Vista l’assenza di indicazioni precise sull’applicazione, in generale, dell’art. 771 c.c. alle donazioni indirette, giova fornire un esempio di fattispecie concreta, su cui peraltro si è recentemente soffermata anche la prassi notarile, quale spunto per ulteriori riflessioni.
Si pensi al caso in cui una persona fisica intenda permutare con un’impresa di costruzioni un terreno edificabile, di cui è titolare, ricevendo in cambio appartamenti che l’impresa è disponibile ad erigere sul terreno in questione e che desideri altresì attribuire, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1411 c.c., a favore di un proprio congiunto, i diritti nascenti dal contratto. Sorge spontaneo chiedersi se vi siano profili d’incompatibilità tra la fattispecie e la disciplina dell’art. 771 c.c., oppure se l’operazione sia praticabile.
La permuta, ai sensi dell’art. 1552 c.c., è il contratto che ha per oggetto il trasferimento reciproco, da un contraente all’altro, del diritto di proprietà su uno o più beni, o di altri diritti (diritti reali minori o, per alcuni autori, anche diritti di credito).
304Cass., n.1257 del 1994 con nota di De Lorenzo, “Intestazione del bene in
nome altrui: appunti a margine di una giurisprudenza recente”, in Foro it.,
1995.
305Per l’applicabilità del divieto alle donazioni indirette si veda anche
M.C.Diener, Il Contratto in generale, Milano, 2011, pag.738, che motiva l’estensione “perché l’altruità deve essere riferita non al patrimonio del
promittente, ma al patrimonio dello stipulante-donante il quale trasferisce denaro, ossia un bene per il quale l’eventuale futurità non rileva”.
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La Giurisprudenza, visto che l’art. 1552 c.c. dispone che alla permuta si applichino le norme sulla vendita, in quanto compatibili, ritiene che anche la permuta, al pari della vendita, possa produrre non solo effetti reali, ma anche obbligatori (effetti reali differiti).306
Si pensi al caso di un proprietario di un terreno edificabile che, con una convenzione, lo cede a un imprenditore/costruttore a fronte del trasferimento di una porzione o quota di edificio che il permutante costruttore si impegna ad erigere sull’area cedutagli; ovverosia, il caso di permuta cd. “di cosa presente con cosa futura”, ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione.307 Tuttavia, affinché si possa parlare di tale tipologia di contratto, è necessario che l’obbligazione del permutante che si impegna a costruire sia meramente strumentale e preparatoria allo scambio reciproco.308 In tal
306Cass., 15 aprile 1991, n.4000, in Mass. Giust.civ., 1991:”La permuta, al
pari della vendita, non ha necessariamente effetti reali, ma può avere un’efficacia meramente obbligatoria; tale seconda ipotesi si verifica quando l’effetto traslativo non è immediato e conseguente al semplice consenso delle parti legittimamente manifestato, ma è differito e fatto dipendere da ulteriori eventi, come l’acquisto della cosa da parte di un permutante o la venuta ad esistenza della cosa medesima. Si configura pertanto un contratto di permuta nel caso di uno scambio di una cosa certa e determinata con un’altra, di cui siano specificamente indicate le caratteristiche e il valore, e che il permutante si obbliga a procurarsi o a consegnare all’altro contraente, così individuando e specificando la cosa medesima, e determinando nel contempo il trasferimento a favore della controparte”.
307 Cass., 20 ottobre 1997, n. 19256: “è legittima la permuta di cosa presente
(con conseguente effetto traslativo immediato della proprietà) con una cosa futura ovvero soltanto generica, la cui proprietà venga, invece, trasferita in momento successivo, realizzandosi, in tal caso, l’effetto traslativo immediato con riguardo alla cosa presente, e la contestuale nascita dell’obbligazione, per il ricevente, di tenere il comportamento necessario affinchè la res, futura o generica, sia a sua volta trasferita in proprietà alla controparte, per effetto della sua venuta ad esistenza o specificazione”.
308Cass., 5 agosto 1995, n.8630: ”Il contratto avente ad oggetto il
trasferimento della proprietà di un’area in cambio di un fabbricato o di alcune sue parti da costruire sull’area stessa, a cura e con mezzi del cessionario, può integrare sia un contratto di permuta di un bene esistente con un bene futuro, sia un contratto misto, costituito con elementi della vendita e dell’appalto. Si configura il primo contratto se il sinallagma negoziale sia consistito nel trasferimento reciproco della proprietà attuale e
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caso quindi, il contraente che trasferisce il bene presente acquista la titolarità del bene futuro de iure, ossia in modo automatico, non appena questo viene ad esistenza, conformemente alla disciplina della vendita di cosa futura ex art. 1472 c.c.309
Quando invece, gli effetti del contratto in questione vengono deviati mediante lo schema del contratto a favore di terzi, nel momento in cui il terzo dichiara di voler profittare dell’accordo sottoscritto in suo favore, resta da capire che cosa questi riceva, a titolo gratuito, dallo stipulante-donante.
Il terzo ottiene, nel momento in cui sottoscrive l’accordo tra i promittenti permutanti, un diritto già individuato, uno jus ad habendam rem mediato dall’adempimento, da parte del permutante costruttore, dell’obbligazione strumentale di realizzare l’edificio sul terreno ricevuto in contropartita.
Lo stipulante- donante invece, alla sottoscrizione del contratto di permuta, è perfettamente in grado di comprendere il valore della sua donazione indiretta, a favore di terzo, dal momento che il bene che verrà ad esistenza in futuro altro non sarà che la contropartita a lui spettante per la cessione della proprietà del bene presente oggetto di permuta (il terreno).
della cosa futura e l’obbligo di erigere l’edificio sia rimasto su un piano accessorio e strumentale; va ravvisato invece l’altro contratto quando la costruzione del fabbricato sia stata al centro della volontà delle parti e l’alienazione dell’area abbia costituito solo il mezzo per conseguire l’obiettivo primario”; Cass., 22 dicembre 2005, n.28479:” Il contratto con cui una parte cede all’altra la proprietà di un’area edificabile, in cambio di un appartamento sito nel fabbricato che sarà realizzato sulla stessa area a cura e con mezzi del cessionario, integra gli estremi del contratto di permuta tra un bene esistente e un bene futuro, qualora il sinallagma negoziale consista nel trasferimento della proprietà attuale in cambio della cosa futura”.
309Sul tema della permuta di “cosa presente con cosa futura” si veda inoltre:
A.A.Carrabba, Dinamiche negoziali e trasferimento di aree edificabili: tra
vendita e permuta, in R.Not., 2009, pag. 1300; G.Iaccarino, Trasferimento di beni presenti verso beni futuri: la singolare ipotesi dei parcheggi pertinenziali, in Notariato, 2009, pag. 229 e ss.
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Pertanto, considerato quanto appena esposto, non sembrano esserci problemi di compatibilità tra una donazione indiretta nascente da un contratto di permuta obbligatoria di “cosa presente con cosa futura” e il divieto di cui all’art. 771c.c. Il diritto che il terzo acquisisce accettando e sottoscrivendo un simile contratto, non corrisponde ad un bene futuro, per come si considera agli effetti dell’art. 771c.c. Questa norma si riferisce ad un concetto di bene futuro che include chiaramente una cosa non ancora venuta ad esistenza, ed è vero anche che “la cosa si configura come futura ogniqualvolta essa non è, per qualsiasi motivo, deducibile immediatamente in contratto, in quanto non ancora suscettibile di appropriazione in termini giuridici”310, ma è anche vero che nel caso di specie di deve distinguere tra la cosa in sé ed il diritto ad ottenerla, e se il secondo è già attuale quando viene sottoscritto un contratto che concerne la prima, il contratto ha giuridicamente ad oggetto un bene presente, non futuro.
Inoltre, nella tipologia contrattuale in questione, dato che il negozio che concretizza la liberalità indiretta si innesta in una struttura basata su un contratto sinallagmatico, non esiste alcuna incertezza circa il valore del donatum, considerando il suo nesso di causalità con il valore della prestazione eseguita dal promittente. Di conseguenza, non sembra poter sussistere una violazione dell’art. 771 c.c., essendo lo stipulante- donante in grado di capire in cosa consiste l’oggetto della sua donazione, senza che sussistano esigenze di frenare la sua prodigalità o tutelare la sua “libertà informata”.
Ciò che il terzo acquisisce, a titolo di liberalità indiretta, dallo stipulante, non è, a ben vedere, la cosa in sè futura (di cui avrà la disponibilità materiale solo quando verrà ad esistenza), ma il beneficio o vantaggio, già determinato, che ottiene immediatamente, per effetto
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della sottoscrizione del contratto tra lo stipulante-donante e il promittente-costruttore.
Applicare l’art. 771 c.c. alle donazioni indirette che si innestano su contratti sinallagmatici finirebbe quindi per tradursi in un ostacolo all’autonomia contrattuale, impedendo alle parti di ricorrere agli schemi contrattuali per loro più semplici ed efficienti.