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La circolazione dell’azienda: l’affitto en do-fallimentare.

64 Cass.,7 febbraio 2003,n.1832.

2.2. La circolazione dell’azienda: l’affitto en do-fallimentare.

Ulteriore forma di circolazione dell’azienda nelle more della procedura liquidatoria, nonché prodromica alla tipica forma della cessione d’azienda, è il c.d. affitto endo-fallimentare, ex art 104 bis, l. fall. . A mente della disposizione citata, il curato- re, previo parere favorevole del comitato dei creditori, può es- sere autorizzato dal giudice delegato, ad affittare l’azienda del fallito a terzi anche limitatamente a specifici rami << quando

appaia utile al fine della più proficua vendita della azienda o di parti di essa >>. Orbene tanto il contratto di affitto penden-

te, quanto l’affitto endo- fallimentare sono assimilabili sotto il profilo <<conservativo>>72 del complesso aziendale. In realtà

l’affitto endo- fallimentare avrebbe dovuto essere considerato una forma particolare di esercizio provvisorio, essendo entrambi strumenti di realizzo, conservativi del patrimonio, propedeutici alla liquidazione e di carattere temporaneo. Con l’esercizio provvisorio la procedura concorsuale assume tutti i rischi deri- vanti dallo svolgimento dell’attività di impresa ed è responsabi- le per tutte le obbligazioni assunte dal curatore nel corso della gestione, con l’aggiunta che i debiti sorti successivamente alla dichiarazione di fallimento devono essere soddisfatti con il gra- do della prededuzione. Al contrario nell’ipotesi in cui venga di- sposto l’affitto dell’azienda a favore di terzi, il c.d. rischio di impresa verrà assunto dall’affittuario, il che si traduce in un vantaggio per la curatela in termini di minor alea e responsa- bilità. In secondo luogo, pur essendo entrambi strumenti di ge- stione dell’impresa aventi carattere temporaneo, la cessazione dell’esercizio provvisorio può essere disposta in ogni momento, mentre nell’affitto è necessario tener conto dell’interesse dell’affittuario alla prosecuzione del rapporto. In questo caso,

71 Dimundo, La sorte dei contratti pendenti. Contratti che continuano salva diversa deci-

sione del curatore, Padova, 2007, pag.261 e ss.

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infatti, il curatore dispone quale unica opzione, nell’ipotesi in cui non sia opportuno per la procedura attendere lo spirare del termine pattuito, l’esercizio del diritto di recesso, con la cor- responsione all’affittuario di un giusto indennizzo da corrispon- dere ai sensi dell’art 111, co.1,n.1. l. fall..

Questi istituti non necessariamente dovranno essere disposti in via alternativa tra loro, ben potendo l’azienda, sottoposta ad esercizio provvisorio con la sentenza dichiarativa di fallimento, divenire successivamente oggetto di affitto endo-concorsuale, ov- vero un ramo di essa essere concesso in affitto e la parte re- stante gestita in esercizio provvisorio dal curatore ex art 104, l. fall. .

Dunque, la finalità dell’affitto endo- fallimentare è espressa- mente previsto dal legislatore nell’assicurare <<una più proficua vendita dell’azienda>>. Ne consegue che tale strumento di gestio- ne del patrimonio aziendale non ha una finalità propriamente li- quidativa, bensì mira ad assicurare il recupero e la conservazio- ne delle componenti attive dell’impresa, ma non anche il risana- mento, in guisa da consentire la massimizzazione del prezzo di vendita e quindi una maggiore realizzazione dell’attivo in favore dei creditori. In particolare l’affitto risulta utile quando, es- sendo ancora operativa l’azienda al momento della dichiarazione di fallimento, il curatore intenda procedere con la vendita

dell’intero complesso aziendale e si renda necessario, nelle more della procedura di vendita, di mantenere funzionante l’attività, così da evitare una dispersone dei suoi valori. Rilevante, tra i vari elementi di contenuto del contratto che la legge richiede , è il diritto di recesso in favore del fallimento. La ratio di ta- le previsione è di consentire alla curatela, quale esclusivo pro- tagonista della scelta di perfezionare il contratto de quo in quanto titolare del potere gestorio, in caso di sopravvenuto mu- tamento delle condizioni che hanno inizialmente giustificato il ricorso allo strumento dell’affitto, di sciogliersi anticipata- mente dal vincolo contrattuale, senza attendere la scadenza del termine originariamente convenuto.

Un momento di raccordo tra la disciplina fallimentare ed il di- ritto del lavoro è rinvenibile nell’istituto de quo, ove l’ art 104 bis, co.2, l. fall., prescrive che << la scelta

dell’affittuario è effettuata dal curatore a norma dell’art 107, sulla base di stima ( ovviamente intendendosi la stima

dell’oggetto di affitto: l’azienda), assicurando con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione de- gli interessati. La scelta dell’affittuario deve tener conto, ol- tre che dall’ammontare del canone offerto, delle garanzie presta- te e dell’attendibilità del piano di prosecuzione dell’attività

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imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali. >>

Sorvolando l’analisi di tutti i requisiti che devono concorrere a mente del comma su citato per integrare la fattispecie, è inte- ressante soffermarsi sull’ultimo dei tre criteri di scelta

dell’affittuario, marcatamente ispirato a fini conservativi, seb- bene entro la cornice meramente liquidatoria : l’ <<attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, con particolare riferimento al mantenimento dei livelli occupazionali >>. Questa disposizione formulata sul calco dell’art 63,co.3, d.lgs. n. 270/1999 dedicato alla vendita dell’azienda in eserci- zio nella procedura di amministrazione straordinaria, dispone che <<la scelta dell’acquirente è effettuata tenendo conto, oltre che dell’ammontare del prezzo offerto, dell’affidabilità

dell’offerente e del piano di prosecuzione delle attività indu- striali da questi presentato, anche con riguardo alla garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali >>. Orbene l’attenzione verso la conservazione dei livelli occupazionali è strumentale al mantenimento dell’efficienza dell’impresa, sempre in una prospet- tiva volta a privilegiare le scelte reversibili rispetto a quelle irreversibili. Diverse sono le posizioni della dottrina. Secondo autorevole dottrina, a parità di benefici economici per i credi- tori, la scelta di conservare più rapporti di lavoro, è funziona- le alla tutela del <<bene azienda>>73: l’espresso richiamo alla

tutela dei lavoratori assume un significato di mero rafforzamento delle garanzie in ordine alla prosecuzione dell’impresa. A tal proposito, pare che non sia condivisibile che la scelta

dell’affittuario sia condizionata, oltre gli altri criteri, dalla conservazione dei livelli occupazionali. Qualora si reputasse possibile privilegiare l’offerta che consenta la miglior tutela dell’occupazione, in presenza di un piano industriale accattivan- te e con un canone inferiore rispetto a quello offerto da altri, si verrebbe inevitabilmente a determinare quella ingiustificata e, soprattutto, non consentita incidenza sui relativi diritti soggettivi, attesa la necessità che la liquidazione si realizzi attraverso un’ esecuzione che investe tutti i beni dell’impresa ed incida in modo identico su tutti i creditori, <<salvo le cause legittime di prelazione >>. Altro orientamento, invece, guardando alla finalità propria dell’affitto in termini di strumentalità ad una più proficua, successiva, vendita dell’azienda, ritiene che di fronte ad una pluralità di offerte, il curatore ben potrebbe scegliere quella che, pur offrendo un canone inferiore, prevede una maggior garanzia di mantenimento dei livelli occupazionali,

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V.Annibali, Il trasferimento del ramo di azienda nel fallimento e

nell’amministrazione straordinaria: compatibilità della disciplina italiana con la normativa europea, in Riv.int.dir.lav.,2012,2,345 e ss.

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ovviamente nel limite in cui ciò non procuri un pregiudizio per gli interessi del ceto creditorio74.

A)

(segue: )La <<sorte>> dei rapporti di lavo-

ro.

A questo punto è doveroso accennare, essendo l’affitto endo- fallimentare una forma di circolazione dell’azienda, tale da rientrare nel concetto di <<trasferimento>> ai sensi dell’art 2112 c.c., alla legge n. 428/1990 e, nello specifico all’art 47, co. 5, non escludendo l’eventualità che al momento del perfezio- namento del contratto di affitto, il curatore ritenga di dover individuare del personale <<eccedentario>> ovvero intervenire sull’organizzazione e sui costi del lavoro. È in questa prospet- tiva che rileva l’importanza dell’art 47, co.5, cit. legge, in virtù del quale l’affitto dell’azienda ben potrebbe essere accom- pagnato da un accordo sindacale che può selezionare le risorse da coinvolgere nell’operazione e, comunque, sancire la disapplica- zione dell’art 2112 c.c. per i lavoratori che passano alle dipen- denze dell’affittuario. Quindi sostanzialmente l’affitto perfe- zionato dal curatore può determinare una profonda riorganizzazio- ne del lavoro, per effetto della quale, alcuni dipendenti inizia- no a prestare la loro attività a favore dell’affittuario ed al- tri, invece, restano alle dipendenze della procedura per essere inseriti nel campo di applicazione degli strumenti, anche conser- vativi se ce ne sono i presupposti, deputati alla gestione degli esuberi.

Ulteriore aspetto della disciplina dell’affitto, sommariamente trattato , attiene alla prelazione <<convenzionale>> riconosciuta all’affittuario. Orbene, nella vigenza dell’art. 3, l.n. 223/1991 ( oggi abrogato), il legislatore, e ancor prima della riforma di cui al d.lgs. n. 5/2006 con il quale è stato introdotto l’ art 104 bis, l. fall., il legislatore aveva introdotto una prelazione <<legale>> dell’affittuario ai sensi dell’art 3, co.4, cit. leg- ge, a mente del quale << l’imprenditore che, a titolo di affit- to, abbia assunto la gestione, anche parziale, di aziende appar- tenenti ad imprese assoggettate alle procedure>> concorsuali <<può esercitare il diritto di prelazione nell’acquisto delle me- desime >>.

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A.Gallone-M.Ravinale, L’affitto e la cessione d’azienda nella riforma falli- mentare, pag.59.

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Attualmente si tratta esclusivamente della possibilità, non più automatica per l’affittuario, di introdurre a livello contrattua- le il riconoscimento di tale diritto a favore dell’affittuario. La ratio di detta clausola contrattuale è ravvisabile nella ne- cessità di compensare l’imprenditore degli investimenti da lui apportati nell’impresa in crisi in vista della futura vendita; esso infatti, è un incentivo di carattere sociale, un beneficio convenzionale condizionato alla capacità del contratto di salva- guardare, almeno parzialmente l’occupazione quale interesse co- stituzionalmente tutelato. Ad ogni modo l’eventuale conflitto di interessi dell’affittuario sulla determinazione del prezzo di vendita, al cospetto di altri possibili acquirenti, è contrastato mediante la previsione di uno specifico iter per l’esercizio del diritto di prelazione che, quantomeno consente di ridurre la con- venienza dell’affittuario nell’adozione di condotte opportunisti- che. Già la stessa predisposizione della clausola deve essere au- torizzata dal giudice delegato, previo parere obbligatorio e vin- colante se negativo da parte del comitato dei creditori (proce- dendo quest’ultimo ad una valutazione di merito della scelta ne- goziale). E in una fase procedimentale successiva, cioè dopo il perfezionamento del procedimento di aggiudicazione con conseguen- te determinazione del prezzo di vendita, in seguito

all’esecuzione della pubblicità e all’individuazione del miglior offerente nel modo tipico delle vendite coattive. Questo perché, condizione imprescindibile dell’operazione resta la vendita

dell’azienda al miglior prezzo. Quindi determinato il prezzo di

vendita, il curatore procede alla c.d. denuntiatio

all’affittuario, il quale eserciterà il proprio diritto, vinco- landosi all’acquisto75, entro i successivi 5 giorni.

La questione, a questo punto, riguarda l’applicabilità ai lavora- tori passati alle dipendenze dell’affittuario, della disciplina generale della <<solidarietà tra cedente e cessionario per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento>> ex art. 2112 c.c., ovvero del regime derogatorio di cui all’art 47,co.5, l.n. 428/1990. Quest’ultima disposizione introduce una disciplina derogatoria al regime del mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di <<trasferimento>> di azienda sancendo, in caso di trasferimento di aziende in crisi o sottoposte a procedu- ra concorsuale, ricorrendo determinate condizioni ex lege,

l’irresponsabilità dell’ <<affittuario>> per i precedenti debiti maturati. Orbene, l’art 47, co.1, individua previamente le impre- se destinatarie della disciplina in base ad un requisito dimen- sionale: << che occupino complessivamente più di 15 dipendenti >>. Prosegue, poi, condizionando la disapplicazione dell’art 2112 c.c., al perfezionamento di un accordo sindacale che preveda il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione. A ben vedere par-

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te della dottrina, limitatamente alle procedure di informazione e consultazione sindacale, ha ritenuto la <<non possibilità>> di pervenire ad accordi derogatori in tutte le aziende con meno di 15 dipendenti. Tale per cui, in detto contesto, l’unico modo per impedire il prodursi degli effetti, in termini di responsabilità dell’affittuario, è quello di procedere al licenziamento in tempo utile dei lavoratori in esubero da parte della curatela76. Altra,

maggioritaria, dottrina, ritiene invece non decisivo il requisito dimensionale per poter esperire la procedura sindacale: questa costituisce presupposto per giungere alla stipulazione di un ac- cordo derogatorio all’art. 2112 c.c., ai sensi del co. 5, art 47, tale per cui anche gli organi delle procedure concorsuali di im- prese che occupino un numero di dipendenti inferiore a 15, posso- no procedervi, favorendo, in tal modo la circolazione del com- plesso aziendale e soddisfacendo la ratio dell’art 47, cit. leg- ge77. Per cui, raggiunto l’accordo sindacale, vengono meno per i

lavoratori passati alle dipendenze dell’affittuario, le tutele di cui all’art 2112 c.c.: la conservazione dei diritti sino a quel momento acquisiti78; la responsabilità per i crediti vantati dai

lavoratori verso il cedente; il passaggio automatico e senza so- luzione di continuità di tutti i lavoratori, in forza presso l’alienante, alle dipendenze del cessionario. Sotto quest’ultimo profilo, quindi, sarà possibile stipulare un accordo collettivo al fine di limitare il trasferimento dei rapporti di lavoro rite- nuti in esubero, ovvero che preveda la risoluzione dei precedenti rapporti con il cedente e la costituzione di nuovi contratti di lavoro autonomi con il cessionario79, stante la primaria esigenza

di conservazione del posto di lavoro all’interesse alla continui- tà dei singoli rapporti. Al contrario se non viene raggiunto l’accordo sindacale troverà applicazione la disciplina generale di cui all’art 2112 c.c, che in ogni caso è speciale rispetto all’art 2560 c.c..

A questo punto risulta necessario affrontare un’ altra questione: se il requisito della <<mancata continuazione o cessazione

dell’attività di impresa>>, quale requisito di cui all’art 47,co.5, per la disapplicazione del regime di cui all’art 2112 c.c., possa dirsi integrato anche in caso di << affitto endo- fallimentare >>. Due sono gli orientamenti dottrinali che si con- frontano sul punto. Secondo parte della dottrina80, è difficile

accomunare nella medesima disposizione procedure concorsuali di- verse tra loro, subordinandole tutte alla medesima condizione

76 A.Paluchowski, Codice commentato del fallimento, pag.1294. 77 Cosio, Discipline del trasferimento di pazienda, pag.93.

78 Cass.,sez.lav.,23 dicembre 2003,n.16673, in Guida dir.,2004,f.3,47, con nota di Petrucci-Taddei.

79 Cass.,13 novembre 2001, n.14098, in Nuova Giur. It.lav., 2002,113.

80 Lambertucci, Profili ricostruttivi della nuova disciplina in materia di tra- sferimento d’azienda, in Riv.int.dir.lav.,1992,I,200.

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della cessazione o mancata continuazione dell’attività d’impresa. Perciò menzionare anche la procedura di amministrazione straordi- naria unitamente alle altre procedure concorsuali sottenderebbe l’intenzione del legislatore di ricondurre la <<condicio sine qua non >> della cessazione o della mancata continuazione, ai fini del regime derogatorio, esclusivamente all’amministrazione

straordinaria. Tale interpretazione, precedente alla storica sen- tenza di condanna della Corte di Giustizia, 11 giugno 2009, C- 561/07, ha trovato un’ ulteriore conferma nel novellato art 47, co. 4 bis, l.n. 428/1990, che, attribuisce espressamente il re- quisito della <<continuazione o mancata cessazione dell’attività di impresa>> esclusivamente alla procedura di amministrazione straordinaria. Diversa la posizione di un altro orientamento dot- trinale81 nell’ottica di coordinamento con le finalità della legge

fallimentare, dirette, non più al mero scopo liquidatorio, bensì alla conservazione della capacità produttiva dell’impresa, alla continuazione dell’attività aziendale e alla salvaguardia

dell’azienda stessa, in guisa da garantire alla massa una più so- lida garanzia patrimoniale. Pertanto, l’elemento della non conti- nuazione o della cessazione dell’attività dovrebbe riferirsi all’insieme delle procedure concorsuali e non solo

all’amministrazione straordinaria. Ciò significherebbe che laddo- ve venisse stipulato un contratto di affitto endo- fallimentare, costituendo questo, una forma di prosecuzione dell’attività di impresa, non giustificherebbe l’applicazione del regime derogato- rio di cui all’art 47, co.5, cit. legge, trovando, al contrario applicazione l’art 2112 c.c . In realtà tale ultima interpreta- zione, secondo altra parte della dottrina, non pare condivisibile per una serie di ragioni. In caso di affitto di azienda

l’attività non viene proseguita dal curatore stesso, ma ne viene affidata l’esecuzione a terzi, concedendo in godimento l’insieme dei beni aziendali all’affittuario. Al contrario, si potrebbe avere continuazione dell’attività, ove, ad esempio venisse dispo- sto l’esercizio provvisorio e contemporaneamente concesso in af- fitto un ramo d’azienda. Ma ad ogni modo, ineludibile è il fatto che il fallimento sia una procedura liquidatoria che non mira al risanamento dell’impresa bensì alla massima soddisfazione degli interessi della massa. Dunque, nel caso di sottoposizione

dell’azienda a procedure concorsuali di tipo liquidatorio, la mancata continuazione dell’attività è requisito irrilevante82.

L’eventuale continuazione dell’attività in seguito all’apertura della procedura fallimentare, o all’ammissione al concordato con cessione dei beni, risponde all’esigenza di assicurare la conser- vazione del valore del complesso aziendale nella sua integrità in

81 A.Scarano,La sorte dei rapporti di lavoro nell’affitto d’azienda, in Falli- mento e altre procedure concorsuali,Torino,2009, pag 1204 e ss.

82 Romei, Il trasferimento di un’azienda in crisi dinanzi alla corte di giusti- zia delle comunità europee,in Mass.Giur.lav.,1995,498.

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vista di una sua più proficua futura cessione, al fine di realiz- zare le ragioni creditorie83. In tal caso, la prosecuzione

dell’attività non ha una finalità di risanamento dell’impresa, che rappresenta invece il fine proprio dell’amministrazione straordinaria : pertanto, si deve ritenere che solo a

quest’ultima sia riferito il requisito in esame. Tale conclusione trova sostegno nella disciplina europea, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. L’art 5, n.1, Direttiva 2001/23, dispone che << a meno che gli stati membri dispongano diversamente, gli articoli 3 e 4 non si applicano ad alcun tra- sferimento di imprese…nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza ana- loga , aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un’autorità pub- blica competente>>. Quindi, a livello europeo, più che sulla <<cessazione o mancata continuazione dell’attività di impresa>>, l’accento viene posto sulla finalità liquidatoria della procedura cui è sottoposto il cedente. Finalità tipica del fallimento anche laddove venisse disposto l’affitto endo- fallimentare. Quindi, in conclusione, il regime derogatorio di cui all’art 47, co.5, l.n. 428/1990, trova applicazione anche all’affitto endo-fallimentare.

B)

La retrocessione al fallimento dell’azienda

affittata; la sorte dei debiti e dei rapporti