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3.1 Approccio cognitivista all’interazione umana con gli artefatti

3.1.3 Artefatti, cognizione ed apprendimento

Nell’utilizzo degli strumenti sono coinvolte molteplici facoltà cognitive. Il cognitivismo, come abbiamo visto, si preoccupa in maniera specifica della comprensione delle strutture e dei meccanismi implicati nel funzionamento della mente umana. Tali riflessioni forniscono elementi interessanti anche per una migliore concezione dei processi apprenditivi e conoscitivi. Gli strumenti guidano infatti lo sviluppo di piani di azione che determinano, successivamente, la strutturazione di nuove attività. In ambito cognitivista sono stati molteplici i modelli teorici improntati alla spiegazione dei processi di strutturazione delle conoscenze in dispositivi efficaci per la soluzione di problemi. A partire dalle ricerche di Newell e Simon (1972) e le successive sistematizzazioni in schemi generali e comprensivi delle architetture interne e del funzionamento delle interazioni con l’ambiente esterno, vengono delineati modelli come l’ACT (Anderson, 1983) o il SOAR (Newell, 1990) in grado di tenere in considerazione le regole di produzione delle operazioni mentali attraverso costrutti sintatticamente e proceduralmente definiti (Smith, 1994).

La trasformazione della realtà in rappresentazioni mentali e, quindi, in strutture di conoscenza avviene per la ricerca cognitivista attraverso “un’attività di ricostruzione del significato, sulla base di schemi mentali strutturati in modo da facilitare il processo di apprendimento” (Boscolo, 1986). Queste strutture epistemiche, variamente denominate come “frame” e “script” (Schank, Abelson, 1977), “piani e strutture” (Miller, Galanter, Pribram, 1984), consentono agli individui di comprendere il contesto sulla base di elementi conoscitivi preesistenti e di organizzare le conoscenze, ed eventualmente le azioni, in vista del raggiungimento di specifici obiettivi. La conoscenza del mondo viene cioè ricostruita attraverso l’elaborazione progressiva in memoria di schemi, flessibili e combinabili, i quali rappresentano i “contenuti” dell’esperienza, i suoi campi di significato e non solamente relazioni logico-formali. Gli schemi costituiscono pertanto uno “strumento potente di accesso al comprendere perché guidano la conoscenza e ne consentono lo sviluppo attraverso la formazione e la trasformazione di modelli mentali della realtà” (Margiotta, 1997, pag. 41). Il concetto di schema, in ambito cognitivista, è stato recuperato dai precedenti studi di Piaget che ne raffigura un elemento centrale per la comprensione del meccanismo di adattamento organismo-ambiente, ovvero della sua teoria dello sviluppo cognitivo. Partendo dalla sua

esperienza nel campo della biologia, egli vede questo sviluppo come conseguenza dell’interazione tra un numero limitato di conoscenze o capacità geneticamente date e le influenze dell’ambiente esterno. Questa interazione dà luogo alla comparsa di schemi, comprendenti strutture di elaborazione dotate di capacità di carattere generale, in grado di integrare le esperienze e le operazioni del soggetto in un quadro coerente. Le caratteristiche biologiche del funzionamento intellettuale sono chiamate da Piaget “invarianti funzionali” e consistono nell’organizzazione e nell’adattamento. L’organizzazione rappresenta la tendenza a costruire strutture, totalità organiche che presentano peculiari relazioni tra le parti di cui sono costituite. Si è in presenza di una funzione regolatrice dell’intelligenza sottesa all’individuazione di un equilibrio ideale. L’adattamento è invece l’invariante funzionale che più contribuisce alla comprensione dei processi implicati nella costruzione di schemi del pensiero, e di conseguenza negli elementi della cognizione umana implicati nell’interazione con l’ambiente e gli artefatti in genere. In questa prospettiva Piaget vede i processi apprenditivi e cognitivi come processi di “costruzione” attiva del mondo e della realtà esperienziale e non di ricezione passiva di dati ed informazioni. Il soggetto gioca cioè un ruolo essenziale e costitutivo in quanto “agente epistemico” in grado di strutturare le proprie conoscenze entrando in una complessa relazione di adattamento con i contesti ambientali in cui pensa ed agisce. La relazione di adattamento si realizza mediante due processi complementari: l’assimilazione e l’accomodamento. L’assimilazione rappresenta il “processo mediante il quale un aspetto o un oggetto della realtà esterna vengono incorporati nella struttura mentale del soggetto, oppure vengono interpretati dal funzionamento intelligente del soggetto, in modo coerente con il tipo di organizzazione cognitiva di cui l’individuo è dotato” (Valentini, 1998, p. 146). L’assimilazione rappresenta cioè l’incorporazione del dato esteriore, o dell’esperienza, nella struttura mentale senza che questa sia modificata da tale incorporazione. Nel processo di accomodamento, invece, la struttura mentale del soggetto dovrà modificarsi in funzione delle esigenze poste dal nuovo dato offerto dall’esperienza. L’accomodamento “rappresenta la produttività dell’incontro tra la struttura mentale e le nuove esperienze offerte dall’ambiente esterno. L’accomodamento rappresenta la possibilità dell’individuo di adattarsi plasticamente alle esigenze che il mondo esterno gli presenta” (Valentini, 1998, p. 147). Assimilazione e accomodamento sono naturalmente processi correlati e spesso compresenti essendo “due poli di un’interazione tra organismo e ambiente che è la condizione di ogni funzionamento biologico ed intellettuale” (Piaget, 1973, p. 398). Per Piaget gli schemi possono essere considerati come strutture create dall’attività assimilatrice ricorrente, più precisamente uno schema si crea grazie all’esercizio ripetuto dell’attività organizzata e si consolida nella ripetizione della sua applicazione, estendendo conseguentemente la gamma degli oggetti incorporabili e, nel contempo, date le varietà che si introducono nella ripetizione dell’attività, differenziando gli oggetti su cui trova applicazione. In tale processo generativo, ogni schema si coordina inoltre con altri schemi di maggior portata (Valentini, 1998, p. 151). Le nozioni di schema messe a punto da Piaget continuano ad ispirare ulteriori modellizzazioni in ambito psicologico. Tra i cognitivisti, ad esempio, Rumelhart e Norman (1978) hanno definito con l’aiuto degli schemi le modalità fondamentali di apprendimento. Secondo questi autori, infatti, l’adozione dello schema come elemento base della rappresentazione della conoscenza ha impliciti in sé tre differenti tipi di apprendimento: accrescimento (che è la codificazione di informazioni nuove dentro schemi precedenti), sintonizzazione (che è il progressivo adattamento o miglioramento di uno schema conseguente all’applicazione ripetuta), ristrutturazione (che è il processo di creazione di nuovi schemi, quando si verifica l’inadeguatezza o insufficienza di ogni schema preesistente). Queste modalità di apprendimento da non considerare alternative, sono in diversa misura e con diversa frequenza implicate nell’apprendimento e nella strutturazione della conoscenza (Boscolo, 1986, p. 19).

Le riflessioni derivanti dal costruttivismo piagetiano, anche attraverso le rielaborazioni in chiave cognitivista, evidenziano soprattutto un’idea di conoscenza non come immagine riflessa del mondo reale, ma quale costruzione prodotta dall’attività cognitiva del soggetto in relazione con la realtà esterna. In tale prospettiva mente e mondo sono in così stretta

relazione che, come osserva Piaget, “l’intelligenza organizza il mondo attraverso l’organizzazione di se stessa” (Piaget, 1973, p. 400).

3.2 Limiti dell’approccio cognitivista e i contributi delle prospettive culturalista e