio nel riflesso sullo specchio»116. Lo specchio ribadisce così il suo carattere fondamentale di mediatore essenziale per l’elaborazione dell’immagine, come accade nella memoria che si sta svolgendo sotto i nostri occhi, grazie ad una commistione dimensionale. L’immagini di cui notiamo facilmente il loro essere racchiuse in una superficie sono infatti completate dal sonoro che, lungi dal poter essere catturato nel piccolo riflesso che svela il cortile con il falò, dona alla visione una spazialità più ampia, pervasa dal suono delle fiamme ardenti.

Al voltarsi della macchina da presa (l’istanza rimemorante) verso la messa in scena del fuoco esso diventa un elemento dalla forza primigenia proprio grazie all’intervento elettronico di Artemev che ne ‘assorbe’ l’eco tramutandolo in una mistura elettronica dal misterioso e cupo dinamismo: questa ulteriore articolazione del sonoro diventa il segno del processo contemplativo attraverso il quale i convenuti (soprattutto Mar’ja) interiorizzano lo spettacolo e insieme la sua rielaborazione da parte della memoria dell’io lirico del film.

Tra i promemoria iniziali del regista gli effetti sonori avevano il compito di differenziare le epoche rappresentate nelle diverse sequenze: i ricordi dovevano essere immersi nell’atmosfera dell’epoca grazie ai rumori così come il passaggio al presente doveva essere marcato dal cambio del paesaggio sonoro. Questa attenzione verso una sottolineatura della distanza temporale rispetto al passato nasce in un momento dell’elaborazione del film in cui si intende coinvolgere direttamente la figura del regista che discute la propria poetica, in particolare lo statuto e la funzione del sogno e del ricordo, all’interno dell’opera: queste prese di posizione scompariranno nella versione finale lasciando spazio soltanto alle complesse e per nulla lineari ricostruzioni «del modo in cui pensa e di quello che pensa»117 l’io lirico del film senza rappresentarlo direttamente sullo schermo.

Nell’elenco dei titoli che Tarkovskij aveva considerato per il film troviamo: «Il ritorno al luogo dell’incendio…»118. L’importanza della seconda parte della sequenza nella fattoria, legata alla manifestazione del fuoco, sottolinea ulteriormente il ruolo chiave di questo ricordo che negli schemi per il montaggio definitivo finisce per occupare una posizione preminente, talvolta persino in apertura di film, benché il regista sperimenti senza successo altre varianti.

In alcune versioni, come quella presentata inizialmente al capo del comitato artistico, il regista non resiste ‘all’attrazione’ che su questo episodio esercita la lunga telefonata con la madre in cui il protagonista rievoca proprio l’incendio del fienile per fissare l’epoca della

116 Id., Der Spiegel, Novelle, Arbeitstagebücher und Materialien zur Entstehung des Films, cit., p. 213. Nota 8/03/1974.

117 Tarkovskij, Scolpire il tempo, cit., p. 30.

118 Tarkowskij, Der Spiegel, Novelle, Arbeitstagebücher und Materialien zur Entstehung des Films, cit., p. 98-99. Nota 22/03/1973.

134 separazione119: le due macrosequenze sono concatenate in modo che alle parole segua la visione dell’episodio che in questo modo assume i caratteri di una semplice ricostruzione perdendo la tensione che lo caratterizza e che abbiamo rinvenuto studiandone l’impianto audiovisivo. Nella versione finale la telefonata tra la voce narrante e la madre servirà da introduzione alla vicenda nella tipografia, che sarà chiusa, non a caso, da una nuova apparizione del fuoco.

L’attrazione esercitata da questo elemento è tuttavia molto forte e influenza le successive rielaborazioni del film al tavolo di montaggio120 dove i due momenti della vita di Mar’ja Ivanovna – la tipografia e la fattoria – sono consecutivi o comunque molto vicini: le note suggeriscono un’impostazione leitmotivica basata sull’incendio benché la sequenza della tipografia sia prevalentemente basata sull’acqua e sulla drammatica inconsistenza della parola stampata da cui dipendono le sorti dell’intero ufficio di revisori durante la dittatura staliniana. Per il momento si intende sottolineare come Tarkovskij tenti di condensare nella prima parte del film la sofferenza della madre nello svolgimento dei due episodi introdotti per lo più dalle sequenze in cui gli autori spiegano la poetica che ha governato la composizione della loro opera. In una di queste soluzioni il dolore della madre è anticipato dall’ascensione dei palloni aerostatici che assume così un significato simbolico piuttosto evidente.

Provando a spostare l’episodio nel finale Tarkovskij ottiene un effetto di semplice giustapposizione e l’incendio finisce per essere disgiunto da tutto il resto: collocando la sequenza dopo il ritorno del ex-marito dalla guerra l’accento viene posto sull’incontro con lo sconosciuto121, ma in modo molto meno efficace rispetto alla soluzione finale che con l’introduzione della lirica Primi incontri stabilirà in un’unica sequenza la corrispondenza tra un tema e il suo il contro-tema.

La fattoria e il sogno seguente risultano dunque fuori posto, ma sono sequenze irrinunciabili: le rielaborazioni successive provano a ripetere il legame con la telefonata, che introduce l’episodio del rogo alla fattoria estendendo indebitamente il controllo del racconto

119 Ivi, p. 214-215. Nota 16/03/1974.

120 Per comprendere meglio quanto si sta dicendo nel testo riportiamo la nota fino alla sequenza in analisi: 17. MARZO [1974], domenica.

Lavorato con Sascha e deciso di tagliare il film come segue: L’autore – parlato di Smoktunovskij

I. Prologo – girare (scrivere)? II. I palloni aerostatici (accorciare) III. La tipografia (passaggio, incendio) IV. La fattoria (lo sconosciuto, incendio) […]. V.

121 Tarkowskij, Der Spiegel, Novelle, Arbeitstagebücher und Materialien zur Entstehung des Films, cit., p. 216-217. Nota 19/03/1974.

135 da parte della voce narrante (una soluzione che non asseconda le discontinuità e le mancate corrispondenze che fondano la poetica tarkovskijana).

In queste versioni alla sequenza della casa di campagna seguono o “Natalija allo specchio”, oppure le “Apparizioni” a Ignat nell’appartamento in città. Queste combinazioni consentono di separare nettamente i due personaggi interpretati dalla stessa attrice con un’operazione di condensazione riconosciuta poi dalla stessa voce narrante: Mar’ja Ivanovna, madre di Aleksej la voce narrante, e Natal’ja, la donna da cui Aleksej si è separato, sono incarnate entrambe da Margarita Terechova122.

Il comitato artistico insisterà più volte sulla difficoltà di riconoscere i due distinti personaggi fino a giungere alla proposta di sottotitoli che indicassero le due diverse identità volta per volta, o almeno nei punti più ambigui del film irriducibile ad una logica narrativa tradizionale e attento invece a riprodurre con i mezzi cinematografici il flusso del pensiero, in modo particolare le sue associazioni, i suoi salti, il suo rapporto con la realtà percepita e il lavoro deformante della memoria.

Al termine dei diversi tentativi di assemblaggio del film, il ricordo più vivo del narratore occuperà il primo posto dopo i titoli di testa e sarà seguito dal primo sogno nel quale si

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