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La disciplina finora descritta, applicabile alle donazioni indirette, come ben si nota, non contempla l’art. 782 c.c., che prescrive la forma solenne dell’atto pubblico per la donazione diretta.

Diverse sono le teorie in merito alla funzione della forma, ma è bene iniziare cercando di delineare la ratio sottesa a tale ultima norma. Quale negozio solenne, ai sensi dell'art. 782 c.c., la donazione deve essere fatta, a pena di nullità, con atto pubblico e richiede la presenza irrinunciabile di due testimoni (art. 48, L.16 febbraio 1913 n.89 sull’ordinamento del notariato). Inoltre, quando abbia ad oggetto beni mobili non di modico valore, la donazione non è valida se non per quelli che siano specificati con indicazione del relativo valore nell’atto stesso o in apposito allegato. La garanzia dello strumento formale è imposta dunque per favorire la necessaria consapevolezza delle parti circa l'importanza economica dell'atto e per la valenza probatoria di particolare efficacia nei confronti di quei terzi che potrebbero ritenere pregiudicati i propri interessi dalla disposizione, si pensi ai creditori o agli eredi del donante. Tradizionalmente quindi si attribuisce a tale formalismo la funzione di garantire una maggior ponderazione degli

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interessi coinvolti in virtù del fatto che la donazione provoca il depauperamento del patrimonio del donante.131

Richiedono invece minori cautele, per il loro impatto limitato, le donazioni di modico valore ex art. 783c.c. che, ove abbiano ad oggetto beni mobili, sono valide anche in mancanza di atto pubblico, purché sia compiuta la consegna, come un qualsiasi contratto reale. Si parla infatti anche di donazioni manuali. Il modesto valore della cosa, valutato in rapporto alle condizioni economiche del disponente, raramente motiverà il terzo a ritenere pregiudicati i propri interessi dall'iniziativa del donante e, allo stesso tempo, non potrà giustificare i costi richiesti per la formalità dell'atto pubblico.

Peraltro per il riconoscimento del modico valore non sono applicati criteri rigidi, ma in un eventuale accertamento giudiziale la relativa valutazione è piuttosto rimessa all'apprezzamento del giudice che non può non tener conto del singolo caso concreto ed escluderne la sussistenza quando, ad esempio, sia sotto il profilo oggettivo del valore del bene in sé considerato, sia sotto il profilo soggettivo delle capacità economiche del donante, l'entità della somma donata equivalga alla quasi totalità dei suoi risparmi.

Altra eccezione alla forma pubblica ad substantiam si rinviene per l’ipotesi di liberalità in occasione di servizi resi o in conformità agli usi,tuttavia di vera eccezione non si tratta dal momento che è la legge a dichiarare che non è un’autentica donazione.

L’art. 782 c.c. prevede inoltre la sempre necessaria manifestazione del consenso delle parti, che avviene attraverso l’offerta del donante e la successiva accettazione da parte del donatario da notificarsi, requisito che determina l’efficacia della donazione e la regolare costituzione

131 G.Capozzi, Successioni e Donazioni, Giuffrè Editore, 2015, pag, 1518;

A.Torrente, Le Donazioni, in Tratt. Dir.civ. e comm., diretto da Cicu-

Messineo, Milano, 1956, pag.421 e B.Biondi, Le donazioni, in Tratt.dir.civ.,

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dell’atto, infatti fino a tale momento le parti possono revocare la loro dichiarazione.132

L’art. 782 c.c. al secondo comma, richiede espressamente l’accettazione del donatario per perfezionare la donazione,proprio per non imporre un effetto che,sia pure vantaggioso, potrebbe non essere voluto. La gratuità dell’attribuzione non fa venir meno l’interesse del donatario ad effettuare una valutazione di opportunità non solo sotto il profilo morale ma anche da un punto di vista di convenienza economica. 133

Ci si chiede quindi se la forma vincolata qui in esame sia indispensabile anche per l’atto con il quale il donatario accetta la liberalità. Vanta consensi la tesi meno rigorosa, osservandosi che la ragione del formalismo ha a che fare con la figura del donante e non con la parte che si giova dell’incremento patrimoniale134. Tuttavia, né

l’art. 782 c.c. né l’art. 48 L. notarile sembrano prevedere deroghe rispetto alle prescrizioni formali imposte e sembra pertanto preferibile, tuzioristicamente, aderire alla teoria per la quale è pur sempre necessario l’atto pubblico e l’assistenza dei testimoni.

Dopo questo breve excursus, necessario a far capire l’importanza della disciplina formale in caso di donazione diretta, è inevitabile chiedersi perché le donazioni indirette non abbisognino dei suddetti formalismi, considerando che, come più volte precisato, producono gli stessi effetti della donazione ex art. 769c.c.

132G.Capozzi, op.,ult.,cit.; A.Torrente, op.,ult.,cit., pag.443.

133Quella dell’art. 782 c.c è una disciplina speciale che deroga a quanto

previsto dall’art. 1333 c.c che, regolando il contratto unilaterale con obbligazioni a carico del solo proponente, stabilisce che la proposta diretta a concludere un contratto del genere è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata, ossia il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell’affare, se non lo fa il contratto è concluso.

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È pacifico infatti che per le donazioni indirette, ovvero quelle liberalità realizzate ponendo in essere un negozio tipico diverso da quello previsto dall’art. 782 c.c., sia sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio utilizzato per raggiungere lo scopo di liberalità, dato che l’art. 809 c.c. non richiama la norma in questione.135

Appurato ciò, sorge subito una perplessità: se la ratio dello stringente formalismo di cui abbiamo parlato fino ad ora è quella di richiamare il donante alla gravità delle conseguenze dell’atto che compie e quindi ha una funzione puramente di tutela, perché mai non dovrebbe essere prevista prescritta per tutti gli altri strumenti tramite i quali un soggetto può impoverirsi, come appunto le donazioni indirette? E anche qualora si ritenesse lo scopo della forma quello di assicurare una tutela al donante non ex ante bensì ex post, garantendogli l’applicazione di rimedi come la revoca per ingratitudine o per sopravvenienza dei figli, si noterebbe subito come le stesse garanzie siano regolate dalle disposizioni che l’art. 809c.c. impone di applicare alle donazioni indirette, e ancora emergerebbe l’incongruenza del mancato obbligo di forma solenne per le donazioni indirette.136

A tal proposito non è ininfluente osservare che vi è chi riconnette il rigore formale che deve assistere la donazione alla particolare debolezza dell’elemento causale, che si esaurirebbe nell’unilaterale intento liberale di arricchire il donatario. Un autore in particolare 137 afferma che si assiste alla riduzione del requisito formale della

135 Cass., 92 marzo 2001, n.4623; Cass., 7 giugno 2007, n.13337; Cass., 5

giugno 2013, n.14197; Si vedano anche altre pronunce, relative alla fattispecie del negotium mixtum cum donatione: Cass., 12 giugno 2006 n. 13524: “Il negotium mixtum cum donatione non richiede la forma dell’atto

pubblico richiesta per la donazione diretta, essendo sufficiente la forma prescritta per lo schema negoziale adottato”.

136 A.Palazzo, Donazione, in Leggi d’Italia, 1991, pag 2.

137 G.Gorla, Il contratto. Problemi fondamentali trattati col metodo

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donazione, e lo fa raffrontando quanto previsto nel nostro ordinamento, rispetto ad altri ordinamenti, in particolare quello francese, inglese e tedesco, in cui rispettivamente la cause suffisant, la consideration e l’esecuzione della promessa di donazione, costituiscono strumenti equipollenti a quello della forma notarile ed indicativi quindi in astratto della superfluità della forma. Senza scendere nei dettagli dell’articolata casistica riportata dal citato autore nella sua opera, la sua conclusione è che la forma non è altro che un relitto storico, introdotto quando l’evoluzione degli scambi, delle pratiche giuridiche e del commercio, che ampliarono i loro confini in seguito alla rivoluzione industriale, resero necessarie garanzie ulteriori per cristallizzare, accertare e pubblicizzare la volontà delle parti.

In sostanza Gorla definisce la forma come vestimentum del contratto laddove manchi la cosiddetta cause suffisant.Ritiene infatti che l’unica funzione attribuibile alla forma sia quella di proteggere il donante da disposizioni avventate del patrimonio e che quindi, nel contratto di donazione, che difetta di cause suffisant intesa come giustificazione che sostenga il depauperamento, si debba imporre la forma come veste dell’accordo.138

Affermare che la donazione difetta di causa suffisant impone qualche breve precisazione, che ci riporta alle dissertazioni intorno al concetto di causa. Già nel primo capitolo si era spiegato come non siano pienamente condivisibili le teorie degli autori che ritengono la causa lo scopo del contratto in senso soggettivo e quindi lo spirito di liberalità.139 Si era poi evidenziato come il concetto di causa vada riferito all’intero contratto, e che si tratti di una nozione attinente agli interessi perseguiti. Da qui la necessità di un’indagine sull’interesse perseguito, anche in caso di contratto tipico, in coerenza con l’idea del

138A.Palazzo, Le Donazioni, in Codice civile Comm., diretto da P.Schlesinger,

pag 11 e ss.

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rilievo della causa in concreto, sia ai fini di controllo di meritevolezza sia ai fini di qualificazione. Sotto il primo profilo, in quanto né l’uso del termine donazione né la forma solenne, possono salvare l’atto che sia volto a perseguire fini illeciti. Sotto il secondo profilo, si è detto, l’opinione oggi prevalente non si accontenta di una “mera attribuzione priva di corrispettivo” per qualificarla come donazione, ma richiede che l’interesse perseguito dal disponente abbia carattere non economico, poiché è tale connotazione, unitamente alla spontaneità, a definire un atto come liberalità.

La causa del contratto di donazione, mancando una controprestazione che bilanci l’elargizione liberale del donante, si reputa debole, ecco allora la forma, a supplire questa carenza, quasi a giustificare gli spostamenti patrimoniali basati su motivi soggettivi, a sostegno dell’interesse liberale del donante.

Perciò nelle donazioni indirette, che come abbiamo detto si compongono di un negozio mezzo, ovvero un contratto tipizzato dall’ordinamento, già sperimentato e collaudato legalmente e socialmente, usato dalle parti per raggiungere indirettamente un fine liberale, si applicherà la disciplina prevista per quest’ultimo e si realizzerà la sua causa tipica, già comprovata socialmente e legalmente. L’intento liberale andrà solo ad arricchire la causa, senza modificarla. Non sarà necessaria la forma solenne proprio perché l’ordinamento non mostra verso i contratti tipici la stessa diffidenza che ha verso il “dono”.