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Le metamorfosi del Preludio in Fa minore di Bach

Hari ha appena il tempo di riprendersi, di tornare in sé dalla forma di ‘incantamento’ ipnotico nella quale è caduta per merito della composizione della coppia Brueghel-Artemev

78Yegorova cita anche la presenza del Dies Irae di Celano come segno del giorno del giudizio, dell’Apocalisse per chi sta osservando il quadro risonante, vale a dire la seconda Hari, che però è anche la parte più profonda di Kelvin.

92 che inizia il breve periodo di sospensione della gravità nel quale i due amanti letteralmente volano abbracciati, sospesi all’interno della ricostruzione tutta umana della Natura ottenuta con le riproduzioni di Brueghel nella parte di biblioteca circolare come un’abside: il volo, simbolo di una raggiunta e perfetta fusione cosmica, è però consentito dal pianeta, dalla sua impenetrabile e ineludibile presenza, che fluidifica la memoria restituendola ad un’impossibile, benché allettante, vita artificiale.

Al levarsi silenzioso del candelabro, del fuoco che ancora una volta si trova tra le mani di Kris79, risponde il tintinnio del lampadario di cristallo: da una pausa necessaria dopo la contemplazione audiovisiva di Brueghel, dove il tempo è stato dettato dal giustapporsi delle sonorità ideate da Artemev e l’ascolto ha ‘brucato’ timbro dopo timbro la composizione montata dal musicista russo, si passa all’attacco di Bach, della terza riproposizione del

Preludio nella vicenda. Prendiamo in considerazione il brano di repertorio senza rispettare

l’ordine delle sue apparizioni perché nel suo svolgimento saranno ben presto evidenti per la prima volta gli apporti e le trasformazioni operate da Artemev che si ripeteranno e si intensificheranno anche nella ripresa finale80.

Non si intende sottovalutare l’apporto dell’insostituibile pezzo bachiano nella vicenda, ma esso è già stato ripetutamente messo in luce dalla critica e si ritiene quindi più importante analizzare la sua inclusione nella tessitura dell’intera colonna sonora e il legame che esso stabilisce con il visivo. Il ruolo del Preludio diventa infatti inevitabilmente più complesso quando deve rapportarsi alla presenza della musica di Artemev, che manifesta un intento estetico completamente diverso rispetto a quello che fonda la musica barocca: la tradizione incarnata da Bach e la sua familiarità agli orecchi dello spettatore si deve misurare con la sistematica distorsione o con la metamorfosi della materia sonora, che abbiamo visto all’opera sia all’interno dei progetti del musicista russo sia nelle sequenze; il modello del passato, degno di massima venerazione, sembra quasi intaccato, contaminato nel suo fluire melodico e nell’architettura armonica dalla stridente novità dell’elettronica e più in generale della ricerca timbrica. Il Preludio trasfigura il visivo, consentendo ai due amanti di essere immersi nella musica delle sfere, e accompagna la liturgia del loro volo nel cosmo, ma gli inserti di Artemev

79 Sorprende l’assoluto silenzio prodotto dalla sospensione di questo oggetto che Hari, nel bel mezzo della disputa sull’essenza dell’essere umano con Sartorius, aveva lasciato cadere fragorosamente a terra al culmine della disperazione. Ora l’oggetto è senza peso, si leva verso l’alto come la fiamma, sembra aver perduto la sua consistenza materiale segnalata dal frastuono metallico, persino eccessivo, della sua caduta che ha suggellato le parole di Hari.

80 La quarta ed ultima ripresa del pezzo di Bach prevista da Tarkovskij riguarda il finale, quando Kris dopo aver deciso di porre termine alla propria missione, si interroga sul senso del suo ritorno sulla terra. Come in ogni suo film, anche in questo finale il regista intende condensare l’esperienza del protagonista e il senso dell’intera opera sospendendo la narrazione e sottomettendo la parola al dipanarsi dell’intreccio audiovisivo.

93 impegnano di nuovo lo spettatore nella ricostruzione di un tessuto sonoro denso e opaco che importa nuove connotazioni nella sequenza e ne sposta la prospettiva interpretativa.

L’intreccio audiovisivo prevede quindi uno iato di silenzio come pausa di stacco dalla contemplazione del microcosmo secondo Brueghel a cui segue il sussulto del lampadario che vibra come i campanelli dell'elevazione dell'ostia cattolica, per indicare l'inizio di una temporalità sospesa, assoluta, quella della levitazione. Anche le coordinate spaziali, già messe alla prova con l’esplorazione del quadro di Brueghel, subiscono un momentaneo cambiamento radicale: gli oggetti sospesi nella biblioteca, non essendo più vincolati alla gravità, instaurano nuove relazioni e legami, si ricombinano come in precedenza aveva operato Tarkovskij con il fondo dell’immagine dove i soprammobili, i libri, le maschere, le sculture e tutte le forme che saturavano il quadro, mutavano posizione ad ogni inquadratura, che apparentemente seguiva la continuità dei dialoghi tra i quattro convenuti per il compleanno di Snaut. Lo sfondo veniva così strappato dalla sua passività e presentato come il luogo della memoria, dell’esibizione del passato che, lungi dall’essere immutabile, subisce continue riorganizzazioni quasi impercettibili.

Le dimensioni, che dipendono dalle relazioni che gli oggetti intrattengono nello spazio, divengono mobili e tutte percorribili contemporaneamente dallo sguardo dei due amanti che in quello spazio si librano, abbracciati per l'ultima volta. Negli istanti della sospensione regalata dal pianeta, la memoria si libera del passato, dell’ordine acquisito dall’esperienza e in questa dimensione dominata dall’indeterminatezza e dalla libertà dell’immaginario galleggiano i protagonisti.

La sintassi della musica di Bach così chiara, geometrica, accolta e fissata come simbolo della tradizione resta l’unico asse capace di riorganizzare l’impianto audiovisivo: essa sembra attrarre i suoni di Artemev e instaurare con loro una dinamica di contrappunti. Dalle parole del musicista abbiamo ricavato l’intenzione di creare proprio un andamento del tutto simile al

cantus firmus medievale, dove il Preludio costituisce la forma intorno alla quale si dispone un

intreccio di interventi, di voci diverse che possiamo distinguere in due insiemi: uno è costituito da ‘isole’ di suoni riconducibili alla terra, l’altro conta invece gli interventi marcatamente elettronici che hanno contraddistinto la vita nella stazione orbitante e la presenza e l’azione del pianeta pensante.

Restando alla sequenza del volo dei due amanti, nel primo insieme si riconosce immediatamente il vibrafono che nel Preludio risonante nella biblioteca costituisce una voce che sottolinea le tensioni armoniche intorno al Fa e, rispetto ai rintocchi sul quadro di Brueghel identici per timbro, tenta di salire, di tracciare una strada ascensionale che

94 corrisponda alla levitazione mentre le dense sonorità a bassa intensità del rumore bianco e del rumore colorato variamente sovrapposti si fanno strada dal fondo della composizione musicale elaborata da Artemev. Le sonorità elettroniche prima punteggiano qua e là il testo poi diventano massa sonora che raccoglie e assorbe tutto nell' immagine sonora dell’oceano.

Nel visivo assistiamo ad un processo complementare: dopo l’abbraccio cosmico dei due amanti la sequenza di montaggio torna a rappresentare quel che può apparire ancora come un processo di memoria di Hari con i pezzi della riproduzione di Brueghel e le inquadrature del filmato di Kelvin. Questa volta però non si tratta di una soggettiva, non viene enunciata l’origine dello sguardo che si esercita su di esse, ma le immagini guadagnano tutto lo schermo senza più indicare i confini e le posizioni dei protagonisti che prima ci avevano permesso di stabilire il film nel film o la soggettiva della protagonista davanti alla riproduzione del dipinto fiammingo olandese. Questa generazione dell’immagine nella completa indifferenza dell’esperienza, del processo di osservazione che l’ha creata è la rappresentazione dell’azione del pianeta e infatti la serie che stiamo analizzando converge sulla superficie mobile e bianca dell’oceano come la musica sprofonda nel tema che lo identifica.

La sospensione temporale dell'elevazione si interrompe con un colpo d’arma da fuoco deformato fino a diventare il tonfo del vaso di ossigeno liquido con cui la seconda Hari tenta il suicidio: la progressiva umanizzazione degli ospiti insieme all’impossibilità psicologica di avere una seconda occasione disintegreranno definitivamente la coscienza di Kelvin deciso a vivere immerso nel presente della stazione orbitante dove la memoria fluisce liberata dall’ordine del passato.

L’analisi dei rapporti tra il Preludio e la partitura timbrica elaborata da Artemev ci impone ora un salto nella trattazione, finora lineare e parallela allo svolgimento della vicenda, al finale del film, quando Kelvin, guarito da una profonda crisi nervosa e ormai rassegnato alla perdita definitiva anche della seconda Hari, vive immerso consapevolmente nella temporalità indeterminata dell’attesa che ha assunto la forma della rinuncia. In questa forma di sospensione si può finalmente realizzare il compimento del viaggio che appare come il ritorno sulla terra.

L’epilogo della vicenda è introdotto proprio dal Preludio, che attacca subito dopo la domanda carica di compassione espressa da Snaut a Kelvin: la musica inizia un istante prima che lo psicologo risponda con lo sguardo alla sollecitudine del compagno segnando così il percorso di un’articolata semisoggettiva che supererà i due terrestri per fissarsi sull’oblò bianco, luminoso, ma opaco, impenetrabile che con la sua luce crea l’atmosfera della sequenza oramai inondata da Bach.

95 La mobilità della macchina da presa, che intreccia almeno tre sguardi differenti focalizzandosi da ultimo proprio sulla finestra, sull’occhio scrutante del pianeta nell’immaginario dei terrestri, e la musica che appare sospesa nell’atmosfera della sequenza senza assumere una collocazione ben precisa nell’immagine e nello sviluppo della vicenda aumentano l’indeterminatezza di questo finale sempre sul punto di diventare didascalico, di fissare le proprie immagini ad un significato inamovibile a cui lo spettatore si deve adeguare81.

L’opacità dell’oblò, determinante per stabilire un’interruzione dello sguardo dei protagonisti che non può così rinviare alla superficie del pianeta, e lo stacco netto successivo, che presenta Kelvin immerso nel giardino a contemplare le alghe danzanti alla melodia del

Preludio, spezzano la continuità narrativa della sequenza e impediscono alle inquadrature di

concatenarsi per legare il finale ad un’interpretazione univoca: i quadri di Kris nel giardino rinviano al prologo e ad alcuni sfondi del filmato di famiglia proiettato nella stazione e contrappuntato proprio dalla musica di Bach piuttosto che rappresentare sia il suo ritorno sulla terra, sia il suo sbarco sul pianeta. L’immagine fa appello ad altre immagini più che illustrare un’azione del protagonista legata alla successione dei fatti e i suoni intessuti nel brano di repertorio assecondano dal versante musicale questa tendenza a produrre delle corrispondenze interne al film che rendono più complesso il finale.

Come in precedenza, nel terzo ritornello bachiano con l’abbraccio volante tra i due amanti, le inserzioni di Artemev si presentano come eventi sonori riconducibili per lo più a suoni familiari, a timbri riconoscibili che si aggregano alla melodia secondo la pratica del cantus

firmus; i suoni elettronici, invece, si mimetizzano nel registro del Preludio guadagnando il

primo piano nel finale con il compito di risolvere musicalmente il ritorno del ‘figliol prodigo’. Dopo lo stacco dalla cabina di Kelvin nella stazione orbitante siamo ricondotti alle immagini del prologo sulla terra grazie alla visione delle alghe danzanti: su questo canto sono ora ben distinguibili le note del vibrafono, che inizialmente ripetono gli interventi del terzo ritornello impostato su Bach. Così si stabilisce un collegamento tra l’abbraccio e il volo dei

81 Bird riporta la versione del finale che precede quella su pellicola: non solo Bach veniva fatto suonare da Snaut con un disco suggerendo subito a Kelvin immagini della terra, ma soprattutto il protagonista assisteva all’incontro del proprio doppio con il padre sul modello del figlio prodigo rembrandtiano. Kris restava a meditare con Snaut accompagnato esplicitamente da Bach nella stazione e insieme osservava il proprio incontro con il padre, atterrito dal giudizio che avrebbe potuto pronunciare il fantasma paterno. Nella versione finale non solo si dissolve la rassicurante possibilità di interpretare tutto ciò che si vede e si ascolta dalla posizione ben definita, separata del protagonista, sempre ben individuabile nello svolgersi della sequenza, ma quando Tarkovskij decide di staccarsi da ‘terra’, osserviamo il tentativo di rappresentare un luogo dove le esperienze passate, condensate nei desideri più segreti e profondi della coscienza (l’idillio della casa paterna), si sono unite, fuse inestricabilmente ad una dimensione cosmica che si misura apertamente con l’ignoto. E questa trasformazione che vede come protagonista lo spazio struttura anche l’evoluzione della colonna sonora.

96 due amanti e il fluttuare delle alghe: entrambi si svolgono ‘ascoltando’ la corrente che attraversa l’atmosfera della sequenza impostata sulle note di Ich ruf zu dir82.

Sulle note chiare e cristalline del vibrafono, talvolta inserite a rovescio, si innesta o si sovrappone il brusio quasi inudibile di voci incomprensibili; appena più distinguibili sono gli interventi del coro e in rilievo particolare si trovano le parti dei soprani, le voci femminili che tentano di innalzare, di allentare il carattere di lamentazione della musica di Bach. Poi si inseriscono anche gli archi, che animano il Sol 4 con la loro energia e le campane, che chiudono il pezzo accompagnandone il finale con i loro rintocchi. Tutti questi interventi ideati da Artemev creano un timbro fortemente eterogeneo, ma anche una corrente dai tratti marcatamente polifonici (una polifonia timbrica), che restituisce alla sequenza un’immagine musicale dell’Universo nel quale molteplici voci dal carattere fortemente distinto si dispongono però nei giusti intervalli per risuonare in modo unitario.

Rispetto alle riprese precedenti di Bach anche lo sfondo cambia: se nel terzo ritornello legato alle figure degli amanti il ricorso all’elettronica era progressivamente sempre più evidente facendo emergere il quadro sonoro del pianeta, nella quarta ed ultima ripresa del

Preludio le manipolazioni elettroniche si individuano a fatica essendo rappresentate

soprattutto dall’inserzione di rumore bianco o colorato a bassa intensità e non privo di riverbero. Su questo fondo ‘scuro’ il registro più alto dell’organo viene alterato e reso meno comprensibile come se l’innalzamento complessivo dell’intensità del brano di repertorio, portato ad un livello sicuramente maggiore rispetto all’inizio, quando ancora risuonava nella cabina della stazione orbitante, le copra almeno in parte.

Le note del vibrafono insieme a quelle del coro o dei violini, disposte tutte nel registro medio alto contribuiscono in maniera determinante a dirottare l’attenzione su queste sonorità brillanti, eteree e cariche di energia a scapito della presenza continua e incessante dell’organo, che però conserva e in qualche modo rafforza per contrasto proprio il suo registro grave, quasi a preannunciare con le sue sonorità dense l’ultima apparizione del pianeta.

82 Il fluido che muove le alghe seguendo l’andamento del brano di Bach è naturalmente l’acqua: questo è il primo elemento che insieme alla terra, al fuoco e all’aria costituirà la rete di rimandi visivi che strutturano il finale.

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