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Ai fini di una corretta identificazione del fine liberale diventa pertanto necessario ritornare al tema della causa contrattuale e in particolare soffermarsisull’esistenza di un legame tra gli interessi delle parti e profilo causale dell’atto (cd. “interpretazione per interessi”).77

Tale relazione che viene recepita ormai anche dalla giurisprudenza, che afferma che “Causa del contratto è lo scopo pratico del negozio, la sintesi, cioè, degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a

76G.Amadio, La nozione di liberalità non donativa nel codice civile.,

Quaderni della fondazione italiana del Notariato, 2012.

77Palazzo, Sassi, Trattato dellasuccessione e dei negozi successori ,UTET

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realizzare (c.d. causa concreta), quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato”78, evidenziando un’inversione di tendenza rispetto alla concezione di causa come astratta funzione economico sociale del contratto79. Si ritorna quindi all’idea della liberalità come causa negoziale, cercando di recuperarne il contenuto, analizzando non più il piano dei concetti, ma quello degli interessi.

Quando ci si riferisce all’interesse nell’ambito contrattuale, si fa riferimento alla volontà del soggetto come antecedente logico, necessario al compimento dell’atto giuridico che può tendere alla conservazione o ottenimento di un bene patrimoniale, e in tal caso si parla di interesse patrimoniale-economico o alla volontà del soggetto di conseguire una situazione di benessere del suo titolare, interesse non patrimoniale o non economico. La dottrina più recente ritiene che gli atti compiuti per spirito di liberalità siano quelli diretti ad attuare un’attribuzione senza corrispettivo, ma “allo scopo di soddisfare direttamente un interesse di natura non patrimoniale del disponente”.80

L’interesse perseguito dall’autore della liberalità potrà essere vario (beneficienza, riconoscimento di meriti, conservazione della memoria familiare, affetto amicale), purché resti non economico.

Questa prospettiva coglie la distinzione tra liberalità e atti gratuiti non liberali, nei quali l’attribuzione senza corrispettivo è sorretta da un interesse di natura economica81.

78Cass. 12 novembre 2009, n. 23941.

79 Bonilini, Trattato di diritto delle successioni e donazioni, IV Le donazioni,

Giuffrè Editore, 2009, pag. 25; Per la critica alla funzione economico-sociale della causa si veda anche U.Breccia, La causa, In Trattato di diritto privato, diretto da Mario Bessone, a cura di Guido Alpa, Umberto Breccia e Antonio Liserre, Giappichelli Editore, Torino, 1999,pag. 3 e ss.

80A.Checchini ,L’interesse a donare ,in Riv. dir. civ.,1976; A.Cataudella, op.

cit., pag.19ss.; A.Torrente, Le donazioni, Giuffrè, Milano, 1989, Pag. 546 e ss.

81 Sul tema si veda: Cass., 14 settembre 1976, n.3150, in Riv. dir.

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Il criterio dell’interesse non economico agevola anche il riconoscimento delle liberalità non donative, ossia gli schemi negoziali, anche onerosi o neutri, che si riconducono alla categoria in quanto volti a procurare un vantaggio all’accipiens,per la soddisfazione di un interesse non patrimoniale del tradens 82 . Individuando quindi un’identità di causa, intesa come l’insieme degli interessi regolati, si deve riconoscere alla donazione tipica e alle liberalità non donative un’unica identica causa, proprio in ragione della medesima natura dell’interesse perseguito dal disponente. La differenza causale tra le due categorie si ravvisa nel fatto che nella donazione tipica l’interesse (non economico) si realizza mediante la diretta disposizione di un diritto o assunzione di un obbligo nei confronti del donatario, mentre le liberalità non donative impiegheranno strumenti diversi, che poi vedremmo rientrare nella nozione di “atti diversi dalla donazione” di cui all’art. 809 comma 1 c.c.

Queste linee guida dovranno orientare l’attività, in particolare del notaio, ogni volta in cui una liberalità non donativa si realizzi mediante atti di natura non negoziale, tenendo presente che la gamma di strumenti idonei a realizzare l’interesse non patrimoniale sotteso alle liberalità atipiche, ricomprende comportamenti anche “non negoziali” del disponente: si pensi ai casi della piantagione o costruzione su terreni altrui e le ipotesi della volontaria interruzione della prescrizione di debito o dell’usucapione da parte del creditore o proprietario

marzo 1996, n.2001, in Foro it., 1996 con nota di G. La Rocca; Cass. 5 dicembre 1998,n.12325,in Giust. civ.,1999; Cass. 24 febbraio 2004, n.3615,in

Rep. Foro it che, relativamente a casi di mecenatismo, premi alla clientela e

operazioni gratuite compiute dalle società in favore del gruppo al quale appartengono, negano natura liberale in base alla presenza di un interesse economico.

82G.Amadio, La nozione di liberalità non donativa nel codice civile, op., ult.,

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rispettivamente o l’acquisto del bene da parte del soggetto in regime di comunione legale che ometta di dichiarare ex art 179 lettera f) c.c l’impiego di mezzi personali, consentendo il coacquisto in favore del coniuge.83Si tratta di attribuzioni realizzate attraverso il perfezionarsi di fattispecie legali da cui discendono altrettante ipotesi di acquisto a titolo originario.

Non va sottaciuto che, già sotto il vigore del codice del 1865, quando per opera del legislatore, non era stato ancora introdotto il disposto normativo che consentiva all’autonomia privata di predisporre negozi idonei a produrre l’effetto liberale anche al di fuori della fattispecie contrattuale tipica, e quindi in assenza dell’art. 809c.c, una parte della dottrina già proponeva l’ipotesi di atti liberi a struttura non negoziale.84

La modifica del Codice Civile e l’introduzione dell’articolo 809 c.c, fornisce giustificazione normativa ad una parte della dottrina85 che

sostiene la necessità di approfondire le liberalità non negoziali, affermando che non è possibile escludere a priori che atti di natura non negoziale e meri fatti naturali siano idonei a conseguire la finalità liberale e donativa. A fondamento delle loro affermazioni portavano la circostanza che l’ambito delle liberalità si caratterizza per l’ampiezza dei confini ancora non precisamente determinati e per la varietà ed eterogeneità delle fattispecie in cui si sostanziano. Del resto, l’arricchimento per spirito di liberalità del beneficiario, conseguito attraverso la fattispecie attributiva negoziale, può essere raggiunto anche mediante ipotesi attributive che prescindano dalla volontarietà dell’atto e dell’effetto, e questa identità di effetto rafforza l’interrogativo in merito alla reale portata della fattispecie non

83G.Amadio, op., ult., cit.

84 V. Maroi, Delle Donazioni, pag.32 ss.; N. Coviello, Donazione, pag.89 ss.;

Ascoli, Trattato delle Donazioni,Milano, 1935,pag. 56ss.

85 B. Biondi, Le donazioni, cit.,pag. 1013; A. Checchini, L’interesse a

donare, cit., pag. 254; A. Torrente, Le donazioni, cit., pag.448; A. Palazzo, Le donazioni, cit.,pag. 643.

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negoziale a carattere liberale. Considerando la somiglianza tra le fattispecie riportate e gli atti di liberalità, l’indagine relativa alla natura giuridica e alla struttura di tali fenomeni ha occupato una parte della dottrina con risultati non sempre pienamente condivisibili ma tutti concordi sul fatto che l’analisi debba obbligatoriamente partire dalla valutazione attenta delle singole fattispecie e in un secondo momento concludere che questi fenomeni siano o meno idonei a produrre effetti liberali86 .

Secondo autorevole dottrina87 le liberalità che non hanno fonte nel negozio, non possono invece essere identificate con le ipotesi in precedenza esemplificate. Infatti, secondo tale impostazione, ciò che è precluso nel caso delle fattispecie acquisitive che discendono da un effetto “legale”, come nel caso dell’accessione, non è l’effetto liberale, ma è l’inconciliabilità dell’effetto acquisitivo con la mancanza di negozialità. In altre parole e a titolo esemplificativo, la costruzione sul suolo altrui, il lasciare usucapire da altri od il lasciar prescrivere il proprio diritto, sono tutti fenomeni che, pur potendo essere considerati atti di liberalità, rientrerebbero tra le liberalità negoziali. Questo ha indotto larga parte della dottrina88 a ripensare la presunta “non negoziabilità della condotta”, ipotizzando nella fattispecie sopra accennate il concorso di un momento di autonomia negoziale volto ad attribuire all’acquisto ex lege significato di attribuzione liberale.

La teoria ricostruttiva che trova maggior consenso in dottrina è quella secondo la quale nel caso delle ipotesi considerate, l’arricchimento che è prodotto in capo al destinatario della liberalità sarebbe solo la

86V.Caredda,,Le liberalità diverse dalla donazione, Giappichelli, Torino,

1996, pag.195 e ss.

87A. Torrente , Le donazioni, cit., pag. 15; G. Balbi , Liberalità e Donazione,

cit., pag.107.

88P.Shlesinger, In commentario alla riforma del diritto di famiglia, I,

sub.art.179. Padova, 1977, pag.404; F.Gazzoni, ӏ forse ammessa la

diseredazione occulta dei legittimari?”, in Giust. civ.,1993, pag.2519 e ss;

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indiretta conseguenza della fattispecie legale, mentre l’effetto liberale sarebbe direttamente connesso ad una tacita rinuncia. La liberalità stessa consisterebbe nella rinunzia: a seconda dei casi, la rinunzia all’indennità o al rimborso previsto nell’art. 936c.c, la rinunzia al diritto di interrompere l’usucapione o ad esercitare il diritto soggetto a prescrizione.89

La rinunzia è un negozio, cosiddetto abdicativo, mediante il quale il titolare dismette il proprio diritto soggettivo senza trasferirlo ad altri e secondo la dottrina90 conduce solo all’estinzione del rapporto. La distinzione importante che invece va messa in luce riguarda il rapporto tra la rinunzia ed il rifiuto. Secondo l’impostazione più diffusa in dottrina la differenza risiede nel fatto che la rinunzia è una fattispecie in virtù della quale il legittimato è già titolare del diritto che intende dismettere. Il rifiuto, invece, impedisce a colui che lo pone in essere, l’acquisto di un determinato diritto. Si tratta di una omissio adquirendi e che quindi prescinde dalla titolarità del diritto.91

La figura più importante è sicuramente la remissione del debito, con la quale nella maggior parte dei casi, si intende raggiungere il medesimo scopo della donazione e che secondo una parte di dottrina 92consiste sempre, appunto, in una donazione.

Diversamente93 è stato sostenuto che non si tratta di donazione poiché l’effetto liberale sarebbe indipendente dalla volontà del

89A. Torrente , Le donazioni, cit., pag. 15; G. Balbi, Liberalità e Donazione,

cit., pag. 107 ss.; U.Carnevali., Le donazioni, cit., pag.448.

90 F.Santoro- Passarelli, Dottrine generali del diritto civile,XI ed.,

Napoli,1973,pag.218 e ss.

91 In tal senso tra gli altri F. Santoro- Passarelli, Dottrine generali del diritto

civile, cit.; F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, IX ed., Napoli, 2004; E.

Betti, Teoria generale del negozio giuridico,II ed., Torino, 1955 e Ristampa corretta della II edizione, Napoli, 2002.

92U.Breccia, in Tratt. Di Dir.Privato, Milano, Giuffrè, 1991.

93A. Torrente , Le donazioni,cit., pag.36 s., B. Biondi, voce: Donazione

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remittente,tuttavia questi può decidere di rimettere per scopi ben diversi da quello liberale (per esempio, ragioni fiscali).

L’idea che le liberalità non negoziali siano nient’altro che negozi indiretti, la cui ricostruzione fa riferimento non tanto al completamento dell’effetto legale quanto invece al negozio tacito o espresso di rinuncia, rimanda all’idea che le liberalità diverse dalla donazione rientrino nell’ambito o si identifichino maggiormente con i negozi indiretti.

Riprendendo la teoria che si è ritenuta preferibile in ordine alle teorie ricostruttive del negozio indiretto, in particolare con riferimento al collegamento di un negozio base con un accordo integrativo volto a piegare il primo negozio al raggiungimento del risultato ulteriore, alcuni Autori 94 che fanno rientrare le fattispecie considerate

nell’ambito della rinunzia per scopo di liberalità, considerano quest’ultima come l’esempio più limpido di negozio indiretto.

In tal modo la problematica delle liberalità non negoziali finisce con l’identificarsi con l’argomento delle liberalità indirette di cui all’art 809c.c, proprio perché è comunemente condiviso che i confini di questa norma siano molto più ampi di quelli che la dottrina ha tradizionalmente tracciato 95.

94A.Torrente, Le donazioni, cit., pag 15 e ss. 95 B.Biondi, op., ult., cit., pag 1011e ss.

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Capitolo Secondo

Le donazioni indirette alla luce degli ultimi interventi

giurisprudenziali