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Art 8 CEDU: La tutela della vita familiare in relazione alla

CAPITOLO II : ADOZIONE E OMOGENITORIALITÀ: LA

13. Accenni di tutela multilivello dei diritti fondamentali: il ruolo

14.1 Art 8 CEDU: La tutela della vita familiare in relazione alla

Una volta chiarito il contesto nel quale ci muoviamo, risulta ora opportuno valutare in modo più approfondito quelle disposizioni convenzionali applicabili nel campo di nostro interesse.

Il nostro punto di partenza è l’art. 8, che prevede il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Nel tempo, si è registrato un cambio di rotta nell’interpretazione data dalla Corte Edu a tale disposizione in relazione al riconoscimento dell’esistenza di una vita familiare anche

Così CONTI che sostiene che in tal modo si riduce la tutela effettiva dei

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diritti fondamentali garantita in astratto dall’adesione alla Convenzione ( art. 53 CEDU sulla massimizzazione delle tutele). Egli aggiunge inoltre che, essendo la Convenzione un trattato internazionale reso esecutivo con legge dello Stato, è per ciò stesso vincolante, a prescindere dal consolidamento o meno della giurisprudenza della Corte Edu. Per di più, l’art. 101 Cost. impone al giudice comune la soggezione solo alla legge, essendo dunque preclusa alla Consulta la possibilità di predeterminare il percorso argomentativo dello stesso. Infine, l’Autore ricorda la recente affermazione della Corte Cass. Sez. Un. Penale, sent. n. 27620/16, per cui “I principi

contenuti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, come viventi nella giurisprudenza consolidata della Corte Edu, pur non traducendosi in norme di diretta applicabilità nell’ordinamento nazionale, costituiscono criteri di interpretazione ai quali il giudice nazionale è tenuto a ispirarsi nell’applicazione delle norme interne”.

nel caso delle coppie omosessuali . Una prima forma di protezione in 261

loro favore si ha nel 2003, con la sentenza Karner, grazie alla quale i rapporti same sex vengono ricondotti, appunto, all’art. 8 CEDU e alla tutela della vita privata, con un conseguente divieto di interferenze statali con fini discriminatori. In tale contesto, l’unico possibile riferimento alla vita familiare si ha nell’ipotesi di filiazione naturale, come nel caso Salgueiro da Silva Mouta c. Portogallo del 1999, dove si afferma la prevalenza del legame biologico su qualsiasi tentativo di far prevalere strutture sociali e normative tradizionali . Inoltre, qui la 262

Corte afferma la violazione dell’art. 8 in combinato con l’art. 14 CEDU, riconoscendo una discriminazione da parte della Corte d’Appello di Lisbona “exlusively on the ground of sexual orientation”. Tale trattamento risulta discriminatorio poiché non persegue un fine legittimo, né sembra esserci alcuna proporzionalità tra i mezzi utilizzati e l’obiettivo proposto. In seguito a tale sentenza, almeno nel rapporto verticale tra padre e figlio l’orientamento sessuale non osta al riconoscimento dello status familiare . 263

La Corte rivoluziona il proprio orientamento con la sentenza Schalk e

Kopf c. Austria del 2010, con la quale riconduce anche le coppie di

fatto omosessuali nella nozione di vita familiare e riconosce l’equivalenza sostanziale dei legami personali tra persone same sex ed eterosessuali. Eppure, l’attenzione si sposta in questo caso sull’art. 12 CEDU, ossia sul diritto al matrimonio, interpretato dalla Corte come un istituto fondato sull’unione tra uomo e donna, riservando al legislatore nazionale ampio margine di apprezzamento nella regolamentazione delle unioni omosessuali. Ne consegue che, pur affermando di dover ricondurre anche le coppie omosessuali all’interno

All’inizio veniva tutelato solo il diritto individuale alla tutela della vita

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privata all’interno della coppia, la nozione di vita familiare essendo riservata alle relazioni giuridicamente istituzionalizzate o ai legami biologici. Al contrario, dagli anni novanta la Corte comincia a riconoscere l’effettività dei legami personali, equiparando le relazioni di fatto tra persone di sesso opposto alle famiglie legittime.

WINKLER, M., Le famiglie omogenitoriali all’esame della Corte di

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Strasburgo: il caso della second-parent adoption, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2013, Parte prima, 519 e ss.

Ivi, DOTHY, K. A. (2009), 125. Si rimanda al seguito del paragrafo per

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della nozione di vita familiare ex art. 8, non sussiste alcuna illegittima discriminazione fondata sull’orientamento sessuale - in virtù del combinato disposto degli artt. 8 e 14 CEDU - nell’escludere tali coppie dall’accesso al matrimonio . 264

Si prospetta così una crescente divaricazione tra vita familiare e matrimonio, che si consolida in particolare grazie alla sentenza Oliari

c. Italia del 2015, con la quale si rileva come si sia raggiunto ormai un

consenso sufficiente per affermare un’obbligazione positiva a carico degli Stati di introdurre una disciplina per regolamentare le unioni omosessuali con caratteristiche simili al matrimonio, senza necessariamente coincidere con quest’ultimo . 265

Completa il quadro la sentenza Pajić c. Croazia del 2016, che include nella nozione di vita familiare ex art. 8 CEDU qualsiasi stabile relazione che si fondi su ragioni di carattere affettivo; tale relazione può essere organizzata nel modo che le parti ritengano più adatto alle loro personalità ed esigenze . 266

14.2 (Segue) La tutela della vita familiare in relazione ai figli.

Ai fini del presente lavoro è importante analizzare la nozione di vita familiare in presenza di figli. In particolare, si fa riferimento a quella

In anni recenti, anche a seguito del riconoscimento giuridico delle unioni

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omosessuali da parte di singoli Stati membri, è iniziato un cambiamento della nozione di vita familiare. Con la sentenza Vallianatos c. Grecia del 2013, ad es., la Corte ha riconosciuto che vi è vita familiare anche se manca la convivenza per motivi sociali o lavorativi, purché si tratti di un rapporto di intimità familiare con carattere di stabilità, indipendentemente dall’orientamento sessuale.

L’orientamento generale della Corte sembra dunque capovolgersi rispetto

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al caso del 2010, poiché si intende ora che la vita familiare prescinde dal matrimonio e merita una protezione in quanto tale, così da escludere discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale. Secondo la Corte il consenso crescente manifestato su questo tema dagli Stati implica il progressivo restringersi del margine di apprezzamento lasciato agli stessi. Così LENTI, L., Prime note in margine al caso Oliari c. Italia, in La nuova

giurisprudenza civile commentata, 2015, Parte seconda, 575 e ss.

MARINO, S., Il carattere evolutivo della nozione di vita familiare ai sensi

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dell’art. 8 CEDU: alcune osservazioni a margine della sentenza Pajić della Corte europea dei diritti umani, in GenIUS, 2016, 1, 125 e ss.

Disponibile presso: http://www.articolo29.it/wp-content/uploads/2017/03/ genius-2016-02.pdf. URL consultato il 31 Maggio 2017.

dottrina che sostiene che la Corte abbia ricondotto nell’alveo della tutela della vita privata (art. 8, comma 1 CEDU) il rispetto dell’identità personale del figlio, biologico o adottivo - intesa come diritto al riconoscimento dello stato giuridico di figlio attribuito in un altro Stato - ma anche la necessità di considerare le specificità del caso 267

concreto al fine di proteggere l’identità acquisita dal minore nell’ambito familiare e sociale. Il secondo comma, invece, riguarderebbe il rapporto verticale che si instaura tra genitori e figli, prevedendo che lo Stato non debba interferire nel normale svolgimento della vita dei soggetti tutelati, ma debba piuttosto porre in essere tutti gli interventi di sostegno necessari per creare le condizioni legali che garantiscano l’armonico svolgimento della vita familiare.

L’art. 8 viene spesso considerato dalla giurisprudenza in connessione con l’art. 14, rilevante ai fini del divieto di discriminazione in base all’orientamento sessuale, poiché la coppia same sex è ormai ritenuta degna di formare una famiglia quanto quella eterosessuale, per di più in presenza di figli . 268

Tuttavia, il principio maggiormente applicato in questo campo è quello del best interest of the child, anche se la CEDU non dedica espressamente un articolo alla protezione dei minori. Esso sembra piuttosto trovare fondamento nell’interpretazione giurisprudenziale della Corte, la quale vi fa riferimento la prima volta con la sentenza

Marckx del 1979, riconoscendo come il combinato disposto degli artt.

8 e 14 CEDU imponga di eliminare ogni residua differenza tra figli nati all’interno e figli nati fuori dal matrimonio nei rapporti personali, patrimoniali e successori con i genitori e con i parenti di questi . In 269

seguito a tale sentenza, il preminente interesse del minore viene

Si vedano a riguardo le sentenze Mennesson c. Francia e Labassée c.

267

Francia del 2014, relative a casi di ricorso alla PMA eterologa e maternità

surrogata in un Paese estero. Ivi, LENTI, L. (2016), 1709 e ss.

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I minori vengono considerati da questo momento veri e propri titolari di

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diritti fondamentali azionabili e il best interest comincia a farsi strada prevalentemente grazie a due principi interpretativi: quello secondo cui il testo della Convenzione deve essere interpretato in senso evolutivo; e quello che impone di rendere effettivi i diritti convenzionali, configurando degli obblighi positivi, accanto a quelli negativi originariamente previsti, in capo ai poteri pubblici.

enunciato con forza, non solo dalla Convenzione Onu del 1989, ma anche, successivamente, dalla Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori, in vigore dal 2000, oltre che dalla Carta europea dei diritti fondamentali dello stesso anno, alle quali la Corte di Strasburgo reputa opportuno adeguarsi nelle successive pronunce.

La collocazione dell’interesse del minore è alquanto ambivalente nella giurisprudenza di Strasburgo: a volte esso funge da mero limite al diritto degli adulti in funzione della protezione di un soggetto debole; altre, invece, si pone come corollario dei diritti convenzionali del minore, attraverso il quale si opera un bilanciamento con altri diritti, tanto del minore, quanto degli adulti . Tale attitudine della Corte ha 270

fatto parlare dell’utilizzo del best interest quale “formula magica” , 271 poiché consentirebbe alla Corte di risolvere il singolo caso concreto evitando di motivare adeguatamente la propria decisione . 272

Per tale motivo, preme in tale sede osservare se effettivamente il principio del best interest of the child aggiunga qualcosa alla tutela dei diritti fondamentali dei minori, oltre a quanto garantito dal testo della Convenzione e dalla giurisprudenza della Corte Edu. L’impressione che si ricava dall’esame della giurisprudenza di Strasburgo sul tema è che di fatto tale criterio sembra non influenzare le singole decisioni prese dalla Corte, le quali dipendono piuttosto da un bilanciamento tra diritti fondamentali di adulti e minori coinvolti. Ne deriva il sospetto che l’uso del principio sia spesso retorico, meramente teso a rendere più convincente la soluzione proposta ; a volte, anzi, esso sembra 273

Per un approfondimento sull’evoluzione del principio del best interest of

270

the child e sulle modalità di applicazione da parte della Corte Edu si rimanda

a LAMARQUE, E., Prima i bambini. Il principio dei best interesse of the

child nella prospettiva costituzionale, Milano, 2016.

Ivi, 100.

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Viene rilevato infatti che nella maggior parte delle sentenze essa dichiara

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di operare un bilanciamento tra tale principio ed i diritti ed interessi degli altri soggetti coinvolti; tuttavia, non è mai chiaro il peso che viene affidato all’interesse del minore all’interno di una simile valutazione. Per un approfondimento sul punto si rimanda a LAMARQUE, E. op.cit., 102 - 103

In effetti, soltanto in alcune sentenze tale principio assume un ruolo

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autonomo, nello specifico quando serve ad indicare le possibili modalità di azione dei pubblici poteri che la Corte non approverebbe se non fosse coinvolto un minore.

essere utilizzato per celare un bilanciamento che tutela maggiormente l’adulto che non il minore. Sul punto, si noti che l’art. 8 CEDU riconosce il diritto ad un rapporto, il quale non può che essere reciproco, spettando la tutela sia al minore sia all’adulto. Il rischio, dunque, è che invece di tutelare effettivamente l’interesse del minore, si tuteli piuttosto quello degli adulti ricorrenti attraverso il richiamo ad un principio che, preso singolarmente, non pare assumere un preciso significato . 274

Tuttavia, è importante non confondere tale principio generico, di stampo anglosassone, con il preminente interesse del minore di stampo italiano, che trova invece delle profonde radici nel nostro ordinamento,

in primis nella Carta Costituzionale, oltre che nei codici ed in

numerose leggi sia civili che penali . Ne consegue che l’applicazione 275

di tale criterio da parte dei nostri giudici presenta delle basi estremamente solide, derivanti anche dall’obbligo di motivazione ex art. 111 Cost., il quale stabilisce che “tutti i provvedimenti

giurisdizionali devono essere motivati”.

Data questa importante premessa, occorre ora analizzare la giurisprudenza della Corte Edu con le cautele necessarie.

15. La giurisprudenza della Corte di Strasburgo in tema di adozione.