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5.3 Obiettivi dell’indagine empirica

6.1.5 Distanze tra progettisti ed utenti reali

Come abbiamo visto precedentemente (cfr. § 3.2.1) l’uso dei manufatti è sostenuto più che da funzioni esplicite, da elementi come la valenza simbolica e le opportunità concrete legate alle specifiche attività in un rapporto che coinvolge molteplici fattori tra cui il contesto, le regole, gli obiettivi, i ruoli (Engeström, 1987). È per questo molto difficile che i progettisti possano avere lo stessa visione e le stesse prospettive, che non gli utenti finali. Più probabilmente succede invece che gli utenti finali finiscano per negoziare un utilizzo completamente diverso rispetto a quello delle originali intenzioni degli sviluppatori (Perriault, 1989; Bannon, Bødker, 1991; Docq, Daele, 2001). È quindi lecito chiedersi se degli strumenti messi a disposizione in questa esperienza risulti effettivamente quello previsto dai designers di Synergeia e rilanciato dagli organizzatori del Corso di perfezionamento, o viceversa se gli utenti abbiano negoziato e decretato un uso diverso degli strumenti. Nel nostro caso non si tratta solo di capire come sono state usate le risorse interne a Synergeia, ma anche l’uso dei dispositivi a supporto (pagine web, mailing-list, barometri) e di come (e se) sia stata percepita coerente l’impostazione metodologica con l’apparato strumentale.

Strumenti funzionalmente analoghi, ma operativamente diversi (più semplici, più complessi, meno rigidi, più flessibili, ecc.) avrebbero portato a risultati diversi?

Alcune prime risposte, come abbiamo in parte già visto, vengono fornite dallo stesso questionario. Raffrontando i risultati della domanda 35 (semplicità d’uso) con quelli della 36 (utilità) notiamo (figura sotto) che il valore più alto della scala (“molto”) viene attribuito con maggiore frequenza alle risposte della domanda sulla utilità che non a quelle della semplicità. Questo elemento potrebbe dirci che, in generale, anche gli strumenti di Synergeia, sono ritenuti più utili che semplici da utilizzare. Fatto che denoterebbe un design incapace di allinearsi completamente alle esigenze dell’utente. In questo caso specifico è comunque necessario sottolineare che i risultati positivi cumulati (“molto” e “abbastanza”)

invertono questa tendenza sottolineando che gli strumenti ritenuti utili siano anche stati utilizzati con una certa agiatezza. Ci sono delle interessanti eccezioni. Il caso dei forum esula ad esempio da questa regola: in questo caso i valori positivi della semplicità sono sempre inferiori di quelli dell’utilità: come a dire che i forum sono lo strumento più utile (tanto che sulla scala dell’utilità sono inseriti al primo posto, cfr. Figura 29), ma la loro specifica realizzazione (in Synergeia) lascia qualche dubbio. Caso contrario per il cestino la cui utilità è ritenuta inferiore rispetto alla sua semplicità d’uso.

Figura 33. Comparazione “a coppie” tra le risposte alla domanda 35 (semplice) e quelli della 36 (utile). I valori sono

riportati in pila 100%. Le linee “della serie” uniscono gli stessi valori tra le coppie consentendo di apprezzare le variazioni tra le dimensioni semplice/utile. Valore 1=per niente, 5=molto. Base 121.

L’adozione di una specifica piattaforma in grado di supportare le attività collaborative è stata indubbiamente una scelta positiva. L’adozione di uno specifico ambiente CSCL all’interno di un corso di formazione in rete già caratterizzato da un approccio costruttivista ha infatti consentito ai gruppi collaborativi di condividere in maniera più efficace le risorse co- costruite. Per contro, rendendo disponibili un maggior numero di funzioni (rispetto a strumenti generici), l’uso di Synergeia ha determinato anche problemi di comprensibilità ed una maggiore complessità nel suo utilizzo e controllo.

Utilizzando l’analisi delle corrispondenze multiple, che come noto è un’analisi di tipo fattoriale utilizzata per trattare contemporaneamente variabili diverse, sono state utilizzate le informazioni provenienti dalle risposte alle domande 6 (competenza informatica), 9 (tempo uso Internet), 10 (tipo di connessione), 19 (padroneggiare Synergeia) per individuare due categorie: quella degli esperti tecnologicamente e quella dei non esperti. Utilizzando tali fattori sono state riletti i risultati della domanda 37 “efficacia di Synergeia” (in questo caso operando delle medie per ogni soggetto sui diversi item che compongono la domanda) e discriminando due soli valori: efficace e non efficace. Il risultato (figura seguente) mostra che i valori, per i due gruppi di utenti, sono tendenzialmente gli stessi (preponderanza di un giudizio positivo), ma che gli esperti hanno trovato più efficace lo strumento nel suo insieme.

0% 20% 40% 60% 80% 100% Non Esperto

Esperto

Positivo Negativo

Figura 34. Pila 100% differente valutazione sull'efficacia di Synergeia tra utenti esperti e non esperti. I risultati sono

stati ottenuti con il software SPSS (Homals vers. 1.0 analisi delle corrispondenze multiple)

Da questo risultato, in parte prevedibile, possiamo concludere che gli utenti esperti esprimano un giudizio migliore trovandosi nelle condizioni verosimilmente più vicine a quelle dei progettisti e che modalità più complesse e meno intuitive di pensare gli strumenti siano, per contro, meno comprensibili ai più. Cerchiamo ora di focalizzare nello specifico quali sono state alcune di queste difficoltà, tentando di evidenziare i problemi che hanno maggiormente contribuito al disallineamento tra la visione dei progettisti e le modalità di utilizzo negoziate e condivise dagli utenti.

I “simboli del pensiero” (cfr. nota 62, p. 6) sono tra gli strumenti più controversi. Il questionario affronta la tematica con tre diverse domande. La domanda 24 (“ritieni che ognuno abbia utilizzato i descrittori del pensiero con la stessa intenzionalità?”), che era connessa con la domanda 23 interessata a comprendere se il gruppo era stato in grado di stabilire regole condivise di utilizzo degli strumenti (cfr. successiva Figura 35, p. 171), evidenzia abbastanza chiaramente l’esistenza di un problema di condivisione.

Certamente In buona parte Non del tutto Per niente

Non so/Non li ho utilizzati

1,65 44,63 42,98 8,26 2,48 Base 121

Tabella 17. Frequenze (%) alla Domanda 24: condivisione modalità di utilizzo dei simboli del pensiero.

Soprattutto dal focus group, o dalla lettura delle risposte alla domanda aperta (“Quali suggerimenti daresti in merito ai descrittori del pensiero?”, domanda 26) emerge una grande variabilità nelle risposte. Emerge soprattutto una richiesta esplicita di una maggiore partecipazione del gruppo alla definizione del contesto operativo (“dare maggiore libertà nei descrittori: ad esempio lasciare che il gruppo possa decidere i descrittori che ritiene utili, ma poi deve esservi vincolato”, “ampliare la scelta dei descrittori”, “avere la possibilità di creare descrittori personalizzati”). In questo caso specifico è particolarmente evidente l’esigenza di una negoziazione all’interno della comunità di dialogo sulla terminologia da adottare (“bisogna condividere la terminologia scelta e chiarire il suo significato. Risulta difficile utilizzare una struttura rigida delle funzioni del pensiero e della comunicazione”) è infatti ben presente, nei corsisti, il rischio di un loro uso improprio (“sono troppo rigidi si rischia di non sapere quale usare con conseguente perdita di coerenza nella discussione”). Compare esplicitamente l’idea che “la creatività del lavoro collaborativo sia impossibile da regimare in frasi confezionate anche se solo nell’incipit e che gli interventi non possano, se complessi, essere forzati in pochi simboli” o che si incorra nel “rischio di un vincolo comunicativo […] poco adatto alla cultura latina”.

Alcuni ne hanno sottolineato in termini perentori l’inutilità (“Assolutamente inutili, di fatto, quindi: abolirli”, “Li ho ritenuti una sovrastruttura poco utile e limitativa. Un corretto uso dell’oggetto del messaggio li rende inutili”), ed altri collegano l’efficacia alla comprensione dello strumento in generale (“aiutano quando si padroneggia la piattaforma”), o ad una specifica formazione dei partecipanti al loro utilizzo (“sarebbe necessario far capire a cosa sono utili. Ampliarne la gamma, renderli più chiari a tutti, magari con una legenda”, “far conoscere ai gruppi l’importanza dei descrittori e della loro funzione di facilitazione comunicativa nella fase collaborativa fra i partecipanti”, “sarebbe opportuna una puntuale illustrazione del senso e dell’uso dei descrittori”, “sicuramente, inviterei i tutor ad evidenziarne e sollecitarne un uso significativo ed adeguato”). Sul motivo per cui utilizzarli le opinioni non sono molto concordi. Anche la domanda 25 (“A cosa ritieni siano serviti nel tuo gruppo i descrittori del pensiero?”) evidenzi una certa variabilità nell’attribuzione delle funzioni per questo strumento e, senz’altro, solo una minima parte (10,08%) condivide le finalità previste dai progettisti ovvero quelle di favorire la riflessione individuale e la metariflessione (vedi tabella sotto).

Riflessione individuale Stimolare la lettura agli altri

Alla coerenza del messaggio con l’argomento A niente in particolare

Sono stati controproducenti

10,08 31,93 37,82 18,49 1,68 Base 121

Tabella 18. Frequenze (%) alla Domanda 25: a cosa sono serviti i simboli del pensiero.

Le risposte aperte consentono di comprendere meglio il fatto che, in generale, sono sottolineati una varietà di aspetti diversi da quelli per cui, originariamente, nascono72: ad esempio in funzione di invito alla lettura, una sorta di “anticipatore” del contenuto del messaggio (“sono molto utili a stimolare la lettura dei messaggi perchè introducono il messaggio e ne danno conferma”) o in funzione di brainstorming (“assimilarli al gioco dei sei cappelli per pensare”).

Uno dei limiti di Synergeia, rispetto ad esempio, al ben più noto Knowledge forum, è il fatto che in questo caso i descrittori possono essere attribuiti solo in rapporto uno a uno con il messaggio, ovvero ogni simbolo dovrebbe essere in grado di rappresentare l’intero messaggio. Questo problema è stato evidenziato da alcuni corsisti: “il problema è che in una risposta ci sono molteplici connotazioni....” e ancora “maggiore flessibilità/adattabilità del descrittore alle eventuali necessità comunicative che possono presentarsi al momento: talvolta abbiamo trovato difficoltà a ricercare il descrittore corrispondente al tipo di messaggio che intendevamo formulare, per cui abbiamo dovuto sceglierlo sulla base della maggiore affinità”, “dovrebbero essere più coerenti con le azioni da correlare”, “…spesso non adeguati alle intenzioni. Per esempio, un intervento può essere allo stesso tempo di critica, di sintesi, di informazione, di approvazione ecc., in tal caso una scelta obbligata del descrittore potrebbe non corrispondere alle esigenze di chi posta l’intervento”.

Nel manuale del “pari valutatore”, un documento elaborato da un gruppo di corsisti aventi le funzioni di rewiever, si conferma l’esigenza di “un numero maggiore di categorie di descrittori del pensiero e di incipit (le frasi preimpostate proposte per ogni descrittore)” e si avanzano anche dei suggerimenti volti al miglioramento delle funzionalità della piattaforma:

si potrebbe aggiungerne di poco impegnative [categorie], tali da poter poi essere eliminate, quando si va a valutare la significatività degli interventi. Utile sarebbe anche obbligare a scrivere in accodamento all’incipit prescelto o di default e forzare alla rilettura del messaggio

72

prima della spedizione. L’uso corretto e consapevole dei descrittori potrebbe anche dare informazioni dirette e autentiche sul processo ed essere utilizzato come misura dal valutatore. I pari valutatori, essendo impegnati in un processo di monitoraggio, sono più di altri consapevoli dell’importanza di questo ausilio sia ai fini della comunicazione, che della riflessione o della valutazione di processo.

I descrittori, infatti, esplicano la propria valenza su diversi piani, ad esempio la definizione del ruolo del messaggio all’interno del processo di argomentazione e di indagine progressiva (ipotesi, nuova informazione, argomento) e in rapporto al contenuto di un altro (valutazione), la definizione di strategie di organizzazione del gruppo (organizzazione), la costruzione di relazioni tra i messaggi nell’ottica del contribute-and-reference (collego), la costruzione di riassunti che funzionino sia come riduzione della complessità che come riduzione ad un significato condiviso e che costituiscano un nuovo punto di avvio del processo (sintesi). Ai descrittori Collego e Sintesi si potrebbe anche assegnare una valenza di supporto diretto al processo di costruzione collaborativa di conoscenza se si assume che quanto più i messaggi sono interrelati e costituiscono una “rete” di idee (messaggi di tipo “collego”) e che quanto più le diverse idee si precisano nel confronto facendo emergere significati nuovi e condivisi (messaggi “sintetizzo”), tanto più è probabile che il gruppo stia effettivamente sviluppando costruzione di nuova conoscenza. Pertanto quanto più il gruppo adopera correttamente questi descrittori tanto più potrebbe essere efficace la collaborazione ed elevata la qualità del processo.

[dal manuale del “pari valutatore”] Altri commenti vengono dal focus group.

Non c’era mai la cosa che serviva per etichettare quello che si sarebbe voluto dire [Raffaele]

ho molti dubbi sui “colorini”, cosi come abbiamo chiamato nel nostro gruppo i descrittori. Il problema di incastrare il pensiero mi ha vincolato e non mi ha arricchito dal punto di vista metacognitivo.

[Paola]

Alcune voci, quelle negative - come critico - non le abbiamo mai utilizzate.

Anche l’incipit dei messaggi non è utile. Personalmente non ho mai utilizzato le frasi preimpostate. Vorrei far notare che i modelli teorici funzionano all’interno del contesto culturale all’interno del quale sono stati elaborati. Condividere i codici linguistici è una prospettiva da cui partire per poter utilizzare strumenti come le etichette del pensiero.

[Ilaria]

Non sono fondamentali, ma non sono controproducenti. Sono sicuramente una guida in più. Se c’è un “non concordo” nel forum lo vado subito a leggere. Per come li abbiamo utilizzati sono più utile per chi legge che per chi scrive il messaggio.

[Daniela]

Quando entro nel forum e vedo che qualcuno ha “CRITICATO” o ha “AGGIUNTO” qualcosa ad un mio contributo vado subito a leggerlo. Hanno insomma una funzione di anticipatori del contenuto. Nel nostro gruppo li abbiamo usati così

[Carla]

Altri problemi sono stati riscontrati nella gestione dei documenti. Anche in questo caso i progettisti non hanno adeguatamente immaginato le modalità con cui gli utenti avrebbero utilizzato il sistema di caricamento dei documenti. Il sistema prevede che l’utente specifichi il tipo di file che sta caricando. Operazione che di solito viene disattesa con conseguenze negative per la successiva fase di recupero ed apertura dei documenti caricati.

a voi succede che un documento rtf o doc inserito nella cartella apposita (spesso) non appare visualizzato con l’icona regolare di Word???? a voi accade che effettuando il download dei medesimi, questi vengano scaricati sul disco fisso senza l’estensione .doc???? mai successo? Mi sembra che sia capitato a Emma e forse a qualcun altro, oltre che a me qualche suggerimento???

[Daniela, forum, 6/4/2004]

ho controllato, è vero vengono salvati come documenti word senza l’estensione .doc non so come ovviare al problema.

[Emma, forum, 7/4/2004]

E’ sufficiente rinominarli con l’estensione preferita (.rtf;.doc) [Maria, forum, 7/4/2004]

Ho avuto difficoltà nella visualizzazione dei documenti. Inoltre l’organizzazione delle cartelle nell’area del gruppo di lavoro a volte determina confusione

[risposta anonima alla domanda 39: altre osservazioni sugli strumenti]

A parte limiti intrinseci dello strumento, unanimemente segnalati, per il resto la variabilità nei giudizi e nelle considerazioni potrebbe lasciare abbastanza perplessi. Due ricerche sociologiche complementari, Flichy (1995) e Fazzini-Feneyrol (1995), mostrano l’importanza della negoziazione e della condivisione delle rappresentazioni sociali circa l’utilizzo degli strumenti in ordine ad incorporare nuovi strumenti nei contesti di lavoro. Flichy propone una distinzione teoretica tra il quadro di funzionamento (functioning framework) che raccoglie i principi di funzionamento secondo la prospettiva dei designers e il contesto d’uso (use framework) che viene costruito di volta in volta dalla specifica comunità di utenti come rappresentazione sociale degli usi possibili dello strumento. Fazzini- Feneyrol conferma l’esistenza di una rappresentazione sociale degli usi possibili e definisce le modalità attraverso le quali una comunità di utenti compone e condivide le proprie rappresentazioni. Queste ricerche evidenziano la possibilità che persistano vecchie modalità di utilizzo a dispetto dell’introduzione di nuovi cambiamenti tecnologici e consentono altresì di comprendere perchè la “logica dell’utilizzo è ostinata” (Perriault 1989, p. 147). Le ricerche micro-sociologiche confermano l’importanza dell’osservazione e del coinvolgimento della comunità degli utenti impegnati nelle attività per comprendere le reali modalità di utilizzo degli strumenti e, viceversa, dei rischi connessi dal disattendere questa prospettiva, ovvero assistere a risultati diversi dall’atteso.

Anche nel nostro caso, riprendendo la teoria dell’attività, potremmo constatare che gli studenti non hanno utilizzato completamente gli strumenti di comunicazione di Synergeia, o non hanno utilizzato adeguatamente alcune componenti (ad esempio: i simboli del pensiero), perché non hanno ritenuto di averne bisogno o hanno deciso di adottare altre modalità per comunicare (come la posta elettronica o, in alcuni casi, gli strumenti sincroni).

Riferendoci a Fazzini-Feneyrol ed all’importanza di spiegare le rappresentazioni individuali relative all’utilizzo degli strumenti dobbiamo riconoscere che standardizzare a tavolino fasi, strumenti e modalità (cosa che generalmente, ed anche in questo caso, viene fatta), può non incontrare la condivisione degli utenti e quindi perdere di efficacia. Solo uno tra i tanti esempi visti: la predisposizione di aree specializzate per le discussioni informali (come i forum denominati “caffé”), nonostante la loro utilità possono non funzionare (come testimonia il contributo riportato di seguito) se la loro attivazione non parte dal basso, attraverso un processo di riconoscimento di un bisogno e di condivisione di un’esigenza comune.

Sicuramente la piattaforma dovrà avere una organizzazione migliore nella struttura degli strumenti da utilizzare. Per es: avrei accompagnato al forum una chat ed avrei collocato una “area caffè” all’interno di ogni gruppo, invece che all’esterno, dal momento che nella discussione di una determinata tematica ci può essere anche la parte informale, che non dovrebbe essere postata assolutamente nel forum. Inoltre, a seguito dell’esperienza effettuata, mi permetto di suggerire una netiquette ben specifica sull’uso della piattaforma ed un maggior

controllo durante lo sviluppo delle attività, visto che è fenomeno ricorrente incontrare nel gruppo persone non avvezze alla discussione on line, persone che ritengono univoca la propria interpretazione in merito ai singoli interventi e, magari, riescono a sensibilizzare nella loro direzione anche altri componenti il gruppo stesso.

[risposta anonima alla domanda 39: altre osservazioni sugli strumenti]