Nel tentativo di ricostruire il percorso giurisprudenziale che ha condotto alla Sentenza della Suprema Corte, la n. 5068 del 2016, si deve ancorarsi a quelle che sono le precedenti pronunce maggiormente significative. La Suprema Corte, nella Sentenza appena citata, riporta
110
una serie di precedenti, il cui esame consente di concludere nel senso che, tradizionalmente, la donazione di cosa altrui è da considerarsi nulla.
Il primo precedente rilevante corrisponde ad una sentenza che conclude nel senso della nullità del contratto preliminare di donazione, da cui deriva un obbligo giuridico a donare in capo al donante, in quanto collidente con l’esigenza di garantire la sua libera autodeterminazione in merito alla decisione di arricchire il donatario.211 Sulla stessa scia, altra pronuncia esclude la validità della fattispecie in tale sede oggetto di esame, in forza del disposto dell’art. 771 c.c., norma che prevederebbe la nullità, oltre che delle donazioni aventi ad oggetto beni oggettivamente futuri, anche di quelle il cui oggetto corrisponda a beni soggettivamente futuri.212
Ancora La Corte di Cassazione 213 esclude la validità del contratto con
cui una pubblica amministrazione acconsenta alla cessione gratuita a favore del demanio dello stato di un bene di sua proprietà o di un’area che si impegni ad espropriare, in quanto costituirebbe un preliminare di donazione, nullo per avere ad oggetto un bene soggettivamente futuro, cioè non rientrante nel patrimonio del promittente al momento della stipula del contratto214. Nel 2009, i giudici di legittimità hanno concluso nel senso della nullità di una donazione che abbia ad oggetto beni che non fanno parte del patrimonio del donante al momento della stipula del contratto.215 Nella stessa pronuncia si riconosce che la donazione di cosa altrui, ancorché invalida, costituisce titolo idoneo al trasferimento, dovendosi verificare solo in astratto, non anche in
211Cass., sez. II, 12 giugno 1979, n.3315
212 Cass., sez. II., 20 dicembre 1985, n.6544 213 Cass., sez. I, 18 dicembre 1996, n. 11311
214 Anche perché, ex art. 16 r.d. 2440 del 1923, i funzionari pubblici possono
contrarre solo a titolo oneroso.
215Cass., sez. II, 5 maggio 2009, n. 10356, confermata da ultimo nel 2013,
111
concreto, l’attitudine a produrre l’effetto traslativo del negozio che qui interessa.
I giudici di legittimità, dopo aver effettuato questa rassegna di pronunce, citano la Sentenza n. 1596 del 2001 che, discostandosi dal filone interpretativo fino ad allora seguito, avalla un orientamento dottrinale che sostiene la tesi dell’inefficacia dell’atto donativo di cosa altrui.216 Tale Sentenza costituisce pertanto un unicum nel panorama giurisprudenziale, in quanto abbraccia la tesi della validità della donazione di cosa altrui che, pur essendo inefficace, sarebbe titolo idoneo al trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale, dovendosi tale idoneità valutare in astratto, cioè a prescindere dalla circostanza che l’alienante sia effettivamente titolare del diritto oggetto di trasferimento.
La motivazione di questa sentenza, che prende le distanze dalla comune posizione assunta fino ad allora, per cui la donazione con cui il donante ha disposto di un diritto altrui, intendendo produrre un effetto traslativo, è da considerare nulla, malgrado la nullità non sia testualmente comminata da nessuna norma, risulta più apparente che reale. La premessa è che il problema dell’idoneità al trasferimento della proprietà di cui all’art. 1159 c.c., non può riguardare la donazione con effetti meramente obbligatori, poiché per sua natura non può essere titolo astrattamente idoneo al trasferimento; ma investe la donazione di bene altrui “che le parti considerano di proprietà del donante”.217 Una volta chiarito che il quesito della idoneità della
donazione di cosa altrui a costituire titolo ex art. 1159 c.c., va ristretto alla sola donazione dispositiva, la Cassazione procede a risolvere
216 A favore della mera inefficacia della donazione dispositiva di beni altrui
che le parti considerino di proprietà del donante si esprime E.Morellato,
Donazione di bene altrui ed usucapione immobiliare abbreviata, in Contr.
Impr., 2002.
217V.Mariconda, commento a Cass., 5 febbraio 2001, n.1569, in Corr. Giur.,
112
sbrigativamente la questione della nullità o meno della donazione di cosa aliena.
La sentenza in questione esclude la possibilità di ricomprendere la donazione di cosa altrui nella donazione di beni futuri, nulla ex art. 771 c.c.218 Si ritiene pertanto quest’ultima norma applicabile solo ai negozi sui beni futuri in senso oggettivo, cioè non ancora esistenti in rerum natura. Tale conclusione viene argomentata nella sentenza in questione, mediante l’inapplicabilità dell’art.771 c.c. in ragione della sua natura di norma eccezionale.219 La qualificazione in questi termini della norma, discenderebbe dalla sua portata proibitiva, e dal fatto che si colloca in un ordinamento che dà risalto all’autonomia contrattuale. Si tratta infatti di una chiara eccezione al principio scolpito nell’art. 1348 c.c. che ammette in termini generali la deduzione in contratto della prestazione di cose future. Qualificandola come norma eccezionale, automatica verrebbe l’impossibilità di ritenere sussistente nella medesima disposizione un ulteriore divieto della donazione di cosa altrui, poiché in questo modo, da una norma di per sé eccezionale discenderebbe altra norma parimenti eccezionale in forza dell’asserita eadem ratio.
Non potendosi applicare in via analogica l’art. 771 c.c., in ragione della sua natura eccezionale, la disciplina della donazione di bene altrui andrebbe individuata attraverso un criterio logico- sistematico, basato sul fatto che per alcuni istituti la legge ha “considerato separatamente gli effetti di atti di disposizione di beni futuri e di beni
218Dal testo della Sent:” Occorre considerare che l’art.771 c.c. espressamente
stabilisce che se la donazione comprende beni futuri, è nulla rispetto a questi, salvo che si tratti di frutti non ancora separati. Appare evidente, dalla formulazione della norma, il riferimento del divieto ai soli beni non ancora esistenti in rerum natura”.
219Impostazione che si pone in aperto contrasto con la tesi dell’interpretazione
analogica dell’art. 771 c.c., in quanto, dalla qualificazione come norma eccezionale discenderebbe di conseguenza, l’applicazione dell’art. 14 disp.prel.
113
altrui (artt. 1472 e 1478 ss. c.c.)”. Applicando per analogia l’art. 1478 c.c., la donazione di cosa aliena non trasmette immediatamente il diritto ma genera l’obbligo di procurare l’acquisto al donatario, che diverrà titolare del diritto non appena il donante avrà acquistato la cosa. Anche su questo punto vi è chi ritiene che tale efficacia obbligatoria seguirebbe solo al caso in cui le parti, o almeno il donante, sappiano che il bene non fa parte del patrimonio, poiché solo la donazione consapevole di cosa altrui implica l’obbligo di procurare l’acquisto. Solo in questo caso il donante intenderebbe disporre di un bene non ancora entrato nel suo patrimonio, ma che prevede di acquistare successivamente. Qualora questi ignorasse l’appartenenza del bene ad altri, non potrebbe applicarsi la disciplina del contratto di vendita; in questo caso al donante sfuggirebbe la misura del suo impoverimento.220
Vi è anche all’opposto chi ritiene che per il donante rappresenti donazione di cosa futura sia l’atto di disposizione di un bene non ancora esistente in rerum natura ma che egli prevede che verrà ad esistenza, sia il bene altrui che egli prevede in futuro entrerà nel suo patrimonio. In entrambi i casi si avrebbe l’esigenza di arginare le prodigalità del donante contro atti di liberalità che vanno aldilà di uno spoglio attuale, pertanto la donazione compiuta con la consapevolezza dell’altruità della cosa sarebbe nulla.221 Quello appena esposto è uno
dei tanti passaggi poco chiari e facilmente criticabili della pronuncia in esame, anche perché nel nostro ordinamento non vi è una disciplina espressa che ponga a carico del donante lo stesso obbligo contemplato per il venditore di cosa altrui: sarebbe quindi “strano” che la Cassazione abbia voluto intendere che la donazione di cosa altrui, non nulla bensì inefficace quanto all’immediato effetto traslativo,
220Rinaldi, La donazione di bene altrui tra nullità e inefficacia, cit., pag.684 e
ss.
114
obbligherebbe il donante a far acquistare la proprietà al donatario. Una tale obbligazione si porrebbe in contrasto con il requisito dell’attualità dello spoglio che costituisce per alcuni il fondamento della nullità della donazione di beni futuri ex art. 771 c.c.
Resta quindi non molto chiaro il significato che la Suprema Corte ha inteso collegare alla qualificazione di inefficacia di questa tipologia donativa.