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Marazza-D.Garofalo, Insolvenza del datore di lavoro e tutele del lavoratore, Tori-

zione ermeneutica circa gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento sui rap-

M. Marazza-D.Garofalo, Insolvenza del datore di lavoro e tutele del lavoratore, Tori-

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ulteriormente <<speciali>> che disciplinano alcuni aspetti del rapporto di lavoro proprio nell’ambito delle procedure concorsua- li, e che , proprio per questo, prevalgono sul diritto fallimen- tare. 47

1.1.

<< Effetto sospensivo dei rapporti di lavo-

ro >>: conseguenza dell’ art 72, l. fall, o

applicazione dell’ art 3 l. n. 223/1991 ?

Con la riforma del 2006, il legislatore si discosta dallo schema del d.d.l. della Commissione Trevisanato, e ciò ben si può com- prendere per il fatto che, parallelamente esisteva un corposo complesso normativo il cui oggetto di trattazione era di per se uno strumento di sostegno al reddito del lavoratore in caso di <<sospensione del rapporto di lavoro>> in costanza di assoggetta- mento dell’impresa ad una delle procedure concorsuali. Quindi una regolamentazione ad hoc, dunque speciale. Il riferimento è so- prattutto alla legge 23 luglio 1991, n. 223, e in specie all'art. 3, disciplinante l'intervento straordinario di integrazione sala-

riale (CIGS) per le imprese industriali con più di 15 dipendenti una volta entrate in procedura concorsuale. Grazie a questa norma

il trattamento straordinario di integrazione salariale era con- cesso << nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all'amministrazione straordinaria, qualora la con-

tinuazione dell'attività non [fosse] stata disposta o [fosse] cessata >>. Il trattamento di integrazione salariale era altresì

concesso << nel caso di ammissione al concordato preventivo con- sistente nella cessione dei beni >> (c.d. liquidatorio) . La c.d.

Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria <<concorsuale>> si giu-

stapponeva a quella, già prevista fin dalla l. 5 novembre 1968,

n. 1115 (art. 2), e quindi confluita attraverso la l. 20 maggio 1975, n. 164 (art. 1, n. 2), nell'art. 1 della l. n. 223/91, per

i casi di << ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale e di crisi aziendale di speciale rilevanza >>.

La CIGS concorsuale era peraltro caratterizzata dal carattere della automaticità: bastava cioè allegare le sopravvenute fatti- specie concorsuali, e null’ altro occorreva sottoporre al vaglio

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della p.a. preposta, come invece si esigeva riguardo alle causali dell'art. 1 citato (per accedere ai cui trattamenti bisognava predisporre i dettagliati programmi circa le <<misure>> studiate per fronteggiare la crisi e le conseguenze sociali degli inter- venti aziendali).

Pertanto, intervenuto il fallimento e constatata la mancata auto- rizzazione all’esercizio provvisorio dell’impresa, ai sensi dell’art. 104, l. fall., ( o l’insussistenza dei requisiti per proporne l’avvio), al curatore di un’impresa che, al momento del- la dichiarazione di fallimento, o nei 6 mesi precedenti, avesse occupato mediamente più di 15 dipendenti, ovvero più di 200 nel caso di imprese appartenenti al settore commerciale ( requisito dimensionale, poi, ridotto dalla c.d. riforma Fornero, a << più di 50 dipendenti >> ) non rimaneva altra scelta se non domandare l’intervento del trattamento integrativo salariale straordinario. Secondo una prassi elaborata all’indomani dell’entrata in vigore della l.n. 223/1991 dalla direttiva ministeriale del 28 maggio 1992, n. 68529, per le imprese assoggettate alle procedure con- corsuali di cui all’art 3, cit. legge, e all’amministrazione straordinaria con esercizio di impresa, <<il periodo di integra- zione salariale straordinaria iniziava a decorrere retroattiva- mente dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento>>. Anch'essa << vero e proprio strumento di politica economica>>, come si espressero le Sezioni Unite nel 1987, con sent. n. 5454 riferendosi alle cause integrabili dell'anteriore l. n. 164/75 (inoltre la S.C. affermò che << la giurisprudenza della Corte colloca unitariamente l'istituto della cassa integrazione guada- gni(senza distinzione, quindi, tra intervento ordinario e inter- vento straordinario) nell'ambito del diritto pubblico dell'econo- mia, quale specifico strumento di sostegno del sistema delle im- prese>>) , la CIGS concorsuale rappresentò la risposta dal ver-

sante lavoristico all’inflessibilità del diritto fallimentare delle medie imprese e concorsuale in genere. 48 Con entrambe le

fattispecie considerate dalla l. n. 223/91, concordato con ces- sione dei beni e cessazione dell'attività per fallimento (ma an- che, dal 2002 in via amministrativa e dal 2004 in sede legislati- va, per la crisi aziendale), si metteva <<a carico dell'intera comunità nazionale>>, mediante la fiscalità generale e la relati- va socializzazione delle perdite, <<il sostegno al reddito di chi lavorava in imprese decotte >> 49(allora l'insolvenza era presup-

posto comune sia al fallimento sia al concordato preventivo): ri- spetto alle quali imprese la mancanza di prospettive di ripresa

dell'attività aziendale (o di continuazione temporanea della

48 M.Cinelli, Diritto della previdenza sociale, Torino, 2016, pag 395 ss. 49

P. Menti ,L'inquieta convivenza di diritto del fallimento e del lavoro, l’alibi degli ammortizzatori sociali, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2016, 6, 1248

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stessa attraverso l'esercizio provvisorio) avrebbe altrimenti de- terminato gli organi delle procedure agli immediati licenziamenti collettivi. L'integrazione salariale permetteva di mantenere il

rapporto di lavoro e perciò la retribuzione nonostante la cessa- zione dell'impresa. Licenziamento e messa in mobilità avrebbero potuto verificarsi più tardi, magari all'esito di tutti i 12 mesi di trattamento (più l'eventuale proroga di altri 6, quest'ultima però non era automatica, perché concessa su domanda soggetta ad approvazione amministrativa e corredata da una relazione, appro- vata dal giudice delegato, sulle prospettive di cessione dell'a- zienda o d'un suo ramo e sui riflessi della cessione sull'occupa- zione che almeno in parte, grazie alla cessione, andava salva- guardata, ex art. 3, comma 2° , l. n. 223/91) una volta acclarata

l'impossibilità di riprendere l'esercizio dell'impresa. Vero che

, sia il fallimento sia il concordato con cessione avrebbero po- tuto mettere capo a una ripresa dell'attività presso terzi (af- fittuario o acquirente dell'azienda, ivi compresi i creditori cessionari o loro società subentranti); ma questo apparteneva all'alea esterna all'istituto e perciò ininfluente sull'automati- ca concessione dell'integrazione salariale, che sarebbe comunque spettata.

Al rigore delle procedure concorsuali il mondo del lavoro rispon- deva insomma con una <<misura assistenziale>>50 che temperava, in

parte neutralizzandolo, quel medesimo rigore. Questa misura era del resto anche diretta, oltre allo scopo immediato, al fine ul- teriore di << mantenere insieme le competenze umane organizzate nell'impresa >>: circostanza, questa, fondamentale quando l'a- zienda non è più circoscritta da muri e da macchinari ma è so- prattutto scrigno di know-how e altre risorse c.d. intangibili51.

La misura assistenziale giovava allora sì allo speciale gruppo di creditori che ne erano destinatari, ossia i lavoratori i quali continuavano a percepire una retribuzione che da licenziati non avrebbero avuta, altro essendo l'indennità di disoccupazione; ma finiva anche col giovare, almeno in auspicata ipotesi, all'intero ceto creditorio (lavoratori inclusi, riguardo agli insoluti ante- riori alla procedura) il quale avrebbe beneficiato del surplus di una cessione in blocco anziché atomistica.

Ancora maggiore il beneficio nell'ottica della dottrina e della giurisprudenza già schierate in maggioranza contro la tesi della <<sospensione>> del rapporto di lavoro ex art. 72 l. fall. e fa- vorevoli invece alla <<continuazione automatica>> del rapporto medesimo. Infatti la continuazione avrebbe lasciato attuale l'ob- bligo retributivo, che andando assolto in prededuzione avrebbe leso i creditori concorsuali diversi dai lavoratori dipendenti.

50

P.Menti, opera supra cit.,

51 A. Caiafa, Fresh money e posizione dei lavoratori nel diritto italiano, ne il Fallimentarista, 29 luglio 2014.

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La CIGS sospendeva tale obbligo e perciò giovava anche alle pro- cedure (risultato poi comunque preservato applicando l'art. 72 cit.). Inoltre nel diverso senso che finalizzata alla tutela dell'impresa, mediante <<il risparmio dei costi>>, sarebbe stata piuttosto la CIGS per crisi aziendale (art. 1 l. 223/91), mentre la CIGS concorsuale <<opera[va] come puro ammortizzatore socia- le>> ponendosi pertanto come alternativa alla prima.

Grazie dunque allo strumentario degli ammortizzatori sociali il diritto fallimentare poteva manovrare pressoché indisturbato sul mare della crisi, nonostante che questa andasse innanzitutto a colpire il personale impiegato nelle imprese. Nella relazione tra i due convergenti orizzonti normativi questo è l'aspetto della cosiddetta <<neutralità del fallimento>>52 rispetto al rapporto di

lavoro. In quella precedente fase storica la disciplina lavoristica svol-

geva di fatto un ruolo ancillare rispetto alla disciplina concor- suale. In ultima analisi le norme a tutela dei lavoratori non so- lo non sconvolgevano l'assetto concorsuale ma anzi gli recavano, quando possibile, vantaggio: e ciò proprio con riguardo alla fi-

nalità del concorso ossia la tutela rafforzata del credito. La stessa querelle sulla <<continuazione automatica>> del rappor-

to piuttosto che sulla <<sospensione ex art. 72>> l. fall. finiva col diventare pressoché accademica, dato che in ogni caso la so-

spensione delle obbligazioni principali (prestazione di lavoro e retribuzione) si verificava con l'accesso, automatico, obbligato- rio e a decorrere dalla sentenza dichiarativa, alla CIGS concor- suale, salvo beninteso, che la procedura avesse chiesto il trat-

tamento di integrazione salariale in momento successivo all'avvio della procedura stessa, perché nel frattempo si era ritenuto di continuare l'attività, ad es. con un esercizio provvisorio fina- lizzato a evadere le commesse in corso.

Ad ogni modo però la disciplina lavoristica costituisce un corpus normativo con linee portanti indefettibili, tale che alcune rego- le fallimentari dovettero adattarsi o essere neutralizzate, per- ché la tutela del credito non ha la medesima protezione costitu- zionale che assiste il lavoro. Trattandosi infatti, come si è espressa la Suprema Corte, di << legg[i] (..) dirett[e] ad una finalità (tutela del lavoro) che, per il suo specifico contenuto e per il suo rilievo costituzionale ( artt. 1 e 4 Cost.), prevale sulle pur importanti finalità alle quali è diretta la disciplina del fallimento >>, ne viene che << l'obbligo del curatore di tu- telare gli interessi del fallimento non esclude il suo obbligo di

52

A. Caiafa, Il contratto di lavoro, ne Il nuovo diritto fallimentare, Bologna,

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osservare, pur dall'angolazione del fallimento (creditori e fal-

lito), le procedure previste dalla legge >>53.

Dunque, nell’ ambito degli ammortizzatori sociali il problema era

l'alternativa secca fra <<cessazione dell'attività o meno>>, per-

ché soltanto nel primo caso la l. n. 223/1991 erogava in automa- tico il trattamento d'integrazione salariale mentre in caso di <<continuazione>> bisognava ricorrere alle causali d'intervento,

però <<non automatico>>, dell'art. 1, l. n. 223/1991. D'altra parte con la riforma delle procedure concorsuali del

2006, il concordato preventivo usciva dalla gabbia garan-

zia/cessione, ovvero continuazione/cessazione, che l'aveva fino a quel momento contraddistinto; inoltre il medesimo rinnovato pre- supposto dello stato di crisi permetteva l'avvio anche del nuovo procedimento di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l. fall. a impresa ben corrente. Non il legislatore, tuttavia, ma la stessa p.a. in persona del responsabile della Direzione generale degli ammortizzatori sociali presso il Ministero del lavoro, con due note successive disponeva la concessione della <<CIGS concor- suale anche ai lavoratori di imprese ammesse all'accordo di ri- strutturazione e a tutti quelli di imprese ammesse a concordato preventivo, fosse o no prevista nel piano la cessione dei beni>>; veniva invece negata la CIGS concorsuale ai lavoratori delle im- prese impegnate con un piano attestato di risanamento ex art. 67 l. fall., motivandosi il diniego con la mancanza, in questa fat- tispecie, del concomitante controllo giudiziale a tutela dei cre- ditori. Si avverte in queste determinazioni amministrative il carattere <<ancillare>>, in quella fase storica, del diritto del lavoro ri- spetto al diritto concorsuale. L’ opportunità di provvedere fu considerata così impellente che con circolari si interpretò la norma di legge, l'art. 3 l. n. 223/91, contro il dettato della norma stessa. È vero infatti, come si esprime la nota n.

13876/10, che << l'evoluzione normativa in materia fallimentare (...) riserva uno spazio d'intervento assai più ampio ad ipotesi di concordato preventivo non connotato dalla cessione dei beni; ma è altrettanto vero che la cessione dei beni rimane la prima concreta misura indicata dalla legge per allestire un piano di concordato anche preventivo (art. 160,comma 1° , lett. a, l. fall.; e, art. 124, comma 2° , lett. c, circa il concordato fal- limentare) >>. Non era pertanto questione di rimediare alla scom- parsa di un elemento della normativa concorsuale presupposto dal- la disciplina lavoristica. Piuttosto c'era la probabile consape- volezza che sarebbe stato <<ingiusto>> (nel senso di contra ius, benché secundum legem) non concedere la CIGS concorsuale quando

53 Cass., 8 luglio 2004, n. 12645, in Dir. fall., 2005, II, p. 658, con nota di A.Caiafa, Fallimento, licenziamenti collettivi ed ordinamento comunitario.

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l'imprenditore si fosse avvalso delle nuove opportunità della legge fallimentare nelle medesime condizioni economiche e di fat- to in cui sino al recente passato avrebbe invece dovuto ricorrere a rimedi di più stretta tipizzazione teleologica.

La sopraggiunta liberalizzazione delle soluzioni concordate della crisi aveva così la forza di trainare la regola lavoristica, per- sino trascinandola oltre i suoi limiti originari, c.d. sequitur

accessorium principale.

2.

La tutela del reddito <<interna>> al rapporto

di lavoro. La riforma Fornero e il riordino