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di lavoro La riforma Fornero e il riordino degli ammortizzatori sociali.

Tra le forme di tutela in costanza del rapporto di lavoro, nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, trovia- mo la Cassa integrazione guadagni straordinaria e i fondi di so- lidarietà bilaterali.

Storicamente la Cassa ha assolto il ruolo di strumento di tutela per la disoccupazione propriamente intesa, in tutte quelle ipote- si in cui il relativo intervento si è posto come alternativa ai licenziamenti collettivi: cioè come intervento diretto a conser- vare rapporti di lavoro privi, ormai, della loro funzione speci- fica, e, dunque, solo nominalmente accreditato nella logica dell’art. 4 Cost., ma, in quanto concretamente riferito a rappor- ti di lavoro <<sostanzialmente fittizi>>, riconducibile in real- tà, al principio di cui all’art 38 Cost54. Dunque l’integrazione

salariale ha la funzione di sostegno del reddito di lavoratori per i quali, dopo il periodo di sospensione o di contrazione dell’attività produttiva, si prospettasse la piena ripresa del lavoro. Di qui le caratteristiche della <<temporaneità>>

dell’intervento straordinario della Cassa e, la subordinazione ad un rigoroso giudizio di meritevolezza basato sui contenuti di un <<programma di ripresa>> della piena funzionalità aziendale che l’imprenditore è tenuto a presentare all’atto della domanda di intervento della Cassa.

La rivoluzione del sistema degli ammortizzatori sociali si è per- fezionata, per così dire, <<per cause esterne>>, ossia con l'in-

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sediarsi nel 2011 di un acclamato << Governo dei professori>> vo- tato al risanamento dei conti pubblici.

La crisi economica internazionale aveva reso necessario introdur- re, sia pure come mezzo di sostegno transitorio e contingente, la

cassa integrazione guadagni c.d. in deroga, ex art 19, co.8 e

ss., l.n. 2/2009, con la specifica funzione di <<estendere in mo- do pressoché indifferenziato le tutele sia a settori storicamente esclusi, sia a favore di categorie di soggetti fino ad allora mai contemplati >> ( a differenza di quella straordinaria, la cassa

in deroga era prevista a prescindere dal requisito dimensionale

dell’impresa), comportando un’indifferenziata estensione delle tutele.

Con l’allora Governo Monti, si pensa così di abolire la CIGS con- corsuale dal 1° gennaio 2013, il cui peso su detti conti andava aggravando la crisi; ma le parti sociali manifestarono contrarie- tà. Si ripiega pertanto sull'abrogazione dell'art. 3 l. n. 223/91 a far data dal più lontano 1° gennaio 2016 (art. 2, comma 70° , l. 28 giugno 2012, n. 92, c.d. legge Fornero). Insoddisfatto, il Governo conta allora di neutralizzare l'istituto neanche due mesi dopo quando modificò l'abrogando articolo in sede di conversione

del c.d. Decreto Sviluppo ( d.l. 22 giugno 2012, n. 83, recante

<< Misure urgenti per la crescita del Paese>>). Perciò dall'en- trata in vigore della legge di conversione ( l. 7 agosto 2012, n.

134) e fino alla data di abrogazione, ossia dal 12 agosto (2012)

al 31 dicembre 2015, l'estremo fin allora richiesto nel solito art. 3 per la concessione della CIGS concorsuale, che cioè << non

fosse stata disposta o fosse cessata la continuazione dell'impre- sa fallita>>, venne ribaltato nel simmetrico ed opposto requisito che << sussistano prospettive di continuazione o di ripresa

dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali >>

(art. 46 bis, comma 1° , lett. h, d.l. n. 83/12, aggiunto dalla l. n. 134/12; d.m. 4 dicembre 2012, n. 70750).

Secondo l’art 2 di tale decreto ministeriale, << ai fini della

concessione del trattamento straordinario di integrazione sala- riale di cui all’art 3, cit. legge, nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione coat-

ta amministrativa, ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, per quanto attiene alla sussistenza di prospettive

di continuazione o di ripresa dell’attività , si tiene conto dei seguenti parametri oggettivi, da indicare, anche in via alterna-

tiva, nell’istanza di concessione del trattamento straordinario di integrazione salariale: a) misure volte all’attivazione di

azioni miranti alla prosecuzione dell’attività aziendale o alla ripresa dell’attività medesima, adottate o da adottarsi da parte

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del responsabile della procedura concorsuale; b) manifestazioni

di interesse da parte di terzi, anche conseguenti a proposte di

cessione, anche parziale dell’azienda, ovvero a proposte di af- fitto a terzi dell’azienda o di rami di essa; c) tavoli, in sede

governativa o regionale, finalizzati all’individuazione di solu- zioni operative tese alla continuazione o alla ripresa

dell’attività, anche mediante la cessione, totale o parziale, ov-

vero l’affitto a terzi dell’azienda o di rami di essa >>. Ferma l'abrogazione disposta dalla legge Fornero, medio tempore duplice era la prospettiva: non veniva più erogata la Cassa inte-

grazione alle imprese decotte senza prospettiva di risanamento, e

inoltre l'erogazione non era più automatica, dovendosi accertare

la sussistenza dei parametri oggettivi.

Rimaneva tuttavia intatta la previsione di accesso alla integra- zione salariale quando l'imprenditore fosse stato ammesso a con-

cordato preventivo con cessione dei beni, così seguitando a reci-

tare la parte non modificata della norma. La persistenza di que- sta ipotesi autonoma strideva col revirement circa le procedure maggiori, specie considerando il gran numero di concordati liqui- datori: le une infatti potevano fruire della riformata CIGS con- corsuale soltanto in presenza delle prospettive di continuazione o ripresa, mentre queste prospettive non sembravano richieste, e comunque non le chiedeva il Ministero (Min. Lav., interpello 22 luglio 2013, n. 23) per i concordati i quali, in quanto connotati dalla cessione dei beni, lasciavano pronosticare la cessazione dell'attività anziché la sua continuazione o ripresa (se non in

via del tutto casuale). Sappiamo però che questa discrasia era almeno in parte apparente

perché, grazie al mutato orientamento ministeriale del 2009-'10 della CIGS concorsuale potevano ormai fruire tutte le procedure di concordato, non solo liquidatorie ma anche con continuità aziendale (oltre alle imprese impegnate in accordi di ristruttu-

razione ex art. 182 bis l. fall.). Tuttavia la ratio della c.d. riforma Fornero era ispirata da un

intento preciso: porre fine a un ammortizzatore sociale non solo

sempre più oneroso col dilagare della crisi ma rivelatosi anche pressoché inutile al recupero delle imprese decotte. Particolar-

mente delicata è la difficoltà, in capo al ceto datoriale, del perfezionamento di soluzioni concordate: cercare di affrontare la crisi con la tempestività che è necessaria per sfruttare le po- tenzialità residue dell'azienda e rimetterla così in sesto con le opportune operazioni riorganizzative e riallocative . Nel momento in cui la crisi deflagra, è giocoforza che i rimedi magari prima utilizzabili si rivelino poi inservibili. In tale scenario un am- mortizzatore sociale come la CIGS concorsuale <<automatica>>, rendeva i lavoratori assistiti da una finzione di un permanente benché sospeso rapporto di lavoro e dalla speranza d'una ripresa

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occupazionale quasi del tutto fittizia. La legge, dunque esigeva

la presenza di prospettive non solo di continuazione, il che nel

fallimento voleva dire un qualcosa d'assai improbabile come l'e- sercizio provvisorio, ma anche di ripresa dell'attività con sal-

vaguardia dei livelli occupazionali sia presso l'impresa istante sia presso imprese terze interessate all'acquisizione. Ciò la-

sciava spazio alla possibilità di concedere il trattamento sala- riale integrativo anche in caso di cessazione dell'attività, come

nella vecchia CIGS concorsuale. Rispetto a quest'ultima, la non lieve differenza stava nel fatto

che adesso bisognava allegare la temporaneità della cessazione

stessa, prospettando la ripresa se non altro all'esito del tra- sferimento totale o parziale dell'azienda per affitto o vendita.

In realtà il citato d.m. n. 70750/12 richiedeva in proposito non meglio precisate << manifestazioni d'interesse da parte di ter- zi>> (art. 2, lett. b), a integrare le quali la prassi ministe- riale, sorvegliata dalle parti sociali, si contentava di semplici comunicazioni non impegnative (anche per il tramite della comune posta elettronica).

In definitiva << anche dopo la riforma attuata nel 2012 il ri- schio di vedersi non concessa la CIGS di fatto era inesistente per questa applicazione ”estensiva“ dei presupposti per l'acco- glimento delle domande >>. Vero questo, bisogna dire che allora il fallimento continuava a dirigere la vicenda, visto che il si- stema delle sue regole riusciva a imporre di chiudere un occhio sull'applicazione di quelle lavoristiche che altrimenti sarebbero andate del tutto a sfavore delle procedure e dei lavoratori in esse coinvolti.

2.1.

Il d.lgs. n. 148/2015 e le circolari mini-

steriali n. 24/2015 e n.1/2016 : la fine del-

la CIGS in caso di <<cessazione>>