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5.3 Obiettivi dell’indagine empirica

5.3.1 Precisazioni metodologiche ed esplicitazione del background teorico

Per lo sviluppo di queste riflessioni verranno utilizzati strumenti di indagine diversi. Come sottolineano Lucisano e Salerni (2002, p.77) esistono una molteplicità di approcci allo studio dei fenomeni educativi e la scelta dell’approccio ha conseguenze anche nella selezione dell’oggetto dell’indagine, nella formulazione delle ipotesi come pure nella lettura delle dimensioni della realtà osservata. La contrapposizione tra approcci quantitativi (che hanno come modello il rigore delle scienze esatte) e quelli qualitativi “viene vissuto da alcuni ricercatori in termini di appartenenza a una scuola e ogni problema viene considerato a partire dalla possibilità di analizzarlo utilizzando procedure e strumenti propri di quella scuola. Altri, in modo più flessibile, rimandano la scelta dell’ approccio metodologico più corretto ad una fase successiva all’identificazione del problema. La nostra posizione è che sia opportuno operare su un problema con una molteplicità di approcci e che, tuttavia, questi debbono tutti potersi

ricondurre a un comune metodo scientifico di conoscenza e soluzione dei problemi reali. È la realtà del problema e delle soluzioni possibili a funzionare da criterio per la scelta degli approcci. L’esperienza nella sua concretezza funziona come il rasoio di Ockham, come momento di verifica di ogni conoscenza e strumento per rigettare tutto ciò che trascende i limiti della conoscenza stessa. La stessa distinzione tra approcci quantitativi e qualitativi, che

ha animato un significativo dibattito […] può essere sintetizzata nell’ affermazione di una continuità tra gli approcci di ricerca e di una necessaria interdisciplinarità” (Lucisano, Salerni, 2002).

Ogni ricerca indaga la realtà filtrandola con una serie di “lenti” o “zoom”, e sono le teorie a rappresentare i modi attraverso i quali è dato di vedere le cose. È ormai riconosciuto un valore posizionale della conoscenza, laddove ognuno, attraverso le proprie scelte ed esperienze, attraverso il proprio modello di vita costituisce un sapere che è in larga parte personale. Ogni ricercatore cioè osserva il mondo da una prospettiva diversa, adottando differenti paradigmi. Un paradigma è una finestra mentale, un quadro di riferimento per osservare il mondo sociale ed è composto da una serie di concetti, di assunti e di valori (Bailey, 1995). Pertanto è quanto meno doveroso esplicitare il proprio apparato teorico di riferimento, inteso come l’insieme di lenti, che guidano il proprio lavoro. In questo caso l’esplicitazione del quadro teorico all’interno del quale questa ricerca si colloca è stata fatta nei primi capitoli. Non è quindi necessario ricordare che ci si muove all’interno di una prospettiva situata alla cognizione ed all’apprendimento, in sintonia con le considerazioni della scuola storico culturale sovietica e del costruttivismo sociale applicate all’apprendimento collaborativo in rete (CSCL).

Precisati i limiti epistemologici e il background teorico di riferimento, è necessario riformulare l’ipotesi che intendiamo controllare empiricamente e definire meglio l’approccio che si intende seguire dal punto di vista metodologico e, conseguentemente, strumentale. Circa l’oggetto dell’indagine, in parte si è detto. L’intero lavoro si interroga sul ruolo degli strumenti ed in particolare sulla loro capacità di incorporare parte dell’impianto complessivo e della logica operativa di un evento (in questo caso: formativo). Gli strumenti della rete, nel dare luogo ad “ambienti” complessi e socialmente popolati, ci hanno quindi portato a ritenere che questi, a loro volta, possano essere in grado di fornire valore aggiunto alle specifiche pratiche ivi svolte, e in questo caso di apprendimento collaborativo. L’esigenza è quindi quella di verificare, seguendo una prospettiva contestualista, se e come gli utenti di uno specifico evento hanno “vissuto” ed interpretato il ruolo degli strumenti telematici nella mediazione del loro apprendimento.

Circa invece l’approccio metodologico adottato è bene precisare che abbiamo qui interpretato l’idea di “metodo” su basi meno dogmatiche, oltre che meno prescrittive, rispetto a quelle che la tradizione positivista e neopositivista ci ha consegnato. Si passa cioè dall’idea iniziale, implicita nell’etimo, di metodo quale “strada” indicante un insieme successivo e ordinato di atti che l’uomo dispone per conseguire un suo fine; alla constatazione della complessità, della indecidibilità, della problematicità e molteplicità dei metodi. “La crisi del neopositivismo ha trascinato con sé la metodologia, con cui la scienza veniva identificata; d’altro canto nel tentativo di salvare la razionalità scientifica, si è separata quest’ultima dalla metodologia, individuandola questa volta nell’argomentazione” (Bruschi, 1996, p. 20).

Il metodo si viene così a collocare nello specifico (di un aspetto, di un ambito, di una prospettiva) e lo dota di strumenti, sostanzialmente linguistici, tali per cui la ricerca non si perda nell’inconcludenza. La razionalità è ancora oggi centrale, ma la sua portata è limitata perché le nostre informazioni sul mondo sono parziali. La “razionalità limitata non assicura certamente la verità, ma permette di escludere un buon numero di errori; sebbene imperfetta, è la meno imperfetta tra quelle utilizzate dall’uomo, quella che più garantisce l’affidabilità dei suoi risultati [...] ed è anche relativa, perché la sua forza è in funzione del tempo” (ibidem, p.42).

Il metodo oggi fornisce regole da usarsi caso per caso, da scegliere, interpretare ed integrare, e i cui risultati sono più o meno affidabili e precisi a seconda della tecnologia utilizzata o delle circostanze. In discussione dunque non è tanto il metodo, quanto dunque la sua esclusività e la certezza dei risultati a cui conduce. Disattendere una regola “non è più di per sé un’operazione antimetodologica, quindi irrazionale. Lo sarebbe se la regola fosse unica e la sua applicazione esaurisse la decisione scientifica. Un comportamento diviene irrazionale

per violazione di una regola solo in due casi: quando la regola non è stata utilizzata, mentre lo doveva essere in rapporto ad un obiettivo e a una situazione specifica, o perché è stata utilizzata male. Ambedue i casi a volte sono discutibili” (ibidem, p.49).

La metodologia, indipendentemente dall’approccio di riferimento (qualitativo o quantitativo), fornisce le regole, una sorta di “soluzioni anticipate” per classi di problemi, che vengono poi congiunte a concezioni della società e dell’uomo. La metodologia non è dunque “che la realizzazione operativa (di parte) dell’argomentazione. Vi sono alcune, molte operazioni che si ripetono (a un certo livello di astrazione), che possono essere oggetto di attenzione, migliorabili sul piano dell’efficacia o dell’efficienza. La metodologia realizza questi obiettivi, allestendo un magazzino di know how per il ricercatore” (ibidem, p.50). Date queste premesse, e data la natura ambigua e complessa del problema indagato, è sembrato legittimo utilizzare strumenti di rilevazione diversi utilizzandoli come modalità alternative, ma integrate, per operare livelli distinti di osservazione sul fenomeno. Un questionario strutturato (Lucisano, Salerni, 2002, p. 194), basato in larga parte su domande a risposta chiusa e quindi analizzabili statisticamente, fornisce la struttura portante della ricerca. A questo approccio quantitativo, sono però affiancate anche indagini di verifica qualitative come alcune interviste semistrutturate e non direttive (Mantovani, 1998, p.54) effettuate in piccoli focus-group riuniti (in presenza) al termine del Corso, oltre alla lettura dei frammenti utili derivanti dalle comunicazioni elettroniche svolte durante le attività tra i corsisti e tra questi e i loro tutor. In quest’ultimo caso il taglio è eminentemente etnografico e l’osservazione descrittiva (Mantovani, 1998, p.131) è qui svolta ex-post su materiali stratificati naturalmente nel corso dei lavori e quindi maggiormente indipendente dal rischio di una contaminazione diretta del ricercatore.

Sarà soprattutto la “narrazione”, ovvero la lettura critica ed interpretativa che cercheremo di fare su questi dati a costituire la risposta argomentativa – quindi per sua natura provvisoria – alle ipotesi da cui muoviamo.

I risultati della ricerca, le considerazioni a cui si giunge, sono per loro natura parziali e caratterizzati idiograficamente63. Questo non significa che da questi non si possano trarre alcune generalizzazioni, dei tratti nosologici, in ordine alle problematiche di organizzazione e gestione delle risorse tecnologiche in eventi di formazione in rete.