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Nell’incipit dell’art. 771 c.c. si trova il divieto per cui “la donazione non può comprendere che i beni presenti del donante” e di conseguenza, se “comprende beni futuri, è nulla rispetto a questi”. La donazione è quindi nulla esclusivamente rispetto a quelle attribuzioni aventi ad oggetto beni non ancora esistenti in rerum natura, in applicazione dell’art. 1419 c.c., secondo cui un contratto è affetto da nullità parziale in caso sia nulla solo una parte dello stesso; la nullità

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dell’intero contratto si avrà solo ove risulti che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella sua parte di contenuto colpita da nullità. La riduzione dell’oggetto ai soli beni presenti, inoltre, è operata direttamente dalla legge, non dovendosi dunque far ricorso alla valutazione di cui all’art. 1419 c.c.183

Trattandosi pertanto, lo dice la norma, di nullità, si applicherà anche l’art. 1421 c.c. il quale dispone che tale forma di invalidità possa essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse, potendo anche essere rilevata d’ufficio dal giudice.

L’art. 771 c.c. è una chiara eccezione al principio generale di cui all’art. 1348 c.c. che in tema di requisiti del contratto, annovera esplicitamente la possibilità che l’atto negoziale abbia ad oggetto la prestazione di cose future, salvi i particolari divieti di legge.184

Nel diritto romano e per tutta l’epoca classica, il divieto non esisteva né poteva esistere. La donazione non era configurata come negozio tipico, ma causa di svariati atti traslativi o costitutivi, pertanto si trattava di vedere per ciascun atto, considerando la sua struttura, se potesse avere come oggetto cose future. Nella legislazione postclassica, quando la donazione diventa negozio tipico, è posta la base del generale divieto che, seppur non esplicitamente formulato, è implicito nella forma richiesta dalla legge. Diventa necessaria infatti la traditio, ai fini dell’esistenza dell’atto, rendendo quindi evidente che la donazione non possa avere come oggetto che cose presenti. La questione relativa a rintracciare le basi per fissare un principio generale e sicuro si è posta agli interpreti con riguardo alla donazione omnium bonorum. Questi ultimi si chiedevano se la donazione di tutti i beni comprendesse anche i beni futuri, e l’esclusione era motivata dal fatto

183U.Carnevali, Le donazioni, in Tratt. Rescigno, II ed, Torino, 1997, pag.

527.

184M.Ermini, Le Successioni e Le Donazioni, vol. II, Giuffrè 2009, pag. 415 e

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che con ciò il donante si privava della facoltà di disporre per testamento, e che una donazione tanto comprensiva celasse un patto successorio.185

Nel diritto consuetudinario francese si afferma il divieto della donazione di beni futuri, in funzione della donazione di tutti i beni presenti e futuri, tanto che la donazione si dichiara nulla anche rispetto ai beni presenti. Il divieto, sancito nell’ordinanza Dauguessau del 1731 all’art. 15, è stato riproposto nel codice francese (art. 943), poi nel nostro codice del 1985 e quindi nel codice vigente.

Di fronte a questi precedenti legislativi, al nostro legislatore toccò il compito di capire se la donazione universale potesse comprendere anche beni futuri e, nel caso di nullità, se questa colpisse l’intera donazione o solo questi ultimi. La questione è stata infine risolta in quest’ultimo senso, come risulta dalla stessa dizione dell’art. 771 c.c. Tradizionalmente questo divieto viene spiegato con la regola del diritto romano, accolta dal diritto francese, per cui la donazione di beni futuri rappresenta una deroga all’irrevocabilità della donazione.186 Il donante

infatti in realtà poteva revocare la donazione, non acquistando beni futuri.187 Questa giustificazione è in realtà insussistente poiché la donazione di beni futuri è tanto irrevocabile quanto quella di beni presenti, essendo la volontà del donante vincolata in ogni momento fin da quando il contratto si è perfezionato, qualunque sia l’oggetto della donazione. Inoltre, la traditio è oggi un elemento che attiene all’esecuzione del contratto, piuttosto che all’esistenza della donazione.

185 B.Biondi, Le donazioni, in Tratt. Dir. Civ. diretto da Vassalli, Torino,

1961, pag.336.

186La dottrina francese e la più antica italiana trova il fondamento del divieto

nel principio donneret retenir ne vaunt, seguendo l’insegnamento del Pothier, che sosteneva che la donazione di beni futuri peccasse contro l’impossibilità rispetto a questi di una tradizione e il principio dell’irrevocabilità della donazione. Si veda R.J. Pothier, Donations entre vifs, n.80.

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È dunque preferibile la tesi di chi ravvisa il fondamento della nullità della donazione avente ad oggetto beni futuri, nello sfavore dell’ordinamento per le attribuzioni a titolo gratuito, anche al fine di porre un freno alle liberalità compiute con avventatezza.188 Il veto del legislatore risiede quindi nell’intento di arginare la prodigalità del donante, il quale potrebbe non avere reale contezza del valore delle res donate e dunque sperperare il suo patrimonio. 189Sul piano tecnico- legislativo, questa concezione si traduce in un limite posto, per ragioni di ordine pubblico, al potere di impoverimento proprio per arricchire altri, che l’ordinamento riconosce al soggetto. L’ordinamento quindi nega che le parti possano determinare il depauperamento di una di esse, per arricchire l’altra, avvalendosi di uno strumento che consiste nell’anticipazione di taluni effetti della fattispecie.190

Quanto all’esatta individuazione della nozione di beni futuri, dato per certo che comprenda sia beni materiali che immateriali, nonché i crediti, che non esistono in rerum natura, è maggiormente discusso se

188 A.Torrente, La donazione, a cura di Carnevali, Mora, in Tratt. Cicu,

Messineo, II ed, Milano, 2006, pag.407; In tal senso si è espressa di recente anche la giurisprudenza, riconducendo la ratio del divieto proprio nella necessità di non favorire la prodigalità del donante, Trib. L’Aquila, 14 agosto 2008.

189 Contro codeste argomentazioni, alcuni autori, sostenendo l’indifferenza

del legislatore rispetto alle donazioni, hanno ritenuto che la ragione del divieto vada cercata nell’orientamento relativo ai patti successori. Donare un complesso di beni, vorrebbe dire disporre di quell’universitas presente e futura, che forma oggetto di successione ereditaria, caratterizzata da indeterminatezza e complessità tipiche dell’eredità, rispetto alla quale la legge consente di disporre solo per testamento. In base a questa concezione una donazione di un complesso di beni futuri sarebbe una disposizione, vietata in base a quel principio inderogabile di ordine pubblico, che vieta anche la donatio mortis causa e che conosce solo il testamento come atto di disposizione a causa di morte.

190 A.Palazzo, Le donazioni, in Cod.Civ. Commentario, diretto da

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debbano considerarsi tali anche i beni che, pur esistenti, non appartengono al patrimonio del donante.191

La legge consente che i beni oggettivamente futuri formino oggetto di negozi giuridici; applicazione di tale principio generale si ritrova nell’art. 1472 c.c. in materia di vendita di cosa futura, negli artt. 217 c.c e ss.. che consentono anche che la comunione tra coniugi possa avere ad oggetto il godimento dei beni mobili ed immobili “presenti e futuri” e nell’art. 2823c.c., laddove dispone che l’ipoteca possa essere accesa su una cosa futura.

Non costituiscono invece beni futuri, quelle cose che presentino un’individualità, in quanto si staccano da un tutto, come l’acqua da derivare o i minerali da estrarre: secondo la dottrina si tratta di entità autonome per anticipazione e possono essere donate come diritto presente, sebbene la cosa nella sua individualità sia futura.192

Nello stesso art. 771 c.c. sono inoltre previste deroghe al divieto, innanzi tutto in relazione ai “frutti non ancora separati” di cui al comma 1 della norma in questione, che secondo l’art. 802 comma 2 c.c. formano “parte della cosa” pur potendosi “disporre di questi come di cosa mobile futura”. Il carattere eccezionale della previsione induce a circoscriverne la portata e ritenere che la validità della donazione sia limitata ai soli frutti già esistenti, ma ancora pendenti ossia non ancora separati, con esclusione quindi di quelli non ancora venuti a maturazione.193

191 M.D’Auria, La donazione di beni altrui. Sul concetto di titolo

astrattamente idoneo e di liberalità, 2001, pag.1596.

192 Biondi, Le Donazioni, cit., pag.342 e ss, il quale evidenzia che se è

inesistente tanto la cosa che il diritto, l’attribuzione donativa è nulla, poiché manca di oggetto.

193Giannattasio, Delle successioni. Divisione. Donazione, in Comm. Cod. civ.,

II, Torino, 1964, pag.216; A.Torrente, op., ult., cit., pag.408; Per taluni autori la deroga si riferisce anche ai frutti meramente sperati e non esistenti, si veda B.Biondi, Le donazioni, in Tratt. Vassalli, Torino, 1961, pag.342.

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Un’ulteriore deroga al divieto di donazione di cose future è prevista al comma 2 dello stesso articolo, per l’ipotesi che “oggetto di donazione sia un’universalità di cose”.194 Se il donante per spirito di liberalità,

dispone di un’universalità di cose che gli appartengono, ne conserva il godimento trattenendola presso di sé, cosicchè l’oggetto della donazione si amplia, risultando costituito anche “dalle cose che si aggiungono successivamente” all’universalità, consentendosi tuttavia che “dall’atto risulti una diversa volontà”.195

La nullità ex art. 771 c.c. comma 1 non comprende l’attribuzione donativa di prestazioni periodiche (che hanno funzione alimentare, di soccorso o di beneficienza). Si definiscono a prestazioni periodiche quei negozi in cui l’obbligato non è tenuto all’esecuzione di un’unica prestazione ma di più prestazioni da effettuarsi in date prestabilite o saltuariamente su richiesta dell’altra parte. 196 Benché queste ultime si

proiettino nel futuro, la differenza sta nel fatto che se nella donazione di beni futuri è incerto l’arricchimento nella sua esistenza, nella fattispecie de qua è invece certo, seppur variabile nel quantum in relazione alla durata della vita del donante e del donatario.197