Il concordato preventivo si veste di una duplice anima. Se
l’impresa è destinataria di una dichiarazione di <<apertura della procedura>> di concordato preventivo troverà applicazione l’art 47, co. 4 bis, l.n. 428/1990; se invece l’impresa è destinataria di un <<provvedimento di omologazione>> del concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, la procedura si connota di una finalità liquidatoria, sussumendosi conseguentemente al comma 5, art. 47, cit. legge. Dunque , in quest’ultimo caso il provve- dimento di omologazione abilita l’accordo sindacale, ex art 47, co.5, cit. legge, volto al mantenimento anche parziale
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2112 c.c. per i lavoratori il cui rapporto di lavoro prosegue con il cessionario. Tale differenziazione è stata inserita dal comma 2 dell’art 46 bis, d.l. 83/2012, c.d. decreto sviluppo, integrato con la legge di conversione 134/2012, che ha introdotto all’art 47, co. 4bis, le lettere b-bis) e b-ter), estendendo l’ipotesi di <<flessibilizzazione>> delle garanzie di cui all’art 2112 c.c. anche alle imprese <<… per le quali vi sia stata la dichiarazione
di apertura della procedura di concordato preventivo >>; nonché
quando << …vi sia stata l'omologazione dell'accordo di ristruttu- razione dei debiti>>. A ben vedere il concordato preventivo con
cessione dei beni è una delle modalità attuative del piano predi-
sposto dal debitore funzionale alla << ristrutturazione dei debi- ti e alla soddisfazione dei crediti >>. Nella gerarchia delle fonti che regolano <<l’esecuzione>> del concordato preventivo con cessione dei beni, al primo posto troviamo il piano predisposto dal debitore che ben potrebbe contenere le regole di liquidazione dei beni ceduti, alla stregua della miglior soddisfazione dei creditori. L’art 182, l. fall., <<Provvedimenti in caso di ces- sione dei beni>> è stato modificato ad opera della l. n.
132/2015, recante attualmente <<Cessioni>>. Attualmente due pro- cedure a seconda che la vendita, la cessione o il trasferimento legalmente posti dopo il deposito della proposta di concordato ovvero con il decreto di omologazione del concordato. Nel primo caso si procede pedissequamente secondo le modalità proprie della vendita fallimentare di cui agli artt. 105 e ss. l. fall.; mentre nel secondo caso, nello stesso decreto di omologazione del con- cordato il Tribunale provvede alla nomina degli organi deputati all’esecuzione (uno o più liquidatori e un comitato di tre o cin- que creditori per assistere alla liquidazione e determina le al- tre modalità della liquidazione) del concordato omologato, in ogni caso rimandando alle modalità proprie della vendita falli- mentare ove il Giudice nulla disponga in merito alla liquidazio- ne.
3.
Procedure conservative: <<la cessione
dell’azienda in esercizio >> (art 186 bis, l.
fall.).
Con il decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (Decreto Sviluppo), intitolato <<Misure urgenti per la crescita del Paese >>, il Le- gislatore ha apportato l'ennesima modifica alla legge fallimenta-
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re, ed in particolare alle norme disciplinanti quelle procedure per la soluzione della crisi di impresa alternative al fallimento che, almeno nelle intenzioni, dovrebbero costituire lo sbocco primario e preferenziale per la gestione dell'insolvenza o, più ampiamente, appunto, della crisi di impresa. In particolare, le novità recentemente introdotte hanno privilegiato il versante della cd. <<protezione dell’impresa>>167, intesa quale insieme di
misure finalizzate ad evitare che, nelle more dell'attivazione e completamento delle procedure di soluzione della crisi, i credi- tori si affrettino ad aggredire individualmente gli assets azien- dali, allo scopo di assicurarsi cause legittime di prelazione, con la conseguenza, ovviamente negativa, di compromettere l'inte- grità complessiva dell'impresa, facendo naufragare ogni tentativo di salvataggio concordato della medesima. Finalità che ha ispira- to il Legislatore è <<quella di incentivare l’impresa a denuncia-
re per tempo la propria situazione di crisi, piuttosto che quella di assoggettarla a misure di controllo esterno che la rilevino>>,
con il che implicitamente rispondendo a quella corrente di pen- siero che invocava (in altro contesto economico) l’introduzione di misure di allerta e prevenzione168. In tale prospettiva, si in-
serisce la novella apportata dal Decreto Sviluppo che, in tema di Concordato Preventivo introduce, all’art. 186 bis l. fall., la figura del concordato con continuità aziendale.
Preliminarmente, deve osservarsi che non si tratta di un istituto sconosciuto al mondo del diritto fallimentare, ma che già prima della riforma era ricompreso tra le ipotesi di piano sotteso alle operazioni concordatarie che, ai sensi dell’art. 160 l. fall., può prevedere la <<ristrutturazione dei debiti e soddisfazione
dei crediti in qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie>>.
Il regime di flessibilità è, infatti, uno dei tratti dominanti nella disciplina del concordato preventivo, avendo il debitore la facoltà di articolare il piano nel modo che reputa più appetibile per i creditori e, al contempo, meno pregiudizievole per
l’impresa. Ed infatti, in dipendenza del percorso che
l’imprenditore intende intraprendere per raggiungere gli obietti- vi concordatari, il piano può assumere carattere liquidatorio (in tale ipotesi il debitore ricorrente perde la titolarità dei beni aziendali, i quali vengono ceduti atomisticamente allo scopo di garantire il soddisfacimento del ceto creditorio con conseguente disgregazione dell’azienda ed il tutto all’interno di un concor-
167 Bellè, Il concordato preventivo, in Aprile - Bellè, Diritto concorsuale del lavoro, Milani,2013, 281
168 Bellè, Piani attestati di risanamento e accordi di ristrutturazione, in Apri- le - Bellè, Diritto concorsuale del lavoro, cit., 250. Fauda, Le ragioni e le
prospettive del
ricorso al concordato preventivo, in AA.VV. (a cura di), Il fallimento e altre procedure concorsuali, Milano,2013,507.
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dato preventivo che, nella maggior parte delle volte, assume na- tura esdebitatoria) o carattere conservativo. In tale ultima ipo- tesi la finalità di preservazione e salvaguardia del valore
dell’azienda passa attraverso alternativamente una conservazione cd. propria, (volta al risanamento soggettivo dell’imprenditore,
nel senso che quest’ultimo mantiene la titolarità dei beni, tor- nando in bonis al termine del processo di risanamento) ovvero una
conservazione c.d. impropria, che mediante il trasferimento a
terzi del complesso aziendale,(il cui aspetto caratterizzante, ossia l’esistenza di un’organizzazione di beni strumentali atti nel loro complesso e nella loro interdipendenza all’esercizio dell’impresa, permane anche in dipendenza di una procedura con- corsuale), comporta il risanamento oggettivo dell’azienda, a pre- scindere dalla sorte dell’imprenditore169. A tal fine, la proposta
di concordato preventivo può prevedere, contestualmente al depo-
sito del relativo ricorso, la stipulazione di un contratto preli- minare di cessione d’azienda e/o l’assunzione di un impegno irre- vocabile all’acquisto della stessa, anche in seno ad un eventuale
contratto di affitto d’azienda, subordinati alla condizione so-
spensiva dell’omologazione della proposta stessa, ovvero di un
contratto di affitto d’azienda che riconosca a favore dell’affittuario un diritto di opzione o di prelazione per l’acquisto del complesso aziendale.
Pertanto, in base alla strutturazione che il debitore ha inteso attribuire, il concordato preventivo può presentarsi in due forme alternative: quanto al concordato preventivo con finalità liqui- datorie, esso deve dunque intendersi come quell’istituto che con- duce alla dissoluzione dell’imprenditore; o con riferimento, in- vece, al concordato preventivo con finalità conservative, esso può ulteriormente suddividersi in <<concordati di ristrutturazio-
ne>> o <<di risanamento>>, ossia quei concordati in cui
l’attività prosegue, dopo la ristrutturazione, in capo alla stes- sa impresa, senza cessione a terzi dell’attività; è, dunque, la stessa impresa che, grazie alla ristrutturazione del proprio in- debitamento, ritorna in bonis e prosegue l’attività. I <<concor-
dati con cessione >> a terzi dei beni, in cui la cessione avviene
per lo più in forma aggregata attraverso il trasferimento dell’azienda a terzi.
A seguito dell’introduzione, operata dal recente Decreto Svilup- po, del nuovo art. 186 bis l. fall., entrambe le fattispecie di concordato preventivo da ultimo menzionate (<<concordati di ri-
strutturazione>> e <<concordati con cessione>>) entrano a far
parte della medesima categoria del Concordato in Continuità, che così ricomprende tutti i concordati in cui l’attività prosegua in
169
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qualunque modo, vuoi in capo allo stesso imprenditore, vuoi in capo a terzi.
Merita poi evidenziare come nella categoria anzidetta rientrano altresì i cd. concordati <<misti>>, nei quali l’attività prosegue mediante l’utilizzazione (ovvero, il mantenimento <<in eserci-
zio>>) di una parte soltanto dell’attivo (un ramo d’azienda, per
esempio), mentre altra parte dell’attivo (non funzionale
all’esercizio dell’impresa) viene liquidata atomisticamente (e.g. viene chiuso un ramo d’azienda con vendita del capannone e dei macchinari, mentre altro ramo prosegue in capo allo stesso im- prenditore o a terzi).
Nel circoscrivere la rilevanza degli interventi strutturali sull’organizzazione del lavoro finalizzati al recupero di condi- zioni di redditività, è doveroso inquadrare la cornice entro cui le organizzazioni sindacali e il debitore-cedente e cessionario possano determinare la <<flessibilizzazione>> delle garanzie di cui all’art 2112 c.c. . Infatti nel contesto proprio della propo- sta concordataria consistente nella cessione a terzi dell’azienda in esercizio, in funzione della conservazione della capacità pro- duttiva e delle componenti occupazionali, dato imprescindibile è soprattutto l’attestazione peritale, condotta secondo la miglior scienza ed esperienza, non solo della <<veridicità dei dati aziendali; fattibilità del piano>> ma soprattutto deve attestare che il <<mantenimento della continuità aziendale, ragionevolmen- te, sarà <<funzionale>> al miglior soddisfacimento dei propri creditori, rispetto alle alternative concretamente praticabili. È doveroso altresì ricordare che la procedura de quo non incide sulla continuità giuridica dei rapporti di lavoro in corso, ri- spetto ai quali è espressamente esclusa la facoltà di sospensione o scioglimento, ex art 169 bis, co.4, l. fall.. Orbene individua- to il quadro di riferimento, la ristrutturazione, funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori, consiste nella <<cessione dell’azienda>> a terzi. Di qui, l’applicazione della disciplina giuslavoristica speciale di cui all’art 47, co. 4 bis, lett. b- bis, l.n. 428/1990. La disposizione de quo parte dall’assunto della necessaria sussistenza dell’accordo sindacale che, per esercitare il potere derogatorio attribuitogli ex lege, debba consentire il mantenimento anche parziale dell’occupazione. La caratteristica essenziale di tale intesa è in primis quello di poter escludere dalla cessione di azienda i lavoratori non rite- nuti funzionali alla prosecuzione dell’attività produttiva. Inol- tre, verificatosi il presupposto del mantenimento parziale dei livelli occupazionali, l’accordo è legittimato a definire i limi-
ti nei quali trova applicazione l’art 2112 c.c.. Ai sensi del
comma 4 bis,art 47,cit. legge, i lavoratori beneficiano di <<tut-
te le tutele disposte dai commi 1 e 2 dell’ art 2112 c.c.>>,
161
aver disposto, in via derogatoria, diversamente>>. A questo punto
la direttiva comunitaria di seconda generazione, in mancanza di procedura di insolvenza di natura liquidatoria, delimita ulte- riormente la portata derogatoria, visto che l’accordo con le rap- presentanze dei lavoratori può determinare oltre che la disappli- cazione del regime della responsabilità solidale, <<modifiche delle condizioni di lavoro dei lavoratori>> laddove consentano
<<la salvaguardia delle opportunità occupazionali>>. A questo punto due importanti pronunce, nella medesima direzione,
della giurisprudenza di merito. Il Tribunale di Padova, 27 marzo 2014170, respinge l’istanza, ex art 161,co.7, l.fall.,depositata
da X s.p.a.., con la quale richiedeva di essere autorizzata ad accettare la proposta formulata da Y s.r.l. a socio unico, avente ad oggetto << l’affitto e successivo impegno all’acquisto del ra- mo d’azienda>>… la cui stipula <<(del contratto d’affitto) si ap- palesa(va)come urgente per salvaguardare il valore attuale del ramo d’azienda in quanto, inevitabilmente, a causa delle diffi- coltà finanziarie ed operative della società ricorrente si giun- gerebbe alla risoluzione dei contratti in corso…>>. Tra gli altri elementi della proposta, il ricorrente ha previsto che
<<l’affitto e la conseguente cessione interesserebbero 66 lavora- tori dipendenti con la possibilità di futuri ulteriori assorbi- menti di manodopera>>. Dunque il Tribunale, ad
un’attenta valutazione formale dei requisiti di legittimità, ri- leva una serie di considerazioni, poste poi, alla base del riget- to dell’istanza. Tra queste, in particolare, per quel che ci in- teressa, ritiene che: <<…rilevato che…>> la proposta <<…prevede espressamente che l’efficacia della stessa e quindi del successi- vo contratto ” è sospensivamente condizionata al positivo esple- tamento della prescritta procedura di consultazione sindacale, con la sottoscrizione di un accordo sindacale che preveda l’assenso delle organizzazioni sindacali: (i) al trasferimento alle dipendenze di…>> Y s.r.l. <<…dei soli dipendenti indicati (i dipendenti trasferiti), alle stesse condizioni economiche e con- trattuali attuali; (ii) alla liberazione di…>> Y s.r.l. <<…da ogni responsabilità per ogni debito, retribuzione differita, ra- teo passivo o accantonamento relativo ai dipendenti trasferiti maturato in capo a…>> X S.p.a. <<…e diverso dal TFR >> e, <<…rilevato…>>, inoltre che la proposta concordataria
<<…individua 66 dipendenti da trasferire, mentre non è dato cono- scere il numero complessivo dei lavoratori addetti al ramo
d’azienda oggetto di affitto/trasferimento…>>, statuisce che <<…nel caso di concordato con continuità aziendale, quale è paci- ficamente quello prospettato dalla ricorrente, il solo accordo
con le Organizzazioni Sindacali stipulato ai sensi dell’art. 47,
comma 4 bis b-bis), legge 428/09, diversamente dall’accordo sin-
170
162
dacale raggiunto ai sensi del comma 5 del medesimo art. 47, non
possa affatto incidere né sulla continuazione del rapporto di la- voro, né sulla solidarietà tra cedente e cessionario previsti dall’art. 2112, commi 1 e 2, c.c…>>, e altresì, ritenuto in altri
termini che <<…la deroga all’art. 2112 c.c. consentita dal comma
4 bis b-bis … >> a mente del quale l’art. 2112 del codice civile
trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo medesimo qualora il trasferimento riguardi aziende … per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della pro- cedura di concordato preventivo, <<… possa riguardare ed incidere
esclusivamente sulle modalità del rapporto di lavoro ( p.e. man-
sioni, qualifica, orario lavoro, ecc...), essendo invece necessa- rio l’accordo stipulato con il singolo lavoratore interessato ex
artt. 410-411 c.p.c. per incidere sui diritti allo stesso assicu- rati dai commi 1 e 2 dell’art. 2112 c.c.>>. Infatti <<…la non ap- plicazione “tout court” dell’art. 2112 c.c. ,(salvo la previsione
di condizioni di miglior favore risultanti dall’accordo sindaca- le, ”ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con
l’acquirente“ e la possibilità di prevedere ”che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest’ultimo conti- nui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze
dell’alienante“) è consentita solo nell’ambito degli accordi sin-
dacali raggiunti nell’ipotesi disciplinata dal comma 5 dell’art. 47 in esame, che riguarda ”le imprese nei confronti delle quali
vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concor- dato preventivo consistente nella cessione dei beni “ …>>. A fronte di ciò, il Tribunale ritiene che <<…tale conclusione si impone anche al fine di rendere conforme la normativa italiana in materia a quella comunitaria – in particolare direttiva
2001/23/CE del 12.3.2001-, secondo l’interpretazione data dalla Corte di Giustizia con sentenza dell’11.6.2009, causa C-561/07, per dare attuazione alla quale il legislatore italiano ha appunto apportato le modifiche all’art. 47 legge 428/90 sopra richiamate (in particolare introduzione del comma 4 bis e modifica del comma 5)>>. Lo stesso art. 2112 , comma 2, c.c., <<… dopo aver statuito la solidarietà tra cedente e cessionario per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento – e il cui rappor- to di lavoro continua con l’acquirente –, stabilisce che con le procedure di cui agli artt. 410 e 411 c.p.c. il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivan- ti dal rapporto di lavoro>> tale per cui <<…rilevato che la norma limita la liberazione del cedente e non sembra, quindi, consenti- re la liberazione del solo cessionario; la “ratio” di tale previ- sione, di indubbia tutela per il lavoratore, sembrerebbe fondarsi sulle maggiori garanzie di pagamento e solvibilità che di regola offre l’acquirente il quale continua l’attività d’impresa e con il quale continuano i rapporti di lavoro diventando quindi l’unico datore di lavoro per i lavoratori ”trasferiti“ >>. Il
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Giudice di merito ravvisa inoltre la sussistenza di <<…dubbi an- che sulla validità di un accordo individuale ex art. 410-411 c.p.c. che preveda la liberazione del cessionario dalla solida- rietà ex art. 2112, comma 2, c.c…>>. Quindi, <<… in senso contra- rio non rileva la disciplina posta in via generale dall’art. 211
3, u.c., c.c. proprio per l’espressa previsione e specifica limi- tazione legale del contenuto che l’accordo raggiunto ai sensi de- gli artt.410-411 c.p.c. può avere nel caso disciplinato dal comma 2 dell’art. 2112 c.c., sì da limitare correlativamente la dispo- nibilità del relativo diritto. Per tutte queste, ed altre, ragio- ni il Tribunale concede un termine di 15 giorni alla società ri- corrente per fornire i chiarimenti ed apportare le modificazioni ritenute opportune <<di cui alla parte motiva>>. La seconda sen- tenza è stata pronunciata dal Tribunale di Alessandria171, in data
18 dicembre 2015, concernente il deposito di un’istanza di con- cordato preventivo con riserva, ex art 161, co.6, l. fall.. In questo contesto, particolarmente complesso e articolato, dopo una serie di considerando, il Giudice di merito ribadisce, in una formulazione sostanzialmente pedissequa, l’argomentazione del Tribunale di Padova nel caso di cessione di azienda e tutala dei lavoratori trasferiti alle dipendenze del cessionario, quale
espressione della proposta di concordato in continuità aziendale.