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Nella Sentenza n. 5068 del 2016, il Supremo Collegio affronta anche un secondo problema, relativo alla possibilità che la donazione, sebbene nulla, possa costituire titolo idoneo ai fini del trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale. Tutti i precedenti giurisprudenziali citati in questa pronuncia, hanno rivisitato i due temi “classici” della circolazione collegata ad atti di donazione: il problema della nullità della donazione di cosa altrui, di cui abbiamo già ampiamente discusso, e quello della sua idoneità a costituire titolo

262Per tutti Cillo, D’Amato, Tavani, Dei singoli contratti, Milano, 2005,

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idoneo ai fini dell’applicazione degli artt. 1153 e 1159 c.c. In realtà è proprio in ragione di quest’ultima questione, la principale, ossia l’idoneità della donazione a non domino ai fini dell’usucapione abbreviata, più volte oggetto di pronunce di legittimità, che si è giunti fino alle Sezioni Unite.

Come noto, l’istituto giuridico dell’usucapione, è disciplinato dagli art. 1158 e ss. C.c., quale modo di acquisto a titolo originario del diritto di proprietà, a seguito del possesso continuato per venti anni dei detti beni. In particolare, l’art. 1159 c.c., che disciplina l’usucapione abbreviata decennale, opera qualora sussistano le seguenti condizioni: acquisto a non domino in buona fede, titolo astrattamente idoneo al trasferimento del diritto di proprietà, e la trascrizione di detto titolo. A questo punto, dovremmo concludere che se si accetta la tesi della nullità del negozio della donazione di cosa altrui, detto titolo non sarebbe “astrattamente idoneo” al trasferimento della proprietà e dunque non opererebbe alcuna usucapione abbreviata. Mentre se si segue la teoria della validità ed inefficacia del negozio donativo, si avrebbe l’usucapione. Tuttavia, a seguito dei numerosi interventi delle Sezioni Unite, si è pervenuti ad una differente soluzione.

Giova a tal punto sottolineare che, in linea di principio, la giurisprudenza afferma che l’atto nullo non possa costituire titolo idoneo ai fini dell’usucapione abbreviata.264 Tra i precedenti orientati

in tal senso si pensi ad una Sentenza del 1985, la quale stabilisce che “ai fini dell’usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c., non costituisce

264 Cass., 8 giugno 1982, n. 3466, ove si legge che: “titolo idoneo al

trasferimento della proprietà, al fine dell’usucapione decennale prevista dall’art. 1159 c.c., è l’atto annullabile, in quanto operante fino a quando non venga annullato, ma non l’atto nullo, perché il vizio di nullità, rilevabile da chiunque vi abbia interesse, investe la giuridica esistenza dell’atto medesimo”.

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titolo astrattamente idoneo al trasferimento, la donazione di un bene altrui, attesa l’invalidità a norma dell’art. 771 c.c. di tale negozio”.265

Successivamente, con la ricordata Sentenza n. 1596/2001, la Cassazione statuisce che la donazione di cosa altrui non è nulla ma semplicemente inefficace, e aggiunge che pur essendo tale, è tuttavia idonea ai fini di cui all’art. 1159 c.c., in quanto il requisito dell’esistenza di un titolo, va inteso nel senso che questo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto, e non in concreto, a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare. Dunque, se le parti non sono consapevoli dell’altruità della res donata, in quanto in buona fede, e vi è stata trascrizione del titolo, la donazione di beni altrui esistenti in rerum natura, essendo solo inefficace e non nulla ex art. 771 c.c., rappresenta titolo astrattamente idoneo ai fini dell’usucapione abbreviata.

Anche in dottrina si sono registrate opinioni discordanti266: una parte della dottrina infatti ritiene che la donazione di cosa altrui, in quanto nulla, non costituisce titolo idoneo ai fini dell’usucapione abbreviata. Tale opinione è stata sostenuta in particolare da Luigi Mengoni, il quale escludeva l’idoneità del titolo in esame sulla base della duplice premessa della nullità della donazione di cosa altrui e della necessità che il titolo di cui agli artt. 1153 e 1159 c.c. sia un titolo immune da vizi che lo rendano nullo. Più nello specifico, l’Autore riteneva che :”se di regola la qualità di non dominus dell’alienante non esclude l’idoneità, in quanto da luogo ad una semplice inefficacia, vi sono alcune ipotesi eccezionali, in cui, in forza di una norma imperativa, la

265Cass., 20 dicembre 1985, n. 6544.

266Da tenere presente che la dottrina italiana tende a trattare congiuntamente il

titolo idoneo richiesto ai fini dell’acquisto dei beni mobili ex art. 1153 c.c., e il titolo idoneo richiesto ai fini dell’usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c., con considerazioni che si estendono indifferentemente ad entrambe le norme.

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titolarità del diritto in capite auctoris assurge a requisito di validità dell’atto di disposizione, e quindi il relativo difetto si traduce in nullità assoluta del negozio, e dà luogo cioè ad un titolo inidoneo”.267 In tale

ipotesi rientrava appunto la donazione di cosa altrui, e la nullità di questa priverebbe il titolo dell’idoneità richiesta, in quanto questo deve essere idoneo in concreto e non in astratto.

Per l’Autore citato, e per altri del suo stesso avviso,268 la nullità

dell’atto di donazione di un bene altrui travolge il titolo rendendolo inidoneo ai fini dell’usucapione abbreviata.

La dottrina prevalente, al contrario, riconosce valore di giusto titolo, per l’usucapione abbreviata, alla donazione di bene altrui. A tale soluzione ha aderito anche lo stesso Mengoni, mutando opinione in una fase successiva della sua riflessione, affermando che il titolo deve essere astrattamente idoneo, da valutarsi pertanto in sé stesso, astraendosi dal difetto di legittimazione dell’alienante, che impedisce in concreto l’efficacia del negozio sotto il profilo dispositivo.269

Anche altri autori avallano questa tesi, ritenendo la donazione di cosa altrui invalida per difetto di legittimazione del donante in quanto compiuta da chi non è titolare del bene, titolo idoneo ai fini dell’usucapione abbreviata.270

267L.Mengoni, L’acquisto “a non domino”, Milano, 1949, pag. 197 e ss. 268Montel, Il possesso, in Tratt. Dir. Civ., a cura di Vassalli, Torino, 1962;

A.Torrente, La donazione, in Tratt. Dir. Civ e comm, a cura di Cicu Messineo, Milano, 1956.

269L.Mengoni, op., ult., cit., pag. 183 e ss.

270Sacco-Caterina, Il possesso, in Tratt. Cir. Civ e comm diretto da Cicu-

Messineo, continuato Da Mengoni, Milano, 2000; Carnevali, le donazioni, in

Tratt. Dir. Priv a cura di P.Rescigno, il quale sostiene che si debbano tenere

distinti i rapporti tra donante-donatario e donatario e terzo titolare del diritto sul bene donato. Con riguardo a quest’ultimo profilo, la donazione di cosa altrui non è diversa da ogni altra fattispecie di acquisto a non domino. È vero che la nullità del titolo impedisce l’acquisto ex art. 1153 c.c., ma la nullità non deve dipendere soltanto dalla carenza di titolarità dell’alienante. La conclusione è quindi che la donazione di cosa altrui è titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà ex art. 1153 c.c.

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Continuando ad analizzare le pronunce giurisprudenziali, è da tener presente la già citata Sentenza della Cassazione, n. 10356 del 2009, che per la prima volta tratta separatamente la questione della sorte della donazione dispositiva di beni altrui e quella della sua idoneità o meno ai fini dell’usucapione decennale, facendo prescindere la soluzione dell’una da quella dell’altra.

La Suprema Corte in questo caso si pone in continuità con la sua Sentenza del 2001, ritenendo il titolo idoneo ai fini dell’usucapione abbreviata, ma se ne discosta sotto il profilo della motivazione, giacchè quest’ultima pronuncia aveva affermato l’idoneità del titolo sulla base della declaratoria di mera inefficacia della donazione di cosa aliena. Nel 2009 la Cassazione giunge invece, come già ricordato, a confermare la prevalente tesi della nullità della donazione di cosa altrui posto che il divieto ex art. 771 c.c. comprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a far parte del patrimonio del donante. Ritiene inoltre che l’invalidità attenga al difetto di legittimazione del titolare del bene, e che pertanto la donazione in questione sia titolo idoneo all’usucapione decennale. Ciò che conta, ai fini dell’art. 1159 c.c., è che l’acquisto del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante fosse stato titolare del bene. Questa Sentenza ha mostrato di voler favorire la posizione del donatario che ha conseguito il possesso del bene, ancorandosi a posizioni dottrinali che sostengono che la privazione improvvisa del possesso provochi al possessore un danno che va al di là della cosa, perché comprende tutto un insieme di interessi, aspettative, decisioni, facenti parte del contesto organizzativo in cui si inserisce.

Lo stesso orientamento è stato assunto con la Sentenza della Corte di Cassazione n. 12782 del 2013, la quale statuisce che la donazione di cosa altrui, sebbene non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla stregua dell’art. 771 c.c., per la stessa motivazione riportata dal precedente del 2009. Nonostante ciò, la pronuncia in questione

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ribadisce che la donazione è idonea a determinare in concreto il trasferimento del diritto reale, costituendo titolo idoneo affinché operi l’usucapione.

Infine, la Sentenza della SS.UU del 2016, con riferimento alla questione trattata in questo paragrafo, ritiene che la donazione meramente obbligatoria di cosa altrui, proprio perché priva di effetti reali, non può essere ritenuta idonea a tale scopo, anche alla luce del fatto che il relativo atto non sarebbe neppure suscettibile di trascrizione. La donazione obbligatoria infatti, sebbene debba essere effettuata mediante atto pubblico ex art. 782 c.c., non comporta la trascrivibilità del relativo atto, essendo questo chiaramente improduttivo di effetti reali e pertanto incapace di trasferire la proprietà. Diversamente, qualora si trattasse di donazione ad effetti reali nulla per ignoranza sull’altruità della res, il negozio, sebbene nullo, costituirebbe paradossalmente titolo idoneo a far operare l’usucapione abbreviata, in quanto la donazione, qualora il donante fosse stato proprietario del bene, avrebbe prodotto il trasferimento del relativo diritto.

Tale circostanza, seppur oggetto di ulteriore dibattito dottrinale, determinerebbe l’operatività dell’art. 1422 c.c., il quale, sancita l’imprescrittibilità dell’azione di nullità, fa comunque salvi gli effetti dell’avvenuta usucapione sul bene oggetto del contratto.

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Capitolo Quarto

Donazione indiretta di cosa futura o altrui

1. Premesse

Nel secondo capitolo di questo elaborato, si sono esposte le principali problematiche inerenti le liberalità non donative, ossia gli atti diversi dalla donazione tipica ex art. 769 c.c., con cui le parti perseguono un fine liberale.271

Senza ripetere le già esposte teorie in merito all’inquadramento di tali tipologie donative, mi limito a ricordare che si tratta di fattispecie in cui il donante ottiene il risultato proprio del contratto di donazione in modo “indiretto”, ossia ponendo in essere un negozio che ha una sua causa tipica, diversa da quella della donazione diretta, ma che in concreto produce un vantaggio patrimoniale a favore del beneficiario senza conseguimento di utilità “patrimonialmente” valutabili a favore del disponente.

È lo stesso legislatore che all’art. 809 c.c., laddove parla di “atti diversi da quelli previsti dall’art.769 c.c.”, ammette che il risultato tipico del contratto di donazione possa essere raggiunto dalle parti anche con atti diversi, ai quali, sempre ai sensi della norma in questione, si applicheranno solo alcune delle norme che disciplinano la donazione ex art.769 c.c.

Le cd. donazioni indirette, ossia la categoria più importante delle liberalità non donative, sono gli atti che producono gli effetti economici propri della donazione, pur non essendo donazioni sotto

271Si ricordi quanto detto in merito alla terminologia utilizzata per descrivere

queste fattispecie: donazioni indirette, per chi le riconduce alla tanto chiacchierata categoria del negozio indiretto; liberalità atipiche, per chi sostiene che l’unica liberalità tipizzata nel nostro ordinamento sia il contratto di donazione.

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l’aspetto tecnico giuridico e, soprattutto, formale. Con tale terminologia si allude ad un’infinità di condotte eterogenee272 poste in

essere con la finalità di raggiungere gli stessi effetti (economici) del contratto di donazione e che peraltro, come già esposto, possono includere oltre ai negozi giuridici, anche atti materiali.273

Per esempio, il pagamento del debito altrui, il contratto a favore di terzo, l’accollo del debito altrui e la vendita a prezzo irrisorio274. Atti che possono raggiungere anche (non necessariamente) il risultato di arricchire una persona senza stipulare un vero e proprio contratto di donazione.

Il legislatore nomina a queste tipologie donative solo negli artt. 809 e 737 c.c., lasciando molti dubbi circa quali delle restanti norme (oltre a quelle richiamate negli articoli sopra citati), dettate in materia di donazioni tipica, vi si possano applicare.

È ormai pacifica la mancata estensione dell’art 782 c.c., che impone l’obbligo della forma solenne per la donazione tipica alle donazioni indirette, proprio perché queste, realizzando l’effetto liberale per il tramite di un negozio tipico, dotato di una propria causa, non necessitano la “tutela” che assiste la donazione mediante l’obbligo di forma.275

272Da cui discende, pertanto, l’impossibilità di circoscriverle all’interno di

una categoria unitaria, se non in chiave negativa, ricomprendendo nel genus delle liberalità non donative, tutte quelle attribuzioni liberali diverse dalla donazione codicistica.

273G. Amadio, La nozione di liberalità non donativa nel codice civile, in

Liberalità non donative e attività notarile. I quaderni della fondazione italiana per il Notariato, 2008, pag. 18 ss.

274 Per un elenco soddisfacente di donazioni indirette in sintesi, si veda:

Cass., n. 18725 del 2017. Per una rassegna delle diverse fattispecie con le quali può concretamente atteggiarsi il fenomeno delle donazioni indirette, si vedano: U.Carnevali, Le Donazioni, in Trattato di Diritto Privato diretto da

Pietro Rescigno, II, Torino, 1982, pag. 446 e ss; A.A.Carrabba, Donazioni, in Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato diretto da

Pietro Perlingieri, Napoli, 2009, pag. 771 e ss.

275 G.Gorla, Il contratto. Problemi fondamentali trattati col metodo

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Tra le norme relative alla donazione tipica, è ampiamente dibattuto se l’art. 771 c.c., sul divieto di donazione di beni futuri o altrui (come riaffermato dalla recente giurisprudenza)276, si applichi anche alle donazioni indirette, soprattutto alla luce di alcuni interventi giurisprudenziali in materia.

La discussione non riguarda solo le donazioni indirette aventi ad oggetto beni futuri, come la permuta a favore di terzo, di “cosa presente con cosa futura”, o l’acquisto di un bene futuro a favore di terzo, ma anche il fenomeno dell’intestazione di bene a nome altrui. Con riguardo a quest’ultima fattispecie si è posto il problema che a lungo ha tormentato la dottrina, ossia l’individuazione certa dell’oggetto della donazione indiretta: il denaro impiegato dal donante o l’immobile acquistato usando quest’ultimo.

È evidente che, per poter comprendere se l’art. 771 c.c. si applichi o meno anche alle donazioni indirette, si legano tra loro diverse questioni: a) la ratio dell’art 771 c.c.; b) la natura eccezionale del divieto ivi contenuto; c) l’interpretazione estensiva o restrittiva dell’art. 809 c.c.; d) l’oggetto delle donazioni indirette.

La dottrina si divide tra coloro che ritengono l’art. 771 c.c. appartenente alle cd. norme materiali, ossia quelle relative alla

276Cass., Sez. II, 20 dicembre 1985, n.6544 secondo la quale la donazione di

un bene altrui, non esistente nel patrimonio del donante al tempo della donazione, è nulla ex art. 771 c.c., e in quanto tale non genera a carico del disponente non dominus alcun obbligo di procurare l’acquisto al donatario, come invece accade nella vendita di cosa altrui; Cass., Sez. I, 18 dicembre 1996, n. 11311; Cass., Sez II, 5 maggio 2009, n. 10356; Cass., 15 marzo 2016, n. 5068. In dottrina invece, l’equiparazione di bene futuro e bene altrui era sempre stata sostenuta, si veda: G.Bonilini, L’oggetto della donazione, in

Trattato di diritto delle successioni e donazioni, Milano, 2009, pag. 444;

A.Palazzo, I singoli contratti, 2, Atti gratuiti e donazioni, Torino, 2000, pag. 343, e L. Cariota-Ferrara, I negozi sul patrimonio altrui, Padova, 1936, pag. 375 e ss; F.Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, IV, pag. 17, secondo il quale, nel silenzio della legge, al divieto di donazione di beni futuri deve essere riconnesso quello di cosa altrui, in quanto, come per la donazione di cosa futura, mancano, nella donazione di cosa altrui, i caratteri dell’attualità e irrevocabilità.

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sostanza, come le disposizioni in materia di collazione, e quindi sono a favore di un’applicazione estensiva dell’art. 809 c.c.,277 e chi al

contrario assegna a quest’ultima norma il carattere di norma di stretta interpretazione, ritenendo che alle donazioni indirette si applichino solo le disposizioni ivi espressamente richiamate.278

Quest’ultima impostazione si basa sull’assunto che lo spirito di liberalità può costituire un potenziale pregiudizio per il donante stesso o per i terzi e, mentre nei riguardi del donante è predisposta una tutela di natura preventiva per proteggerlo dall’inesperienza e dal rischio di prodigalità, tale tutela non potrà estendersi ad ogni negozio dal quale possa derivare indirettamente una donazione, se non sopprimendo o limitando eccessivamente l’autonomia privata.279