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La maggior parte degli atti di liberalità che trovano emersione nella casistica giurisprudenziale costituiscono ipotesi di collegamento negoziale, alle quali spesso si allude con l’espressione“intestazione di beni in nome altrui” (di frequente realizzazione in ambito familiare, nei rapporti genitori-figli). Questa espressione indica il momento finale di operazioni che possono essere diverse tra loro, ma che sono accomunate dalla circostanza che un soggetto acquista un diritto (su un bene che gli è, appunto, intestato) da un alienante, mentre il denaro necessario per il pagamento del corrispettivo è fornito da un altro soggetto. L’acquirente è pertanto il beneficiario, mentre l’autore della liberalità, o beneficiante, è colui che fornisce i mezzi economici. In sintesi, un siffatto schema ricorre qualora qualcuno acquisti con denaro proprio un bene immobile, e lo intesti a colui nei confronti del quale vuole attuare una liberalità. Il denaro può essere versato nelle mani del beneficiario, spesso un discendente del beneficiante, o direttamente in quelle dell’alienante.

Il collegamento negoziale presenta alla base un contratto di compravendita, negozio mezzo, la cui disciplina viene applicata

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integralmente. Vi si aggiunge poi l’accordo integrativo a monte tra le parti che in questo caso si realizza in maniera complessa. Ogni negozio coinvolto manifesta parzialmente la liberalità, che si individua solo analizzando complessivamente l’operazione.

In questa fattispecie, il principale problema costruttivo è costituito dall’esigenza di enucleare la liberalità dal complesso di comportamenti nei quali l’operazione si articola. Il beneficiante infatti, oltre a poter elargire il denaro al beneficiario o all’alienante, potrebbe intervenire in vari modi: a titolo esemplificativo si ricordi che il beneficiante potrebbe concludere il contratto di compravendita agendo in nome del beneficiario, o concludere un contratto preliminare di vendita per sé o per persona da nominare e nominare poi il beneficiario quale soggetto avente diritto alla conclusione del contratto definitivo, o optare per altre strade ancora. La difficoltà interpretativa sta appunto nell’individuazione della liberalità, e nel chiarire se il beneficiante abbia inteso donare all’acquirente una somma di denaro, e si tratti in questo caso di donazione diretta di denaro, o se abbia voluto fargli ottenere la proprietà di un bene, di norma immobile, trattandosi quindi di donazione indiretta del bene.155

In un primo momento la giurisprudenza, cercando soluzioni generalizzanti per spiegare tutti i casi possibili, ha individuato la liberalità nella dazione del denaro al beneficiario, qualificandosi quindi la fattispecie come donazione diretta del denaro, al più accompagnata

155 Sulla differenza tra le due ipotesi: Cass., 15 novembre 1997, n. 11327, ove

è stabilito che “ Nel caso di soggetto che abbia erogato il denaro per

l’acquisto di un immobile in capo ad uno dei figli si deve distinguere l’ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal figlio in un acquisto immobiliare, in cui oggetto della donazione rimane il denaro stesso, da quella in cui il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile che costituisce il fine della donazione; in tale caso il collegamento tra l’elargizione del denaro paterno e l’acquisto del bene immobile da parte del figlio porta a concludere che si è in presenza di una donazione indiretta dello stesso bene non del denaro impiegato per il suo acquisto”.

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da un modus o una semplice raccomandazione di usare il denaro per l’acquisto dell’immobile. Stando così le cose, si rischierebbe di incappare nella probabile nullità della donazione per difetto di forma e nella circostanza per cui, avendo la liberalità ad oggetto una somma di denaro, si procederebbe alla collazione al valore nominale ex art.751 c.c. Questo rischierebbe di causare problemi di disparità di posizione tra coeredi, soprattutto in caso di divergenza tra valore nominale della somma di denaro e valore dell’immobile con questa acquistato, computati al momento dell’apertura della successione del disponente.156

In un secondo momento, la giurisprudenza, sulla scorta delle osservazioni della dottrina, ha affermato che nell’intestazione di beni a nome altrui l’intento delle parti è diretto a far acquistare al beneficiario la proprietà del bene e che quindi la dazione di denaro assumerebbe valore solo strumentale rispetto a quel risultato. La liberalità è perciò qualificata come donazione indiretta dell’immobile. È stato ribadito da una decisione della Corte di Cassazione,157 alla quale si è soliti attribuire la svolta, nella quale si afferma che “Si ha comunque donazione indiretta di immobile e non di denaro, nell’ipotesi in cui l’acquisto viene fatto direttamente dal genitore, ossia autore della liberalità, in nome e per conto della persona che si vuole beneficare con pagamento del prezzo di tasca propria. Ciò ricorre quando il genitore vuole effettuare una liberalità in favore del figlio minore. Si ha comunque donazione indiretta di immobile nella seguente ipotesi: stipula da parte dell’autore della liberalità di un contratto preliminare di acquisto, per sé o per persona da nominare, e successiva stipula del contratto definitivo da parte del destinatario della liberalità, utilizzando il denaro fornito dall’autore della liberalità. In questo caso

156 G.Amadio, F.Macario ( a cura di), Diritto civile, Norme, questioni,

concetti, II, Il Mulino, 2014, pag.902 e ss.

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di ha donazione indiretta del bene oggetto del preliminare in quanto il donante dispone in favore altrui del diritto potestativo di concludere il contratto definitivo, fornendo il denaro occorrente: oggetto della restituzione o del conferimento è perciò il bene e non il denaro”.158 Quest’ultima posizione consente di evitare la possibile dichiarazione di nullità della donazione per difetto di forma in quanto come sappiamo le donazioni indirette non richiedono l’atto pubblico; inoltre la collazione, a norma dell’art.746 c.c. dovrà farsi o con la restituzione del bene in natura o per imputazione del valore, evitando così i problemi causati dalla collazione del denaro.

Più di recente la giurisprudenza, per adeguarsi alla dottrina159, giunge ad ammettere che la ricostruzione possa variare secondo le particolarità del caso, e rende necessaria l’interpretazione della volontà concreta.160